Addio a Roberto Calasso, geniale scrittore e editore

NOTA DI FABRIZIO FANTONI

 

Era il 1965 quando usciva per la prima volta in Italia il romanzo scritto nel 1908 da Alfred Kubin “L’altra parte”. Bobi Bazlen lo definì “Il libro più kafkiano prima di Kafka”. Così cominciò la grande avventura editoriale di Adelphi grazie ai suoi due fondadori, Bobi Bazlen e Roberto Calasso. Difficile dare una definizione univoca del lavoro editoriale compiuto da Roberto Calasso con Adelphi. L’unico paragone possibile nella storia dell’editoria è quello con il grande stampatore veneziano Aldo Manuzio del Cinquecento indiscusso riferimento culturale per Roberto Calasso: per entrambi l’editoria – lo stampare, il creare il libro – era lo strumento per delineare un paesaggio culturale integrativo nel quale far convivere culture diverse e punti di vista differenti. Ecco, quindi che nel catalogo Adelphi la letteratura mitteleuropea convive con quella americana, la cultura occidentale con quella orientale, la civiltà arcaica con la fantascienza; e poi letteratura turca, romena, portoghese, scandinava, fantastica, l’Islam e i mistici occidentali . E ancora, psicologia, scienze cognitive con la storia delle idee.

Un universo immenso, sconfinato, dove al centro troviamo sempre l’idea nella sua forma più elevata.

Ma non possiamo dimenticare la figura di Roberto Calasso come scrittore. Allievo del divino anglista Mario Praz, Calasso è stato senza dubbio il più grande saggista italiano del secondo Novecento. Enciclopedico e poliedrico come Praz, gli interessi di Calasso hanno spaziato dal mito arcaico – indimenticabile il suo saggio “Le nozze di Cadmo e Armonia”, (1988)  –  alla storia dell’arte in “Il rosa Tiepolo”, dalla critica letteraria “La folie Baudelaire”(2008)  alla cultura indiana, “L’ardore” (2010), fino a saggi per bibliofili come il gustosissimo: “Come ordinare una biblioteca”. Continua a leggere

Giovanni Agnoloni, “Berretti Erasmus”

Giovanni Agnoloni

NOTA DI LETTURA DI GIORGIO GALLI 

 

Una delle cose più difficili al mondo è arrivare a coincidere con la propria vocazione. Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa (Fusta Editore, 2020) è il racconto di come Giovanni Agnoloni ci sia riuscito.

Bisogna per prima cosa chiarire che il titolo è fuorviante: il libro non ha a che fare – se non in parte – con il noto programma di scambio tra le università europee: è piuttosto il racconto di come si forma la mentalità del viaggiatore e di come questa venga a fondersi con la vocazione di scrittore. Un racconto che non esclude – anzi, include a piene mani – momenti di leggerezza in spirito studentesco, ma che guarda a qualcosa di più. Lo percepiamo fin dalle prime pagine, con l’attenzione che lo scrittore rivolge alle periferie delle città che visita. Quest’attenzione però non ha nulla di sociologico: sembra piuttosto un dato esistenziale, e mano a mano che si procede nel libro – che lo scrittore diventa sempre più centrato in sé – la distinzione fra centro e periferia viene a sparire. D’altra parte, il soggiorno in Polonia non ispira ad Agnoloni riflessioni sul sovranismo nascente, né l’Irlanda appare ai suoi occhi quella delle case Magdalene. E non è cecità da parte di Agnoloni, ma il volersi concentrare sulla dimensione esistenziale del viaggio, sull’essere europeo e cittadino del mondo nell’esperienza specifica di un individuo.

È il primo libro in cui Agnoloni si presenta col suo nome. Un memoir, se proprio dobbiamo classificarlo in un genere. Scritto con una prosa da commedia diversissima rispetto alla precedente produzione dell’autore, e che tuttavia incrocia la tragedia: quella di un incidente stradale che si porta via la donna destinata a diventare sua moglie. Un fatto che contribuisce a rafforzare in lui la vocazione solitaria del viaggiatore e dello scrittore. Un fatto raccontato quasi di sfuggita, con discrezione. Sembra che egli abbia voluto usare toni leggeri per girare attorno a questa grande e determinante tragedia, per esorcizzarla aggirandone l’orrore. Il lettore non può che provare gratitudine per tanta discrezione, per la scelta di un simile pudore. Ci si sente grati ad Agnoloni anche per la franchezza con cui si mette in gioco, con le sue debolezze umane, la sua quotidianità eccezionale ma anche molto normale, la sua empatia con lo spirito dei luoghi che visita.

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Alberto Rollo, “L’ultimo turno di guardia”

Alberto Rollo nella foto di Adolfo Frediani

RECENSIONE DI ALBERTO FRACCACRETA

 

Un uomo anziano serrato in una torre, infermo, soltanto una guardia a sua custodia. È questa la condizione alternativamente reale e simbolica, beckettiana, che rispecchia la fine della storia, il crollo delle ideologie e l’inizio di un’èra nuova e indefinibile. Nel poemetto di Alberto Rollo, L’ultimo turno di guardia, una sequenza lirica che consta di sessantasei frammenti divisi in cinque parti, la degenza fisica e allegorica del paziente-vegliardo sembra penetrare nel tessuto dei versi fino a squarciare il velo della presunta temporalità. L’io lirico è «malato di tempo» e, posto su una cupola che guarda verso una fantomatica «torre gemella», riflette, monologa, salmodia sul presente e sul passato, osservato a stretto giro da un infermiere che è anche spia e carceriere, nel cui silenzio sommesso si cela tutta l’incomprensibilità e l’incomunicabilità con l’altro da sé, a metà tra l’inferno del sartriano A porte chiuse e l’innocente di Turgenev («tanto è poco l’io di cui son io/ che il poco del tuo tu fiammeggia appena»).

La storia narra, infatti, per bocca del vegliardo le insidie della solitudine e dell’assenza di una vera comunicazione, lo sfogo psicologico e il tenue apparire del tu in un orizzonte mai del tutto agguantato, sempre lontano e inaccessibile. È una fotografia della nostra età contemporanea, nella quale l’atteggiamento interno, solipsistico (aggravato dal virus e dai suoi derivati) è l’unica maniera per proteggersi da un esterno invadente e selvaggio.

In un ritmo corrusco, balenante, che ricorda il graffio di Sereni e lo scatto fortiniano, i versi di Rollo – romanziere, finalista al Premio Strega con Un’educazione milanese (Manni 2016) ed editor di Mondadori – tentano di rintracciare un senso alle variabili esistenziali messe in scena dal protagonista, rimembrando e accusando, ricusando e difendendosi dall’asciutta quiete del misterioso inquisitore («vi cercherete ciechi sopra il muro,/ come timidi gechi pattugliando/ il giorno e i suoi improvvisi/ nidi di ombre»).

Scolpito da endecasillabi e settenari che si chiudono spesso, soprattutto nelle clausole finali, in enjambement – ricreando così la possibilità frantumata del doppio settenario –, il poemetto, lontano parente di Parini e Testori, dunque pienamente ancorato alla tradizione lombarda, si muove lungo una scala valoriale (e linguistica) richiamante la corporeità, anche nei suoi aspetti più bruti e infimi, per indagare l’oltre, ossia per centrare l’esperienza del celeste nella dura scorza del terrestre, come attesta il frammento trentadue: «E di là il vento./ Vento d’inverno,/ sii più forte di me che ti resisto/ in questa sgangherata/ torre-lazzaretto;/ inchiodami a quella neve rossa/ di piscio, a quella nera/ di tutti gli escrementi,/ o tienimi con gli argani del gelo/ alto sopra le strade, spingi me/ e il mio peso verso aeroporti, scali,/ stazioni, moli. Alzami in volo/ come plastica, indifesa contro il cielo,/ odiosa e inerme, finché posi/ dentro immense, sconfinate sale/ d’attesa». L’alto e il basso, il lucente e l’oscuro.

È un chiaro esempio di scatologia ed escatologia, analisi di deiezione e tensione alle finalità ultime dell’essere umano, in una compresenza di mondi (ironica, spaesante) molto vicina all’ultimo Montale. L’evoluzione “drammaturgica” del racconto (non si dimentichi che Rollo nasce come autore di testi teatrali con Tempi morti Gli ultimi giorni di Lorenzo Mantovani), come per la Fortezza Bastiani abitata dal tenente Giovanni Drogo nel Deserto dei Tartari di Buzzati, è avvolta in un grigiore di senso, in un logorio di spente accensioni, mentre si fa sempre più essenziale la richiesta di eludere le catene del tempo («E poi salimmo – in quale compagnia/ il tempo sfuoca – per tornanti/ agganciati alla festosa, folle/ grazia di foglie e di ramaglia/ di farnie, carpini e castagni/ su per la sgretolata cieca vena/ del calcare, e il rovinio di acque/ timide, e di tremanti specchi»). Il gesto del “salire” racchiude in sé, quasi in forma archetipica, la speranza di una liberazione per l’uomo di oggi, soffocato nella prigione delle sue ansie. Continua a leggere

Gian Mario Villalta, “Nel lembo del tempo”

Gian Mario Villalta credits ph Dino Ignani

È l’ora, soddisfatte le ombre,
e con il vento
volato via lo sguardo
dalle sedie sul prato,
dal pensiero della fatica che è stata la sera.

Stai su un lembo del tempo
non è più la terra
dove sei nato,

porti il fiato sul vetro
e la luce attraverso ti fa di cera.
Dove hai le mani, tu vedi

stasera
il viso che chiudi nei palmi
in attesa di un grido, la sete

di animale notturno.

*

L’ombra della voce si assottiglia.

Giorno dopo giorno l’incertezza
raschia i margini a ogni parola.

Tu sai quanto distante è sempre stato
per me il presente, per desiderio matto
dell’adesso, per timore che il prendere
tutto, tutto in una volta, mi perdesse.

Il dopo giorno sfasa il sincrono
degli occhi e delle labbra.

*

fermi i colori fuori, tutti i pensieri
smentiti dall’altoparlante

il cielo vuoto porta via i giorni dove eravamo

e gli alberi c’erano sempre stati, sempre stata
la primavera, non ti chiedevi se ancora, per quanto,
se sarà mai, se mai era stato vero

devo dirti che ho paura e non so come
perché là fuori c’è il tempo, là fuori, e qui mancano istanti
alle ore

*

“L’inferno sono gli altri”
J. P. Sartre

Solo nell’auto tra i campi (uscito a comprare cibo)
ho fatto un giro largo
per le stradelle: nessuno. Un deserto fiorito
di case belle, lussuose di erbe e di acqua veloce.
Solo io ancora vivo: che inferno
sarebbe? Io, prigioniero di tanto bendidio.

La parola ancora, percepibile
al tatto, torna al mittente
a occhi chiusi

(gli altri sono anche l’inferno, sì, sono
anche tutto, però).

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In memoria di te Luigi Di Ruscio

Luigi Di Ruscio

II 23 febbraio 2011 è morto a Oslo Luigi Di Ruscio. Nato a Fermo nel 1930, Di Ruscio era emigrato in Norvegia nel 1957. Per quarant’anni aveva lavorato a Olso in una fabbrica metallurgica.

Lo ricordiamo con il libro appena uscito con Marcos Y Marcos.

Lo hanno chiamato “poeta operaio” ma la definizione è senza dubbio riduttiva. Del resto la vicenda di Luigi Di Ruscio è talmente unica che la tentazione di semplificarne la figura può essere facile e fuorviante per molti.

A gennaio 2019 Marcos y Marcos, nella collana Le Ali, diretta da Fabio Pusterla ha pubblicato le Poesie scelte (1953-2010) di Luigi Di Ruscio (1930-2011), a cura di Massimo Gezzi con la prefazione di Massimo Raffaeli. Continua a leggere

Marco Santagata e Vincenzo Manca, “Un meraviglioso accidente”

Come è nata la vita sulla Terra? Come si sono formati gli organismi viventi a partire da materia inerte? Qual è il segreto del meccanismo riproduttivo che assicura una sostanziale identità tra gli individui della stessa linea generativa? E, infine, dove si colloca la specie umana in questo strabiliante anche se sempre meno misterioso processo?

Per rispondere nel modo più semplice a domande così complicate un matematico-informatico, Vincenzo Manca, e un letterato-scrittore, Marco Santagata, hanno scelto di raccontare la nascita e l’evoluzione della vita sul nostro pianeta, a partire dal Big Bang, come la sceneggiatura di un film, descrivendo con la giusta tensione narrativa ambienti, personaggi, azioni, sequenza cronologica e i passaggi indispensabili per seguirne la trama.

Così, pagina dopo pagina, incontriamo tutti i principali protagonisti – atomi, molecole, monomeri, polimeri, membrane, cellule, cromosomi, organismi e specie – e le svolte epocali di quella grandiosa e meravigliosa avventura iniziata 3 miliardi e 800 milioni di anni fa con la comparsa della protocellula LUCA, un aggregato di molecole in grado di generare copie di sé capaci di generarne altre, dalla quale provengono tutti gli esseri viventi.

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Faraj Bayrakdar, il poeta siriano dissidente: “la scrittura è un atto di resistenza”

Faraj Bayrakdar, poesta siriano dissidente, pubblica “Specchi dell’assenza”.
«La scrittura in carcere è stata un atto di resistenza» dichiara Faraj Bayrakdar, il poeta siriano che è stato arrestato più volte dal regime di Hafez Assad subendo il completo isolamento dal 1987 al 1993, senza carta né inchiostro per scrivere. In questa raccolta immagina specchi che «potevano / essere acqua pura / puro silenzio / o almeno puro pianto» ma le circostanze li hanno trasformati in «pietra / e il tintinnio del tempo e del luogo / aveva una macchia che somiglia a sangue».

Eppure, anche nell’assenza dal mondo e nella crudezza della detenzione, il poeta pensa che «un uccello / basta / perché non cada il cielo». Con la stessa fede incrollabile nell’uomo e nella parola, Bayrakdar, rilasciato nel 2000 e residente in Svezia dal 2005, continua a scrivere e a lottare contro il regime degli Assad, per una Siria libera e democratica. Continua a leggere

In memoria di te, Paolo Aita

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Paolo Aita

Martedì 8 novembre 2016, dalle ore 17.00 alle ore 20.00, la Casa delle Letterature di Roma renderà omaggio a Paolo Aita, poeta, scrittore, critico d’arte e musicale, elegante studioso e personaggio eclettico, venuto a mancare improvvisamente lo scorso giugno a soli 58 anni. Continua a leggere

John Taylor & Caroline François-Rubino

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John Taylor, poeta, scrittore e traduttore, e Caroline François-Rubino, pittore, lavorano insieme dal 2014. Il loro primo libro, Boire à la source / Drink from the Source, è stato pubblicato dalle Éditions Voix d’encre nel marzo del 2016. Il loro secondo libro, Hublots / Portholes, è appena uscito con Éditions L’Œil ébloui.

John Taylor, poète, écrivain et traducteur, et Caroline François-Rubino, peintre, travaillent ensemble depuis 2014. Leur premier ouvrage, Boire à la source / Drink from the Source, est paru aux éditions Voix d’encre en mars 2016. Le second, Hublots / Portholes, paraîtra cet été 2016 aux éditions L’Œil ébloui.

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“T.S.”, di Milo De Angelis

MiloDeAngelis

T.S.” di Milo De Angelis

di Luigia Sorrentino

Una delle poesie più significative di  “Somiglianze” , la prima raccolta di versi del poeta milanese che comprende testi scritti dal 1970 al 1975. “T.S.” (Tentato Suicidio) è forse la poesia più drammatica del libro pubblicato nella collana I Quaderni della Fenice di Guanda  per volontà di Giovanni Raboni nel 1976:  “Ognuno di voi avrà sentito/ il morbido sonno, il vortice dolcissimo/ che si adagia sul letto/ e poi l’albero, la scorza, l’alga/ e gli occhi non resistono/ e i flaconi non sono più minacciosi/ nella luce chiaroscura del pomeriggio” […] Qui una voce lentissima, chiama dopo il torpore del sonno, è una voce che ha provato a imitare la morte e che invece, ritrova la vita, nella fecondazione, nella solennità della luce.

Proponiamo questa lettura in occasione dell’incontro con MILO DE ANGELIS organizzato dalla Fachschaft d’Italiano mercoledì 9 marzo 2016 alle ore 20:00, presso l’Università di Frisburgo, in Svizzera. Un’occasione da non perdere per un confronto diretto con uno dei più importanti poeti contemporanei al quale sarà possibile porre domande, in un’atmosfera di dialogo e confronto.

“T.S.”

I
Ognuno di voi avrà sentito
il morbido sonno, il vortice dolcissimo
che si adagia sul letto
e poi l’albero, la scorza, l’alga
gli occhi non resistono
e i flaconi non sono più minacciosi
nella luce chiaroscura del pomeriggio
mentre mille animali
circondano la lettiga, frenano gli infermieri
il disastro del respiro sempre più assopito
nei vetri zigrinati
dell’autombulanza, appare
il davanzale di un piano, il tempo
che sprigiona i vivi
e li fa correre con la corrente nelle pupille,
l’attimo dell’offerta, per scintillarle.
E improvvisa, la quiete
della vigna e del pozzo, con la pietra levigata
dividendo la carne
una calma sprofondata dentro il grano
mentre la donna sul prato partorisce
sempre più lentamente,
finché il figlio ritorna nella fecondazione
e prima ancora, nel bacio e nel chiarore
di una camera, il grande specchio,
il desiderio che nasce, il gesto.

II
E poi avrete sentito, almeno una volta
quando il liquido, delicatissimo,
esce dalla bocca, scorre giallo nel lavandino
e la sonda e le sirene sempre più lontane.
Il respiro si affanna, finisce, riprende
quanta pace nella spiaggia gelata dal temporale:
una canoa va verso l’isola corallina
e sotto l’oceano si accoppiano le cellule sessuali
non ci sono eventi irreparabili
ma solo le spugne cicliche,
gli insetti che hanno coperto l’aria:
ecco un colore di madreperla, una roccia nella sabbia,
l’accappatoio che toglie con un solo gesto
solennità della luce, la meraviglia, la prima
e la femmina del pellicano
chiama la nidiata sparsa nella tempesta
e forse vede qualcosa, tra gli scogli,
qualcosa che si muove
domani correrà con i suoi bambini
mescolata, per respirare
nel turchese profondo della marea
che sale in superficie, sta rinascendo adesso
e trova una terra diversa, un’altra voce.

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“In nome dell’amore”

pascale151il Circolo dei lettori, via Bogino 9
venerdì 12 | domenica 14 febbraio 2016
IN NOME DELL’AMORE

Tre giorni e una notte di interventi d’autore sull’amore

Da un’idea di Antonio Pascale (nella foto)
Progetto a cura del Circolo dei lettori
___

Quanti nomi porta con sé l’amore? Nomi di donna e uomini, attese, terre lontane, corpi, sogni e illusioni. A volte sono nomi che “fendono i ricordi più di un coltello”, altre ci fanno trasalire senza apparente motivo.

In nome dell’amore è l’espressione che utilizziamo quando intendiamo giustificare un atteggiamento che in altre circostanze parrebbe estremo. Racchiude gesti di sacrificio e di liberà, progetti e pensieri grandiosi ma a volte anche costrizione e possesso dell’altro. In nome dell’amore è un progetto a cura del Circolo dei lettori, nato da un’idea dello scrittore Antonio Pascale, che si concretizza in tre giorni e una notte di interventi d’autore, in programma da venerdì 12 a domenica 14 febbraio 2016. Ad alternarsi sul palco del Circolo, cinque scrittori, un poeta, un filosofo e un mattatore radiofonico per raccontare le difficili e meravigliose declinazioni dei sentimenti, attraverso immersioni narrative multimediali fatte di parole, immagini, musica e arte. Continua a leggere

Premio Nonino 2016, a Lars Gustafsson & Alain Touraine

LarsGustafssonNella foto Lars Gustafsson

Il Premio internazionale Nonino 2016 va allo scrittore e poeta svedese Lars Gustafsson, la cui opera in italiano è tradotta dalle case editrici Iperborea e Crocetti. Lars Gustafsson, dottorato in filosofia teoretica e tanti anni vissuti negli Stati Uniti come docente, è considerato il ‘Borges svedese’, ha pubblicato in Italia dieci libri. Continua a leggere

Lorenzo Calogero & John Taylor

Lorenzo-Calogero3Anticipazione editoriale

Le Edizioni Chelsea di New York (http://www.chelseaeditionsbooks.org/) pubblicheranno nei prossimi giorni, la prima traduzione inglese – con testo italiano a fronte – delle poesie del poeta italiano Lorenzo Calogero, nella traduzione di John Taylor.

Il titolo del libro An Orchid Shining in the Hand: Selected Poems 1932-1960, raccoglie una vasta produzione poetica di Lorenzo Calogero.
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Rinviato il processo a Erri De Luca

Erri De LucaIl processo a Erri De Luca, è stato rinviato al 16 marzo 2015. Il giudice ha respinto la richiesta della procura di fare testimoniare l’architetto Mario Virano, presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, e questa circostanza è stata accolta con favore dalla difesa. “Diversamente – ha detto l’avvocato Gianluca Vitale – questo sarebbe diventato un processo contro l’intero movimento No Tav e con un’apologia del Tav”.

“Adesso sarà un processo sulle frasi che ho detto – ha osservato De Luca -. Ho usato la parola ‘sabotaggio’, che è una parola nobile usata anche da Gandhi. Continuo a pensare che il Tav vada sabotato, ma sono convinto che si saboterà da solo perché non ci sono i soldi per costruirlo. Il buco del Tav sarà un ‘buco interrotto’, un ‘bucus interruptus'”. Lo scrittore si è allontanato dall’aula di udienza che  si è svolta a Torino circondato dai fotografi fra gli applausi del pubblico. Continua a leggere

Torino Spiritualità, "Cuore intelligente"

torino-spiritualita-5-199x300Compie 10 anni Torino Spiritualità e li festeggia, dal 24 al 28 settembre 2014, con un’edizione dedicata al Cuore Intelligente. La rassegna, dal 2005 a oggi, ha percorso un lungo tratto di strada alla ricerca del significato più profondo del nostro essere e del nostro tempo, diventando, ogni anno, un appuntamento per oltre 45 mila persone provenienti da ogni parte d’Italia.
Per la sua 10ecima edizione, coordinata dal Circolo dei lettori, sostenuta da Regione Piemonte, Città di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt e Fondazione del Teatro Stabile, con il contributo di Ersel, Morcare e Exki, Torino Spiritualità propone un’indagine sulla combinazione di testa e sentimento che ci scopre pienamente capaci di essere umani. Continua a leggere

Gray Sutherland, poesie


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Gray Sutherland è nato nel 1948 in Inghilterra, laureato in Lettere Francesi (BA 1970, MA 1975) presso l’Università di Calgary (Canada), scrive dal 1964. Fino 2000 ha lavorato come traduttore presso istituzioni. Da allora, pur continuando a lavorare come traduttore indipendente, si dedica alla scrittura.
Ha pubblicato il romanzo A Twittering of Sparrows(2005) e cinque sillogi poetiche: Comanche Moon (2001), A Homecoming (2005), When I See Mountains (2007), Spring Rain(2010) e By the Ravine (2012).
Dal 2004 al 2006 ha collaborato col fotografo americano Carll Goodpasture per realizzare l’opera fotopoetica Terje Vigens Båt(2006), che è stata oggetto di mostre in Norvegia e in Canada. Sempre con Goodpasture ha realizzato l’opera fotopoetica After the Ice Withdrew, ancora inedita, di cui è possibile leggere un estratto e vedere alcune foto nel sito Poetry in Translation. http://poetrytranslation.net/2014/07/07/gray-sutherland-e-carll-goodpasture/ Continua a leggere

Addio allo scrittore Alberto Bevilacqua

L’Italia ha perso oggi, 9 settembre 2013, uno dei suoi grandi autori contemporanei: Alberto Bevilacqua. Aveva 79 anni. Lo scrittore, regista e sceneggiatore, nonché poeta e giornalista era ricoverato da undici mesi nella Casa di Cura Villa Mafalda di Roma,  dove è deceduto questa mattina alle ore 10.10 in seguito ad un arresto cardiocircolatorio.

Nei mesi scorsi la sua compagna Michela Miti aveva denunciato la clinica, presentando un esposto alla Procura di Roma, in quanto secondo lei Bevilacqua sarebbe stato trattato come un ostaggio senza possibilità di essere trasferito in una struttura pubblica.

Lo scrittore era nato a Parma nel 1934. “Una città – ha scritto Bevilacqua sul suo sito – che è sempre stata divisa in due parti nette, separate da un torrente: la parte degli eredi delle grandi aziende e dei duchi, oggi dei ricchi, titolari dei grandi capitali del mondo economico, e l’Oltretorrente, dove sono nato io, un quartiere povero, specialmente quando ero bambino, ma ricco di genialità. Qui ho assimilato i primi scontri sociali, le prime infamie razzistiche. L’Oltretorrente era di marca anarchica, mentre l’altra parte era bianca, di marca opposta”.

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A “Notti d’autore” Ruggero Cappuccio

E’ Ruggero Cappuccio drammaturgo, regista e scrittore il protagonista di Notti d’autore di giovedì 23 maggio 2013 alle 0:30 il programma ideato e condotto da Luigia Sorrentino per Rai Radio1. In tutte le sue rappresentazioni Ruggero Cappuccio “ha gustato – come scriveva Marguerite Yourcenar riferendosi a se stessa – il privilegio supremo del romanziere: quello di perdersi interamente nei propri personaggi o di lasciarsi possedere da essi.” Ruggero Cappuccio ha vissuto – e vive – ininterrottamente all’interno di quei due corpi e di quelle due anime alle quali ha dato vita, in teatro, ma anche nei suoi romanzi: “La notte dei due silenzi” e “Fuoco su Napoli”. L’opera prima di Ruggero Cappuccio “Delirio Marginale” è del 1993. Già con questa opera Cappuccio si fece notare vincendo il premio IDI per la drammaturgia.

L’AUDIO CON L’INTERVISTA A RUGGERO CAPPUCCIO di Luigia Sorrentino

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Addio allo scrittore russo Vasilij Belov

E’ morto a Mosca a 80 anni Vasilij Belov, uno tra i maggiori rappresentanti della cosiddetta narrativa contadina al tempo dell’Unione Sovietica. E’ autore di racconti e romanzi brevi quali, tra gli altri, “Una torrida estate” (1963), “Vigilie” (1972), “Sull’acqua chiara” (1973), “Colline” (1973) e “L’educazione secondo il dottor Spock” (1978).

Con il romanzo “Una tra mille” (1986) Belov si discostò dai temi rurali, analizzando il comune cittadino alle prese con la burocrazia e le angosce della vita quotidiana nella Russia comunista. Nel romanzo “L’anno della grande frattura” (1989) è tornato di nuovo protagonista nella sua scrittura, il mondo contadino, del quale l’autore dipinge il tragico destino nel periodo della collettivizzazione. Continua a leggere

In memoria di te, Walter Mauro

In memoria di te, Walter Mauro
a cura di Luigia Sorrentino

La Società Dante Alighieri  di Roma ha organizzato un incontro speciale per ricordare la figura di Walter Mauro, giornalista, scrittore, saggista, critico letterario e musicale. 

L’incontro si terrà il 27 novembre alle 17:00 nella storica sede della Società di Roma a Palazzo Firenze (Piazza Firenze, 27 ).
Interverranno: il presidente della Società Dante Alighieri, l’Ambasciatore Bruno Bottai, il segretario generale Alessandro Masi, Edoardo Albinati, Giovanni Grasso, Marco Lodoli, Aldo Onorati, Jacqueline Risset e Lucio Villari. Coordina Matteo Lefèvre.

In memoria di te, Marcel Proust

Marcel Proust

Il 18 novembre 1922, novanta anni fa, moriva a Parigi, a soli 51 anni, per una bronchite mal curata, Valentin Louis Georges Eugene Marcel Proust, lo scrittore saggista e critico letterario francese, autore del monumentale ‘Alla ricerca del tempo perduto’, il romanzo scritto tra il 1908-1909 e il 1922 e pubblicato nell’arco di quattordici anni, tra il 1913 e il 1927, con gli ultimi tre volumi editi postumi.

Proust venne sepolto nel cimitero parigino del Peére Lachaise. Tutti i manoscritti delle opere letterarie di Proust sono attualmente conservati nella Bibliotheque nationale de France. Continua a leggere

Addio a Sven Hassel, aveva 95 anni

Lo scrittore danese Sven Hassel, controverso autore di fortunati romanzi di guerra basati su esperienze autobiografiche durante il secondo conflitto mondiale, è morto all’età di 95 anni a Barcellona, dove viveva dal 1964. Nel 1953 pubblicò il suo primo libro “Maledetti da Dio”, al quale hanno fatto seguito altri tredici romanzi: “Germania Kaputt”, “Kameraden”, “Gestapo”, “Gli sporchi dannati di Cassino”, “Liquidate Parigi”, “Battaglione d’assalto”, “General SS”, “Commando Himmler”, “L’ultimo assalto”, “Colpo di mano a Mosca”, “Corte marziale”, “Prigione Ghepeu”‘ e “Il commissario”.

I suoi romanzi sono stati tradotti in 18 lingue; in italiano sono stati pubblicati prima da Sonzogno e più recentemente da Bur Rizzoli. 

Le opere di Hassel sono scritte in prima persona e raccontano le vicende del 27° Panzer Regiment, formato da criminali, “indesiderati” politici e da disertori, giudicati dalla corte marziale. Le varie
vicende sono ambientate su tutti i principali fronti della seconda guerra mondiale.   Continua a leggere

Carlo Michelstaedter, Poesie

Nello scaffale: Carlo Michelstaedter
a cura di Luigia Sorrentino


Le Poesie di Carlo Michelstaedter pubblicate dalla Piccola Biblioteca Adelphi a cura di Sergio Campailla nel 1987 in prima edizione, (ripubblicate negli anni successivi fino all’ottava edizione del 2011), sono ancora troppo poco conosciute e poco lette. Eppure, si tratta di un autore eccezionale e unico nel suo genere, segnato da un’esistenza troppo breve, conclusasi tragicamente, nel 1910 con un gesto estremo, il suicidio, a soli 23 anni.

Ma chi era Carlo Michelstaedter? Qual è la sua storia? E che cosa ha rappresentato la sua opera nel panorama della cultura italiana del Novecento?
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Premio Strega 2012, vince Alessandro Piperno

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Non è Emanuele Trevi il vincitore del Premio Strega 2012 come tutti si aspettavano, editori compresi, ma Alessandro Piperno. Lo scarto tra i due finalisti è stato davvero minimo, solo due voti: 126 di Piperno contro i 124 di Trevi. Dunque è  Alessandro Piperno ad aggiudicarsi la sessantaseiesima edizione del Premio Strega con il romanzo edito da Mondadori: “Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi”. Ma, quando lo scarto dei voti è così minimo, si potrebbe dire che in realtà i vincitori sono due. Continua a leggere

Addio a Carlos Fuentes

Lo scrittore messicano Carlos Fuentes, autore di oltre 20 romanzi è morto a Città del Messico all’età di 83 anni: lo ha annunciato il presidente messicano, Felipe Calderon.

Calderon ha definito lo scrittore  “romanziere e messicano universale”: le sue opere di maggior spessore “La region mas transparente”, “La muerte de Artemio Cruz”, “Cambio de piel” e “Terra nostra”°; nel 1987 gli era stato concesso il premio Cervantes, il più prestigioso premio per la letteratura in lingua spagnola e nel 1994 il Premio Grinzane Cavour. Nel 2004 ha vinto il Premio letterario Giuseppe Acerbi con il romanzo “Gli anni con Laura Diaz” e nel 2009 la “Gran Cruz de Isabel la Católica”.

Fuentes è morto in ospedale dove era stato ricoverato per problemi cardiaci.

A Umberto Eco, la medaglia della pace

La città olandese di Nimega rende omaggio a Umberto Eco, conferendogli un importante riconoscimento internazionale, la Medaglia della Pace. Lo scrittore e filosofo Umberto Eco, che ha 80 anni, autore de ‘Il nome della rosa” –  di cui è uscita con Bompiani l’edizione riveduta e corretta – viene quindi insignito della Medaglia della Pace oggi, 7 maggio 2012, durante una solenne cerimonia,  con la seguente motivazione:  “Il solo scrittore italiano moderno che ha influito notevolmente sulla letteratura europea”. Continua a leggere

Ruggero Cappuccio mette in scena “il giovane Rossini”

Dal 18 aprile 2012 è in scena al Teatro dell’Opera di Roma la più amata delle opere di Gioachino Rossini, Il barbiere di Siviglia. Il nuovo allestimento, in coproduzione con il Teatro Giuseppe Verdi di Trieste, del capolavoro rossiniano è firmato per la direzione d’orchestra da Bruno Campanella e per la regia da Ruggero Cappuccio; le scene sono di Carlo Savi, i costumi di Carlo Poggioli. Maestro del Coro Gea Garatti Ansini.

“Nell’allestimento del Barbiere di Siviglia – ha detto il regista Ruggero Cappuccio – metterò in scena Gioachino Rossini. La regia si concentra sulle notti febbrili del grande compositore che a soli ventiquattro anni scrisse un capolavoro destinato ad attraversare i secoli con travolgente vitalità. Un giovane attore, infatti, impersonerà Rossini alle prese con il suo tumulto creativo, mentre lo spettacolo diventa una soggettiva giocosa e malinconica sviluppata dall’angolazione del musicista. Nel Settecento sospeso, creato dallo scenografo Carlo Savi e dal costumista Carlo Poggioli, Rossini determina le azioni dei suoi interpreti, come posseduto dagli spiriti che animano il suo melodramma buffo e geniale”.

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Claudio Magris, nel giornalismo c’è ‘la mania delle opinioni’

Nel giornalismo “c’è un po’ la mania delle opinioni, c’è un’ inflazione delle opinioni”. Ne è convinto Claudio Magris, germanista e scrittore, che oggi, giovedì 22 marzo riceve a Milano il premio E’ Giornalismo, dopo cinquant’anni di collaborazione con la carta stampata, dei quali 45 con Il Corriere della Sera.

Stando a quanto riporta l’Ansa due sono le cose che sottolineano il pensiero dello scrittore: da un lato la ‘mania del chiedere (n.d.r. o elargire) opinioni’, dall’altra la convinzione che il desk, i mezzi tecnologici di una redazione, non possono sostituirsi al vedere le cose (n.d.r. vederle come sono davvero).

Vale a dire – ma interpreto il pensiero di Magris – lo stare seduti a una scrivania, davanti a un computer con le agenzie che scorrono veloci (veloci anche le immagini che arrivano dalle agenzie e dai circuiti internazionali) al desk appunto, non può diventare l’unica nostra realtà . Perché – interpreto il pensiero di Magris – le cose, forse, vanno viste anche al di là delle notizie preconfezionate.  Fa parte del nostro mestiere di giornalisti. “Si può sostituire una macchina fotografica con un’altra – ha spiegato Magris – Continua a leggere

Giuria Top Secret per il Carver

La sua giuria è segreta e non verrà mai svelata. Il suo motto è non lasciarsi tirare per la giacchetta da editori o scrittori. E poi non tiene conto della casa editrice o dell’autore che presenta un libro ma guarda soltanto alla qualità, al di là della fama.

E’ il premio Carver, che con un pizzico di orgoglio si definisce il contropremio della letteratura italiana, giunto alla sua decima edizione. Un riconoscimento libero, “con un’impostazione di stampo anglosassone”, lontano dalle pressioni che agitano i premi più blasonati, come lo Strega o il Campiello. Continua a leggere

Osip Mandel’štam, Il poeta parla di sé

In memoria di te: Osip Mandel’štam
a cura di Luigia Sorrentino

La rivoluzione di Ottobre non ha potuto fare a meno di esercitare un’influenza sul mio lavoro, poiché mi ha tolto la «biografia», la sensazione di un significato personale. Le sono grato per aver posto fine una volta  per sempre alla sicurezza spirituale e al vivere di rendita culturale… Mi sento debitore della rivoluzione, ma i doni che le offro non le sono per ora necessari.

La domanda come debba essere uno scrittore mi è del tutto incomprensibile:  per rispondere dovrei inventare uno scrittore, il che significherebbe scrivere le sue opere in vece sua.

Sono inoltre profondamente convinto che, sebbene gli scrittori dipendano dai rapporti di forza sociale e ne siano condizionati, la scienza moderna non possegga alcun mezzo per evocare la comparsa di questo o quell’autore che ritiene auspicabile. Dato lo stato embrionale dell’eugenetica, gli incroci e gli innesti culturali possono dare i risultati più inaspettati. E’ invece possibile una produzione in massa di lettori. Per qusto esiste un mezzo diretto: la scuola.

Osip Mandel’štam
(Pubblicato per la prima volta come risposta ad un’inchiesta svolta dalla rivista “Citatel i pisatel”  [Lettore e scrittore] sul tema,  «lo scrittore sovietico e l’Ottobre», 1928, pubblicato in Sulla poesia Con due scritti di Angelo Maria Ripellino e una nota di Franco Malcovati, Traduzione di Maria Olsoufieva, Tascabili Bompiani, 1981.

da, ‘Alagez’ (oggi Aragac, vulcano spento)

Qual è il tempo in cui vorresti vivere?
Il participio futuro passivo, il «dover essere».
Ci respiro bene. Mi piace. E’ un onore da cavaliere. E’ per questo che amo il glorioso gerundio latino, il verbo a cavallo.
Sì, il genio latino, quando era avido e giovane, creò una forma imperativa di spinta verbale come prototipo di tutta la nostra cultura, che non solo deve essere, ma «deve essere lodata», laudanda est, è una cosa che piace… […]

LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE

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David Foster Wallace: “… l’arte pura?”

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

Wallace è una delle persone più brillanti e interessanti con cui abbia mai parlato. Non poter più parlare con lui né leggere altre sue opere mi rende infinitamente triste.”
Ostap Karmodi

da: “David Foster Wallace, Un’intervista inedita” di Ostap Karmodi, Terre di mezzo Editore, 2011 (5 euro). Continua a leggere

Umberto Eco, nuovo riconoscimento internazionale

Nuovo riconoscimento internazionale per lo scrittore e filosofo Umberto Eco, che da poco ha compiuto 80 anni. L’autore de ‘Il nome della rosa”, di cui è uscita con Bompiani l’edizione riveduta e corretta, è stato insignito della Medaglia della Pace. E’ stata la città olandese di Nimega a tributare questo omaggio a Eco, che riceverà l’importante riconoscimento il 7 maggio 2012 durante una solenne cerimonia con la seguente motivazione:  “Il solo scrittore italiano moderno che ha influito notevolmente sulla letteratura europea”. Continua a leggere

Rocco Carbone, “Il padre americano”

Martedì 15 novembre, alle 18:30, Libreria MelBookStore (Via Nazionale, 254) a Roma, Arnaldo Colasanti, Paolo Di Paolo, Elisabetta Rasy, Emanuele Trevi, presentano “Il padre americano” un romanzo inedito del grande scrittore prematuramente scomparso: Rocco Carbone.

Chiara Gamberale leggerà dei brani dal romanzo.

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Tre anni fa, a Roma, moriva in un incidente stradale Rocco Carbone.
Il 3 novembre arriva in libreria, per la casa editrice Cavallo di ferro, un suo romanzo inedito: “Il padre americano”  (Cavallo di ferro, euro 18,00 – con un ricordo di Romana Petri).

 

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Truman Capote, “Ricordo di Natale”

Nello scaffale, Truman Capote
a cura di Luigia Sorrentino

Truman Capote Ricordo di Natale, con illustrazioni di Beth Pech.

Un inno all’amicizia tra le generazioni, nell’America degli anni Trenta. Una storia che va dritta al cuore dei lettori di ogni età.  Buddy e Sook, amici per la pelle, a dispetto di tutto e tutti. E sì, perché Buddy ha solo sette anni e Sook, beh, qualche decina di più – Buddy sa solo che è una sua lontana cugina, ma quello che conta è che è una mattacchiona, sempre pronta a scherzare e a costruire aquiloni – la loro comune passione. Buddy non ha nessun altro al mondo, Sook nemmeno – eccetto quel manipolo di parenti brontoloni che vivono nella loro stessa casa, e li trattano sempre male; forse proprio per via di quella loro irrituale complicità, e magari anche perché loro due sono le pecore nere della famiglia, i parenti poveri. Quello che è certo è che Buddy e Sook si vogliono un gran bene e che ogni anno, quando si avvicina Natale, vanno insieme nel bosco a raccogliere le noci e a comprare un po’ di whisky da quell’indiano burbero e corpulento, per preparare tante torte. Una volta pronte, coi loro risparmi, le spediscono alle persone più disparate, che suscitano la loro ammirazione: il Presidente Roosevelt, per esempio.

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Walter Mauro, La letteratura è un cortile

La letteratura è un cortile di Walter Mauro, Giulio Perrone Editore (Roma, 2011).

<<Questo libro è il cortile dove finalmente raduna tutti gli amici di una Vita. Anche, soprattutto quelli che adesso gli mancano. Poeti con le tasche colme di fogli, scrittori. Calvino armato di forbici, Moravia e la sua impazienza, Pasolini spericolato, Sciascia taciturno. Rafael Alberti ripensa a García Lorca, Carlo Levi chiede notizie di Neruda, Montale lascia in eredità un cappotto, Marquez ha paura di volare. Gli entusiasmi e le sconfitte; la musica, tantissima musica – la partitura di un’esistenza irripetibile che è un lungo tratto di storia del ‘900. Percorsa a ritroso con il passo allegro, mai nostalgico, “da marinaio appena sceso dalla nave che ha circumnavigato il mondo”.>>

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Filippo Strumia, “Pozzanghere”

Anticipazione Editoriale: Pozzanghere di Filippo Strumia, (Einaudi, Torino, aprile 2011)
Ho conosciuto Filippo Strumia a “Ritratti di poesia” nella bella cornice del Tempio di Adriano, a Roma, ed è stato un bell’incontro. Mi è apparso immediatamente schietto, diretto, e ha subito stabilito con me – nella conversazione che facevamo e con il pubblico che ci seguiva – una buona relazione. Abbiamo parlato del suo rapporto con la poesia. Un rapporto tenuto per lunghi anni segreto, e vissuto in modo solitario. Fino a poco tempo fa, infatti, l’unica attività che svolgeva Filippo Strumia era quella di medico, di psichiatra e di psicoanalista.

Perché hai tenuto nascosto per così lungo tempo il tuo rapporto con la poesia?

“Siamo tanti personaggi, stati d’animo, visioni del mondo, spesso inconciliabili e reciprocamente scandalosi. Siamo individui e moltitudini. “In ogni angolo della mia anima c’è un altare a un dio differente” diceva Pessoa. La psicoanalisi mi ha aiutato a dare voce, dignità, possibilità espressiva ai diversi aspetti di me stesso. Comprese le corde mute, quelle che non hanno mai risuonato e attendono l’occasione per esprimersi. Il lavoro mi ha permesso di diventare una specie di politeista. Rumi, il poeta persiano, nell’introduzione alla sua opera racconta di una canna strappata. Il vento, soffiando nella canna, suscita una vibrazione che vola in cerca di un cuore. Ha bisogno, cioè, di una cassa armonica che la tramuti in musica, emozione: la nostalgia del canneto. La poesia, credo, agisce fra l’indicibile e il suono. Siamo zeppi di vibrazioni mute, pensieri non pensati, sentimenti non percepiti che attendono e premono, misconosciuti. Abbiamo gli occhi stipati di usignoli, che premono, sbattono contro le pareti, quasi a farle esplodere. La psicoanalisi e la poesia aiutano a percepire le nostre corde, anche le più recondite. Ma questo laboratorio emotivo, o forse alchemico, richiede anche la privatezza e il silenzio.”

Spesso accade che le persone scrivano poesie ma non lo dicono, le tengono nascoste, quasi a sancire un’indicibilità, qualcosa che non può essere rivelato agli altri. Come ti spieghi questo fenomeno, tu che sei anche psicanalista… Perché la poesia viene vissuta come un segreto?

“Il laboratorio dell’anima, il crogiolo, richiede privatezza, deve essere protetto. Ma non questa è l’unica ragione. Credo che sia molto difficile per gli esseri umani dare valore a ciò che proviene davvero da sé, che non derivi, cioè, da segnali condivisi di branco. La soggettività, essere se stessi, è l’ultima conquista dell’evoluzione di noi ex scimmie. Ogni volta che diciamo Io, diamo un morso alla mela d’Adamo, attingiamo all’albero della conoscenza. E’ un atto scandaloso, colpevole e magnifico. Continua a leggere