František Halas (1901-1949)

Básník František Halas

Imagena

Zastínila okno křídlem stříbrným
chvilku sebou bilo
z pramene mé bezesnosti uvízl v něm rým

Už se bojí už si stýská už je zajata
Imagena Imagena
pláče slova pláče hudbu pláče poupata

Tolik věcí chce být ještě chtivě uchopeno
Čím jen tobě odměním se
zvábíš-li je do mé noci Imageno Imageno

František Halas

Imagena

La sua ala argentea ombreggia la finestra
palpita per un attimo
ecco dalla sorgiva dell’insonnia vi si impiglia una rima

Ha già paura già è ghermita già si duole
Imagena Imagena
piange bocciuoli piange musica parole

Tante cose ancora vi sono da carpire
in che modo potrò ricompensarti
se alla mia notte tu le adescherai Imagena Imagena

František Halas

(Traduzione di Angelo Maria Ripellino)

da “Genziana”, 1933, in “František Halas, Imagena”, Einaudi, Torino, 1971

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Angelo Maria Ripellino, “Lo splendido violino verde”

Angelo Maria Ripellino

COMMENTO DI UMBERTO BRUNETTI

 

19. Il cappellaio Aurevoir è morto ieri a Parigi

 

 

Da un’assonanza con il Monsieur Miroir di una poesia di Philippe Soupault (Funèbre) trae origine «il cappellaio Aurevoir» di que­sta lirica, che assume la forma di un fittizio annuncio funebre. L’autunno parigino fornisce una cornice malinconica, che sembra quasi immortalata all’in­terno di un film in bianco e nero («Parigi ricalca i suoi rami nudi / nella cartacarbone del cielo») con un rapido avvicendamento di immagini e una progressiva restrizione del campo: dall’intera città si passa al lungosenna, a rue des Rennes e, infine, all’interno del «negozietto» di cappelli. La scelta del personaggio del cappellaio consente al poeta di costruire una successione di metafore: le pagliette «piangono», il nero dei cilindri «batte le ciglia», «le bombette sono uova di gelo». La climax è costruita su un passaggio dal movimento all’im­mo­bilità e dalla personificazione al ritorno in oggetto, come se la morte abbracciasse anche le creazioni del protagonista. Conferisce struttura circolare al componimento la ripetizione dell’incipit al v. 9 con un’u­nica variante: l’assenza dell’ap­po­sizione «cappellaio». La distanza fra Aurevoir e l’ele­men­to che prima lo caratterizzava, i cappelli, è ora pari alla distanza fra la vita e la morte, e la cesura è ormai insanabile.

Con le note di Cole Porter come sottofondo, quasi in una coda finale senza immagini, si chiude la poesia, che traspone nell’immaginario di una Parigi passata il tema dell’ineluttabilità della morte, colta non nel dramma di chi se ne va, ma nel vuoto e nel dolore di ciò che rimane, in un ‘arrivederci’ che è in realtà un addio.

 

Metrica: strofa di undici versi, principalmente endecasillabi, alternati a un quadrisillabo (v. 11), un decasillabo (v. 4) e due versi composti (doppio ottonario il v. 1, endecasillabo piú trisillabo con ritmo dattilico il v. 2). Rime di vv. 4-8 «cielo : gelo» e, ipermetra imperfetta, di 6-11 «tortore : Porter». Rima identica di vv. 1-9.

 

Il cappellaio Aurevoir è morto ieri a Parigi.
Lungo la Senna balbetta una folla di foglie.
Parigi ricalca i suoi rami nudi
nella cartacarbone del cielo.
Il negozietto a rue de Rennes è chiuso.                                                           5
Piangono le pagliette come tortore,
batte le ciglia il nero dei cilindri,
le bombette sono uova di gelo.
Aurevoir è morto ieri a Parigi.
Straziante, insulso, disperato autunno,                                                           10
o Cole Porter. Continua a leggere

Sergej Esenin (1895-1925)

Sergej Esenin

Io vado errando sulla prima neve,
nel cuore mughetti di forze scoppiate.
La sera ha acceso sopra la mia strada
la candela turchina d’una stella.

Io non so se ci sia luce o buio,
se nella selva canti il gallo o il vento.
Forse, invece dell’inverno sui campi,
cigni si sono posati sul prato.

Tu sei bella, o bianca distesa!
Il lieve gelo mi riscalda il sangue!
Ho desiderio di stringere al corpo
i seni nudi delle betulle.

O folta torbidità boschiva!
O gaiezza dei campi nevosi!…
Ho desiderio di serrare tra le braccia
i fianchi di legno delle vétrici.

*

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La rivoluzione linguistica di Majakovskij

Vladimir Majakovskij

Porto

Lenzuola d’acque v’erano sotto la pancia.
Le lacerava in onde un bianco dente.
V’era urlo di camini – come se amore e lascivia
Fluissero per il rame dei camini.
Le barche si strinsero dentro le culle delle imboccature
Ai capezzoli di madri di ferro.
Nelle orecchie assordate dei piroscafi
Risplendevano gli orecchini delle ancore.

(1912)

 

Traduzione di Angelo Maria Ripellino Continua a leggere

Anna Andreevna Achmatova

Anna Andreevna Achmatova

Io ho appreso a vivere con semplicità, con saggezza,
a guardare il cielo e a pregare Iddio,
e a girellare a lungo innanzi sera,
per stancare l’inutile angoscia.

Quando nel dirupo frusciano le bardane
e declina il grappolo del sorbo giallo-rosso,
io compongo versi festevoli
sulla vita caduca, caduca e bellissima.

Ritorno. Mi lambisce il palmo
il gatto piumoso che ronfa con piú tenerezza,
e un fuoco smagliante divampa
sulla torretta della segheria lacustre.

Soltanto di rado squarcia il silenzio
il grido d’una cicogna volata sul tetto.
E se tu busserai alla mia porta,
mi sembra che non udrò nemmeno.

Anna Andreevna Achmatova

1912

(Traduzione di Angelo Maria Ripellino)
da “Poesia russa del Novecento”, Guanda, Parma, 1954 Continua a leggere

Szymborska, la gioia di leggere

Wislawa-Szymborska1In Italia, paese in cui molti scrivono poesie, ma pochissimi le leggono, Szymborska piace. Da questa semplice, perfino banale constatazione, è nato il progetto di questo libro. Nobel per la Letteratura 1996, nel nostro paese la poetessa polacca ha conquistato decine di migliaia di lettori.

A tutt’oggi i suoi versi e la sua figura vengono frequentemente citati sulla stampa, alla radio e alla TV, in canzoni e spettacoli teatrali, graphic novel e centinaia di siti web, blog e video. Una simile popolarità ha spinto la critica a percepire questa “presa” sui lettori come una salutare reazione ai vizi di certa nostra poesia. In questa raccolta di saggi, la prima dedicata in Italia all’opera della poetessa polacca, ci si è interrogati su quali siano gli elementi propulsivi di questo consenso condiviso e sul perché la poesia di Szymborska, malgrado, o forse proprio a causa della fama di autrice non complessa, in Italia abbia finora stimolato scarse letture critiche. Continua a leggere

Alessandro Fo, “Attenzioni”

Alessandro Fo RITAGLIATA (foto Gianfranco Negri) Foto di Gianfranco Neri

Nota di Alessandro Fo

Una piccola composizione in versi nasce all’incrocio fra la storia personale, le vicende quotidiane, le sensazioni, le letture, le musiche interiori di una persona. Il punto ‘esatto’ (per quanto lo possano essere le cose poetiche) in cui tutta questa complessità ‘condensa’ un gesto espressivo è quello che chi tenta le vie dell’arte chiama di solito ispirazione. È per lo più questione di un istante: qualcosa come un improvviso convergere di vari fili che traversavano, isolati, la mente, per poi precipitare in inchiostro su un foglio. A me piace pensare che il momento poetico consista appunto nella capacità di fissare la percezione inconsueta che, delle cose, questa finestra schiude quasi a sorpresa. E nella capacità di raggiungere questo scopo in una forma a sua volta inconsueta e stilizzata, ma contemporaneamente autentica e persuasiva. In tutto questo processo agisce naturalmente anche la tradizione, ciò di cui ci siamo nutriti leggendo e ascoltando, ciò in cui ci siamo maggiormente riconosciuti. E queste sono tutte, se si vuole, forme differenti di attenzione: una categoria ritenuta fondante, per il fare poetico, anche nell’appassionata e profonda, così cruciale, conferenza di Elsa Morante, Pro o contro la bomba atomica. Continua a leggere

Annelisa Alleva, “Lo spettacolo nella memoria”

Nello scaffale
Annelisa Alleva

Wysława Szymborska, Elizabeth Barrett Browning, Marina Cvetaeva, Sylvia Plath; Aleksandr Puškin, Sergej Aksakov, Lev Tolstoj, Iosif Brodskij, Boris Ryžij; Giacomo Leopardi, Angelo Maria Ripellino, Tommaso Landolfi, Gianfranco Palmery, Giovanna Sicari; gli artisti Orest Kiprenskij, Titina Maselli, Ruggero Savinio sono presenti in queste pagine dove, fra saggio e narrazione, troviamo anche memorie e incontri.
Il filo che intreccia i testi è quello del racconto. Certi personaggi, come i genitori del poeta Brodskij, frequentati a Leningrado, hanno il carattere di figure di romanzo. Gli artisti, gli scrittori del presente e del passato, soprattutto poeti, appaiono e scompaiono come su una scena di teatro.
Gli autori di cui si parla sono vicini non solo sulla carta, ma anche perché Annelisa Alleva li ha spesso tradotti, conosciuti, come ha conosciuto i luoghi dove hanno vissuto, hanno scritto e sono morti.
Il libro parla dell’osmosi: fra un personaggio e l’altro; fra una lingua e l’altra; fra prosa e poesia; fra passato e presente. Continua a leggere

Osip Mandel’štam, Il poeta parla di sé

In memoria di te: Osip Mandel’štam
a cura di Luigia Sorrentino

La rivoluzione di Ottobre non ha potuto fare a meno di esercitare un’influenza sul mio lavoro, poiché mi ha tolto la «biografia», la sensazione di un significato personale. Le sono grato per aver posto fine una volta  per sempre alla sicurezza spirituale e al vivere di rendita culturale… Mi sento debitore della rivoluzione, ma i doni che le offro non le sono per ora necessari.

La domanda come debba essere uno scrittore mi è del tutto incomprensibile:  per rispondere dovrei inventare uno scrittore, il che significherebbe scrivere le sue opere in vece sua.

Sono inoltre profondamente convinto che, sebbene gli scrittori dipendano dai rapporti di forza sociale e ne siano condizionati, la scienza moderna non possegga alcun mezzo per evocare la comparsa di questo o quell’autore che ritiene auspicabile. Dato lo stato embrionale dell’eugenetica, gli incroci e gli innesti culturali possono dare i risultati più inaspettati. E’ invece possibile una produzione in massa di lettori. Per qusto esiste un mezzo diretto: la scuola.

Osip Mandel’štam
(Pubblicato per la prima volta come risposta ad un’inchiesta svolta dalla rivista “Citatel i pisatel”  [Lettore e scrittore] sul tema,  «lo scrittore sovietico e l’Ottobre», 1928, pubblicato in Sulla poesia Con due scritti di Angelo Maria Ripellino e una nota di Franco Malcovati, Traduzione di Maria Olsoufieva, Tascabili Bompiani, 1981.

da, ‘Alagez’ (oggi Aragac, vulcano spento)

Qual è il tempo in cui vorresti vivere?
Il participio futuro passivo, il «dover essere».
Ci respiro bene. Mi piace. E’ un onore da cavaliere. E’ per questo che amo il glorioso gerundio latino, il verbo a cavallo.
Sì, il genio latino, quando era avido e giovane, creò una forma imperativa di spinta verbale come prototipo di tutta la nostra cultura, che non solo deve essere, ma «deve essere lodata», laudanda est, è una cosa che piace… […]

LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE

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