Romana Petri, “mostruosa maternità”

Madri che uccidono i figli. La scrittrice indaga e scandaglia il sentimento che separa la madre dal figlio fino al punto di portarla a sopprimerlo

Romana Petri

È molto significativo che l’attenzione della scrittrice Romana Petri abbia messo in luce un argomento molto forte, scottante oggi come ieri: quello delle madri che uccidono i propri figli.  Un argomento che in taluni casi divide l’opinione pubblica, e divide soprattutto le donne, quelle che hanno messo al mondo dei figli e che hanno conosciuto l’esperienza della maternità come un potenziamento della propria individualità e quelle che invece non hanno fatto figli e che hanno vissuto questa condizione come una privazione, un indebolimento della propria femminilità.

E’ quanto si evince dalla lettura dei dodici racconti pubblicati da Romana Petri con il titolo di “mostruosa maternità” (Giulio Perrone Editore, 2022).

Intervista a Romana Petri
di Luigia Sorrentino
Roma, 2 settembre 2022

 

Lei, Romana, madre a sua volta, non giudica le donne delle quali ci racconta. Non si pone con loro né contro di loro. Perché non le giudica? Che cosa vuole suscitare nel lettore?

 

“Una lezione che ho imparato bene è quella di Flaubert. Chi scrive deve riportare le cose come stanno, anche quando inventa. Vuol dire, raccontare mettendosi da parte, non solo senza emettere giudizi, ma nemmeno interpretare al posto del lettore. Il lettore deve essere libero di fare suo il libro, di continuarlo, di rimasticarlo dentro di sé, di stare da una parte o dall’altra. Se lo fa chi scrive lo condiziona.
Io credo in un rapporto di collaborazione tra chi scrive e chi legge. E spesso può capitare che un lettore abbia una visione di quel che scrivo io molto diversa dalla mia. Sono situazioni che mi piacciono molto, perché chi scrive è l’ultimo che può spiegare quel che fa. Nelle presentazioni ci proviamo, ma è una visione parziale. Per questo sono interessantissimi i circoli di lettura, perché si parla del proprio libro con persone che lo hanno già letto. Sono situazioni nelle quali imparo molto sul mio lavoro”.

 

Nel primo e nell’ultimo racconto riprende il caso di Annamaria Franzoni condannata in primo grado con rito abbreviato a 30 anni di carcere per l’omicidio del figlio Samuele, omicidio mai confessato dalla donna. La Franzoni è tornata libera nel 2019 per buona condotta, e il suo è stato, in assoluto, il caso di cronaca maggiormente seguito dai media. Nel suo primo racconto la Franzoni parla, a volte sembra pensare a alta voce. Nell’ultimo, sono due donne a confrontarsi sul caso “Franzoni” dal parrucchiere. Una è colpevolista l’altra è innocentista. Dal primo racconto sulla Franzoni emerge una generale condizione di insoddisfazione e di sofferenza della donna non percepita come grave dal marito. Cosa questa che ritorna anche nell’ultimo racconto, nel confronto fra le due donne. E’ come se dalla loro “chiacchiera” nascesse un dubbio sulla maternità, sul come debba essere o non essere una madre.
Romana, crede che non esista la madre perfetta? Pensa che dietro la “mostruosa maternità” si possa nascondere una buona dose di responsabilità nei mariti delle donne che uccidono i propri figli?

 

“Allora, io sono e sarò sempre convinta che l’unico omicidio ammissibile sia quello per legittima difesa. Non ce ne sono altri. Credo molto anche nella responsabilità personale, quindi una madre che uccide il proprio figlio, al dunque lo ha fatto lei. Può essere un raptus o una decisione fredda e calcolata, come il terribile, ultimo caso di Diana, lasciata sola a casa per sei giorni a sedici mesi.
Quando si parla di femminicidio, per fortuna non pensiamo mai che la donna abbia potuto influenzare con il suo comportamento l’uomo ad ucciderla. L’uomo la uccide perché è un assassino, perché non sa gestire l’abbandono e perché spesso il femminicidio è un omicidio di Stato perché le donne, anche quando vanno alla polizia non sono ascoltate.
Dunque, premettendo che nessuno può arrivare al punto da far commettere un omicidio a un’altra persona se questa non è già predisposta di suo, io direi che la responsabilità principale è della madre che uccide, poi c’è tutto il resto, soprattutto un’assenza dello Stato, anche perché purtroppo, della vita che i bambini molto piccoli fanno in casa non sa nulla nessuno. La casa può essere davvero una prigione. Vediamo gli ultimi casi. Una madre uccide il figlio perché il bambino si è accorto che lei a una relazione con il suocero; una madre uccide con undici coltellate la figlia perché quest’ultima si sta affezionando alla nuova compagna del padre; l’ultima la lascia sei giorni da sola per stare con il suo nuovo compagno, al quale, ovviamente, dice di aver sistemato la bambina presso sua sorella al mare.
In questi casi, chi può aver spinto la madre a uccidere i figli se non la fragilità della madre stessa? Le donne hanno un profondo senso di autodistruzione. Il mondo ha insegnato alla donna a non stimarsi, a non amarsi, a pensare sempre di valere poco.
Il peggio avviene sempre quando l’ego viene ferito. Pensiamo al suicidio.
Quali sono le maggiori cause di suicidio?
Delusioni amorose e fallimenti sul lavoro. Tutto quel che ha a che vedere con l’ego.
Si è mai sentito di chi si è suicidato per la morte di una persona amata, magari proprio di un figlio? Viviamo da sempre (vedi Medea) nel culto di noi stessi. Guai a chi tocca quella parte così fragile, così esposta, che ci pulsa addosso come un cuore scoperto. Appeso al petto”.

La sua narrazione esprime un forte disagio sociale che vivono alcune donne oggi all’interno della famiglia. Anche se le madri che uccidono i propri figli ci sono sempre state e infatti i suoi racconti sono ambientati in epoche differenti. Essere madre oggi come ieri è una responsabilità che incombe principalmente sulla donna nella relazione con il figlio, ma anche con il marito, o con il proprio compagno. Ci sono donne che hanno una storia difficile alle loro spalle, non sufficientemente elaborata dalla donna stessa, altre donne, invece, quelle che hanno avuto la possibilità di elaborare il proprio vissuto riescono nella maternità perché non riflettono sui figli i propri fallimenti, la propria autodistruzione. Insomma il figlicidio può celare il dubbio che la responsabilità non sia soltanto delle madri che lo commettono ma anche della società che ha inculcato loro di dover essere madri a tutti i costi?

 

“Anche qui dipende molto dalla personalità della donna. E non ci sono dubbi, non tutte sono nate per essere madri, la maternità deve essere una scelta. Purtroppo la donna, a differenza dell’uomo, ha un ciclo riproduttivo oltre il quale non può andare. Ecco perché a volta può capitare che sentendo la corsa affrettata del tempo possa decidere di avere un figlio prima che sia troppo tardi. Come se un possibile rimpianto possa essere più grave di una scelta sbagliata. La donna ha la possibilità di procreare, non l’obbligo.
Vedremo cosa accadrà dopo le elezioni… Già si parla di bonus per chi ha figli, di pensioni anticipate per le madri. Insomma un incentivo a “figliare” comunque. E poi c’è un fondamentale pregiudizio che ormai ho rinunciato a veder scomparire: una donna non madre non è una donna completa. Lo abbiamo mai sentito dire di un uomo? No.”


La letteratura può raccontare e far riflettere molto più della chiacchiera, del dito giudicante puntato sulla madre assassina tipico del giornalista di nera dal quale lei si discosta nettamente. La sua narrazione è potente perché mette in luce l’anima nera che è presente in ognuno di noi.

“Siamo tutti figli di Caino e non di Abele. Il lato oscuro ce lo portiamo dentro. È un seme con il quale nasciamo, veniamo al mondo e ce lo danno in dotazione. Poi dipende dal tipo di vita che affronteremo se questo seme resterà tale o diventerà una pianta; dalle persone che incontreremo e dalla nostra forza di volontà. Accade lo stesso anche per il bene, per il talento. Siamo i protagonisti della nostra vita, proprio come fosse un film, ma anche il più piccolo comprimario può avere la sua importanza. Mi viene da dire che sia per il bene che per il male, ogni tanto abbiamo bisogno di un annaffiatoio che gli dia di che crescere. Ma poi dipende da noi. La violenza non mi stupisce, fa proprio parte dell’essere umano. Però continua a indignarmi. Tutte le persone in pericolo dovrebbero essere aiutate. Simone Weil parlava di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia. Un’ illusione così grande che alla fine anche una come lei ha rinunciato ai suoi ideali”.


Forse si potrebbe pensare che nella sua narrazione alcune donne commettano questo crimine per ragioni profonde, radicate nella loro esistenza, in altre il crimine è assolutamente superficiale. Accade a quella madre che nel suo racconto si suicida sulla Prenestina a Roma con il figlio perché è ingrassata e il marito la tradisce.

“Le donne non dovrebbero subire così tanto il giudizio dei loro compagni, perché ce ne sono proprio di indecenti che dopo il parto considerano la loro compagna nient’altro che la madre del loro figlio, solo perché dopo il parto non è più tornata immediatamente come prima. In questo la donna dovrebbe emanciparsi.
Se un compagno vive in casa con te, ma come compagno e come padre non esiste, allora non bisogna avere paura della solitudine. Meglio chiedere aiuto altrove che rischiare di farsi fare il lavaggio del cervello.
Ci vuole una forte personalità per non dare importanza a uno sguardo che ci oltrepassa come fossimo trasparenti. Restare accanto a uno sguardo così ci farà malissimo, possiamo caderci dentro e finire nell’abisso. Ma alcune donne preferiscono l’uomo al figlio, danno un’importanza determinante al desiderio che suscitano. Se di questi uomini si liberassero sarebbero profondamente più felici, più belle. Certe volte, rimanere sole è la miglior cura possibile. La solitudine come creatrice di nuove possibilità”.

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Il virtuosismo tecnico di Antonio Finelli

Antonio Finelli

 “Oltre la realtà”.

Il mondo artistico di  Antonio Finelli

Intervista di

Fabrizio Fantoni

 

Artista tra i più valenti della sua generazione, Antonio Finelli (classe 1985) si contraddistingue per la sbalorditiva perizia tecnica con cui esegue i suoi disegni.

Le sue figure, che si stagliano nette sulla carta, portano con loro la caducità e la fragile bellezza delle farfalle: volti segnati dalla vecchiaia ritratti con lenticolare precisione, immagini che sembrano emergere dal fondo della memoria per mostrarsi  ai nostri occhi un’ultima volta prima di scomparire definitivamente.

Il virtuosismo di Antonio Finelli non è fine a se stesso ma, al contrario, è il mezzo per andare oltre il visibile ed indagare le nascoste armonie che sorreggono i rapporti tra gli uomini.

 

Disegno di Antonio Finelli

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Ritratto di Andrea Zanzotto

In occasione del centenario dalla nascita, vi proponiamo il ritratto del grande poeta italiano, Andrea Zanzotto, (Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011), realizzato da Carlo Mazzacurati e Marco Paolini poco prima della scomparsa del poeta.

Addio a Adam Zagajewski

Adam Zagajewski

Lutto nel mondo della cultura. E’ scomparso il 21 marzo 2021 nella Giornata Mondiale della Poesia il grande poeta polacco, Adam Zagajewski,  Aveva 76 anni. Una triste ricorrenza in una giornata di gioia per la poesia. Questo evento casuale, accidentale, lo rende ancora più immortale e afferma la potenza della sua presenza.

Nato a Leopoli (Ucraina) nel 1945, Adam Zagajewski è uno dei maggiori poeti polacchi del Novecento. Non so cosa sia accaduto a Adam in questo orribile tempo del Covid, in questa data simbolica in tutto il mondo. Nell’intervista che leggerete Adam racconta che per lui era simbolica “la data del 27 gennaio, il giorno in cui Auschwitz è stata liberata dall’armata rossa, data che poi è diventata Il giorno della Memoria. Il 27 gennaio però è anche il compleanno di Mozart e questi due fatti sono la somma di tutte le stranezze del mondo nel quale viviamo.”

C’è da dire che la scomparsa di un poeta, a qualsiasi età avvenga, è sempre un evento strano, prematuro. L’averci lasciato proprio in questa giornata, sembra confermare che essere poeta è davvero un destino. Portarsi sulle spalle il destino dell’uomo non è una cosa da niente… E questo Adam lo sapeva benissimo…

L’ultimo contatto con Adam lo avevamo avuto a ottobre 2019, in occasione del Premio Poesia civile città di Vercelli a lui conferito per la sua opera di scrittore e poeta. In quell’occasione venne presentata una selezione dei suoi versi a cura di Valentina Parisi: “Prova a cantare con il mondo storpiato” (Interlinea, 2019).  L’intervista, l’ultima, che realizzai con Adam è uscita su questo blog il 10 ottobre 2019. Potete rileggerla qui.

Credo di poter affermare con certezza che quella fu l’ultima volta che Adam visitò l’Italia. Soltanto quattro mesi dopo, il 22 febbraio 2020, si cominciò a parlare della pandemia da Covid-19.

Ma facciamo un passo indietro.

Incontrai per la prima volta Adam il 17 marzo 2011. Poi ci rivedemmo ancora, anche a Pordenonelegge. In quegli anni lo scrittore e poeta polacco, candidato al Nobel per la Letteratura (premio che poi non ha vinto benché fosse unanimamente riconosciuto con Wislawa Szymborska, uno dei maggiori poeti polacchi del nostro tempo), era a Roma per celebrare Joseph Brodsky, con una squadra di scrittori e poeti, fra i quali il caraibico Derek Walcott, premio Nobel 1992. L’avvenimento ebbe luogo in due momenti diversi: la sera del 17 marzo alla John Cabot University e la sera del 18 marzo all’American Academy.
Per il Tributo a Brodsky (Nobel 1987) il 18 marzo salirono sul podio dell’Aula Magna dell’Academy , illustri ospiti: Roberto Calasso, Boris Khersony, Mary Jo Salter, Mark Strand, Derek Walcott e Adam Zagajewski. Io ero lì, seduta fra il pubblico. Scattai diverse foto…Non persi l’occasione per fare la mia prima intervista televisiva a Adam Zagaiewski per RaiNews24 che oggi vi ripropongo integralmente scritta.

Zagajewski aveva solo pochi mesi quando la sua famiglia fu deportata in Polonia, paese del quale era originaria. Nel 1981, a causa delle leggi marziali polacche fu costretto all’esilio e si rifugiò in Francia, a Parigi.

Nel 2002 Zagajewski era ritornato a vivere in Polonia per poi assestare la sua vita abitando in Polonia, a Cracovia, e negli Stati Uniti, a Chicago, per insegnare all’Università.
Adam, era conosciuto in tutto il mondo per la sua poesia sull’ “11 settembre”. In quel momento però, la sua opera di poesia non era ancora uscita integralmente in Italia. Io avevo letto la sua autobiografia “Tradimento”, nella traduzione di Valentina Parisi, (Adelphi 2007) e ne ero rimasta molto colpita, e proprio da quel libro cominciò la nostra conversazione.

(Luigia Sorrentino)

 

Intervista a Adam Zagajewski
di Luigia Sorrentino
American Academy in Rome 
17 marzo 2011

L.S. Nella sua autobiografia,“Tradimento”, lei scrive: “La vita è tradimento. Chiunque possegga un’anima immortale, e abbia ricevuto la vita, è un traditore.” Sembra proprio che per lei sia impossibile venire al mondo fuori della condizione del ‘tradire’ e ‘dell’essere traditi’. Perché la vita è tradimento?

A.Z. “Credo che ognuno di noi ambisca a un innato desiderio di perfezione. La vita che conduciamo ci dimostra invece che non è mai perfetta come l’idea che abbiamo di essa. Per me questi due livelli, la ricerca della perfezione, e l’imperfezione, sono interessanti. Da una parte la nostra vita interiore, che forse non è perfetta, ma è ‘ideale’, e dall’altra, il quotidiano, la realtà che viviamo, che ci corrompe e ci impedisce di seguire i nostri ideali. Quelli che scrivono letteratura, e più in generale quelli che si occupano di arte, sono consapevoli di questa discrepanza tra la vita interiore e la vita economica o familiare. E’ un tradimento, non il peggiore, ma comunque un tradimento.” Continua a leggere

Il contravveleno al niente: Gian Mario Villalta tra poesia e presente

Gian Mario Villalta

di MATTEO BIANCHI

La poesia non si accontenta di una lettura e tanto meno di una lettura distratta. Di più, ci riporta a un brusio buono, biologico, alle parole sostanziali dei sentimenti. A confermarlo ancora una volta è il percorso in versi di Gian Mario Villalta, specie nelle sue ultime pubblicazioni. Una su tutte – anomala e folgorante – Il scappamorte (Amos, collana A27, 2019), nella quale il poeta non rinuncia a far proprio il bene altrui, a renderlo condivisibile attraverso il processo estetico: «Confessi a te stesso che della felicità / sai la voglia: fa feste / all’aria intorno a te e ignora / il boccone offerto, come il cane addestrato / alla guardia del cuore / quando sfugge al guinzaglio».

Nel corso di una mirabile divagazione, Barthes affermò che «la letteratura non permette di camminare, ma permette di respirare», in quanto esperienza panica e totalizzante, che permea l’individuo e non lo accompagna soltanto durante una trasformazione interiore. Villalta, dal canto suo, esorta il lettore a un’ecologia del pensiero e di conseguenza della parola, che rifletta onestamente una doverosa ecologia sociale, sostenuta dal disarmo linguistico, e che smussi l’uso di una verbosità sempre più aggressiva e opprimente, volta a intimidire e a conquistare il fruitore dei consueti flussi di comunicazione. D’altronde, sin dalla radice οἶκος, l’ecologia si fonda su un’analisi oggettiva delle interazioni tra le singolarità e il contesto di appartenenza, ossia un’analisi che si focalizza sulle relazioni interne a una qualsivoglia realtà organica. Continua a leggere

La giovane poesia Europea, Jan Wagner

Jan Wagner

Wagner, la poesia si fa «minuscola»
Di Alberto Fraccacreta

La nuova poesia europea sembra avere una sempre maggiore attenzione per i dettagli. Se il mondo è caoticamente frammentario e flash ordinari popolano le nostre giornate, il poeta ha il compito di riportare alla pagina oggetti bizzarri e parole desuete, dare spazio al marginale e all’infimo, saper estrarre da esso un microcosmo di elucubrazioni e transazioni psicologiche, se non metafisiche. Questo, almeno, pare il compito che si è prefisso uno dei più interessanti poeti europei nati negli anni Settanta, Jan Wagner, critico e traduttore, amburghese residente a Berlino, vincitore del massimo premio letterario tedesco – il Büchner – nel 2017. Dentro le sue liriche è possibile imbattersi nella «castalda/ che domina già nel nome», nell’amento del salice, in focene, asini siciliani, koala come «pulciosi budda» con «quel viso/ sereno di un taccagno o di un ciclista», prugnoli, zanzare («come se d’un tratto tutte le lettere/ si fossero staccate dal giornale/ e stessero come sciame nell’aria»), tovagliolini, more di gelso, palline da tennis, carline, recinzioni, tazze, api, barili dell’acqua piovana ovviamente e addirittura Lazzaro, «dapprima cieco come una patata» poi «d’un tratto, in fila per il pane», con «quella piuma di voce ronzante,// come se qualcosa in lui si fosse lacerato». Una poesia dunque, quella di Wagner, legata alle cose, concreta e leggera, con l’ironia tipica di Hans Magnus Enzensberger e la passione argomentativa e iterativa di Philip Larkin, ma foriera di un graffio spirituale che lascia il lettore in uno stato di pensosa acquiescenza.

È stata recentemente pubblicata da Einaudi la sua silloge Variazioni sul barile dell’acqua piovana (traduzione di Federico Italiano, pagine 176, euro 14). Cosa ci può dire in merito al libro?

È la mia sesta raccolta di poesie, pubblicata in Germania da Hanser Berlin nel 2014. Il titolo – nell’originale di quelle parole composte tedesche incredibilmente lunghe, Regentonnenvariationen – suggerisce due cose che mi sono sembrate importanti per la maggior parte delle poesie incluse: una certa musicalità (accennata dal termine “Variationen”) e un interesse per i piccoli oggetti apparentemente banali – che, in verità, sono argomenti preziosi se ti capita di scrivere testi poetici. Un bicchiere d’acqua non è soltanto un bicchiere d’acqua se un autore come Iosif Brodskij lo utilizza in una sua lirica ma conterrà tutto, questioni di morte, perdita, vita dopo la morte, come se sottolineasse l’idea di un passaggio. Prima e dopo aver scritto Regentonnenvariationen, ero quindi interessato a bustine di tè, funghi prataioli ripieni, motoseghe – nonché personaggi storici come Colombo o scienziati dimenticati da tempo: i cosiddetti grandi argomenti contano e tutte le fuggitive cose diurne non si escludono a vicenda nella poesia, mi sembra, ma possono illuminarsi a vicenda. Regentonnenvariationen, come suggerisce il titolo, si interessa anche dei tesori nascosti del mondo naturale, e quindi troverai poesie su erbacce e animaletti, o anche quelle sul Canaletto e sui barbieri morti. Continua a leggere

Adam Zagajewski, “Il volto umano è il centro etico del mondo”

ADAM ZAGAJEWSI, PREMIO ALLA CARRIERA FESTIVAL INTERNAZIONALE DI POESIA CIVILE DI VERCELLI 2019

 

Derek Walcott ha definito la poesia di Adam Zagajewski «voce sommessa sullo sfondo delle immense devastazioni di un secolo osceno, più intima di quella di Auden, non meno cosmopolita di quelle di Miłosz, Celan, Brodskij». Adam Zagajewski è nato nel 1945 a Leopoli, città che ha lasciato quell’anno stesso insieme alla sua famiglia, espulsa dai sovietici che se ne erano impadroniti nel 1944. Cresciuto a Gliwice, Slesia, e cioè in quei territori tedeschi che nel dopoguerra furono annessi alla Repubblica Popolare di Polonia, Zagajewski ha studiato psicologia e filosofia all’università Jagellonica di Cracovia, diventando ben presto uno dei protagonisti della corrente “Nowa Fala” o “Generazione del ’68”, che riuniva i giovani poeti più critici nei confronti del regime. Pubblica la sua prima raccolta, Komunikat nel 1972. Nel 1975 è tra i firmatari della Lettera dei 59, sottoscritta da sessantasei intellettuali polacchi per protestare contro l’introduzione nella Costituzione di paragrafi riguardanti l’alleanza con l’Unione Sovietica e il ruolo-guida del Partito Operaio Unificato Polacco. Dopo aver vissuto a lungo all’estero, prima a Berlino e poi a Parigi, è tornato a risiedere a Cracovia nel 2002. Insignito del Neustadt International Prize for Literature (2004), del premio Heinrich Mann (2015) e del premio Principessa delle Asturie (2017), insegna da anni all’università di Chicago. In Italia Adelphi ha pubblicato una raccolta di prose, “Tradimento” (2007, a cura di L. Bernardini, traduzione di V. Parisi), e “Dalla vita degli oggetti”, un’ampia scelta dalla sua produzione poetica a cura di Krystyna Jaworska (2012).

 

INTERVISTA A ADAM ZAGAJEWSKI
DI LUIGIA SORRENTINO
NAPOLI, 18 OTTOBRE 2019

La poesia è come un volto umano,
un oggetto che può essere misurato,
descritto, catalogato, ma è anche un appello
.
A.Z.

L.S. Adam Zagajewski, lei ha scritto questo esergo in calce all’antologia pubblicata con Interlinea “Prova a cantare con il mondo storpiato”. Con questi tre versi lei definisce la poesia “come un volto umano, un oggetto che può essere misurato, descritto… ma – questa è la cosa che sorprende il lettore – lei scrive dopo che (la poesia) “è anche un appello”. L’appello inteso come mezzo d’ impugnazione di una sentenza ingiusta? Oppure – più semplicemente – intendeva dire che la poesia è anche una chiamata? Rispondere a una chiamata ?

A.Z. … Sono sempre stato colpito dalla filosofia di Emmanuel Lévinas che si focalizza sul volto umano. Il volto umano è per lui il centro etico del mondo. Mi affascina. Non sto dicendo che la mia poesia dica la stessa cosa, ma c’è di certo un parallelismo. Le poesie ci affascinano in molti modi, cercano di renderci più consapevoli della nostra umanità, ci dicono – siate umani. Ci dicono anche – pensate, non siate oggetti, non siate stupidi.

L.S. “Prova a cantare con il mondo storpiato” è il titolo da lei scelto per questa antologia che attraversa cinquant’anni della sua poesia. Si va dagli esordi, dagli anni Sessanta, fino ai giorni d’oggi, alla sua raccolta più recente “Asimmetria”. Liriche come La valigia, Sandali, ci riconducono alla memoria della sua vicenda personale, ci riportano in Polonia nel periodo delle deportazioni di massa nei campi di sterminio nazista. Che cosa canta oggi un poeta nato dalle ceneri alla Shoah? Quale mondo ha visto?  Continua a leggere

Billy Ramsell, “credo che uno scrittore possa imparare molto dalla musica”

Articolo e interviste di Giovanni Agnoloni

Billy Ramsell, Il sogno d’inverno dell’architetto, ed. L’Arcolaio 2017

La poesia di Billy Ramsell, in quest’ottima silloge tradotta egregiamente da Lorenzo Mari (che è anche il curatore della collana “L’altra lingua”), viaggia su un territorio di confine composto di tante schegge di mondo contemporaneo, che si riflettono tanto sul livello stilistico quanto, e soprattutto, su quello dei contenuti. È canto frammentato e sincopato di una modernità satura di tecnologia, riflesso di un mondo scomposto in innumerevoli sfaccettature, ma anche frutto della rielaborazione dell’eredità dei grandi maestri della poesia irlandese del Novecento (su tutti, William Butler Yeats). Il loro spirito contemplativo vi respira, filtrato dalla sensibilità dell’autore, attraverso gli squarci aperti su solitudini metropolitane impregnate di note jazz o di movenze di giocatori di hurling, con i loro solfeggi sciolti e il loro sbattere di bastoni a segnare il tempo di una metrica tutta interiore.

TUESDAY River Lane

In the raw dawnlike survival blankets
we cling to one another.
We wake to mutual crankiness,
drizzle, a trebly soloing hangover

that just goes on and on,
and on like a trombone or November,
the street-sweepers out, the jazz-men gone
and all the bank machines empty.

MARTEDÌ River Lane

Nelle fredde coperte di salvezza dell’alba
ci aggrappiamo l’uno all’altro.
Ci svegliamo per la reciproca debolezza,
per la pioggerellina, triplici postumi in assolo

che vanno avanti e avanti,
e avanti come un trombone o come novembre,
gli spazzini in strada, i jazzisti partiti
e gli sportelli automatici delle banche tutti vuoti. Continua a leggere

Video-Intervista a Nanni Cagnone

Napoli, 14 giugno 2018
Teatro Festival Italia
Direzione artistica di Ruggero Cappuccio

In occasione di LETTERATURE  la rassegna curata da Silvio Perrella a Villa Pignatelli,  Luigia Sorrentino ha intervistato il poeta e scrittore Nanni Cagnone. Nato nel 1939 a Carcare, in provincia di Savona,  Cagnone da sedici anni vive a Bomarzo, vicino Viterbo  con la compagna Sandra Holt. “Dites-moi, Monsieur Bovary” e “Ingenuitas” sono le sue due ultime pubblicazioni. Autore prolifico, Nanni Cagnone ha scritto numerosi libri di poesia, saggi, testi per il teatro e racconti. Poeta solitario e appartato, definito da Antonio Gnoli “uomo dalla consistenza volatile… quasi un fantasma”, Cagnone non appariva in un incontro pubblico da dieci anni. Nell’intervista il poeta ligure racconta di molti altri poeti da lui incontrati: quelli del Gruppo ’63, Sanguineti,  Balestrini, Porta, ma anche Franco Fortini e Amelia Rosselli. Il più importante per lui, Emilio Villa. Continua a leggere

Vania De Luca e Luigia Sorrentino, colloquio sulla poesia

Luigia Sorrentino

Intervista a Luigia Sorrentino
di Vania De Luca
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Roma, 2 marzo 2017

Cominciamo con una citazione. Ti dirò dopo l’intervista di chi sono queste parole e in quale contesto sono state pronunciate. Vorrei infatti che nella risposta tu ti soffermassi solo sul loro significato.

“La poesia è piena di metafore. Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto. Chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza della misericordia e della libertà interiore.”
Condividi questa affermazione?

Condivido pienamente l’affermazione. La poesia è soprattutto metafora, perché trasferisce continuamente il significato di una parola in un altro. Sempre il poeta, anche il più sperimentale, nella poesia utilizza la similitudine. Per il poeta questo esercizio è automatico, fa parte proprio del suo modo di agire, di essere, di pensare, di vedere le cose. Per lui tutto ha un significato, di là dall’apparenza delle cose, c’è almeno un’altra verità. Anche il “lapsus”, l’errore involontario, è accolto dal poeta, perché può rivelare qualcosa che in quel momento a lui è ignota. Spesso la parola precipitata sulla pagina rimanda a un’altra, nella sonorità, nella composizione delle lettere, richiama qualcosa che spezza il significato primario, ne inventa un altro e diventa oggetto di osservazione per il poeta che si chiede: “Perché ho scritto proprio questa parola?” Nel “lapsus” il poeta attende la verità e la verità, si rivelerà a lui.
Non è un caso che un poeta come Paul Celan, rumeno ebreo, esiliato a Parigi, abbia scritto la sua poesia nella lingua dei suoi aguzzini nazisti, cioè il tedesco, come testo a fronte della sua stessa vita: la patria perduta, la madre morta nella deportazione, il popolo ebraico sterminato. Questo meccanismo, insito del fare poetico, aiuta a comprendere perché il pensiero del poeta anche per denunciare un’esperienza tragica, può essere agile e intuitivo. E’ un pensiero che si lascia anche agire, che trasforma e si lascia trasformare e, pertanto, è flessibile e acuto.
Il poeta sa che un intero universo può stare in una sola parola, nello spazio stretto e nervoso, ma anche “sovversivo” del pensiero. Prendiamo a esempio la poesia “Soldati” di Ungaretti: “Si sta come/ d’autunno/sugli alberi/le foglie.” In questa poesia il poeta ci porta in un altro contesto storico rispetto a quello in cui ci aveva portati Celan: siamo nella Prima Guerra Mondiale – la poesia è infatti scritta nel bosco di Courton nel 1918 – e, oltre a riferirci il particolare momento storico vissuto dal soldato durante la guerra, rivela una condizione universale e umana. Nella poesia di Ungaretti l’uomo si trova su un territorio di confine, la trincea, in un fossato scavato per ripararsi dall’aggressione del nemico, e in quel posto in cui il corpo è confinato, l’uomo si sente in pericolo, in una situazione d’incertezza, nella più totale provvisorietà , nel proprio limite. Al margine della condizione umana, la vita del soldato oscilla fra la vita e la morte. Il poeta paragona l’uomo a una foglia d’autunno perché la condizione della vita è sempre precaria, è “come” una foglia sostenuta dal ramo dell’albero dal quale potrebbe staccarsi da un momento all’altro. L’uomo trema come una foglia agitata dal vento, teme l’autunno, una stagione di passaggio che preannunzia l’inverno, il tempo in cui la natura madre si addormenta. Quest’uomo in guerra che Ungaretti pone sul fronte, è solo con se stesso, è un esiliato fra gli esiliati, ma su quel confine è rappresentata l’intera umanità, e, al tempo stesso, il poeta per rafforzare la tragicità della condizione umana, rende dal punto di vista formale, brevissimo il componimento poetico e affida il soldato al grembo della madre – il fossato. Lo affida, cioè, a una natura terrena della quale l’uomo-foglia è metaforicamente incarnazione, e contemporaneamente lo pone in una condizione ultraterrena: consegna l’uomo al “grembo” della madre e alla misericordia di Dio. La parola grembo, infatti, in ebraico è Rachim, e ha la stessa radice della parola misericordia, Rachem, due parole connesse e complementari l’una all’altra. Quindi, in questo componimento la misericordia della madre sembra essere sostenuta dall’atto del misericordioso. La misericordia di Dio è, infatti, paragonabile alla tenerezza della madre che accoglie fra le braccia il figlio, tenendolo sul suo grembo. Ecco quindi che nella brevità e nella sintesi dei versi, Ungaretti, con una modalità “sovversiva”, parla della condizione umana e offre, a chi legge, la libertà e la possibilità di comprendere la sostanza del suo pensiero e di andare anche “oltre”, in un contesto “agile”, rapido, scattante. La poesia quindi, sempre, opera un trasferimento: “da” – “a” , e lo spostamento riguarda un significato profondo che talvolta rivela proprio in un lampo, una verità essenziale che viene consegnata al lettore.

Vania De Luca

Cos’è per te la poesia?

La poesia per me è un disperato tentativo di riparazione. Qualcuno è stato tradito, umiliato, scosso, è stato ferito gravemente e si è allontanato da noi. Quell’immagine nitida è dietro di noi, ma si è fermata nei nostri occhi. Ed è in quel preciso istante che la poesia arriva in un grumo di parole raccolte sulla pagina per porre rimedio a ciò che accaduto. E’ un tentativo ultimo, perché l’azione della poesia compie un gesto definitivo, dopo non ci saranno altre possibilità. Il poeta, quindi, cerca di riparare la realtà e, allo stesso tempo, cerca un riparo dalla realtà. In questo senso la poesia può avere una funzione salvifica. In chi la legge talvolta, può provocare un senso di spaesamento, d’inadeguatezza, perché non sempre è disponibile a confrontarsi con la nostalgia – il dolore del ritorno – che nella poesia si riflette.
Sempre la poesia cerca una relazione con l’eterno, con la lontananza da ciò che si è irrimediabilmente perduto e si è separato da noi. Continua a leggere

Il “realismo arricchito” nella ricerca letteraria di Giovanni Agnoloni

Giovanni Agnoloni, scrittore

Giovanni Agnoloni (Firenze, 1976) è scrittore, traduttore e blogger. È autore dei romanzi Sentieri di notte (Galaad Edizioni, 2012; pubblicato anche in spagnolo come Senderos de noche, El Barco Ebrio 2014, e in polacco come Ścieżki nocy, Serenissima 2016), Partita di anime (Galaad, 2014) e La casa degli anonimi (Galaad, 2014) e L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad, 2017), che fanno parte della serie distopico-letteraria “della fine di internet”. Continua a leggere

Conversazione con Maurizio Cucchi

cucchiA cura di
Luigia Sorrentino
Roma, 28 novembre 2016

Il penitente di Pryp’jat (2015) è la prosa poetica dell’ultima sezione dell’Oscar Mondadori di Maurizio Cucchi intitolata Antiche, rare, inedite. Il volume, pubblicato nel 2016, raccoglie, in una nuova edizione accresciuta e aggiornata, le poesie dal 1963 al 2015. Più di cinquant’anni di poesia si chiudono con un testo a metà fra prosa e poesia, un componimento che però s’inserisce a pieno titolo nell’Opera in Versi di Maurizio Cucchi.
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Roberto Alperoli: “La poesia purifica la lingua, la salva”

roberto

Roberto Alperoli

INTERVISTA di Guido Monti

Incontro Roberto Alperoli ideatore e direttore artistico di Poesia Festival Terre dei Castelli, uno degli eventi più riusciti per qualità e progettualità culturale che si tiene da dodici anni nel territorio emiliano. Ci sediamo in una trattoria di Modena molto nota vicino al teatro Storchi. La canicola del sole settembrino ci riporta in pieno agosto. I suoi occhi in attesa di domande, hanno quella vividezza e curiosità propria di quei bimbi al culmine della fanciullezza. Roberto nel tuo libro,“Il cielo di oggi”, di qualche hanno fa, in una poesia molto toccante dal titolo “La madre”, dici : “E’ tanto tempo/che non mi manchi più,/che non mi chiami; /eppure sei stata tu // la mano del mio principio, l’assunto abbagliante/del mio dolore; //…”. Ecco allora potrei girarti questa poesia in forma di domanda.

Come è maturata in te la decisione di creare questo festival nel 2005 assieme ai compagni del primo momento Alberto Bertoni e Paola Nava? Forse appunto perché la poesia la sentivi come mano del tuo principio e volevi però anche tenacemente mostrarla ad una comunità più ampia? Avevi intuito che questo territorio potesse avere in sé quel terreno di coltura per la crescita della pianta poetica?

Ho un lungo rapporto con la poesia, che fa parte della mia vita da sempre, direi. La leggo, la scrivo, la seguo nella sua dimensione pubblica. Il suo valore, la sua importanza – anche terapeutica – la sperimento (l’ho sperimentata) su di me, sulle persone che conosco. Anche sul valore pubblico, civile, etico della poesia rifletto da tempo. Soprattutto oggi che la lingua è stata colpita al cuore, che il linguaggio è un lungo, ininterrotto boato di frasi fatte, inerti, di parole caricaturali, senz’anima. La nostra è un’epoca di monotonia espressiva, spettacolare e rumorosa. La lingua è gridata nelle trasmissioni televisive, mortificata dalla pochezza della politica, massificata e banalizzata dal web, orfana dei comportamenti e dei modelli che, un tempo, ne sapevano custodire la vocazione civile. Il linguaggio della politica, poi, ne ha enfatizzato l’impotenza. Il dolore della lingua è proprio la sua inespressività. E nel frastuono e nell’impoverimento delle parole siamo tutti più poveri. Ecco, salvare la lingua, il bene pubblico della lingua, significa allora salvare noi stessi, le nostre emozioni e i nostri pensieri, che solo il linguaggio rende comprensibili e comunicabili. Ed è qui il valore della poesia, che si oppone a questo collasso perché è un ingrediente attivo del linguaggio, uno spazio per la propria identità. Purifica la lingua, rimette al mondo l’innocenza delle parole. Si oppone alla miseria individuale e alla miseria pubblica. Continua a leggere

Colloquio con Domenico Cipriano

ciprianola terra che trema / riempie memoria

di Antonietta Gnerre

Lo scorso anno è uscita negli Stati Uniti (con traduzione in lingua inglese), November, la raccolta di poesie di Domenico Cipriano edita nel 2010 in Italia per Transeuropa edizioni. Barbara Carle, docente dell’Università di Sacramento in California, ha curato questa plaquette per Gradiva Pubblication di New York, nella collana “Poesia italiana in inglese” a cura di Luigi Fontanella. Le poesie contenute sono ispirate al tragico terremoto del 1980 in Irpinia. Continua a leggere

Intervista a Alessandro Canzian

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foto di Dino Ignani

Alessandro Canzian: Che cos’è  la poesia

A cura di Luigia Sorrentino

In questi giorni nella rubrica di poesia Il Teeteto che sto curando per la rivista on line Zest (neonata rivista che conta però già una redazione d’eccezione: Mariangela Camocardi, Federica D’Amato, Otello Marcacci, Alessandra Nenna, Giovanni Nuti, Paolo Risi, Davide Rondoni, Carlotta Susca)  diversi poeti di ottimo livello stanno rispondendo alla medesima domanda: la poesia, per me, è un’esperienza del mondo (Giovanna Rosadini); è solo quest’ultima che davvero “inventa” la lingua, che realmente la rinnova (Franco Buffoni); la poesia esprime il superfluo per eccellenza (Maria Grazia Calandrone); la poesia è un estremo tentativo di riparazione (Luigia Sorrentino); lo strumento che cerca il senso delle cose e lo strumento che (a tratti, per illuminazioni) scopre quel segreto e lo segnala (Alessandro Fo). Continua a leggere

Un murale contro la violenza sulle donne

muralesdi Maria Dilucia

A Milano, in via Ciccotti, è stato creato il Murale “RIFIUTA LA VIOLENZA”, progetto fortemente voluto da Antonella Addea e Maria Dilucia dell’associazione Il Teatro delle Donne e Vanessa Senesi, Presidente Commissione Cultura con il Consiglio Zona 9, un simbolo contro la violenza sulle donne. Continua a leggere

Jean-Pierre Orban , “Vera”

vera_premio_libro_europeoANTEPRIMA

Esce oggi in Italia il romanzo “Vera”, di Jean-Pierre Orban (Gremese Editore, 2016) vincitore del Premio libro europeo 2015. La traduzione italiana è di Micol Bertolazzi.
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Il libro sarà presentato alla Feltrinelli di Via Appia, a Roma, l’11 Maggio 2016. Sarà presente l’autore e interverrà Erri De Luca.

“Quella sera a Parigi, o il giorno dopo, non so, tutti forziamo la verità, sì, tutti mentiamo, ho cominciato a scrivere.”

Conversazione con Jean-Pierre Orban
di Silvia Guzzi

«Collar the lot – Acciuffateli tutti », queste parole pronunciate da Winston Churchill sono in qualche modo il punto di partenza del suo racconto ai quali fanno eco gli inni mussoliniani che hanno inaugurato il mito degli “Italiani all’estero”. Il percorso della protagonista, Vera, figlia di immigrati italiani a Londra all’epoca della Seconda Guerra Mondiale e all’indomani di questa, è una lenta traversata alla ricerca di radici e di una identità.
Perché ha scelto quel periodo storico? In quale misura le è caro?

Il legame è innanzitutto familiare. I miei nonni sono emigrati negli anni venti in Belgio, dalla Romagna. Ho trascorso parte della mia infanzia in Africa e sono anche vissuto, in Belgio, nella periferia operaia di Liegi dove ho visto la vita della comunità italiana e i suoi comportamenti (e la volontà ad integrarsi, o addirittura assimilarsi al nuovo paese), le sue lingue, la sua “missione” cattolica gestita da preti e religiose venuti direttamente dall’Italia. In Africa vedevo i missionari belgi evangelizzare gli Africani, in Belgio vedevo i “missionari” italiani sostenere la fede “italiana” degli immigrati. Continua a leggere

Intervista a Franco Buffoni, “Avrei fatto la fine di Turing”

Franco BuffoniIntervista di Luigia Sorrentino a Franco Buffoni (Nella foto di Dino Ignani)

“Avrei fatto la fine di Turing” (Donzelli, 2015) arriva poco dopo l’uscita di “Jucci” (Mondadori, 2014) vincitore prima del Premio Poesia città di Fiumicino, del  Premio Viareggio-Repaci per la Poesia e poi del Premio Castello di Villalta per la Poesia nel 2015.  La narrazione di Franco Buffoni si concentra sull’elemento della genitorialità vissuta con estrema difficoltà dal punto di vista famigliare e sociale.  In questo libro il lettore si troverà di fronte a una condizione umana privata che aggancia contemporaneità e memoria diventando testimonianza.

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Angèle Paoli, “Les Feuillets de la Minotaure”

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Intervista a Angèle Paoli
di Luigia Sorrentino

(“Ritratti di Poesia 2016
 Tempio di Adriano
Roma, 5 febbraio 2016)

Les Feuillets de la Minotaure è un testo poetico dalla struttura aperta che vive anche in un passato mitico e mediterraneo e allo stesso tempo è intensamente attuale attraverso la voce di Minoa che confessa le sue incertezze, i suoi dubbi, le sue perplessità nei confronti della vita e dell’amore. Ma l’opera di Angèle Paoli, è anche una riflessione sulla scrittura stessa. Per esplorare il mondo interiore sul quale essa si fonda e sul quale si apre il dibattito poetico, la narratrice sceglie diversi modi di scrittura e toni differenti.
L’insieme epistolare è intercalato da brevi poemi il cui timbro è saggiamente erotico e interrotto da un epistolario breve ricco di “un sentimento d’amore” che rimanda alle tematiche del Diciottesimo secolo. La seconda parte del libro, “Giorni e notti di Minoa” è composta di elementi onirici poetici combinati alla prosa. La terza parte, intitolata “Piccole fantasie di Minoa”, si compone di brevi testi poetici che hanno la funzione di un intermezzo ludico, ironico. Il Canto finale, “Brame di Minoa”, conclude mirabilmente un’opera fortemente lirica, intensa e polifonica che ci spinge a una riflessione profonda sulla condizione umana attraverso le molteplici modalità di espressione messe in campo dall’autrice.

Angèle Paoli nel titolo del suo libro “Les Feuillets de la Minotaure” “ (“I foglietti della Minotaura”), lei dà un’identità femminile al Minotauro.
Perché questo personaggio mitologico e mostruoso che sappiamo, si innamora della bella Arianna e viene ucciso da Teseo, diventa un personaggio femminile in questo suo libro?

“Il Minotauro è un personaggio estremamente affascinante e a cui mi sento molto vicina. Prima di tutto, per il luogo in cui vivo, in questa isola così singolare del Mediterraneo. Chi parla del Mediterraneo, parla anche dei suoi miti, delle sue antiche radici mitologiche. Il paradosso è che la Corsica non è Creta e che la mitologia lì non è molto presente. Oppure capita anche che si riesca ad avvertire questa presenza come è accaduto a me, non attraverso delle storie, ma grazie alla durezza della natura che mi circonda. Dunque questo mondo mitologico io l’ho inventato e creato da zero, perché è mio e fa parte di me. Continua a leggere

Filosofia, Poesia e l’Arte di Porre delle Domande

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Intervista di Luigia Sorrentino Vasilis Politis sul suo nuovo libro su Platone : The Structure of Enquiry in Plato’s Early Dialogues, Cambridge University Press 2015.
(Roma, Centro Rai di Saxa Rubra, 15 gennaio 2016)

Perché parlare del suo libro sul grande filosofo Platone in un Blog sulla poesia?

“Bella domanda, Luigia. Platone è in realtà un grande poeta, oltre ad essere un filosofo eccezionale.

Il dialogo drammatico che Platone inscena tra il suo personaggio preferito, Socrate, e le persone che Socrate interroga – come Protagora nel dialogo Protagoras o Gorgia, Polo di Agrigento e Callicle nel dialogo Gorgias – è potente come quello di qualunque drammaturgo della portata di Sofocle, Shakespeare o Pirandello. Continua a leggere

Jonathan Galassi, “La musa”

 

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Jonathan Galassi
è editore, poeta e traduttore di fama internazionale. Ha studiato ad Harvard con poeti come Elizabeth Bishop e Robert Lowell e ha pubblicato per la casa editrice della quale è Presidente, la Farrar, Straus and Giroux, molti romanzi e raccolte di poesie di autori noti, come Jonathan Franzen, Jeffrey Eugenides, Marilynne Robinson, tanto per fare alcuni esempi, scoprendo dei veri talenti.

Con “La Musa” (Titolo originale “Muse”, Knopf, 2015) uscito in Italia con Ugo Guanda Editore, tradotto da Silvia Pareschi, Galassi debutta come narratore. Una scelta importante, che lo colloca dalla parte dell’Autore, di colui che scrive “la sua storia”.

 

Intervista a Jonathan Galassi
di Luigia Sorrentino
Roma, 18 dicembre 2015

 


Galassi, che effetto le fa stare dall’alta parte, quella dello scrittore
?

Ho sempre scritto poesia e traduzioni con la mia mano sinistra, per così dire. Ma alla mia età ho pensato: ora o mai più. E mi sono voluto lanciare in questa sfida, per vedere se ero in grado di fare qualcosa da solo, anche se qualcosa di modesto, in un genere su cui avevo già lavorato molto con numerosi scrittori che amo. Continua a leggere

CONCERTO PER RAFFAELLO BALDINI

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Foto di Raffaello Baldini di Simone Casetta

Nel decennale della scomparsa, concerto-spettacolo dedicato a Raffaello Baldini.
Due le finalità del concerto:  portare al pubblico l’opera del grande poeta e drammaturgo e aiutare i contadini del Mozambico a produrre latte a chilometro zero.  Continua a leggere

Elena Salibra su “Olimpia”

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Olimpia: un viaggio tra l’infinito e il mortale

Intervista a Luigia Sorrentino a cura di Elena Salibra

Luigia Sorrentino è autrice del poema Olimpia (Interlinea, Novara, 2013, Prefazione di Milo De Angelis, Postfazione di Mario Benedetti)http://www.interlinea.com/schedenovita/Sorrentino_Olimpia.htm),  pubblicata in francese con Recours au Pòeme éditeurs nel maggio 2015 nella traduzione di Angèle Paoli, (http://www.recoursaupoemeediteurs.com/ailleurs/olimpia).
Il libro è diviso in 8 canti intervallati da 7 prose poetiche:  L’antro, La città, L’atrio, Il giardino, Il lago, Il contrasto tra il divino e il tempo, La discendenza, Iperione, la caduta, Il confine, La permanenza, la distanza dal limite, La deformazione, Il sonno, L’ingresso alla montagna, Giovane monte in mezzo all’ignoto, La città nuova.   Continua a leggere

Remembering Seamus Heaney

Tribute to the great Irish poet. For the first time in Dublin, the video interview by Luigia Sorrentino with the Nobel Prize for Literature 1995, Seamus Heaney.

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Abstract

Two books on Seamus Heaney have recently been published in Italy: Paolo Febbraro’s essay Leggere Seamus Heaney and Marco Sonzogni’s translation into Italian of Death of a Naturalist.

Both Paolo Febbraro and Marco Sonzogni treasure their encounter with Seamus Heaney as a turning point in their lives. So does poet and Rai journalist Luigia Sorrentino.

In May 2013, in Rome, Luigia Sorrentino realized the last and touching video-interview with Seamus Heaney which will be shown for the first time in full English in Ireland on June 12th at the Italian Institute of Culture in Dublin.

Our “Italian homage” to Seamus Heaney, will be introduced and moderated by Giuliana Adamo (Trinity College Dublin).

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Video-interview with Seamus Heaney
by Luigia Sorrentino
Roma, American Academy
16 maggio 2012

Abstract

Recentemente sono stati pubblicati in Italia due libri su Seamus Heaney: il saggio Leggere Seamus Heaney di Paolo Febbraro e la traduzione in italiano di Death of a Naturalist di Marco Sonzogni.

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Davide Rondoni: “Il senso,la gioia,il vero”

 

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Davide Rondoni: La poesia come volontà e rappresentazione

di Antonietta Gnerre

Il mondo come volontà e rappresentazione è una celebre opera del filosofo Arthur Schophenauer. Ho preso a prestito le sue parole per rendere al meglio l’opera poetica e la fervida attività di divulgazione della “parola” da parte di un grande poeta della modernità, Davide Rondoni. Continua a leggere

Giampiero Mughini, la collezione sul Futurismo

MUGHINI[1]GIAMPIERO MUGHINI E IL FUTURISMO
di Fabrizio Fantoni

 

Non riesco a saziarmi di libri. E sì che ne posseggo un numero probabilmente superiore al necessario; ma succede coi libri come con altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una maggiore avidità nel possederne. Anzi coi libri si verifica un fatto singolarissimo: l’oro, l’argento, i gioielli, la ricca veste, il palazzo di marmo, il bel podere, i dipinti, il destriero dall’elegante bardatura e le altre cose del genere, recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi,ci consigliano e si legano a noi con una serie di familiarità attiva e penetrante; e il singolo libro non insinua soltanto sé stesso nel nostro animo, ma fa penetrare in noi anche i nomi di altri, e così l’uno fa venire il desiderio dell’altro”. Così scriveva Francesco Petrarca in una lettera inviata a Giovanni Anchiseo tra il 1336 e il 1340. Continua a leggere

Rossella Frollà, Il segno della parola

il_segno_della_parolaAlcuni dei maggiori poeti italiani contemporanei in una nuova interpretazione, con una selezionatissima antologia da leggere in una luce diversa: da De Angelis a Piersanti, da Cucchi a Rondoni, da Loi a Pontiggia, passando per Doplicher, Damiani, Rosadini e Moscè.
L’autrice, oltre a valorizzare i vari artisti della parola, cerca di dare un ruolo chiaro a chi da anni lavora su linguaggio, suggestioni ed evocazioni da cui attinge, prima o poi, qualcosa tutta la società. «Soprattutto per i giovani, che sono alla ricerca di un confronto con la propria interiorità, la poesia può rappresentare uno strumento ineguagliabile e una guida etica e di speranza. La parola quando è poesia, oggi più che mai misteriosa al grande pubblico, difende la sua autenticità dalla banalità e dalla spettacolarizzazione di tutto, sfugge all’effimero e si pone come resistenza ultima di valore», come scrive Rossella Frollà, nome nuovo della critica letteraria. Quest’antologia ne conferma la rotta e, nel «segno della parola», raccoglie voci tra le più forti della nostra epoca.
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Rossella Frollà, Il segno della parola. Poeti italiani contemporanei, Interlinea, pp. 304, euro 20

Napoli per Gabo


CORCIONE MOSTRAMercoledì 17 settembre 2014,
alle ore 17:30, si inaugura al PAN (palazzo delle arti di Napoli, via dei Mille 60) la manifestazione “Napoli per Gabo” dedicata al grande scrittore Gabriel Garcia Marquez, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1982. L’iniziativa – ideata da Clorinda Irace, Tony Stefanucci e Alexandra Abbate – è promossa dall’associazione Tempo Libero e si avvale del contributo di artisti, attori e musicisti provenienti da tutto il mondo. Continua a leggere

Trevigliopoesia 2014

10002911_667556889978084_1192444529_nDal 23 al 25 maggio 2014 torna il festival di poesia e videopoesia della bassa bergamasca, Trevigliosopesia, con ospiti di spicco e la consueta cornice di performance.
Per l’ottavo anno, la primavera porta con sé Trevigliopoesia (www.trevigliopoesia.it), festival di poesia e videopoesia ideato dall’associazione culturale Nuvole in Viaggio e organizzato con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura del comune di Treviglio (Bg). La manifestazione si svolge dal 23 al 25 maggio e torna a indagare con forza sulla parola poetica, senza dimenticarsi delle sue contaminazioni audiovisive. Continua a leggere

Mark Strand, "Quasi invisibile"

 
COP_strand_quasi_invisibile.inddAnticipazione Editoriale
Dal 20 maggio 2014 sarà in libreria “Quasi invisibile“, di Mark Strand, (Mondadori, 2014), traduzione di Damiano Abeni.
Si tratta di acute e pregnanti prose poetiche che  rappresentano un’ulteriore tappa nel percorso creativo di Mark Strand. Coniate come purissimi pezzi di prosa, altre, come “impuri” versi, le parole di Strand risplendono sempre per chiarezza e semplicità, pur nella loro formulazione di enigmi, la cui risposta appare in un primo tempo a portata di mano, per svanire, come le Pleiadi, non appena ci si figga più addentro lo sguardo e si tenti di metterla a fuoco. Esattamente come l’ineffabile mistero dell’esistenza.
Lo Specchio Mondadori – 112 pagine – 16 euro
Mark Strand, in assoluto una delle voci più rilevanti della poesia contemporanea ha pubblicato in Italia, nel 2011, per gli Oscar Mondadori, una importante raccolta di tutte le poesie: L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Oscar Mondadori, (euro 15,00).
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La notte dei Musei, 17 maggio 2014

 
notte_museiDa non perdere: sabato 17 maggio 2014 torna l’appuntamento europeo atteso dagli appassionati dell’arte, La Notte dei Musei con oltre 160 eventi in tutta Italia.
Qui trovate il programma che potrebbe subire modifiche fino alla Notte del 17 maggio, quindi, consultatelo fino all’ultimo minuto…
Alcune altre indicazioni… Continua a leggere

I dodici libri del Premio Strega 2014

 
stregaAppuntamento

Il Comitato direttivo del Premio Strega, promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci in collaborazione con Liquore Strega, ha selezionato i dodici libri che si disputeranno la sessantottesima edizione tra i 27 presentati lo scorso 4 aprile dagli Amici della domenica:
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I giri d'angolo di Salvatore Violante

 
Appuntamento
fotoSabato 12 Aprile 2014 alle ore 17.30 Sala Consiliare Comune di San Giuseppe Vesuviano, presentazione del libro  “I giri d’angolo” di Salvatore Violante, monografia di Angela Giassi (Editore Totem).
Interverranno: Costanza Falanga, Antonella Nigro, Marcello Carlino, Enzo Rega.
Letture di Angela Giassi e Mario Grazio Balzano. Al Violoncello Giovanni Cudin. Modera Gianfranco Cotronei.
Si tratta della prima monografia avente ad oggetto la ricerca poetica di Salvatore Violante, poeta vesuviano nato a Boscotrecase nel 1943, e residente a Terzigno.
Violante, poeta di lungo corso: la prima opera “Moti e Terremoti” è del 1984; vengono poi “Punto e a capo” del 2007 e “Sulle Tracce dell’uomo” del 2009, queste ultime due con la sigla editoriale Marcus Edizioni di Napoli. Nel 2013 vede la luce “La meccanica delle pietre nere”, CFR Edizioni (Sondrio).  Numerose le sue collaborazioni letterarie e giornalistiche (La voce della Campania, Dossier Sud, Il Gazzettino Vesuviano ) che segnano anni di impegno e di lotta.

Erri De Luca, "Scioglivia di Parole"

 
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GIOVEDI’ 17 APRILE 2014 ORE 21 al TEATRO PALLADIUM di Roma Erri De Luca e Gianmaria Testa SCIOGLIVIA DI PAROLE reading e concerto (Piazza Bartolomeo Romano 8)
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
Il progetto Scioglivia di parole. Itinerario della Via Francigena Toscana è pensato per contribuire alla valorizzazione del tratto toscano della Via Francigena, in occasione della chiusura dei lavori di messa in sicurezza e recupero della piena fruibilità della stessa. Continua a leggere

Quadernario, ventisette poeti d'oggi


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Letture

E’ in libreria il “Quadernario” Ventisette poeti d’oggi e un omaggio a Giuseppe Piccoli, a cura di Maurizio Cucchi (Almanacco di Poesia) LietoColle 2013 (euro 20,00).

“Indifferente alla poca attenzione dei media e al trionfo dei surrogati, la poesia continua imperterrita, fortunatamente, a dare i suoi frutti, che anche oggi si impongono come il momento più alto della ricerca letteraria. Questo sguardo sui lavori in corso, e dunque su quanto è in atto, nell’opera di autori già ben noti e apprezzati, alcuni dei quali compresi nella seconda sezione di questo almanacco) e nelle proposte più interessanti dei giovani, a cui va il merito di alimentare in modo consistente il presente della nostra poesia, gettando già un ponte di sicurezza sul futuro. ”
Dalla Prefazione di Maurizio Cucchi Continua a leggere

Franz Pilcher, Lo spirito d'officina

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In occasione del settantacinquesimo compleanno dello scultore Franz Pichler, Merano Arte dedica all’artista meranese una mostra che ripercorre il suo percorso dagli anni Sessanta ad oggi. L’esposizione dal titolo Franz Pilcher. Non avere paura inaugurerà il 28 gennaio 2014 alle ore 19 e sarà visitabile fino al prossimo 6 Aprile. Pichler nasce a Scena nel 1939, dal 1959 studia scultura all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera e lì consegue il diploma nel 1964. Continua a leggere