Francesco Deotto, da “Avventure e disavventure di una casa gialla”

Francesco Deotto, foto di proprietà dell’autore

Nota di Francesco Deotto

L’Hospital de Rilhafoles, inaugurato nel 1848 e ribattezzato Hospital Miguel Bombarda nel 1911, è stato il primo, e per diversi decenni l’unico, ospedale psichiatrico del Portogallo. Situato nel pieno centro di Lisbona, in una struttura precedentemente adibita a collegio militare, e ancor prima a convento, è stato definitivamente dismesso nel 2011. Attualmente sembra che l’area che ancora occupa sarà principalmente destinata a delle abitazioni a prezzo calmierato, ma a lungo non è stato chiaro quale sarebbe stato il suo avvenire, alimentando diverse altre ipotesi, più o meno speculative.

Interrogandosi sulla storia e sul futuro di questo ospedale, o meglio di quello che ne resta, Avventure e disavventure di una casa gialla, L’Arcolaio, 2023, (scritto tra l’ottobre del 2019 e il febbraio del 2022) è la prima parte di un progetto che cerca di riflettere sul nostro rapporto coi luoghi che attraversiamo e abitiamo, e che ci abitano e attraversano.

Una precedente versione dei testi della sezione Inventario sommario dei blocchi maggiori è apparsa in gammm.org.

ESTRATTO

«Nella mia terra chiamavano casa gialla la casa dove tenevano i prigionieri. A volte, quando giocavamo per strada, noi bambini lanciavamo sguardi furtivi alle sbarre scure e silenziose delle sue finestre alte e, con il cuore stretto, balbettavamo: Poveretti!…»

(da Ricordi della casa gialla, di João César Monteiro)

Inventario sommario dei blocchi maggiori

Cinque grandi blocchi
accompagnati da delle discrete
(quanto confuse) formazioni
di piccoli blocchi.

Cinque grandi blocchi
disomogenei praticamente
sotto ogni punto di vista.
Per forma, età, disposizione,
stato di conservazione,
aspettative di sopravvivenza
(e di rilancio), ambizioni,
appetibilità, eccetera.

***

Il blocco più a sud,
il primo visibile dall’ingresso principale
(dall’incrocio tra rua Amaral,
rua Aparício, rua Cruz da Carreira),
detto anche blocco sud,
o blocco principale,
è anche il blocco più antico.

Sembra sia stato concepito
e completato solo qualche anno
prima del grande terremoto
(almeno nel suo nucleo essenziale),
ma come lo abbia attraversato,
con quali e quante tracce,
(e quanti e quali traumi),
in tutto e per tutto,
non lo abbiamo ancora capito.

Dopotutto (e malgrado tutto),
non sembra così malmesso.

***

Quanto al blocco laterale,
quello più vicino al blocco principale,
in realtà, non è del tutto certo
che si tratti realmente
d’un blocco davvero grande.

Probabilmente, andrebbe piuttosto
considerato come un blocco medio,
o come un blocco intermedio.

Più degli altri, fra tutti
(fra tutti i blocchi più o meno grandi),
si distingue principalmente
(anche rispetto al fisco e al catasto)
per la discrezione
e per un certo anonimato.

È il blocco col più basso
valore di mercato.

Soprattutto, è il blocco più semplice
da abbattere, quello di cui, in teoria,
ci si potrebbe liberare anche in assenza
di grandi mezzi,
forse già con un unico caterpillar,
tuttalpiù coadiuvato
da uno o più bulldozer.

Comunque non è del tutto da disprezzare.

***

Poco a nord dal blocco principale
(e dal cosiddetto blocco medio o
intermedio) il terzo grande blocco,
accompagnato da una serie di piccoli blocchi,
occupa di fatto il centro dello spazio.

Più grande del blocco intermedio,
non sembra però neanche enorme,
né particolarmente imponente o antico.

Quasi privo di segni distintivi,
sembra, quantomeno, nel suo insieme,
versare in uno stato complessivamente
decoroso, piuttosto decente.

Stando ai rilievi aerei
si direbbe dotato di una forma
non priva d’originalità:
come una specie di pi greco,
un enorme pi greco minuscolo,
stilizzato e semirovesciato.

Non vi sono ragioni di dubitare
che si tratti di una forma puramente casuale. Continua a leggere

Lorenzo Chiuchiù. Il ritmo essenziale della poesia

Lorenzo Chiuchiù, foto di proprietà dell’autore

Appunti per una poetica
di Lorenzo Chiuchiù

Sfamalo pure come vuoi,
il lupo volgerà sempre gli occhi al bosco.

M. Cvetaeva

I.

La poesia è lo spazio in cui la massima potenza analogica e visionaria diventa ritmo e senso.
La poesia ha sempre a che fare con una rivelazione – può essere un caos che per un istante si cristallizza in ordine, oppure il crollo netto, verticale e assoluto di un cosmo, può essere una morte che compie un destino o la disperazione della parola impossibile.
La rivelazione può passare per l’udito– si percepisce un ritmo che esige delle parole. Il poeta cerca versi capaci di restituire il ritmo essenziale che scandisce il battito cardiaco, il rumore delle onde o la musica delle sfere.
La rivelazione può passare per l’immagine che irrompe nella neutralità o dall’insignificanza di una miriade di altre. L’immagine cardinale di una poesia è una specie di sole che attrae altre immagini, facendole orbitare.

La versificazione è il tentativo di restituire un ritmo essenziale attraverso le parole che si scelgono per incarnarlo; è il tentativo di trovare corrispondenze e gerarchie tra un’immagine sovrana ed altre che si riconoscono consanguinee.

II.

La poesia è un’esposizione alla dismisura, al daimon, all’angoscia, all’entheos. Esposizione che implica una temperatura.
O il pathos greco, l’ardore vedico: la “mente accesa” vede disunito ciò che è in apparenza comune e riconosce il simile nell’estrema inimicizia. Queste sono le potenze che definiscono i poeti del fuoco.
Ma esistono anche poeti glaciali, guidati da una sublime e spesso disperata lucidità. Mallarmé chiedeva alla poesia la spiegazione orfica della terra: una spiegazione – uno sguardo definitivo e raggelato – sulla discesa nella morte, sul riconoscersi, sul destino.

III.

Mi sembra che la grande poesia infranga un interdetto percettivo.
Spinoza diceva che gli uomini possono solo concepire l’extensio (qualsiasi ente fisico) e la cogitatio (qualsiasi pensiero, immaginazione, sentimento). Le due realtà sono attributi dell’infinito: gli uomini non possono abitare che queste. Ma, continua Spinoza, ne esistono infinite altre. Infinite altre realtà che eccedono le possibilità percettive degli uomini.
Impossibile, per Spinoza, fare esperienza di qualcosa che oltrepassi lo spazio fisico e quello proiettivo della sfera psichico-mentale.
Ma la poesia è forse un terzo modo della percezione: il daimon, l’enteheos, la divina mania, l’archetipo, il nulla dell’angoscia sono realtà che eccedono sia la fisica della res extensa che le proiezioni della res cogitans.

Ne La teoria dei colori di Goethe c’è un’intuizione che mi ha sempre colpito: la luce crea l’occhio per vedere se stessa. Con la poesia accade qualcosa di simile: la poesia vede se stessa, si riconosce, solo attraverso singole opere. È come se alcune opere – e parlo dei capolavori della tradizione poetica – non fossero che l’estensione dei modi della percezione dell’infinito.

TESTI

Tradurre, innalzare

Porterò questo bicchiere di cenere
e un dizionario di pagine bianche
annegate nella luce fino a scomparire
e sarà la notte siberiana, la pietra grigia
della muta che caccia, il vento.
Mi dici che alla salvezza hai opposto
l’arteria di luce
e che non importa altro.
Hai aperto il dizionario e
le stelle grezze hanno spezzato
la dinastia del giorno,
da allora sei sangue nero e sempre.

***

Nella luce a strapiombo
il muscolo lacerato –
e io sono oltre
le onde cardiache del fuoco,
ben oltre la sinistra che ha
scritto nome e iride,
e indica il punto, nella pagina,
dove i diari impazziscono.
E la porta mi guarda:
la pupilla è la mia, mia
la notte salvata:
sta immobile e chiede tutto.
Questo falò, alla fine, sarà stato
e ne ricorderai ogni lingua,
perché non hai che questa.

***

I templi che furono abbandonati
ritornano innocenti
ritornano nelle rose
e per la mente, ma tu non dici:
scrivi sui petali, disperdi i nomi
e la creta: ora chiudi gli occhi, cuci le vene,
chiama l’addio;
chiama i coltelli e la luce
finché non saprai che questa è l’ora,
è solo questa,
e nessun grido per battesimo,
nessun battesimo nella vertigine:
benvenuto nella febbre del patto,
la caccia è iniziata.

***

Non abbiamo incontrato
che l’altra vita,
quella che ha scavalcato
la grandine che ferisce la rondine,
le sillabe e l’arca.
E ora è qui
nella resistenza della lampadina,
nel suo lampo raggelato
e miniato.
Gli elenchi sono bruciati,
non trattengo il respiro –
ho in mano un inizio.

***

Il risveglio e le tenebre furono
prodigi e asfodeli –
rue du Calvaire è cosparsa di sale
ora una puttana e il Sacro Cuore
invocano le tre di notte,
la primizia e l’azzurro slogato:
ho inventato le rughe e chiuso gli occhi,
ho reciso un nervo e evocato il nord,
ho gettato la sorte:

i magneti ronzano nell’oro del mosaico.

***

La stanza febbraio è ancora
la nuda correzione del fulmine –

possediamo il foglio che separa
il bianco dentro il bianco
ed è nostro anche se niente è nostro.
Abbiamo colpa e fuoco cardiaco –
e correremo. Abbiamo trattenuto il fiato:
una due dieci volte, una unica e solitaria
la notte– e respireremo:
sua è la stella ascetica.

***

Forse il latte o i simboli
forse in disparte la comune
notturna parola intesa
che infuria sotto la mente:

ti sei svegliato e hai sognato
e hai portato la notte fin dentro
le creature: chiedono una
pagina nell’invisibile
un sigillo spezzato di netto:
nessun prima, unico il dopo

e ora segmenti, gli occhi bene aperti,
le rivoluzioni, le figlie, le varianti.

***

È sempre il febbraio delle carte decifrate –
anche per un sasso che affonda nella neve
mentre tu ritorni dal lavoro e dal presente:
ma tutte le menti amate sono sconfitte e gloriose
perché, guardami, i cieli sono tutti scritti,
feriti a morte e ancora sacrificati, come soldati.

E dall’altra parte piove –
dovremo dividere pane e terra,
finché non saremo pane e terra.

***

Il diaspro che troverai
ha facce trafitte, tutte le direzioni
convergono ipnotiche
e in potenza: e ti chiedono –

ma tu hai una benda da strabico
e mentre l’irrazionale brucia il campo,
le sterpaglie, già vedi la terra atra,
lo specchio dell’eclisse che resta –
eppure la storia è la sezione
e noi, cuore siderale, la verticale. Continua a leggere

Giorgio Agamben, “Quando la casa brucia”

Giorgio Agamben

 

 

Zajin

 

 

E che compie questa esperienza della parola, chi è, in questo senso, poeta e non soltanto lettore della sua parola, ne scorge la segnatura in ogni minimo fatto, ne testimonia in ogni evento in ogni circostanza, senza arroganza né enfasi, Come se percepissi con chiarezza che tutto ciò che gli capita, commisurato all’annuncio, depone ogni estraneità e ogni potere, gli è più intimo e, insieme, remoto.

 

 

Lamed

 

Il campo del linguaggio è il luogo di un conflitto incessante fra la parola e la lingua, l’idioma e la grammatica. Occorre liberarsi dal pregiudizio secondo cui la parola sarebbe una messa in opera, una diligente applicazione della lingua, quasi che questa presi stesse da qualche parte come una realtà sostanziale e come se, per parlare, dovessimo ogni volta aprire una grammatica o consultare un dizionario. E’ evidente che la lingua esiste solo nell’uso. Che cos’è, allora, quest’uso, se non può essere un’esecuzione fedele e obbediente della lingua, ma, al contrario, un venire a capo di essa-o, piuttosto, dei suoi guardiani, dentro e fuori di noi, che vegliano e che ciò che ci diciamo sia ogni volta ricondotto alla forma e all’identità di una lingua?

Ajin

I nomi non dicono le cose: le chiamano nell’aperto, le custodiscono nel loro apparire. Le proposizioni non veicolano un messaggio: l’essere-La-neve-bianca non è il contenuto della proposizione: “La neve è bianca”, che noi non pronunciamo mai in questo modo neutrale. L’esser-la-neve-bianca è il suo improvviso, gioioso, immacolato apparire allo sguardo in un mattino invernale. E’ un evento, non un fatto.

Nei nomi e nelle proposizioni noi andiamo aldilà dei nomi e delle proposizioni, fino al punto in cui le cose ci appaiono per un istante senza nome nel loro aver nome, indelibate nel loro esser dette, come un dio sensibile e sconosciuto. Continua a leggere

Antomarini, un’immagine di futuro

Brunella Antomarini

Libro ibrido sugli ibridi

Ogni pensiero che si ragioni ora, è già archiviato. Si oscura subito dietro la scena dove si esibisce. Proclama troppo tardi di essere necessario. Si possono fare diverse cose allora: accelerare il ritmo di selezione e anticipazione del rilevante – o partire dal futuro indeterminato dal quale le macchine che ci avranno sostituito si chiedono da dove vengono e rifanno la loro genealogia durante un viaggio di soccorso e di ritorno.
Perciò questo libro è un archivio e una scommessa, un discorso al passato e un’immagine di futuro e che arriva nel presente andando indietro. Sono le macchine, chiamate nubili – in contrappunto e omaggio alle machines célibataires di Marcel Duchamp – a pensare, perché gli umani saranno stati ridotti ad alcuni esemplari, allevati nei giardini. Sono le macchine nubili in questo futuro a conversare, durante il viaggio, sulla loro origine da organismi umani maschili: molti scienziati infatti avevano dato nomi di donna ai loro automi e robots. Per farlo, ne dovranno studiare la logica cibernetica e le premesse cosmologiche.

Verso le macchine nubili…
Vladimir D’Amora

Borges e Foucault: ogni historia artis: le reti… Si parla di vertigine dell’archivio, di una compulsione melancholica della lista… Si raddoppia, non potendo altrimenti, trattandosi appunto di e-numerazione…, la postura d’archivio tesa come è (stata) tra un reale e un possibile: in un’altra e originaria e originale insieme situazione: la krisis dell’archivio positivo: della posizione stessa d’archivio: della sua stessa post(ur)a prossemica: la reale tensione tra possibile e impossibile… Continua a leggere

Giuseppe Capitano, “Impastare la calce”

Opera di Giuseppe Capitano

DI
GIUSEPPE CAPITANO

 

Come immagino il dopo quarantena?
Io penso che animarsi di BUONI sentimenti è sempre BENE.
Questi sentimenti in quanto tempo si esauriranno?
Quanti potranno permettersi di conservarli?

Sentimenti generati dal pensarsi meglio di quello che si è , secondo una visione cristiana nella quale il passato è male , il presente è espiazione e il futuro redenzione.

Sentimenti ancora assorbiti da una società disillusa e scissa nei suoi mattoni base: la famiglia, le istituzioni, la chiesa. Piena di bisogni non tutti primari ma comunque bisogni, non per nulla disposta a cambiare vita.

I cambiamenti coatti degli ultimi mesi sono stati imposti con la forza per limitare il contagio e aiutare la gente a prendere maggiore consapevolezza di un distanziamento che era già in atto anche prima della diffusione del virus.

La crisi di identità che i più dementi esplicano con un ego smisurato , con cattiverie di vario genere (neanche troppo nascoste ), mostra la fragilità di uno schema che risulta ai più lucidi, superato .

Opera di Giuseppe Capitano

I sogni per il futuro erano già annichiliti prima del male comune, tolto il domani, oggi si rosicchia l’oggi. Mi spiego meglio: l’ ordine sociale è garantito da regole condivise non solo dalla legge ma da un senso comune.

Il discorso dell’ uomo è un discorso evidentemente di specie e non di individuo; la politica economica che ci ha amministrato ha diffuso un modello che sviluppa l’ individualismo, ai fini del prestigio, della ricchezza e della notorietà.

Questo modello tende alla monade , la monade però non ha né porte né finestre , così cresce in noi un senso di smarrimento che pare verso gli altri ma è prima di tutto verso noi stessi.

Già prima del virus avevamo disimparato a stare insieme, oggi è legge non formare assembramenti .

I cambiamenti di costume , anche se forzati servono alla maggior parte per sentirsi parte di qualcosa che vorrebbero essere e non saranno mai se non a discapito di qualcun altro , 60000 volontari per vigilare contro gli assembramenti è un evidente principio di fascismo.

Il blocco ha avuto degli effetti positivi ? Certo.

Porre l’ attenzione su problematiche che sono più profonde : qual è lo scopo del nostro vivere insieme? Dimostrare di essere un po’ meglio del vicino? Certo che no.

Possedere più cose per aumentare la distanza dagli altri? Certo che no.

Avere la capacità di provare empatia anche per chi non ci è vicino? Certo.

Saper rinunciare a qualcosa per un bene superiore: la collettività? Continua a leggere

Donatella Di Cesare, “La catastrofe del respiro”

Donatella Di Cesare

INDENNI?
DI DONATELLA DI CESARE

Forse ne verremo fuori con una patente di immunità che attesti i nostri anticorpi. Passeremo, quasi per abitudine, fra sofisticati termoscanner e fitti circuiti di videosorveglianza, in luoghi e non-luoghi sanificati, mantenendo la distanza di sicurezza, guardandoci intorno cauti e diffidenti. Le mascherine non ci aiuteranno a distinguere gli amici, e a venirne riconosciuti. A lungo continueremo a scorgere ovunque asintomatici che, ignari, annidano in sé la minaccia intangibile del contagio. Forse il virus si sarà già ritratto dall’aria, scomparso, dissolto; ma ne resterà a lungo il fantasma. E noi avremo ancora l’affanno, il fiato corto.

Potremo raccontare quell’evento epocale che abbiamo vissuto. Lo faremo da sopravvissuti – inconsapevoli, magari, dei rischi che ciò nasconde. Non solo per le insidie della rimozione; né solo per quell’impegno che la vita ha di portare con sé la vita che non c’è più, di riscattarla e indennizzarla, nel lavoro infinito del lutto. La sopravvivenza può inebriare, esaltare. Può diventare una sorta di piacere, una soddisfazione insaziabile, ed essere presa persino come un trionfo. Chi è vissuto oltre, chi è sfuggito alla sorte che si è abbattuta sugli altri, si sente privilegiato, favorito. Questa sensazione di forza, come ha osservato Canetti, prevale persino sull’afflizione. Come se si avesse dato buona prova di sé, e si fosse in un certo senso migliori. Bandito il pericolo, si avverte la prodigiosa, eccitante impressione di essere invulnerabili. Proprio questa potenza del sopravvissuto, la sua rinnovata invulnerabilità, potrebbe rivelarsi un boomerang, un danno di ritorno, spingendolo a credere di poter restare indenne anche in futuro.

Saremo dunque sopravvissuti sani e salvi, immuni e immunizzati, forse già vaccinati, sempre più protetti e assicurati, in lotta per indennizzi e indennità. Celebreremo una certa resistenza, lasciando indistinto il confine tra lotta politica e reattività immunitaria. Non potremo ritenerci reduci o scampati da un conflitto perché, anche se il gergo militare ha dominato la narrazione mediatica, sappiamo che non è stata una guerra. Immaginare così quel che è avvenuto sarebbe un errore reiterato, un ostacolo per ogni riflessione. Non è stata una guerra – nessuno ha vinto. Molti sono stati sopraffatti senza poter combattere; molti hanno perso tutto, integrità e proprietà. Proprio quelli che possedevano meno degli altri, i più indifesi, i più esposti.

Essere usciti indenni da quest’inedita e immane catastrofe del respiro non autorizza a credere di essere intatti e inaccessibili al danno. L’indennità non salva. E l’immunità, più che un successo, si capovolge nel contrario. È come quando il rimedio si rivela un veleno. Perciò fallisce il tentativo di evitare a tutti i costi il danno, di calcolare l’incalcolabile, di innalzare iperdifese. L’organismo che, nell’intento di tutelare la propria indennità, manda in giro la truppa dei suoi anticorpi per impedire l’ingresso agli antigeni stranieri, rischia di autodistruggersi. È quel che mostrano le patologie autoimmuni. Bisogna allora proteggersi dalla protezione. E dal fantasma dell’immunizzazione assoluta.

Il respiro è sempre stato il simbolo dell’esistenza, la sua metonimia, il suo sigillo. Esistere è respirare. Nulla di più naturale, nulla di più emblematico. Eppure, già a partire dal secolo scorso, il respiro è stato bersaglio sistematico. Basti pensare all’impiego sempre più esteso e sofisticato di gas e veleni: dal cloro, sul primo fronte bellico, all’acido cianidrico, nello sterminio, dalla contaminazione radioattiva alle armi chimiche. Anche in seguito sembra che la scienza delle nubi tossiche e la teoria degli spazi irrespirabili abbiano fatto progressi. Al punto che si può parlare, come ha suggerito Peter Sloterdijk, di «atmoterrorismo», dato che non si prende di mira la vittima designata, bensì l’atmosfera in cui vive. Non più colpi diretti, né responsabilità palesi. Chi muore cade sotto il proprio stesso impulso a respirare. Di chi sarà la colpa? La manipolazione dell’aria ha messo fine al privilegio ingenuo goduto dagli esseri umani prima della cesura novecentesca, quello di respirare senza preoccuparsi dell’atmosfera circostante.
Non è un caso che la letteratura abbia guardato a ciò con apprensione. È stato Hermann Broch a intuire che il respiro non sarebbe più stato naturale e a diagnosticare che, mentre l’aria avrebbe finito per diventare un campo di battaglia, la comunità umana sarebbe soffocata dai veleni impiegati contro se stessa. L’atmoterrorismo rivolto all’interno mostrava già caratteri suicidi. Nel suo saggio Il meridiano Paul Celan ha celebrato il respiro, ne ha denunciato lo sterminio, ha raccolto e articolato il rantolo delle vittime e promuovendone il riscatto nella poesia, che ha chiamato «svolta del respiro». Continua a leggere

Il Rotary Club di Torre del Greco conferisce a Massimo Cacciari il Premio “La Ginestra 2018”. La cerimonia di premiazione nella settecentesca Villa delle Ginestre

Massimo Cacciari / ph. Ansa

E’ il filosofo Massimo Cacciari il vincitore del premio “La Ginestra” 2018, che gli sarà consegnato a Torre del Greco giovedì 13 settembre. Il riconoscimento, giunto alla dodicesima edizione, è promosso dal Rotary Club Torre del Greco Comuni Vesuviani – presieduto da Vittorio De Feo – in collaborazione con la Fondazione Ville Vesuviane e l’Università degli Studi di Napoli Federico II come riconoscimento ai più prestigiosi studiosi dell’opera leopardiana.

“Fare filosofia – si legge nella motivazione – implica per Cacciari interrogare quasi necessariamente le opere di grandi artisti. Esse mettono in gioco una ricchezza di vita ineguagliabile. Pongono domande alla cui profondità solo i loro linguaggi sembrano alludere nella maniera più radicale. Il fare dell’arte parla di conflitti in perenne contesa. Presenta questioni e dilemmi che non hanno soluzioni fisse e definitive e che nessuna scorciatoia può risolvere. Gli studi leopardiani si collocano all’interno di questo scenario filosofico. Continua a leggere

Franco Buffoni e Marco Corsi

Il libro più che un’intervista al poeta e traduttore Franco Buffoni, è  un bilancio sulla vita del poeta.  Un attraversamento al passato remoto e prossimo, senza dimenticare il presente, né il futuro, sul filo teso di una memoria lucida, analitica e schietta. Conversazioni a tutto campo, che trovano sponda nei terreni di poesia, narrativa, diritto, filosofia, teoria della traduzione, ma anche arte, cinema, società, costume, mai dimenticando l’intenso impegno che Franco Buffoni ha profuso, nell’arco ormai di un cinquantennio, non solo in campo letterario, ma anche politico e civile. Una battaglia per l’affermazione del nuovo, come ben testimoniano queste pagine, ricche di nomi che vanno da W.H. Auden e Allen Mandelbaum, da Mario Mieli a Seamus Heaney. E poi Raboni, Sereni, Giudici, Fortini, Zanzotto… A raccogliere questa testimonianza è stato il  giovane Marco Corsi: un passaggio di testimone, una consegna, un’eredità intellettuale che arriva oggi al pubblico in tutta la sua disarmante, e spesso ironica, sincerità.

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In memoria di te, Paolo Aita

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Paolo Aita

Martedì 8 novembre 2016, dalle ore 17.00 alle ore 20.00, la Casa delle Letterature di Roma renderà omaggio a Paolo Aita, poeta, scrittore, critico d’arte e musicale, elegante studioso e personaggio eclettico, venuto a mancare improvvisamente lo scorso giugno a soli 58 anni. Continua a leggere

I racconti di Sergio Livio Nigri

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Nota di Daniele Campanari

Che i rapporti umani siano governati da meccanismi difficili da codificare è cosa nota. Così come sono note le goffe manovre per le quali mettiamo in atto, tutti, un sistema fatto da tentativi di approccio tra uomo e donna che possono generare umorismo, ilarità, o ancora tenerezza. La rete magica (Greco & Greco Editori) di Sergio Livio Nigri (pseudonimo di Arrigo Lampugnani Nigri) racconta da un punto di osservazione privilegiato (che è quello dell’immaginazione) cinque storie per altrettanti nomi di donna
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Franco Loi & Stefania Consenti

 

 

FRANCO LOI ph©campanini-baracchi

FRANCO LOI
ph©campanini-baracchi

Il Giorno della Memoria con la Scuola professionale Galdus

Due incontri per la Giornata della Memoria promossi dalla Scuola Professionale Galdus ai suoi studenti e al pubblico: venerdì 5 febbraio con il poeta Franco Loi e le poesie che lo rievocano bambino a Milano durante la seconda guerra mondiale e lunedì 8 febbraio con Stefania Consenti, autrice del libro “Luoghi della memoria a Milano”, con Roberto Cenati, presidente Associazione Nazionale Partigiani d’ Italia provinciale Milano. Continua a leggere

Nuccio Ordine, “L’utilità dell’inutile”

utilita_inutileNon è vero – neanche in tempo di crisi – che è utile solo ciò che produce profitto. Esistono, nelle democrazie mercantili, saperi ritenuti “inutili” che invece si rivelano di una straordinaria utilità. In questo brillante e originale saggio, Nuccio Ordine attira la nostra attenzione sull’utilità dell’inutile e sull’inutilità dell’utile. Attraverso le riflessioni di grandi filosofi (Platone, Aristotele, Zhuang-zi, Pico della Mirandola, Montaigne, Bruno, Campanella, Bacone, Kant, Tocqueville, Newman, Poincaré, Heidegger, Bataille) e di grandi scrittori (Ovidio, Dante, Petrarca, Boccaccio, Alberti, Ariosto, Moro, Shakespeare, Cervantes, Milton, Lessing, Leopardi, Hugo, Gautier, Dickens, Herzen, Baudelaire, Stevenson, Kakuzo Okakura, García Lorca, García Márquez, Ionesco, Calvino, Foster Wallace), Nuccio Ordine mostra come l’ossessione del possesso e il culto dell’utilità finiscano per inaridire lo spirito, mettendo in pericolo non solo le scuole e le università, l’arte e la creatività, ma anche alcuni valori fondamentali come la dignitas hominis, l’amore e la verità. Continua a leggere

Emanuele Severino, “DIKE”

 

dikeE’ nelle librerie italiane l’ultima opera di uno dei più importanti filosofi viventi, Emanuele Severino,DIKE, Biblioteca Filosofica Adelphi, (luglio 2015).

Il libro – a novembre 2015 già alla Seconda Edizione –  comincia con una nota scritta dall’Autore che qui sotto vi proponiamo integralmente.
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Nel mondo greco, la parola díkē, che comunemente traduciamo con «giustizia», si riferisce all’inizio alla dimensione giuridica e, prima ancora, religiosa. Ma la filosofia porta alla luce un significato essenzialmente più profondo di questa parola. Si può dire che l’avvento della filosofia coincide con l’avvento di tale significato. Díkē viene a significare l’incondizionata stabilità del sapere. E richiede la stabilità incondizionata dell’essere. Riguarda tutto ciò che l’uomo può pensare e può fare. Secondo (seguendo) essa si svolge la storia dell’Occidente.

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La Biblioteca di Mark Strand a Civitella

Mark Strand 

A novembre 2014 il mondo della poesia ha subito un duro colpo con la morte Mark Strand. Mark, che era un assiduo frequentatore dell’Umbria e della Fondazione Civitella Ranieri, aveva progettato una nuova visita per l’estate del 2015.  Il suo caro amico, il pittore Yale Bill Bailey, abita a pochi minuti dal Castello della Fondazione di Civitella Ranieri, e durante le estati in cui Mark era in Italia e non andava a Civitella, andava da Bill.

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Nei luoghi della bellezza 2015

Il Comune di Noto

in collaborazione con

l’Associazione Culturale Ri-flexus

presenta

 

NEI LUOGHI DELLA BELLEZZA

arte filosofia musica poesia teatro

 

NOTO

dal 20 al 26 aprile 2015

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MEDAGLIA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

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Con il Patrocinio del Comitato Italiano per

l’UNICEF

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progetto di

Luisa Mazza

  Continua a leggere

Gli scritti sulla pittura di Maria Zambrano

 
dire_lucePresentazione a Firenze di  “Dire Luce” edizione Bur Rizzoli 2014, un libro nel quale la grande scrittrice spagnola si interroga sul significato e la funzione dell’arte e sul suo rapporto con l’uomo e con la sua esistenza. Il libro raccoglie testi, alcuni dei quali nati da incontri effettivi con opere, autori e pittori, viene presentato lunedì 29 settembre, alle ore 17, a palazzo Panciatichi, (Via Cavour, 4).
Alla presentazione intervengono i professori Rosalba de Filippis e Sergio Givone, la curatrice del volume Carmen Del Valle, il saggista Luca Nannipieri e il poeta Davide Rondoni. Continua a leggere

Carlo Sini, "Esperienza e Verità"

 
CARLO_SINIAppuntamento

PRAXIS,  Scuola di filosofia
Forlì, 21-26 Luglio 2014 ” Esperienza e Verità” CRISALIDE in collaborazione con L’UOMO, UN SEGNO… 
Nella foto, il filosofo Carlo Sini.
ESPERIENZA E VERITA’
Un luogo nel quale imparare la postura del pensiero in azione praticando dal vivo il lavoro della ricerca in comune: la Scuola di filosofia PRAXIS, sotto la direzione scientifica di Rocco Ronchi e Carlo Sini, inaugura i suoi corsi estivi il prossimo luglio a Forlì. All’incrocio fra interrogazioni diverse ma in una condivisa prospettiva transdisciplinare, il tema a cui saranno quest’anno dedicate le lezioni è «Esperienza e verità». Continua a leggere

Umberto Fiori, Poesie 1986-2014

cop_fioriE’ in libreria l’Oscar Mondadori con tutte le poesie di Umberto Fiori (prezzo di copertina euro 20,00).
Il libro che ha l’introduzione di Andrea Afribo, comprende opere diverse pubblicate dall’autore a partire dal 1986. Umberto Fiori, nato a Sarzana nel 1949,  vive a Milano dal 1954, città nella quale si è laureato in Filosofia. Negli anni Settanta era il cantante degli Stormy Six, e ha scritto numerose canzoni per uno dei gruppi storici del rock italiano. In seguito ha collaborato con il compositore Luca Francesconi (per il quale ha scritto due libretti d’opera ed altri testi), con il fotografo Giovanni Chiaramonte e con i videoartisti di Studio Azzurro. Del 2009 è un cd di canzoni basate su suoi testi poetici, Sotto gli occhi di tutti che ha realizzato con la collaborazione del chitarrista Luciano Margorani. E’ autore di saggi e di interventi critici sulla musica Srivere con la voce 2003 e sulla letteratura La poesia è un fischio, 2007, di un romanzo, La vera storia di Boy Bantàm, 2007 e del Dialogo della creanza, 2007. Il suo primo libro di poesie, Case, è uscito nel 1986 per San Marco dei Giustiniani. Continua a leggere

Festival della Filosofia 2013 & Programma

Appuntamento

L’edizione 2013 del festival in programma dal 13 al 15 settembre a Modena, Carpi, Sassuolo, sarà dedicata all’Amare, per costruire un lessico a più voci dal quale emerga come l’esperienza dell’amore si imperni essenzialmente su una dimensione relazionale. Le piste di lavoro che saranno battute nel programma delle lezioni includono le “potenze dell’anima” (con il rapporto tra emozioni, passioni ed empatia), l’amore “transitivo” o “intransitivo”, che sottolinea il riconoscimento nella relazione o viceversa il narcisismo affettivo, le Continua a leggere

A “Notti d’autore”, Emanuele Severino

Si chiude con un’intervista al grande filosofo Emanuele Severino in onda il 27 giugno 2013 alle 0.30 su Rai Radio 1, il primo ciclo di “Notti d’autore, Viaggio nella vita e nelle opere dei protagonisti del nostro tempo” il programma ideato e condotto da Luigia Sorrentino.

Emanuele Severino è nato a Brescia il 26 febbraio del 1929. La sua opera filosofica, vastissima, è raccolta in una sessantina di volumi. L’ultimo lavoro pubblicato nel 2013, “Intorno al senso del nulla”, ritorna ad una riflessione importante attorno alla quale ha ruotato tutto il suo pensiero filosofico, a partire dalla sua prima opera, “La struttura originaria” del 1958, fino a “La morte e la terra”, del 2011. E’ forse l’ultimo vero filosofo, perché parla una lingua incontaminata che esprime anche una certa durezza che non abbassa la fronte davanti a niente e nessuno pur di salvare il linguaggio della filosofia. Prendendo in prestito una sua espressione si può affermare che per Emanuele Severino la lingua è “come una nave porta con sé le alghe che le si sono attaccate alla chiglia.”

L’AUDIO CON L’INTERVISTA A EMANUELE SEVERINO di Luigia Sorrentino

 

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Alessandra Frison, “Le ore della dispersione”

Anteprima editoriale

E’ appena uscito nelle librerie italiane l’opera prima di poesia di Alessandra Frison “Le ore della dispersione” LietoColle (I Giardini della Minerva) 2013, a cura di Maurizio Cucchi.

“Le ore della dispersione”  è dunque l’opera d’esordio di Alessandra Frison, nata a Zevio, in provincia di Verona, nel 1985, studentessa di Filosofia all’Università Statale di Milano. Le sue prime poesie erano comparse nel 2008 nell’Almanacco dello Specchio Mondadori.  Continua a leggere

Le immagini del mondo di Cristiana Cafini

Appuntamento

Venerdì 22 Marzo 2013 alle ore 17.00 alla libreria Arion-Ready Cavour di Roma (Viale Cavour, 255),
presentazione dei tre volumi di Cristiana Cafini: “Immagini del Giappone nel Mikado di Gilbert & Sullivan” collana Biblioteca di Sinestesie n. 5 (2012); “L’influenza dell’Oriente nel Teatro musicale Europeo di fine secolo” , collana Biblioteca di Sinestesie n. 6 (2012) con Prefazione di Piero Mioli; “A Cristiana”, collana Biblioteca di Sinestesie n. 7 (2013).
Interventi di: Angelo Favaro, Piero Mioli, Luigia Sorrentino. Coordina l’incontro Alberto Granese. Continua a leggere

Sloterdijk, “La mano che prende la mano che dà”

Nello scaffale: Peter Sloterdijk
“La mano che prende la mano che dà”
Raffaello Cortina Editore 2012 (euro11,00)
a cura di Luigia Sorrentino

Peter Sloterdijk, il filosofo antitasse
di Laura Cervellione

Perché la filosofia non può parlare di tasse? Soprattutto quando il fisco diventa una selva oscura, il filosofo avrebbe buon diritto di accendervi un po’ di lumi. Così rivendica Peter Sloterdijk in alcuni interventi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, andati a comporre un volumetto polemico, La mano che prende e la mano che dà. Una mano che tormenta il teutonico di Karlsruhe, tanto da convincersi che non è l’Essere, né il Tempo, ma sono le Tasse l’assillo più orizzontale del pianeta. Giacciono lì, nella loro datità, senza che nessuno le abbia mai decentemente giustificate. Continua a leggere

Emanuele Severino, “Cose” e “tecnica”

Appuntamento

Sabato15 Settembre 2012 alle 18.00 al Festival di Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, lezione magistrale di Emanuele Severino “Cose” e “tecnica” (Modena, Piazza Grande).

Emanuele Severino indica il senso autentico ed estremamente complesso che la tecnica possiede al di là delle diverse e contrapposte interpretazioni che ne vengono date dalla cultura occidentale. “La tecnica del nostro tempo è la forma più radicale della Téchne”  parola dell’antica lingua greca. Secondo Severino non è possibile comprendere il senso autentico della “tecnica” guidata dalla scienza moderna, se non si risale al più autentico pensiero dell’Occidente, la filosofia greca. E se insieme, non si è in grado di scorgere la profonda unità che lega la tecnica al pensiero filosofico degli ultimi due secoli. Continua a leggere

“Le cose”, Festival di Filosofia 2012

Da venerdì 14 a domenica 16 settembre 2012 a Modena, Carpi e Sassuolo quasi 200 appuntamenti fra lezioni magistrali, mostre, concerti, spettacoli e cene filosofiche.

Tra i protagonisti Bauman, Augé, Searle, Sennett, Latouche, la cinese Anne Cheng, Cacciari, Galimberti, Severino e Bodei.

Un concetto chiave della tradizione filosofica e una questione cruciale dell’esperienza contemporanea. È “cose” il tema dell’edizione 2012 che si svolge a Modena, Carpi e Sassuolo dal 14 al 16 settembre in 40 luoghi diversi delle tre città. Lezioni magistrali, mostre, spettacoli, letture, giochi per bambini e cene filosofiche. Gli appuntamenti sono quasi 200 e tutti gratuiti. Continua a leggere

Carlo Michelstaedter, Poesie

Nello scaffale: Carlo Michelstaedter
a cura di Luigia Sorrentino


Le Poesie di Carlo Michelstaedter pubblicate dalla Piccola Biblioteca Adelphi a cura di Sergio Campailla nel 1987 in prima edizione, (ripubblicate negli anni successivi fino all’ottava edizione del 2011), sono ancora troppo poco conosciute e poco lette. Eppure, si tratta di un autore eccezionale e unico nel suo genere, segnato da un’esistenza troppo breve, conclusasi tragicamente, nel 1910 con un gesto estremo, il suicidio, a soli 23 anni.

Ma chi era Carlo Michelstaedter? Qual è la sua storia? E che cosa ha rappresentato la sua opera nel panorama della cultura italiana del Novecento?
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Simona Marzano, “Volevo essere una farfalla”

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

La cosa più difficile è far capire che cos’è l’anoressia, con quali sintomi si manifesta.  Riesce a farlo capire benissimo Michela Marzano, affermata filosofa e scrittrice con: “Volevo essere una farfalla” Mondadori, 2011 (€17.50).

Michela Marzano è un’affermata filosofa e scrittrice, un’autorità negli ambienti della società culturale parigina. Dalla prima infanzia a Roma alla nomina a professore ordinario all’università di Parigi, passando per una laurea e un dottorato alla Normale di Pisa, la sua vita si è svolta all’insegna del «dovere». Un diktat, però, che l’ha portata negli anni a fare sempre di più, sempre meglio, cercando di controllare tutto. Una volontà ferrea, ma una costante violenza sul proprio corpo. «Lei è anoressica» le viene detto da una psichiatra quando ha poco più di vent’anni.

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Ol’ga Sedakova, nella traduzione di Francesca Chessa

La traduzione di poesia: Ol’ga Sedakova
a cura di Luigia Sorrentino

Ol’ga Sedakova è nata a Mosca nel 1949. Si è laureata in Lettere all’Università Statale di Mosca (MGU) e all’Istituto di Studi Slavi e Baltici nel 1983. E’ poeta, filologa, traduttrice, saggista e dottoressa di teologia honoris causa. Vive a Mosca. La raccolta delle sue opere in due volumi è stata pubblicata a Mosca nel 2001, nell’edizione russa En Ef K’ju/Tu Print: (O. Sedakova, Proza, Stichi, Moskva, 2001, voll. I-II.). Il primo volume, dedicato all’opera in versi, comprende cinquecento pagine di poesie. Il secondo volume, dedicato alla prosa, si apre con un racconto autobiografico (già tradotto in Francia), che riassume e annuncia tutta l’attività letteraria della Sedakova: Pochvala poezii (Elogio della poesia). Il testo diffuso alla fine degli anni ottanta tra i lettori di Mosca e Leningrado, circolava in edizioni dattiloscritte, Samizdat. L’opera della Sedakova è stata curata da A. Velikanova. Continua a leggere

Programma Festival Filosofia ‘Natura’

Da venerdì 16 a domenica 18 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo 200 appuntamenti fra lezioni magistrali, mostre, concerti, spettacoli e cene filosofiche. Tra i protagonisti Nancy, Bauman, Augé, Koolhaas, Shiva, Cacciari, Galimberti e Bodei. Continua a leggere

Festival a Modena sul significato di ‘natura’

Duecento appuntamenti gratuiti in tre giorni per riflettere sul significato di “natura”. Oltre 50 lezioni magistrali affidate a grandi protagonisti del pensiero contemporaneo, mostre, concerti, spettacoli, letture, iniziative per bambini e cene filosofiche: è ciò che propone l’undicesima edizione del festivalfilosofia di Modena, Carpi, Sassuolo, in programma da venerdì 16 a domenica 18 settembre in 40 luoghi delle tre città. Continua a leggere

Hölderlin e il ritmo armonico del vivente

Ciò che più di tutto affascina Hölderlin è il ritmo armonico del vivente, che procede per opposizioni e unificazioni irrisolte. Divenire consapevole di questa alternanza, farla propria, tradurla in linguaggio metaforico è compito del poeta, il cui impulso creatore percorre una traiettoria eccentrica, in cui si alternano momenti di estrema naturalità a momenti di massima idealità. Ma affinché il vivente possa compiutamente manifestarsi nella poesia, è necessario il pensiero filosofico, che può scoprire e isolare quelle leggi calcolabili a cui il poeta deve piegarsi con libera scelta.

Scritti di estetica, di Friedrich Hölderlin, Editore SE (euro 23,00), a cura di Riccardo Ruschi

Nella copertina del libro Friedrich Hölderlin in un pastello di Franz Hiemer, del 1792

 

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