Rocco Scotellaro, “La mia patria è dove l’erba trema”

Rocco Scotellaro, in un’immagine emblematica

COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO

Io sono un filo d’erba / un filo d’erba che trema. / E la mia patria è dove l’erba trema/. Sono versi di Rocco Scotellaro (Tricarico, Basilicata 1923-1953) scritti nel 1949, la cui opera, di dirompente attualità, è stata recentemente pubblicata nei Nuovi Oscar Mondadori a cura di Franco Vitelli, Giulia Dell’Aquila e Sebastiano Martelli.  Un’opera che mancava da troppi anni nel panorama della poesia italiana, un libro di un grande uomo e di un poeta del sud morto a soli 30 anni. Il filo d’erba che trema è l’identificarsi di Scotellaro con il mondo dei derelitti, di coloro che vivono ai margini, confinati nelle periferie di tutte le città del mondo.

La sua voce è un grido di rivolta verso le ingiustizie, di disapprovazione nei confronti della civiltà industriale che ha condannato a morte la civiltà contadina “prima ancora di essere pronta a sostituirla completamente”, come scriveva Giorgio Bocca nel 1964.

Aver inserito l’opera di Rocco Scotellaro negli Oscar Moderni colloca definitivamente il poeta italiano nel novero dei Grandi Classici del nostro tempo.

 


AI GIOVANI COMUNISTI

Miei carissimi amici di oggi e di domani,
mi hanno detto alcuni miei amici americani
che voi siete dei cani per la Libertà.
So che sorridete a queste parole
al modo che so io, dei santi
e ve ne state zitti e lasciate finire il discorso. Continua a leggere

Franco Buffoni, una poesia da “La linea del cielo”

Franco Buffoni

Erano bianche rosse allineate
Le macchinette nel cortile,
Ci giocavo d’estate all’ombra
Col pensiero, le spostavo di nascosto
Ogni giorno anche in vetrina.
Finalmente a Natale ne ebbi sei
Tre rosse tre bianche tutte in fila
Da spostare a mia voglia
Sul balcone, ma le dimenticai
Abbastanza presto, e l’anno dopo
Le regalai a un bambino vero.
Ora qui sopra Linate nel sole
In fase di attesa di atterraggio
Mi sembra di toccarle e di giocarci
Bianche e rosse tra i tetti
Piatti e pochi platani
Due pini, una vetrina dall’alto
Terzo giro e subito riprende quota
Le regalo anche queste
Sono grande non gioco.
Da: La linea del cielo, (Garzanti, 2018) Continua a leggere

Anteprima Editoriale, Lo Specchio – I poeti del nostro tempo

IL RESTYLING giugno 2017

Il rilancio editoriale dello “Specchio” segna il ritorno della collana alla sua vocazione originaria. Lo dichiara il testo programmatico con cui si aprono i nuovi volumi:

Negli anni 40, sullaletta de Lo Specchio, lEditore scriveva: «Di qui si irradia il canto della nostra lirica, qui giungono le voci nuove della giovane poesia e si affiancano ai grandi nomi già noti in tutto il mondo continuando la gloriosa tradizione italiana attraverso i secoli e i tempi».

A settantacinque anni dallesordio della più prestigiosa collana italiana dedicata alla poesia – che, a partire da Cardarelli, tra i tanti ha ospitato Ungaretti, Montale, Quasimodo, Saba, Sereni, Zanzotto, Raboni, Giudici, Porta, Gatto –, lEditore riprende e conferma la sua originaria vocazione.

In questo nuovo formato, Lo Specchioaffiancherà alla poesia più recente le voci già celebri in Italia e nel mondo e chiederà ai poeti italiani di offrire al nostro pubblico la poesia universale, ravvivando quella consuetudine che in anni lontani ci ha regalato traduzioni memorabili. Infine, con le antologie, Lo Specchiotornerà a fare il punto sul percorso creativo ed estetico delle nuove voci che mirabilmente stanno continuando «la gloriosa tradizione italiana».

Il rilancio intende richiamare le caratteristiche di varietà ed eclettismo che hanno contraddistinto “Lo Specchio” nel corso della sua ricca e gloriosa storia.

A partire dal 2017 saranno pubblicati sei titoli all’anno, suddivisi secondo alcuni grandi filoni che verranno costantemente alimentati:

  • novità di poeti italiani
  • novità di poeti internazionali
  • raccolte o antologie per fare il punto sul percorso dei principali poeti del nostro panorama
  • rivisitazioni di grande voci della poesia classica e novecentesca per il tramite di poeti contemporanei.

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Giampiero Neri presenta alla Biblioteca Sormani “Via provinciale”

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Mercoledì 8 febbraio 2017, ore 17.30, la Biblioteca Sormani e L’Unione Lettori Italiani in collaborazione con la rivista Poesia e Conoscenza diretta da Donatella Bisutti presentano Via provinciale di Giampiero Neri, Edizioni Garzanti.

Interventi di Donatella Bisutti e Antonio Riccardi
Intermezzi musicali a cura di Antonella Bini – flauto
Proiezioni di Giorgio Longo

L’Autore leggerà suoi testi.

Sala del Grechetto della Biblioteca Sormani                                                                                   Via Francesco Sforza, 7 Milano

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Lorenzo Calogero & John Taylor

Lorenzo-Calogero3Anticipazione editoriale

Le Edizioni Chelsea di New York (http://www.chelseaeditionsbooks.org/) pubblicheranno nei prossimi giorni, la prima traduzione inglese – con testo italiano a fronte – delle poesie del poeta italiano Lorenzo Calogero, nella traduzione di John Taylor.

Il titolo del libro An Orchid Shining in the Hand: Selected Poems 1932-1960, raccoglie una vasta produzione poetica di Lorenzo Calogero.
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A Massenzio i poeti sotto la pioggia & video

La seconda serata del Festival Internazionale di Massenzio è stata dedicata a dieci poeti contemporanei che ieri, 22 maggio 2012, nella cornice della Basilica hanno letto i loro versi e quelli di altri poeti del Novecento. Tra loro un ospite speciale, Robert Hass, poeta molto popolare negli Stati Uniti. Le cattive condizioni metereologiche hanno però costretto gli organizzatori a ridurre l’esibizione degli artisti.


Il video-servizio di Luigia Sorrentino
Montaggio di Massimiliano Fontana

Serata ridotta ieri a Massenzio. I poeti hanno portato con loro, la precarietà dell’esistere. E così, la pioggia battente che ha imperversato su tutta Roma per l’intera giornata ha messo a rischio l’esecuzione della seconda serata, quella con i poeti, una delle più attese del Festival Internazionale “Letterature” di Roma alla Basilica del Foro Romano.

[flv]http://www.rainews24.rai.it/ran24/clips/2012/05/luigia_23052012.mp4[/flv]
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Carducci: “Walt Whitman? Il Courbet della poesia”

Giosuè Carducci ammirava lo “straordinario” poeta americano Walt Whitman (1819-1892), al punto da cercare di tradurre per ben tre volte la sua famosa raccolta di poesie “Foglie d’erba”, che lo scrittore toscano ribattezzò nelle sue versioni personali con il titolo “Fogliame”.

E’ quanto rivela una lettera del futuro primo Premio Nobel italiano indirizzata allo scrittore fiorentino Enrico Nencioni, riportata dallo studioso Silvio Balloni nel saggio “Walt Whitman e la letteratura americana nella Firenze dei Macchiaioli”, che fa parte del volume “Americani a Firenze. Sargent e gli impressionisti del nuovo mondo“, catalogo della mostra aperta fino al 15 luglio 2012 a Firenze in Palazzo Strozzi. Continua a leggere

“Legge Bacchelli al poeta Pierluigi Cappello”

Poesia e impegno civile. Ditelo con noi…
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Poesia, di Luigia Sorrentino si associa all’appello di Gian Mario Villalta per l’assegnazione del vitalizio della Bacchelli al poeta Pierluigi Cappello.

Leggi qui l’appello di Gian Mario Villalta per il riconoscimento del sostentamento economico all’autore friulano.

La legge Bacchelli, varata dal Parlamento l’8 agosto del 1985, prevede l’assegnazione di un assegno straordinario vitalizio a tutte le persone che, nel corso della loro carriera, si sono distinte nel mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport, ma che versano in situazioni di indigenza. La legge prende il nome dallo scrittore Riccardo Bacchelli che, per primo, ne ha tratto beneficio.

Tra le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo che ne hanno beneficiato la scrittrice Anna Maria Ortese, Gavino Ledda, la poetessa Alda Merini, i cantanti Umberto Bindi, Ernesto Bonino e Joe Sentieri, le attrici Alida Valli e Tina Lattanzi, il pugile Duilio Loi, l’attore Salvo Randone. Ditelo con noi. Posta un commento. Continua a leggere

Addio a Luciano Erba

È morto a Milano Luciano Erba, uno dei più grandi poeti del Novecento e illustre francesista. Aveva 88 anni.
Erba era nato a Milano il 18 settembre 1922. È stato docente di letteratura francese all’Università Cattolica di Milano. Nel capoluogo lombardo Erba ha sempre vissuto, pur allontanandosi per alcuni lunghi periodi (soggiornò in Svizzera durante la seconda guerra mondiale, poi a Parigi e anche negli Stati Uniti). Si laureò alla Cattolica nel 1947 in lingua e letteratura francese, dedicandosi all’insegnamento, prima nelle scuole superiori e poi all’università. Tradusse vari autori francesi tra i quali Sponde, Cendrars, Michaux, Ponge.

Strinse amicizia con il gruppo dei cattolici del dissenso, tra cui Camillo Maria De Piaz e David Maria Turoldo. Esordì con Linea K nel 1951. Seguirono poi le raccolte Il bel paese (1955), Il prete di Ratana (1959), Il male minore (1960), Il prato più verde (1977), Il nastro di Moebius (1980), Il cerchio aperto (1984), Il tranviere metafisico (1987), L’ippopotamo (1989), Variar del verde (1993), L’ipotesi circense (1995), Nella terra di mezzo (2000).

Quartieri solari

Milano ha tramonti rossi oro.
Un punto di vista come un altro
erano gli orti di periferia
dopo i casoni della «Umanitaria».
Tra siepi di sambuco e alcuni uscioli
fatti di latta e di imposte sconnesse,
l’odore di una fabbrica di caffè
si univa al lontano sentore delle fonderie.
Per quella ruggine che regnava invisibile
Per quel sole che scendeva più vasto
in Piemonte in Francia chissà dove
mi pareva di essere in Europa;
mia madre sapeva benissimo
che non le sarei stato a lungo vicino
eppure sorrideva
su uno sfondo di dalie e di viole ciocche.

da L’ippopotamo, (Einaudi, 1989)

Linea Lombarda

Adoro i pregiudizi, i luoghi comuni
mi piace pensare che in Olanda
ci siano sempre ragazze con gli zoccoli
che a Napoli si suoni il mandolino
che tu mi aspetti un po’ in ansia
quando cambio tra Lambrate e Garibaldi.

da Nella terra di mezzo, (2000)

Milano da sera a mattina

Le nuvole hanno smesso di piovere
sta per ricominciare la sera
i cortili avranno voci più chiare
la luna compie un giro in più.

La felicità vive a notte nel sogno
della città labirinto
un monte in periferia
un vagone abbandonato sulle rotaie.

Superstite del primo Novecento
di case d’epoca lungo i bastioni
resto un borghese di tarda mattina:

per svegliarmi ripasso il latino
campestr silvester paluster
esco, cravatta, scarp luster

da Poesie 1951-2001 (Oscar Mondadori, 2002)

«Il male minore, libro riassuntivo che Luciano Erba pubblica nel 1960, è in qualche modo un punto decisivo di confine. Sia per l’esperienza poetica dell’autore, sia per quella della nostra poesia di questi ultimi decenni. Il primo Erba si era già ben manifestato negli anni Cinquanta: nel ’51 con una consistente plaquette (seguita poi da altre) come Linea K, successivamente con la sua presenza fra i sei poeti della Linea Lombarda di Luciano Anceschi nel ’52, e con la partecipazione, in veste di co-autore (assieme a Piero Chiara) e autore nell’antologia Quarta generazione, del ’54, dedicata ai giovani poeti di allora.
La fisionomia, la novità di Erba, trovano dunque un pieno coronamento proprio alla vigilia della prima antologia dei Novissimi (1961) rispetto ai quali la sua posizione appare totalmente estranea. E in questo periodo di sperimentazioni inizia per Erba, forse non a caso, un lunghissimo silenzio interrotto solo alla fine del decennio successivo, con il volumetto Il prato più verde (1977), ripreso poi in un nuovo libro complessivo, Il nastro di Moebius (1980, comprendente anche Il male minore). E’ forse opportuno aggiungere a queste annotazioni che Edoardo Sanguineti, nella sua Antologia della poesia italiana del Novecento (1969), esclude tutti gli autori della quarta generazione non appartenenti all’avanguardia con due sole eccezioni: Pier Paolo Pasolini e, appunto, Luciano Erba.
Anche attraverso questi segnali si può intuire il carattere di coerenza autonoma della poesia di Luciano Erba. Agli esordi è semmai ravvisabile qualche traccia di illustri esempi come quelli di Eugenio Montale e Vittorio Sereni, ma soprattutto risalta netta, naturale, la sua distanza dall’ermetismo degli anni Quaranta, come dai tentativi di opposizione il più delle volte ingenua del neorealismo. Erba appare subito orientato dal dono di una felice leggerezza naturale del tocco, dalla finezza del gusto, con cui esprime il proprio legame con l’esperienza, con la concretezza dei dati, degli oggetti e delle figure, che egli riesce all’istante a sottrarre all’opacità in virtù di una grazia del dire e di un infallibile equilibrio linguistico, che nella loro piena plausibilità, “normalità”, non hanno alcun bisogno di reticenze o astuzie letterarie, da cui anzi rifuggono. La “piccola magia”, la musica sottile e apparentemente pacata della poesia di Erba, come Il male minore evidenzia al livello più alto, consiste dunque nel rendere leggeri, leggiadri, anche, nella loro presenza, nelle loro movenze, dettagli di un reale altrimenti inerte, o greve, o solo indifferente, fino alle più trascoloranti apparenze spesso affidate, ad esempio, al gioco scenico degli abiti (“Lei portava i calzoni del fratello/ una borsa alla cinghia/ un farsetto come un giustacuore”; “in fondo/ avrebbe voluto la Grande Jeanne/ diventare una signora perbene/ aveva già un cappello/ blu, largo, e con tre giri di tulle” ecc.)
Al disegno della sua poesia contribuisce una formazione culturale che incrocia una tradizione lombarda profondamente sentita con esperienze soprattutto francesi, che comprendono Apollinaire e non escludono Prévert.
Erba finge di porsi ai lati, con marginale eleganza, con discreta ironia fantasiste, rispetto ai percorsi dominanti o ai grandi temi dichiarati, per introdurli più di striscio o in sottinteso, o in improvvisi (ma strutturali) scarti interni, che increspano l’ambigua normalità della vicenda.
L’assenza di Erba in una fase della poesia del nostro tempo è probabilmente il sintomo, di un suo disagio, di una sua insofferenza nei confronti di una sperimentazione, dichiarata o meno (e dunque non solo quella della neoavanguardia), a cui non poteva appartenere, e il suo riapparire non vuole certo introdurre un netto mutamento di stile, tant’è vero che nel Nastro di Moebius riprende testi più antichi, compreso, come si diceva, Il male minore forse nell’idea di un unico libro, composto per successivi accumuli, e perciò sempre da aggiornare, che riassuma un percorso poetico. […]»
di Maurizio Cucchi

Brano tratto dall’antologia Poeti Italiani del Secondo Novecento – Volume Primo (Mondadori, 1996)