Lucio Piccolo

di Fabrizio Fantoni

Scoperto da Montale nel 1954, Lucio Piccolo è senza dubbio il più rilevante poeta siciliano del Novecento. Nei suoi versi prende forma un mondo siciliano – o più precisamente palermitano – oggi scomparso, fatto di ombre, transiti, fulminee incursioni tra chiese barocche e antichi conventi: un mondo che nelle poesie di Piccolo acquista la densità del mito al punto da entrare in ideale collegamento con l’Irlanda di Yeats.

Sul piano lessicale la sua poesia si caratterizza per un acceso senso del ritmo, un “raptus” come lo definì Montale, che permette alla parola di espandersi, di creare per così dire un’eco che stringe insieme i versi in un andamento musicale che trae nutrimento da una lingua ricercata e al tempo stesso primordiale. Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Giuliano Goroni


goroniProgetto editoriale ideato e curato da
Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di
Luigia Sorrentino

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di Claudio Damiani 

Dei poeti nuovi italiani forse Giuliano Goroni è il più novecentesco. Inevitabile, leggendolo, pensare a un neo-ermetismo, o neo-simbolismo, ma a uno sguardo più attento notiamo che non c’è nei suoi versi nessuna ideologia dell’indicibile, non ci sono astrazioni, indeterminazioni, ma tutto è specificato, dettagliato, tutto è dicibile e detto, e la parola non è anonima, piatta, parlata (come in tanti neo-ermetici di oggi), ma colorata, sonora, oltre che nitida e carica di senso, avvolta da una luce sacrale tutta interna, e legata a stretto giro con la lingua della tradizione. Ciò che viene detto sono concetti estremamente complessi e precisi, non astratti, ma quanto mai concreti e vissuti, fatti di sensazioni, impressioni, emozioni, anzi non sono concetti, ma impressioni complesse e articolate, “impressioni concettuali” potremmo chiamarle. Ecco perché il simbolismo: a Goroni è necessaria l’analogia, la sinestesia e gli avvicinamenti più Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Beppe Salvia

Beppe-Salvia
Progetto editoriale ideato e curato da
Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di
Luigia Sorrentino

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Beppe Salvia

di Claudio Damiani

 

Beppe Salvia[1] opera, nella seconda metà degli anni settanta, un rinnovamento della nostra poesia, un cambiamento di rotta che sarà poi gravido di conseguenze.  Vorrei partire da una breve prosa poetica uscita nel primo numero di Braci, del 1980, intitolata Il lume accanto allo scrittoio, dove nella forma apparentemente banale di un editoriale, è annunciata questa rivoluzione: Continua a leggere

"Poeti da riscoprire", Arturo Onofri

 
arturo_onofriProgetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni con la collaborazione di Luigia Sorrentino
L’anomalia poetica di Arturo Onofri
di Tiziano Salari
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Arturo Onofri (1885-1928) esordisce con un primo volume di versi “Liriche” (1903-1906) dalla tonalità dannunziana, ma esprimendo da subito il senso di un’ascesi, che deve ancora chiarire a se stessa il proprio metodo e le proprie ragioni.
O Vita, o Vita! O sforzo recente/delle imperfette materie/che anelano a perfezioni supreme;/essenziale magnifico Segno/d’altre più antiche ed in numeri composizioni/delle potenze del Cosmo/ per ordine immenso di secoli-/ oggi che il Delfico Nume,/ Apolline auricrinito,/ saettatore di tutte le brame/ degli uomini, aedo del Mondo,/ disse al mio Sogno:”Fa cuore,/ oggi io ti vo’ celebrare,/miracolo grande dell’Essere.
L’ispirazione è paganeggiante, sulle tracce della Laus vitae di D’Annunzio con cui si apre Maia,ma lo spirito è già antitetico. In D’Annunzio manca qualsiasi anelito a trascendere le imperfette materie della vita, ma è:proiettato orizzontalmente ad afferrare la vita nelle sue manifestazioni più istintuali e nella diversità delle creature: lo slancio di Onofri è fin dalle origini verticale. Continua a leggere

"Poeti da riscoprire", Libero de Libero

fondo-de-liberoProgetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni con la collaborazione di Luigia Sorrentino

La poesia, il miglior modo di essere uomo
di Bruno Conte
De-cidere vuol dire, stando all’etimologia della parola, tagliare. Chi decide fa una scelta: seleziona, e ne stabilisce i criteri. Questo vale per ogni cosa e anche per le discipline, sia tecniche, sia artistiche. Eppure, nel caso della critica letteraria, quest’operazione di ‘taglio’  appare proprio come un’esclusione che potremmo definire, programmatica
Bisogna sempre tenere presente che i curatori delle antologie, spesso non selezionano e non segnalano un nuovo autore, ma lo escludono, cioè lo tagliano. Decidono, ad esempio, di scegliere un certo poeta, ma non quell’altro, o quell’altra. E allora:  è irragionevole affermare che il Novecento italiano è il secolo dei poeti tagliati? Continua a leggere

"Poeti da riscoprire", Elsa Morante

Elsa Morante 2Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni con la collaborazione di Luigia Sorrentino
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L’alibi della musica nella poesia di Elsa Morante
di Siriana Sgavicchia
Elsa Morante è autrice su cui non si discute in quanto a rilevanza nel panorama del romanzo italiano del novecento. Menzogna e sortilegio (1948), L’isola di Arturo (1957), La Storia (1974), Aracoeli (1982) sono, in modo diverso, opere di straordinaria potenza espressiva. Il romanzo d’esordio inventa a partire da una clausura un intreccio articolato di immaginarie avventure, proprio come Cervantes nel capolavoro del Don Chisciotte; L’isola di Arturo inscena il mito festoso e insieme tragico dell’eden; la vicenda di Ida e Useppe riscrive la Storia all’insegna dell’utopia a partire dal microcosmo di una madre e di un figlio; Aracoeli pone in primo piano il dramma della scoperta di una accecante verità senza possibilità di catarsi. In tutti i casi la forza della scrittura di Morante è soprattutto nell’invenzione dei personaggi, i suoi sono inconfondibili e indimenticabili: Elisa, Arturo, Ida, Manuel, le loro storie, sono miti moderni. Per questo Elsa Morante è più vicina ai lettori di altri autori italiani suoi contemporanei, per i suoi personaggi. Continua a leggere

Milo De Angelis, su Giovanna Sicari

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Giovanna Sicari


Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni con la collaborazione di Luigia Sorrentino

Compito e vigilia

di Milo De Angelis
“Una visione che ci comanda” scrive Giovanna nel suo ultimo libro¹. Ecco, sentire il dominio della visione, venire comandati, non potersi sottrarre, essere inchiodati a quel compito di scrivere. Era questo il suo destino. La poesia costituiva per lei una via obbligata. Non esistevano scappatoie o alternative. Non esistevano nemmeno vie laterali in cui poter sostare e prendere fiato. Solo quella, la strada. Sempre e solo quella. Giovanna non aveva altri modi espressivi. Scrivere una lettera, una cartolina o un SMS era per lei un supplizio, una cosa contro natura. Lo faceva con lo sguardo rassegnato e riluttante dell’animale costretto a forza. Ma quando scendeva su di lei la voce della poesia, ogni fibra del suo essere riprendeva luce e vigore. Era un rito. Continua a leggere

"Poeti da riscoprire", Nadia Campana

Nadia Campana 2[1]
Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni con la collaborazione di Luigia Sorrentino
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Gabriella Sica ci fa dono di due dei suoi scritti su Nadia Campana (il primo del 2004 e il secondo del 2014, inedito)  e di una foto inedita di Nadia Campana. Più sotto, un’altra foto inedita di Nadia Campana per gentile concessione di Milo De Angelis.
Nadia Campana e il respiro 1
di Gabriella Sica
Nadia Campana era nata l’11 ottobre del 1954 a Cesena, nell’oscillante e instabile equilibrio della Bilancia. Anche lei, dunque, aveva trascorso l’infanzia nella campagna povera e umana degli anni Cinquanta, portandone sempre e segretamente l’inconfondibile impronta. Le piaceva ascoltare i rumori della natura, camminare lungo il fiume, insegnare ai bambini. “Vengo dalle campagne romagnole”, aveva scritto, come mi dice l’amica Maria Pia Quintavalla, in una lettera milanese, non credetemi una donna moderna o una diva. Si firmava infatti Nadia, più secco e letterario, e non Nadiella, come pare fosse il suo nome all’anagrafe e in famiglia, con quelle doppie finali troppo confidenziali. Continua a leggere

Poeti da riscoprire, Giovanna Sicari

Giovanna_Sicari

Giovanna Sicari

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino


Il dono di sé

Corpo e visione nei versi di Giovanna Sicari

di Gabriela Fantato

Il poeta è colui che grazie ad una speciale disciplina dello sguardo pone un’attenzione assoluta al reale, assumendosi il dolore, la fatica e la responsabilità di tale sguardo, scrive Cristina Campo ne Gli Imperdonabili . Il poeta ha «stile», continua la scrittrice, in quanto ha «una virtù polare, grazie alla quale il sentimento della vita sia nello stesso tempo rarefatto e intensificato».

Il vedere, infatti, è per il poeta un percepire il reale con tutto se stesso, scorgendovi senso e ordine. Ecco perché nel leggere l’opera di un poeta come Giovanna Sicari si sta iniziando un’avventura e bisogna accettare il fatto che ogni approccio possibile, ogni lettura critica appartiene totalmente alla propria radicale relatività, a uno spazio di fatalità e smarrimento. La poesia non consente mai «gesti di superiorità», annotava acutamente Cesare Viviani.

Forse l’unico modo perché vi sia « l’incontro con lo straniero” , ossia con l’autore o l’autrice, è porsi in ascolto totale : solo così si potrà tentare una lettura che sia adesione appassionata alla parola poetica. La lettura di un’opera poetica infatti non è mai spiegazione logico-dimostrativa, ma capacità “quasi fisica” di vicinanza alla potenza e nudità della lingua di poesia.

E’con questo atteggiamento che cercherò di avvicinarmi alla scrittura di Giovanna: una poetessa, un’amica che ho avuto il piacere di conoscere e frequentare spesso, ma che ho anche potuto leggere con attenzione appassionata ancor prima di averla incontrata. Oggi lei non c’è più. Se ne è andata nella notte tra il 30 e il 31 dicembre del 2003 dopo una battaglia combattuta per anni contro un male incurabile.

Resta la sua poesia con tutta la forza che da essa emana e dice la grande dedizione che Giovanna ebbe per la poesia: dedizione appassionata e dolorosa, come è quella provata per ciò che occupa totalmente il nostro animo e da cui ci si sente avvolti, travolti, trascinati e chiamati. Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Giorgio Cesarano

Progetto editoriale
ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino


Per Giorgio Cesarano
(una nota di Tommaso Ottonieri)

L’itinerario, intellettuale poetico biografico, di Giorgio Cesarano (1928-1975), è senz’altro fra i più intensi e complessi, quanto misconosciuti, nella cultura italiana della seconda metà dello scorso secolo. Milanese ma, di famiglia, appartenente alla piccola aristocrazia del Sud, arruolatosi quindicenne e tubercolotico – nell’inconsapevole esaltazione e vulnerabilità della prima adolescenza – nella famigerata X MAS (per cui praticamente non combatté, ma rischiò la fucilazione da un plotone partigiano), divenuto reporter nell’immediato dopoguerra e iscrittosi al PCI da cui fu prestissimo espulso, aderì progressivamente ai movimenti anarchico-rivoluzionari e internazionalisti, avvicinandosi alle posizioni del situazionismo Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Aldo Palazzeschi

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino


Palazzeschi e il cuore dimenticato

di Paolo Febbraro

Palazzeschi poeta dimenticato? No, certo. È uno dei più letti del Novecento, il suo Incendiario del 1910 è quasi il simbolo della poesia d’avanguardia italiana e nelle antologie scolastiche non manca mai la celebre canzonetta E lasciatemi divertire! Fino almeno dalla metà degli anni Settanta dello scorso secolo, appena avvenuta la scomparsa dell’autore fiorentino, la critica si è accanita a sottolinearne l’appartenenza alla sensibilità crepuscolare o a quella futurista. Analisi formali, psicoanalitiche, d’ambiente letterario (la Firenze di Papini e Soffici, l’amicizia epistolare con Corazzini, il lungo sodalizio con Marino Moretti, la predilezione per Govoni) hanno accerchiato il “carissimo Aldo”, cercando di espugnarne la paradossale “intima teatralità”. Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Dario Bellezza

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino

«La fine dell’amore dopo l’amore». Su Dario Bellezza
di Roberto Deidier

Ogni ossessione genera contrasti, più o meno feroci o invasivi: si viene sempre a creare una pericolosa terra di nessuno tra il dominio del principio di realtà e le spinte centrifughe di un principio opposto. Qualche volta riusciamo a identificare questo secondo principio in un piacere costantemente inseguito (e guai se si dovesse realizzare…) o in una pulsione indefinibile, che comunque devia la nostra percezione del mondo e fa del nostro vivere una dimensione intimamente ambigua. Nei versi di Dario Bellezza questa tensione è palpabile: la si avverte già nella cantilena del ritmo, nei componimenti più ampi, e in un nervosismo finanche arcaico della sintassi che informa di sé tutta la poesia di quest’autore. Il campo che si disegna è delimitato non solo dalla realtà, da un lato, e dall’altro dalla finzione – ciò che semplificherebbe sia il ruolo del lettore e il compito dell’interprete, sia la dinamica stessa dell’officina di Bellezza – ma anche dal modo in cui la realtà quotidiana è filtrata dall’esperienza ancor prima che dalla scrittura; infine, a chiudere questo spazio letterario così fascinosamente ombroso e asfittico, è la proiezione dell’io lirico come protagonista di un teatro della passione erotica, l’amletica rappresentazione di sé tra retaggio cattolico, abito piccolo-borghese, trasgressione e rottura degli schemi sociali precostituiti. Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Primo Levi

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino

Primo Levi, un poeta ad ora incerta

di Paolo Febbraro

Primo Levi è stato uno scrittore molto attento alla piacevolezza di ciò che pubblicava e al divertimento sperimentale dello scrivere. Forse questo è avvenuto perché Levi non è stato un letterato di professione. Della Chimica e di Auschwitz: di questi due elementi privi o poveri di tradizione letteraria Levi ha dovuto farsi interprete, per rendersi testimonianza nell’unione possibile fra l’attività che si compie ogni giorno e ciò che si è subìto una volta per sempre. Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Giorgio Vigolo con una prosa inedita

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino

Questa Roma

Questa Roma, questa Roma
come l’ho amata,
come la ho posseduta
e me sono invasa la memoria!
Come me la sono stampata
nei sogni, fino ad averne
le stimmate
delle strade nel palmo della mano.

(da Giorgio Vigolo, I fantasmi di pietra, 1977)  Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Sergio Corazzini

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino

QUANDO LA POESIA CREA UNA NUOVA REALTA’
La topografia interiore di Corazzini
di Marco Testi

Il 17 giugno 1907 moriva a Roma Sergio Corazzini. La sua precoce scomparsa -aveva 21 anni- ha certamente contribuito a creare il mito del cantore della propria morte, del predestinato, del toccato dal fato. Di più: il cosiddetto crepuscolarismo ha trovato in lui la concretizzazione più radicale, perché nel poeta romano vita e arte si sono fuse in un groviglio impossibile da districare.
Se in Gozzano, altro predestinato, coscienza della fine e “mestiere” hanno creato -per scelta consapevole- una sorta di distanziamento poematico, attraverso il quale lo scenario esistenziale veniva contaminato da un procedimento parodico, che dissimulava con l’ironia l’impatto del male, in Corazzini Continua a leggere

“Poeti da riscoprire”, Tommaso Landolfi

Progetto editoriale ideato e curato da Fabrizio Fantoni
con la collaborazione di Luigia Sorrentino

“Ora so, che son saggio”: ancora su Landolfi poeta
di Leonardo Lattarulo

Nella penultima scena del dramma dedicato da Landolfi alla vita di Cagliostro il protagonista, prigioniero nella Rocca di San Leo e ormai prossimo alla morte, riassume con queste parole, rivolgendosi ai carcerieri, il suo illusorio progetto di potenza magica, la sua vana ricerca della «divina diversità» e della «divina avventura»: «Volli illudermi che le cose non fossero quello che sono, che da ogni cosa si potesse cavare una riposta virtù che … la riscattasse: dalla noia, dal tedio, da se medesima» . Continua a leggere