Alberto Bertoni, ZANDRI (Ceneri)

Alberto Bertoni a Poesia Festival / photo© Serena Campanini

Per la prima volta Alberto Bertoni in quest’opera (Book Editore, 2018) sperimenta in poesia interamente la lingua dialettale modenese. Un’opera raffinata, uscita nella collana  diretta da Nina Nasilli. Il poeta si concede per la prima volta e  in modo naturale alla lingua madre della sua terra d’origine. La postilla è di Fabio Marri.

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Emilio Rentocchini, “Lingua madre”

EMILIO RENTOCCHINI

di Guido Monti

Con LINGUA MADRE Ottave 1994-2014 libro pubblicatonel 2016 da Incontri editrice (pp. 290, euro 14) Emilio Rentocchini fa confluire in un unico volume, vent’anni di produzione poetica racchiusa in 256 ottave. Si è molto parlato e scritto di questo poeta puro ed anche puro dicitore, che ha ricevuto a suo tempo attestati di stima e sicuro affetto tra gli altri da uno dei grandi del secondo novecento Giovanni Giudici. E nella sentita prefazione che Gianni D’Elia scrisse sul libro Ottave edito da Garzanti nel 2001 si legge: “Uscito nei primi anni Novanta sulla rivista “Lengua”, Rentocchini colpiva immediatamente per la voce sicura, fin dal primo verso, dove la consumazione della lingua dei parlanti è la dichiarazione della verità dialettale, ma non solo di quella…” e D’Elia ha pienamente ragione perché se indubitabilmente le ottave sono scritte nella forma del dialetto sassolese, esse proprio per profondità di sentire ed apoditticità di dettato, ci restituiscono quel brivido senza scampo, quella consapevolezza definitiva sull’esistere che deve possedere e trasmettere la poesia tout court, non importa se dialettale o in lingua. Torno un attimo indietro, perché poeta puro? perché penso e questo accade raramente ai poeti, perché i più in verità divengono tali, come si dice, sviluppando i propri talenti ed affinandoli anche in maniera encomiabile, che Emilio Rentocchini invece sia posseduto in nuce da un alto spirito artistico che poi è spirito dei tempi, dei secoli, che sembra d’un tratto convergere nei suoi testi quasi chiamandolo a scrivere nel metro dell’ottava ariostesca e chissà forse è azzardato dire che Ludovico Ariosto, contiguo anche territorialmente, parli in lui? o è lui a interrogarlo ed il poeta rinascimentale a rispondere ma comunque questo intreccio di lingue, di spazi, è lampante, nel fiume impetuoso del testo dove si potrebbe parlare di brusio, rumore dell’intertestualità, per citare Ezio Raimonidi ed i suoi memorabili studi sul Petrarca lettore di Dante. Continua a leggere

Roberto Alperoli: “La poesia purifica la lingua, la salva”

roberto

Roberto Alperoli

INTERVISTA di Guido Monti

Incontro Roberto Alperoli ideatore e direttore artistico di Poesia Festival Terre dei Castelli, uno degli eventi più riusciti per qualità e progettualità culturale che si tiene da dodici anni nel territorio emiliano. Ci sediamo in una trattoria di Modena molto nota vicino al teatro Storchi. La canicola del sole settembrino ci riporta in pieno agosto. I suoi occhi in attesa di domande, hanno quella vividezza e curiosità propria di quei bimbi al culmine della fanciullezza. Roberto nel tuo libro,“Il cielo di oggi”, di qualche hanno fa, in una poesia molto toccante dal titolo “La madre”, dici : “E’ tanto tempo/che non mi manchi più,/che non mi chiami; /eppure sei stata tu // la mano del mio principio, l’assunto abbagliante/del mio dolore; //…”. Ecco allora potrei girarti questa poesia in forma di domanda.

Come è maturata in te la decisione di creare questo festival nel 2005 assieme ai compagni del primo momento Alberto Bertoni e Paola Nava? Forse appunto perché la poesia la sentivi come mano del tuo principio e volevi però anche tenacemente mostrarla ad una comunità più ampia? Avevi intuito che questo territorio potesse avere in sé quel terreno di coltura per la crescita della pianta poetica?

Ho un lungo rapporto con la poesia, che fa parte della mia vita da sempre, direi. La leggo, la scrivo, la seguo nella sua dimensione pubblica. Il suo valore, la sua importanza – anche terapeutica – la sperimento (l’ho sperimentata) su di me, sulle persone che conosco. Anche sul valore pubblico, civile, etico della poesia rifletto da tempo. Soprattutto oggi che la lingua è stata colpita al cuore, che il linguaggio è un lungo, ininterrotto boato di frasi fatte, inerti, di parole caricaturali, senz’anima. La nostra è un’epoca di monotonia espressiva, spettacolare e rumorosa. La lingua è gridata nelle trasmissioni televisive, mortificata dalla pochezza della politica, massificata e banalizzata dal web, orfana dei comportamenti e dei modelli che, un tempo, ne sapevano custodire la vocazione civile. Il linguaggio della politica, poi, ne ha enfatizzato l’impotenza. Il dolore della lingua è proprio la sua inespressività. E nel frastuono e nell’impoverimento delle parole siamo tutti più poveri. Ecco, salvare la lingua, il bene pubblico della lingua, significa allora salvare noi stessi, le nostre emozioni e i nostri pensieri, che solo il linguaggio rende comprensibili e comunicabili. Ed è qui il valore della poesia, che si oppone a questo collasso perché è un ingrediente attivo del linguaggio, uno spazio per la propria identità. Purifica la lingua, rimette al mondo l’innocenza delle parole. Si oppone alla miseria individuale e alla miseria pubblica. Continua a leggere

Gianni D’Elia, “Fiori del mare”

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Il “canzoniere adriatico” del poeta pesarese.

Una nuova raccolta molto diversa dai libri precedenti dell’autore, piú portata alla sonorità attraverso una ricerca di rime e assonanze. Non che l’indignazione politica sia dimenticata, ma dal tono generale sembra che il risentimento venga superato in una superiore meditazione.

Con i suoi versi Gianni D’Elia disegna i luoghi della costa marchigiana rielaborati fra il ricordo, il sogno e la storia. E l’idea di un “canzoniere adriatico”, anticipata ai tempi di “Notte privata” ma mai compiutamente realizzata prima d’ora. E la parafrasi baudelairiana del titolo non è un gioco gratuito, dato che l’aura della Riviera Adriatica, nella scrittura poetica di D’Elia, tende allo spleen.

La sonorità delle rime fa invece pensare a una riscoperta di Saba (anch’egli poeta adriatico) ma non alleggerisce la trama filosofica delle meditazioni, che sembrano in dialogo nel tempo con un altro marchigiano: Giacomo Leopardi.

Soprattutto nell’ultima parte del libro si addensano riflessioni in cui D’Elia sembra un mistico laico, che non ha certo rinnegato le radici politiche e pasoliniane della sua poesia, ma che le ha arricchite con l’approfondimento della tradizione poetica italiana e con l’esperienza di vita.

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"Vola alta parola" Anedda | D'Elia

antonella-anedda-5-jpg-img-dettaglioVenerdì 11 luglio 2014 “Vola alta parola” con Antonella Anedda, scrittrice di numerosi libri di poesie per i quali ha avuto importanti riconoscimenti come il Viareggio Repaci 2012 per Salva con nome (Mondadori) e docente dell’Università della Svizzera italiana, e Gianni D’Elia, collaboratore di molte riviste letterarie e giornali tra cui il Manifesto, L’Unità, Nuovi Argomenti e autore di numerose raccolte poetiche per Einaudi, l’ultima delle quali: Trentennio versi scelti ed inediti 1977-2007 (2010).
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