Angèle Paoli, “Les Feuillets de la Minotaure”

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Intervista a Angèle Paoli
di Luigia Sorrentino

(“Ritratti di Poesia 2016
 Tempio di Adriano
Roma, 5 febbraio 2016)

Les Feuillets de la Minotaure è un testo poetico dalla struttura aperta che vive anche in un passato mitico e mediterraneo e allo stesso tempo è intensamente attuale attraverso la voce di Minoa che confessa le sue incertezze, i suoi dubbi, le sue perplessità nei confronti della vita e dell’amore. Ma l’opera di Angèle Paoli, è anche una riflessione sulla scrittura stessa. Per esplorare il mondo interiore sul quale essa si fonda e sul quale si apre il dibattito poetico, la narratrice sceglie diversi modi di scrittura e toni differenti.
L’insieme epistolare è intercalato da brevi poemi il cui timbro è saggiamente erotico e interrotto da un epistolario breve ricco di “un sentimento d’amore” che rimanda alle tematiche del Diciottesimo secolo. La seconda parte del libro, “Giorni e notti di Minoa” è composta di elementi onirici poetici combinati alla prosa. La terza parte, intitolata “Piccole fantasie di Minoa”, si compone di brevi testi poetici che hanno la funzione di un intermezzo ludico, ironico. Il Canto finale, “Brame di Minoa”, conclude mirabilmente un’opera fortemente lirica, intensa e polifonica che ci spinge a una riflessione profonda sulla condizione umana attraverso le molteplici modalità di espressione messe in campo dall’autrice.

Angèle Paoli nel titolo del suo libro “Les Feuillets de la Minotaure” “ (“I foglietti della Minotaura”), lei dà un’identità femminile al Minotauro.
Perché questo personaggio mitologico e mostruoso che sappiamo, si innamora della bella Arianna e viene ucciso da Teseo, diventa un personaggio femminile in questo suo libro?

“Il Minotauro è un personaggio estremamente affascinante e a cui mi sento molto vicina. Prima di tutto, per il luogo in cui vivo, in questa isola così singolare del Mediterraneo. Chi parla del Mediterraneo, parla anche dei suoi miti, delle sue antiche radici mitologiche. Il paradosso è che la Corsica non è Creta e che la mitologia lì non è molto presente. Oppure capita anche che si riesca ad avvertire questa presenza come è accaduto a me, non attraverso delle storie, ma grazie alla durezza della natura che mi circonda. Dunque questo mondo mitologico io l’ho inventato e creato da zero, perché è mio e fa parte di me.

La mostruosità del figlio di Pasifae per me rappresenta una proiezione della tragedia umana. L’uomo è perennemente diviso tra aspirazioni opposte, tra l’inferno e il sole. Io mi sento fatto di queste opposizioni essenziali, me ne sono appropriato per poter navigare tranquillamente da un luogo limite, al limite opposto. Perché pensare che queste opposizioni sono prodotte unicamente dall’uomo? E la donna allora? ha un volto unico, liscio, semplice? Non credo. Mi torna spesso in mente il titolo di una commedia di Denis Diderot: E’ buono? E’ cattivo? Trattandosi dell’uomo, secondo mela risposta è né l’uno e né l’altro. O meglio, sia l’uno che l’altro. E’ al tempo stesso buono e cattivo. Ne sono convinta. Il Teseo del Labirinto è nella continuità della sua linea, adattato al suo ruolo di eroe. Pertanto abbandona Arianna, dopo aver ottenuto ciò che voleva da lei; la lascia disperata. L’altro è il mostro. Quel Minotauro mi fa molta pena, rifiutato da tutti, rinchiuso in un corpo mostruoso, è anche lui nella sua prigione del labirinto. Una doppia reclusione. ma anche noi, non siamo prigionieri dei nostri stessi pregiudizi, modi di pensare e piccole mediocri strategie? Il Minotauro mi fa pena come mi fa pena Polifemo che fa scappare le ninfe e non può pretendere l’amore a causa della sua mostruosità. Ma chi si interroga per comprendere perché questi due sono cattivi? Sono diversi dagli altri e quindi colpevoli. Isolati dalla società che li accusa e li reclude. E’ mostruoso ciò che è estraneo, colui che non risponde alle regole dominanti, che si distingue per le sue peculiarità che gli vengono rifiutate.

Per tutte queste ragioni mi sembrava importante assumere questo incarico e mettermi in opposizione rivelando la parte femminile del Minotauro. E’ senza dubbio il mio spirito ribelle che mi ha ispirato un Minotauro donna. Ci sono periodi in cui preferisco la dissidenza al politically correct. E’ stato sicuramente così durante gli ultimi due anni in cui ho scritto Feuillets de la Minotaure. Insomma, l’idea di un Minotauro donna mi si è imposta in modo del tutto naturale. come se fosse una parte insita nella mia personalità.”

Che cosa l’ha indotta a ritornare nella contemporaneità alla antica figura del Minotauro introdotto dalla mitologia greca?

“Il fatto di vivere in un villaggio, lontano da tutto, dalla città, dalla sua frenesia e dalle sue violenze ha modificato il mio sguardo sul mondo. Mi sono dovuta confrontare improvvisamente con la solitudine, soprattutto d’inverno. Nel cuore di questa solitudine, camminando per ore sulla stessa stradina, mi sono sentita alle prese con una realtà diversa. Attraversata da forze sconosciute che mi facevano riscoprire le mie antiche origini. La mitologia greca fa parte di me, già dall’infanzia. Poi mi ha seguito nella mia formazione scolastica fino all’università. Non posso più cancellarla, come non posso cancellare la contemporaneità che mi appartiene. Mi sono voluta immergere in una storia che mi dà la possibilità di coniugare due sfere temporali, quella di oggi e quella del passato. Le due sono ugualmente violente e crudeli, anche se lo sono secondo modi e modalità differenti.”

Il riferimento in epigrafe allo scrittore e pittore svizzero Friedrich Dürrenmatt e al suo Minotauro è evidente, come anche quello alla poetessa portoghese, Sophia De Mello Breyner Andersen quasi fossero i destinatari di quest’opera: ad esempio quando riporta lo scritto di Sophia De Mello – che in greco significa Saggezza – lei scrive, in francese: “Perché noi apparteniamo alla razza di quelli che percorrono il labirinto senza mai perdere il filo, la linea, della parola”.
Qual è per lei la relazione tra poesia- narrativa, la linea che percorre la sua poesia?

“Posso dire che ho letto con passione queste due opere, quella di Dürrenmatt e quella di Sophia De Mello Andresen. Mi sono servite come guida, come filo conduttore nel labirinto della storia che è su immagine del mio stesso labirinto. Comunque, penso che l’artista di oggi, quando inizia il suo lavoro, non sappia realmente dove lo condurrà il suo pennello. Lo scopre mentre va avanti nella sua riflessione. per me è stato così. Scrivendo giorno dopo giorno non sapevo dove mi avrebbe portato la scrittura. Ad ispirarmi è il labirinto della giungla che mi circonda e nel quale lui ama perdersi. Come uno specchio, dal labirinto della natura al mio labirinto personale è solo un passo.”

cover_angeleIl Minotauro appare nella Divina Commedia al XII canto dell’Inferno ed è il guardiano del cerchio dei violenti. C’è un riferimento a chi, come Dante, vede nel Minotauro, la parte istintiva e violenta della mente umana che ci fa compiere atti inconsapevoli in contrapposizione all’altra parte della mente che ci porta a compiere gesti consapevoli?

“Dante, nella Divina Commedia, elabora un’analisi complessa e completa della natura umana. La parte violenta e istintiva dello spirito umano è una realtà. E’ necessario considerarla con serietà, come una parte intrinseca della nostra specie. Non bisogna dunque perderla di vista, ne volerla cancellare o negare. E’ la nostra parte primitiva, quella che abbiamo controllato passo dopo passo, con il passare del tempo, con la ragione e la cultura. Ma non c’è nulla di più semplice di ricreare un legame con le forze nere che ci si incollano addosso.…”

Possiamo definire “Les Feuillets de la Minotaure” un’opera complessa, ricca di significati multipli, dove narrativa e poesia si intrecciano in una forma e in un contenuto in continua contrapposizione fra loro. Ma sembra che lei voglia metterci sulla strada di un’ osservazione poetico-narrativa che rivendica il punto di vista femminile.
Che cosa, chi, deve uscire dal labirinto?

“Se c’è una rivendicazione femminile in Les Feuillets de la Minotaure, le mie lettrici sicuramente lo hanno avvertito meglio di me. Realizzandomi, me ne rendo conto più chiaramente. Penso che oggi scrivere per una donna sia difficile come in passato, ci sono anche gli stessi vantaggi. Perché sulle sue spalle sente tutto il peso dei ben pensanti. Quello della società attuale è un labirinto incomprensibile che non abbiamo scelto. Ci viene imposto dall’esterno, ma è chiaro che dobbiamo uscire da questo tipo di labirinto, non solo io, tutte. C’è anche un labirinto psicologico, da quello non cerco di uscire, oggi non più. Perché amo la strana complessità che ci guida, non si sa bene dove, su sentieri a volte contrari o contraddittori. Quel labirinto è pieno di sorprese ed è quello che porta alla creazione. In una pagina dei « Feuillets » dico che non amo ciò che è liscio, ciò che è chiaro, perché non è la giusta visione delle cose. Al contrario, è una sorta di falsificazione della realtà.”

La parte narrativa si compone di lettere non datate che soprattutto Minoa scrive a Cloris. Dalle lettere si evince un forte legame d’amore fra due donne, l’una chiede all’altra di riscattare la propria libertà, l’altra chiede all’altra donna di liberarsi dai propri impulsi bestiali… E allora, qual è il rapporto fra queste due donne? Siamo di fronte a un’unica donna che deve liberarsi da se stessa, o da altri?

“Ogni lettore/lettrice è libero di rispondere a modo suo a questa domanda, di interpretare questo amore secondo la propria sensibilità. Si tratta senza dubbio di due facce della stessa medaglia, o di un doppio specchio in cui le due figure si riuniscono.”

Qual è la relazione tra le due donne e il vuoto lasciato dalle loro madri? Sappiamo che nella mitologia greca è Pasifae, regina e moglie del re di Creta Minosse, a compiere l’atto sacrilego: si trasforma in una giovenca per unirsi al toro bianco che il marito avrebbe dovuto sacrificare a Poseidone e che invece ha voluto tenere per sé… E’ evidente che qui c’è una grande responsabilità “delle madri” nella sorte che colpirà Arianna…

“Le madri sono sempre le grandi responsabili della nostra esistenza. Fanno sempre degli errori (anche se per il nostro bene e se sono convinte di agire per il meglio). Questo mi fa veramente paura, perché oltre ad essere figlia di mia madre sono anche madre di due figlie e questo rende i rapporti ancora più complessi. MI dico che è quasi impossibile fuggire a questa origine oscura che si trasmette di generazione in generazione attraverso le nostre viscere. E’ una relazione ambigua che oscilla perennemente tra due estremi: amore/odio, Ti amo/ ti odio perché sono gelosa della tua libertà/ della tua giovinezza/ della tua bellezza…

Tutte le madri hanno una responsabilità in questo rapporto difficile costruito sulla loro autorità. E’ vero soprattutto qui, nei paesi mediterranei, perché sono le donne a comandare in casa (forse oggi non è più esattamente così). E’ a loro che viene affidata l’educazione dei bambini, sono loro a trasmettere i valori della famiglia, le tradizioni. Tutto ciò avviene consapevolmente. ma c’è anche il peso della colpa e tutto quello che tocca l’inconscio, che si trasmette indipendentemente dalla volontà. Se non vogliamo commettere gli stessi errori, è necessario interrompere il legame con la nostra storia familiare. C’è uno scrittore che ha avuto una grande influenza su di me. Si tratta di Marie-Madeleine Lessana. Ha scritto un libro interessante sugli effetti devastanti del rapporto madre-figlia, che lei descrive a partire dalla storia di donne molto famose: Camille Claudel, Marlène Dietrich, Colette…

Questo libro ha modificato il mio rapporto con le mie figlie e mi ha aiutato a capire quello che avevo con mia madre. Oggi i nostri rapporti sono distesi.

Il libro si compone di un’overture, una parte iniziale poetica e lirica, molto musicale, che si innesta nella parte narrativa, che continua con una serie di poesie che si concludono poi in un canto finale. Il canto del Minotauro, è un canto laido, ma è pur sempre un canto d’amore… Quindi l’opera sembra non trovare una soluzione tra le due parti, quella istintiva, bestiale e oscura e quella della libertà e della trasparenza dell’essere umano. Sembra dunque che con quest’opera le intenda incoraggiare il lettore a scavare in se stesso più profondamente. Per raggiungere quale consapevolezza?

“Quando sono arrivata ai miei Feuillets, era necessario organizzare tutto questo materiale. E’ allora che ho pensato di costruirlo come un’opera musicale, con un’ouverture, una sestina (scritta secondo le rigide regole inventate dal trovatore Arnault Daniel), con delle « Fantaisies », che svolgono il ruolo di intermezzi musicali, dei canti e un canto finale « Le brame de la Minotaure » che personalmente trovo molto bello e molto potente. Ho scoperto recentemente che la parola « brame » esiste anche in lingua corsa e significa « canto del desiderio », con questa connotazione che caratterizza il canto d’amore inconsolabile. Questa scoperta mi ha sconvolto.

Per rispondere più precisamente alla sua domanda riguardante il lettore, penso che lei abbia ragione. Le lettrici che mi scrivono a proposito di questo libro: « tu scrivi ciò che noi sapevamo, ma non potevamo dire ». Dunque, c’è come una presa di coscienza che si produce al di là di me e al di fuori di me. Una sorta di onda che va da una parte all’altra e che permette ad alcune donne di uscire allo scoperto. E’ senza dubbio il più bel regalo che potessi farmi, questa riconoscenza condivisa.”

_____

ESTRATTI  (Traduzione dell’autrice)

Da: “Les Feuillets de la Minotaure” di Angèle Paoli, èdition de Corlevour, 2015

Canti di Mino(a)

(Il mare come se nulla fosse)

. Partire
prendere la strada camminare sotto il sole
blocchi di ghiaccio scultati nella neve
quel che dimora di forme
incudini crani di capri vertebre di giganti
ossicini e cristalli che scricchiolano
nel silenzio
del loro scioglimento

. bighelloni qualcosa di dolce
una carezza sfiora
e la luce già alta
ti fa strizzare gli occhi
la strada lucica grandi striscie d’acqua
scioglimento delle nevi di ieri

. nell’immobilità del tepore
provi di ritrovare le giornate bianche
addormentate nel silenzio dei fiocchi
il paesino seppellito le linee cancellate
tutto si tiene in una sola e stessa materia
avvolgente dove comincia dove finisce
una terrazza un vicolo un muro un albero ?

. vorresti ritenere afferrarti di rammentarti
questo tremare tenda di neve
la strada fruscia crepiti piccoli
sotto la pietra sotto i ciuffi di asfodeli
sotto il muschio
niente trafigge

. ti ricordi il vento nelle palme
prima la neve
la violenza della raffica
colpi di paraurti nelle foglioline
ogni pungolo scuotato storto
nel suo affrontare lo spontone vicino
l’insieme preso in un tormento
di bassi di tamburi cavalcandosi
nel disordine discontinuo
movimento girevole inesauribile

.tu sai della cenere sotto la neve
il suo odore grigio nei cristalli
piccoli crateri buchi canaletti strie
vuote di senso
offerte all’impermanenza

.tanti silenzi che sonnecchiano
tenuti stretti sotto le apparenze

il mare muggisce sotto
fedele al proprio linguaggio

. dove sono le piccole vite che popolano la macchia?
un uccello freme un altro si striglia
un passo più lontano

. cammina chiudendo gli occhi
un insetto si pone sulla pagina
lustra elitre e scaglie
pulisce le antenne zampe posteriori poi addome
una libellula forse lillipuziana
si raddrizza corpo gracile le membra minute
prende il volo

.solo dimora un circolo di luce
violina sotto la palpebra

il mare come se di nulla fosse

 

 

(la mer comme si de rien n’était)

. Partir
prendre la route marcher sous le soleil
blocs de glace sculptés dans la neige
ce qu’il reste de formes
enclumes crânes de boucs vertèbres de géants
osselets et cristaux qui crissent
dans le silence de leur fonte

. tu musardes quelque chose de doux
une caresse effleure
et la lumière haute déjà
te fait cligner des yeux
la route luit grandes trainées d’eau
fonte des neiges d’hier

. dans l’immobilité de la tiédeur
tu tentes de retrouver les journées blanches
endormies dans le silence des flocons
le village enseveli les lignes effacées
tout se tient en une seule et même matière
enveloppante où commence où finit
une terrasse une rue un mur un arbre ?

. tu voudrais retenir te saisir de te souvenir
ce tremblé rideau de neige
la route bruit crépitements menus
sous la pierre sous les touffes d’asphodèles
sous la mousse
rien ne perce

. tu te souviens du vent dans les palmes
avant la neige
la violence de la rafale
coups de butoir dans les folioles
chaque aiguillon secoué tordu
dans son affrontement avec la pique voisine
l’ensemble pris dans un tourment
de basses de tambours se chevauchant
dans le désordre discontinu
mouvement tournant inépuisable

. tu sens la cendre sous la neige
son odeur grise dans les cristaux
petits cratères trous rigoles striures
vides de sens
offertes à l’ impermanence

tant de silences qui sommeillent
tenus serrés sous l’apparence

la mer mugit en contrebas
fidèle à son propre langage

. où sont les petites vies qui peuplent le maquis ?
un oiseau frémit un autre s’étrille
un pas plus loin

elle marche fermant les yeux
un insecte pose sur sa page
lustre élytres et écailles
toilette ses antennes pattes arrière puis abdomen
une libellule peut-être lilliputienne
se redresse corps grêle membres menus
s’envole

il ne reste qu’un rond de lumière
violine sous la paupière

la mer comme si de rien n’était

***

(Luce fulva)

. Una luce fulva
biondisce le foglie
l’oro s’insinua dolce
tra i rami
grigio verde di grigio scisto verde il sole gioca
strate per strate sotto la pietra immobile
acciambellato sotto i tetti di “lauze”
il paesino dorme

. frescore del mattino
il fumo sale odore di fuoco
propizi a congiurare l’umidità
dei cieli di temporale

nuvole pomellati neri
rotondità portante di promesse
all’orizzonte del giorno
appena un raggio di gioia leggero

all’ombra dei cigli
un sorriso abbozzato appena
nel rumore dell’aria un brivido
che smussa la carne essere qui

nel silenzio del mattino

. è caduto il frescore inatteso brutale
eucalipti rabbrividono sull’orlo del camposanto
odore di terra bagnata
il lamentu a abbandonato la camera funebre
ma la vedova è bella sotto la sua mantiglia
merletto nero sull’ovale

il cielo rosso fuoco vigilia su i vivanti

—tre nuvole attraversano il sole
due nello stesso senso
l’altro prova un’apertura nel senso inverso—

. il tempo vacilla
insensibile al dolore dell’uomo
alle loro piccole fortune

i lavori e i giorni intrecciano
le loro tenere liane impalpabili
le ore succedono alle ore
i pianti ai pianti
donne silenziose incurvate intorno

la strada lunga serpente di automobili nere
vetri chiusi sulla tristezza
visi assenti vuoti di ogni sguardo

. appena si scioglie il sogno
in limbi impalpabili
e già freme la felicità alla punta dei dita
di poter esistere
è pure oggi
che arrivano le ceneri urna bianca
mazzi di fiori ed era ieri anche
che tornava la sua bara
lunghe litanie di automobili sulla strada
interminabile intrico di lacrime e di dubbi
agavi alte aste di fiori tese verso il cielo duro
maschere invisibili annegate sotto la tenda dei pianti

. e quel novembre tagliando l’aria dalla sua trancia
luce troppo forte per il lutto
sepolcri sparsi nelle felci alte

spazi di biancore

per accogliere la vita

***

(lumière fauve)

. Une lumière fauve
blondit les feuilles
l’or s’insinue doux
entre les branches
gris vert de gris schiste vert le soleil joue
strate par strate sur la pierre immobile
lové sous ses toits de lauze
le village dort

. fraîcheur matinale
la fumée monte odeur de feu
propices à conjurer l’humidité
des cieux d’orage

nuages pommelés noirs
rondeurs porteuses de promesses
à l’horizon du jour à peine
un rai de joie léger

à l’ombre des cils
un sourire esquissé à peine
dans la rumeur de l’air un frisson
qui émousse la chair être là

dans le silence du matin

. la fraîcheur est tombée inattendue brutale
eucalyptus frissonnent au bord du cimetière
odeur de terre mouillée
le « lamentu » a déserté la chambre mortuaire
mais la veuve est belle sous sa mantille
dentelle noire sur l’ovale

le ciel rouge-feu veille sur les vivants

– trois nuages traversent le soleil
deux dans le même sens
l’autre tente une percée en sens inverse –

. le temps vacille
insensible à la douleur des hommes
à leurs menus bonheurs

les travaux et les jours tressent
leurs lianes tendres impalpables
les heures succèdent aux heures
les pleurs aux pleurs
femmes silencieuses courbées autour

la route long serpent de voitures noires
vitres closes sur le chagrin
visages absents vidés de tout regard

. à peine le rêve se dissout-il
en limbes impalpables
et déjà le bonheur frémit au bout des doigts
de pouvoir exister
c’est pourtant aujourd’hui
qu’arrivent les cendres urne blanche
gerbes de fleurs et c’était hier aussi
que revenait son cercueil
longues litanies de voitures sur la route
interminable lacis de larmes et de doutes
agaves hautes hampes de fleurs tendues vers le ciel dur
masques invisibles noyés sous le rideau des pleurs

. et ce novembre coupant l’air de sa cisaille
lumière trop forte pour le deuil
tombeaux épars dans les fougères hautes

espaces de blancheur

pour accueillir la vie.
___

Angèle Paoli, nata a Bastia, in Corsica, ha insegnato a lungo Letteratura francese e italiana. Attualmente risiede in un paese, a Cap Corse, dove anima la rivista di poesia e critica «Terres de femmes», creata nel dicembre del 2004 con l’editore Yves Thomas e il fotografo Guidu Antonietti di Cinarca. Autrice di numerose opere, ma anche di poesie e articoli pubblicati su rivista, ha ricevuto il Premio europeo della critica poetica francofona Aristote 2013, assegnato dal Cénacle européen francophone de Poésie, Art et Littérature (Cenacolo francofono di poesia, arte e letteratura). Nel 2013, è  stata membro della giuria del Premio di poesia Léon-Gabriel Gros organizzato dalla rivista «Phœnix». Come poeta è stata ospite del XVII Festival di poesia «Voix de la Méditerranée» di Lodève (luglio 2014).

BIBLIOGRAFIA SOMMARIA :

 Carnets de marche, Éditions du Petit Pois, Béziers, luglio 2010

 Camaïeux, livre d’artiste, illustrato e realizzato da Véronique Agostini, Les Aresquiers, Frontignan, settembre 2010

 Solitude des seuils, livre d’artiste, incisione di Marc Pessin su un disegno di Patrick Navaï, Le Verbe et L’Empreinte [Marc Pessin], Saint-Laurent-du-Pont, ottobre 2011

 La Figue, livre d’artiste illustrato e realizzato da Dom et Jean Paul Ruiz, aprile 2012. Prefazione di Denise Le Dantec

 Solitude des seuils, Colonna Édition, 20167 Alata, giugno 2012. Introduzione di Jean-Louis Giovannoni

 De l’autre côté, Petit Pois, Béziers, novembre 2013

 La Montagne couronnée,La Porte, Laon, maggio 2014

 Anthologie des poètes corses contemporains, Recours au poème, 2014.

 Les Feuillets de la Minotaure (Corlevour, 2015)

 Tramonti (Henry, 2015)

 

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