La realtà sensibile

Cy Twombly “The Italians”, Rome, January 1961

NOTA DI FABRIZIO FANTONI

A chiusura dei festeggiamenti della Giornata Mondiale della Poesia 2021, #raipoesia, il primo blog di poesia della Rai, diretto da Luigia Sorrentino, ha organizzato un evento dal titolo: La realtà sensibile che sarà trasmesso domenica 28 marzo alle 20.00, sulla pagina facebook del blog poesia.

Nel corso della serata si alterneranno alla lettura dei loro testi poetici quattro autori: Stefano Dal Bianco, Alessandro Moscè, Antonio Riccardi e Luigia Sorrentino, coordinati dall’attore e regista Alfonso De Filippis.

Quattro protagonisti della poesia contemporanea nati negli anni Sessanta. Una generazione questa, (come le precedenti e le successive), che segnala la comparsa sulla scena poetica di nuove esperienze formative comparabili. Pur nel loro differente poetare questi quattro poeti rispecchiano le nuove tendenze della poetica attuale e si incontrano in un dialogo intessuto di corrispondenze, in un reciproco aprirsi alla fragile realtà del presente..

Un incontro di voci che ha la stessa densità emotiva delle opere pittoriche realizzate negli anni Sessanta e anche decenni prima, da un grande artista statunitense, Cy Twombly, che amò l’Italia tanto da sceglierla come sua patria.

Si osservi, ad esempio, a “The Italians” del 1961, (sopra riportata), dove l’esplosione di segni e macchie di colore sulla nuda tela bianca è raffrenata dall’inserimento di “parole” tracciate inaspettatamente ai margini della tela che offrono all’osservatore significati inattesi, capaci di oltrepassare l’idea di Action Painting per affondare nella storia o, se si vuole, in un origine.

Questa è la forza e l’autorità della parola della poesia: partire dall’osservazione di una realtà fragile e anonima per fare emergere il senso vivo e pulsante della storia, il nostro essere collettività, popolo.

(Si ringrazia per la gentile collaborazione Monica Punzi Anfossi).

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Addio al grande poeta Franco Loi

Franco Loi, American Academy in Roma, 3 maggio 2012/ Credits ph. Luigia Sorrentino

NOTA DI FABRIZIO FANTONI

Si è spento il 4 gennaio 2021, all’età di novant’anni, Franco Loi, uno dei più grandi poeti del novecento.
Solo pochi mesi fa, se n’era andata la moglie, Silvana Loi, appassionata studiosa di arte e letteratura e vera compagna del poeta.
Franco Loi era nato a Genova nel 1930, da padre cagliaritano e madre emiliana, ma vissuto fin da piccolo a Milano – dove si trasferisce all’età di sette anni- approda alla poesia a quarantatré anni, nel 1973 con la raccolta I Cart alla quale seguono Poesie d’amore (1974), Stròlegh (1975) e Teater (1978), L’angel (1981), L’Aria (1981), Lunn (1982), Bach (1986) e molte altre.

Sin dalle prime prove la poesia di Loi è segnalata dall’uso di un inventivo dialetto milanese di periferia, che trova la sua origine in una commistione tra la parlata proletaria e quella degli immigrati dalla campagna, spesso mescolata con elementi tratti da altri dialetti e lingue straniere.

Il dialetto di Loi non è il frutto di una semplice regressione “materna “ alle origini, ma qualcosa di molto più profondo e densamente emotivo: è – come scrive lo stesso Loi “la lingua di ciò che tace dentro di noi e che si rispecchia nell’infinito, la lingua delle nostre divine incoscienze”.

Lingua, dunque, di elezione e di storia che si fa espressione di una scelta di classe socialmente impegnata.
Scrive giustamente Mengaldo “. Rifiutando, con voluto e minaccioso anacronismo, ogni mediazione e orizzonte borghese, Loi si concentra tutto nella rappresentazione di un mondo popolare che, giusta l’inevitabile tristezza storica che intride gli ideali del poeta, ha i toni stridenti e sinistri della disperazione senza via d’uscita, sulla linea della più nera letteratura popolare dell’Ottocento e del primo Novecento…”.

Da Stròlegh

II

E dansi, furli,
e ’n’ambra glissetera m’involg,
la sbiava, la m’unda tra i cȃ sbiess,
che ‘l cör ciuscatt par brascia ’n’üseléra
d’aria bibiana e de smiròld beless…
Bel zéfir,brisa,
galȗpp d’un Casurett!
Tra mí e i mund franguell gh’era ’n strighèss
ch’i bej revèrber e i tumbin secrett
me curr incuntra, e fan festa, e i stell
legriusen ’n’alamanda ai grund che scend,
e mí, l’è ’nfiur, un ciall, un va de firisèll
al durbià del timid che nel venter
se tegn scundü ’me se tegn l’üsèll…
Grí San Maternu,
Bianca Maria de semper,
mia edicula, scirossa di cantun,
pulver di òmm che passa e par che stemper
s’inultra al dí luntan che vegn lirun,
sfrûs sass di strȃd, umbrius tumbin che ria,
aria de Casurett, scür trani siún,
uh sí, ve tucchi, sí, ve parlaría,
ma quanti vus, quanti respir al vent!
e ’sta manfrina de la fantasia
che per la piassa dansa sciabelent…
E al spiöv di lüs lampiun
saltrella e slisa el furbol di record,
traversa el vent.

E danzo, furlo,
e un’ambra profumata e fuggitiva
mi avvolge, fa impallidire e sbiadisce gli oggetti,
mi trascina come un’onda tra le case sbilenche,
che il cuore che vuole ubriacarsi sembra abbracciare un’uccelliera
di un’aria interminabile e fresca e pregna di balenanti bellezze…
Bel vento di ponente, brezza, ragazzo vagabondo di un Casoretto!
Tra me e i mondi fringuellanti c’era un intrico di sortilegi
che i bei riverberi e le fogne segrete
mi corrono incontro, e fanno festa, e le stelle
improvvisano l’allegria di un ballo allemando alle grondaie che scendono,
e io mi sento un fiore in un giardino di fiori, un chiaccherare,
un andare come sorsate di vino chiarello frizzo
allo svolgersi dubitoso della più intima timidezza che nel ventre
si tiene nel buio nascosta come si tiene l’uccello…
Capriccioso-fantastico San Materno,
chiesa di Santa Maria Bianca di sempre,
mia edicola della giornata, turbine di polvere agli angoli delle strade,
polvere degli uomini che passano e sembra che stemperata in aria
s’inoltri verso il giorno lontano che viene pigramente,
furtivi sassi delle strade, ombrose condutture che scorrono,
aria di Casoretto, buie osterie da succhiavinacci,
oh sí, vi tocco, sí, parlerei con voi,
ma quante voci diverse, quanti respiri porta il vento!
e questa danza monferrina della fantasia
che per la piazza balla a gambe sciabolanti…
E, allo spiovere delle luci dai lucenti lampioni
schizza e saltella e rade la strada il gioco del pallone dei ricordi,
l’attraversa il vento.
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In memoria di te, Milton Gendel

Conversations/Conversazioni

Omaggio a Milton Gendel
13 novembre 2018 alle 18.00
Villa Aurelia
Largo di Porta San Pancrazio 1, Roma

L’American Academy in Rome rende omaggio alla figura di Milton Gendel nell’anno del centenario della sua nascita. Critico d’arte, fotografo, giornalista, traduttore, ambasciatore culturale, Gendel è scomparso lo scorso 11 ottobre a Roma, la città nella quale ha vissuto per lungo tempo.

Diverse voci internazionali dedicheranno il loro ricordo alla sua vita straordinaria e alla sua opera poliedrica. Tra i partecipanti: Emily Braun, Docente di Storia dell’arte presso l’Hunter College il Graduate Center, City University of New York; la scrittrice Marella Caracciolo Chia; la storica dell’arte Barbara Drudi; la storica della fotografia Lindsay Harris, Andrew W. Mellon Professor-in-Charge of the Humanities dell’American Academy dal 2014 al 2018; l’artista Maurizio Mochetti; la storica dell’architettura Adachiara Zevi.

Quest’anno segna il centenario di Milton Gendel, critico d’arte, fotografo, giornalista, traduttore, diplomatico culturale americano, da tempo residente a Roma. Dopo aver studiato Storia dell’arte con Meyer Schapiro alla Columbia University, Gendel frequenta la cerchia dei Surrealisti europei in esilio a New York prima della Seconda Guerra Mondiale. Passa gli ultimi anni del conflitto in Cina, dove scatta foto con una macchina fotografica presa in prestito, occupazione dalla quale vengono prodotti più di 70,000 negativi, oggi conservati dalla Fondazione Primoli a Roma. L’archivio fotografico di Gendel rappresenta una narrazione senza precedenti, e spesso sagace, del fermento artistico internazionale in Italia e della trasformazione radicale del Paese dal 1950 a oggi. Continua a leggere

Paolo Gioli, “Anthropolaroid”

Paolo Gioli, Torace, 2007, Polaroid 20×24 and Polaroid transfer print on silk, 21¾ x 27½ in. (55.5 x 70 cm)(artwork © Paolo Gioli)

 

L’artista italiano Paolo Gioli si occupa da tempo del corpo umano. Come i suoi film sperimentali, i suoi transfer da Polaroid rappresentano il corpo e i suoi frammenti come mezzo per esaminare la storia e le fondamenta teoriche della fotografia, così come il dialogo di questa con il cinema, la tipografia, la scultura e la pittura. La mostra illustra non solo il virtuosismo tecnico dell’artista, ma anche le sue profonde riflessioni sulla forma umana e sul corpo politico fratturato. Continua a leggere

Percy Bysshe Shelley “The Revolt of Islam”, con Don De Lillo


venerdì 15 dicembre 2017
ore 14.00—17.30
Convegno: La rivolta dell’Islam di Shelley—testi, sottotesti, contesti
ore 18.00
Intervento e lettura di Don DeLillo
Sala Conferenze
Via Angelo Masina, 5
Roma

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Wendy Artin, “Here today”

Wendy Artin, NYC Marilyn Innocent Wall, 26″x41″, 2017

Wendy Artin, una straordinaria artista che ho avuto occasione di conoscere a Roma con il grande Seamus Heaney
Luigia Sorrentino

WENDY ARTIN – HERE TODAY
Athens, Rome, Paris, London, New York
Watercolor Wallscapes and other Recent Work

at Gurari Collections from November 3rd to December 10th, 2017 Continua a leggere

All’American Academy con Scharoun Ensamble, David Lang-Paolo Sorrentino e Jason Moran

scharounensemble

IL PROGRAMMA

Si parte il 4 febbraio con i concerti di Scharoun Ensemble ormai appuntamento fisso nella Capitale. A ingresso libero (fino a esaurimento posti) i brani del repertorio classico e dei borsisti in composizione musicale dell’American Academy in Rome, eseguiti dall’ensemble della Filarmonica di Berlino. A ingresso libero (fino a esaurimento posti). Seguono, il 14 marzo, la conversazione tra David Lang e Paolo Sorrentino e il 21 giugno l’incontro con Jason Moran. Giugno è anche il mese degli Open Concerts dei borsisti dell’ American Academy in Rome. Continua a leggere

Filosofia, Poesia e l’Arte di Porre delle Domande

vasilis_politis

 

Intervista di Luigia Sorrentino Vasilis Politis sul suo nuovo libro su Platone : The Structure of Enquiry in Plato’s Early Dialogues, Cambridge University Press 2015.
(Roma, Centro Rai di Saxa Rubra, 15 gennaio 2016)

Perché parlare del suo libro sul grande filosofo Platone in un Blog sulla poesia?

“Bella domanda, Luigia. Platone è in realtà un grande poeta, oltre ad essere un filosofo eccezionale.

Il dialogo drammatico che Platone inscena tra il suo personaggio preferito, Socrate, e le persone che Socrate interroga – come Protagora nel dialogo Protagoras o Gorgia, Polo di Agrigento e Callicle nel dialogo Gorgias – è potente come quello di qualunque drammaturgo della portata di Sofocle, Shakespeare o Pirandello. Continua a leggere

PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, UNA RETROSPETTIVA DELLE FOTOGRAFIE DEL GRANDE CY TWOMBLY

 

twombly1Cy Twombly, Celtic Boat, Gaeta, 1994, Dryprint on paper, 43.2 x 27,9 cm. Artist’s Print – Courtesy: Fondazione Nicola Del Roscio

 

Riapre, dopo il grande successo degli appuntamenti che hanno animato la programmazione 2014/2015, la stagione delle mostre presso l’American Academy in Rome, che inaugura l’autunno con un nuovo importante momento espositivo.

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Reading of Seamus Heaney American Academy in Rome

L’American Academy in Rome dà il benvenuto a Seamus Heaney, Poeta in residenza per il 2013 presso l’Accademia. Il 16 Maggio il poeta offrirà al pubblico una lettura, nel cortile dell’Accademia, di poesie dal tema classico, in relazione alla mostra Stone from Delphi, che per questa occasione sarà aperta al pubblico.

Queste alcune delle poesie che verranno lette: “Undine,” “The Stone Verdict,” “The Death of Orpheus,” il Coro dal The Burial At Thebes e “Actaeon.” Durante il suo periodo di residenza, questa è l’unica lettura pubblica che il poeta offrirà dei suoi lavori. Seguirà un rinfresco presso l’Ambasciata di Irlanda, per il quale si richiede una conferma di partecipazione tamite il sito https://support.aarome.org/heaney. Continua a leggere

Wendy Artin & Seamus Heaney

Appuntamento

L’American Academy in Rome inaugura la mostra dell’artista Americana Wendy Artin, l’8 Maggio 2013, periodo nel quale soggiornerà in Accademia il premio Nobel irlandese Seamus Heaney. La mostra trae ispirazione dalla pubblicazione della Arion Press di San Francisco nel 2012 di Stone From Delphi. L’edizione limitata riporta 49 poesie di Heaney, illustrate appunto da Wendy Artin. Trentacinque acquarelli meticolosi ed estremamente raffinati che racchiudono i soggetti Classici ai quali le poesie di Heaney fanno riferimento, rinnovando così un’antico rapporto tra l’arte visiva e la poesia. La mostra nella Galleria dell’American Academy presenta cinque poesie dell’autore ponendole direttamente in relazione con acquarelli originali di diverse dimensioni. Verranno anche esposte coppie di pagine del libro, una rara opportunità per osservare da vicino questa meravigliosa pubblicazione. Continua a leggere

Valerio Rocco Orlando, The Reverse Grand Tour

Appuntamento

Valerio Rocco Orlando,The Reverse Grand Tour a cura di Ludovico Pratesi e Angelandreina Rorro alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma (fino al 28 aprile 2013).
The Reverse Grand Tour è un ambizioso progetto realizzato, lungo l’arco di un anno, dall’artista italiano Valerio Rocco Orlando, grazie a una residenza itinerante in alcune delle più prestigiose accademie straniere di Roma: un’esperienza mai avvenuta prima, concepita proprio per osservare dall’interno un sistema formativo e culturale unico al mondo e, allo stesso tempo, analizzare l’evoluzione e la natura del Grand Tour oggi, attraverso la relazione degli artisti stranieri con la città.

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A New York, Dante’s Sympathy…

Appuntamento

Il comitato sostenitore dell’Accademia Americana di Roma composto da William B. Hart, Presidente, Adele Chatfield-Taylor, FAAR’84, il presidente Christopher S. Celenza, FAAR’94, Direttore, Michael CJ Putnam, FAAR’64, RAAR’70, presidente, Amici della Biblioteca, Life Trustee comunica che da Patricia H. Labalme Friends of the Library Lecture annuncia che sarà presentato mercoledì 14 novembre 2012 a New York alle 06:00 PM il volume  “La simpatia di Dante per l’Altro o l’immaginazione non Stereotipata: Gli altri in senso Sessuale e Razziale nella Divina Commedia”.

Intervengono: Teodolinda Barolini, RAAR’12, Lorenzo Da Ponte, professore di italiano e presidente del Dipartimento di italiano della Columbia University. Dà il benvenuto Michael C. J. Putnam, FAAR’64, RAAR’70.

Mercoledì 14 novembre 2012 a 06:00 PM Knickerbocker Club (807 5th Avenue) New York City Continua a leggere

Robert Hass, Video-Intervista

Video-Intervista a Robert Hass
di Luigia Sorrentino

Robert Hass, il poeta che scoprirete in questa intervista, è una persona estremamente mite, dalla disarmante semplicità, eppure, è uno dei poeti più popolari degli Stati Uniti d’America (Poeta Laureato degli Stati Uniti e Premio Pulitzer per la Poesia nel 2008). Con sua moglie, Brenda Hillman, anch’essa poeta, è da sempre impegnato su tematiche di poesia civile e a difesa dell’ambiente.  Hass, giovanissimo, ha conosciuto i poeti della Beat Generation, (che vedremo nell’intervista video) ma è anche stato il primo traduttore in inglese del grande poeta polacco, Czesław Miłosz (Premio Nobel per la Letteratura nel 1980). 

Per Robert Hass ‘il principale potere dell’arte è quello di essere un agente attivo’. Nell’intervista a Luigia Sorrentino, Hass racconta ‘l’importanza dei piccoli’: “Quando un bambino disegna  – dice il poeta – non gli interessa il prodotto finito, ma pensa semplicemente a ‘fare’ “. Non a caso la parola ‘poesia’ – in greco, ποίησις  (poiesis) – indica l’attività creatrice dello spirito che si manifesta proprio nel ‘fare’ anima. Hass spiega dunque, che i bambini di oggi, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, hanno necessità di esprimere questa forma di arte perché – racconta  – hanno paura di quanto sta accadendo nel mondo.  E’ su questa consapevolezza che Hass ha avviato negli Stati Uniti il programma dell’Associazione degli Amici della Loira, che ha filiazioni anche in Francia, per dare ai bambini la possibilità di fare – produrre arte. Un progetto che Hass ha lanciato per dare a se stesso e ai bambini, un po’ di speranza.

[flv]http://www.rainews24.rai.it/ran24/clips/poesia/hass_28092012.mp4[/flv]

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Reading in English and Italian alla The Keats-Shelley House

Appuntamento
12 maggio 2012 alle 16:00

The Keats-Shelley House in Rome is happy to host poets Valeria Melchioretto and Annelisa Alleva for a joint poetry-reading in English and Italian, in which they will read their translations of each other’s work. The event will take place on Saturday the 12th of May at 4pm.

The address is Piazza di Spagna 26. The museum’s normal entrance fee applies.


The available space is limited, therefore you are kindly requested to reserve your seats by replying to this email or calling the number 06 678 42 35, thanks. Continua a leggere

Dire Poesia, Paul Polansky

Venerdì 27 aprile, nella Sala degli Stucchi di Palazzo Trissino, a Vicenza, terzo appuntamento della rassegna dedicata alla parola poetica
DIRE POESIA, TRA SCRITTURA E TESTIMONIANZA: LE LOTTE CIVILI E SOCIALI DI PAUL POLANSKY.

Al termine, l’inaugurazione di “Sotto torchio: le carte di Dire Poesia”: in mostra le plaquettes realizzate da Giovanni Turria per la rassegna dal 2009 (Vicenza – 23.04.2012) – Poeta, scrittore, giornalista, fotografo e operatore umanitario: il terzo protagonista di Dire Poesia 2012 sarà lo statunitense Paul Polansky, noto per il suo grande impegno nella difesa dei diritti umani delle comunità Rom dell’Est europeo. Continua a leggere

Alla Gagosian Gallery ‘Made in Italy’

Si parli pur male di essa; (l’Italia) rimane per il poeta il luogo prediletto, per l’artista il luogo necessario, e per tutti il luogo di sogni e incantevoli visioni.”
Henry W. Longfellow (1807 -1882)

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In occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia, la Gagosian Gallery di Roma presenta Made in Italy, un’importante mostra collettiva nello spazio di Via Francesco Crispi 16, (fino al 29 luglio). (Nella foto di Andy Warhol, Vesuvius, 1985).

La mostra, curata da Mario Codognato, traccia un inedito percorso italiano attraverso l’opera di alcuni tra i maggiori artisti degli ultimi 60 anni: Georg Baselitz, Jean Michel Basquiat, Joseph Beuys, Marcel Duchamp, Alberto Giacometti, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Damien Hirst, Howard Hodgkin, Mike Kelley, Jeff Koons, Louise Lawler, Roy Lichtenstein, Richard Prince, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Richard Serra, Cindy Sherman, David Smith, Thomas Struth, Cy Twombly, Andy Warhol, Lawrence Weiner. Continua a leggere

Video-Intervista a Mark Strand

Mark Strand

Mark Strand, in assoluto una delle voci più rilevanti della poesia contemporanea, ha appena pubblicato in Italia per gli Oscar Mondadori una raccolta di tutte le poesie: L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Oscar Mondadori, 2011 (euro 15,00).

In questa video-intervista realizzata da Luigia Sorrentino il poeta di origine canadese, Mark Strand, premio Pulitzer per la poesia nel 1999, rivela un’inedita lettura di tutta la sua opera poetica.

 

Intervista di Luigia Sorrentino
Accademia Americana di Roma
18 marzo 2011

Siamo qui per parlare della sua opera di poeta, l’opera di un poeta definito della ‘montagna e del mare’, con tratti peculiari che lo differenziano da altri poeti suoi contemporanei statunitensi.

Innanzitutto ci dica una cosa…

Lei come altri scrittori, si era avviato alla pittura, scoprendo poi, a un certo punto, di dedicarsi totalmente alla scrittura… è successo a Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura del 2006, ed è accaduto a lei che nel 1957, a 24 anni, ha deciso di vivere da poeta. Ci racconta com’è andata? Che ricordi ha dei suoi esordi letterari?

 

“Ho sempre letto poesie, sebbene fossi un pittore, ero uno studente d’arte, non ero un pittore vero e proprio ma bensì uno studente pittore, ma in un certo modo l’essere uno studente d’arte mi aveva preparato per la scrittura, perché avevo il senso della formalità dell’impresa, prima davo forma alle immagini e in un secondo momento davo forma alla poesia. Deve esserci molta armonia tra la prima linea, quella centrale e quella alla fine, proprio come in un quadro, tutti gli elementi si uniscono. Ho rinunciato alla pittura perché ho capito che non ero un buon pittore, dopo mi sono dedicato alla poesia, ma non ero un bravo poeta. Ma ho sentito che avevo la possibilità di migliorare come poeta.  Ci sono stati anche altri motivi. Nella mia famiglia i libri erano molto importanti, mi sono spesso sentito inadempiente come lettore e inadeguato come scrittore. E improvvisamente ho sentito il bisogno di compensare questa inadempienze e questa inedeguatezza scrivendo. E’ iniziato come un  modo per rispondere ai desideri e alle speranze dei miei genitori.”

 

La sua prima poesia, quella scritta negli anni Sessanta, sembra dominata dalla pittura di Edward Hopper su cui lei ha anche scritto una monografia negli anni Novanta. Ci spiega come entra l’opera di un grande artista visivo, quale fu Hopper, nella sua opera?

 

“In realtà non era propriamente la pittura ad avermi influenzato così tanto all’inizio, ma piuttosto scrittori come Kafka, Borges, Calvino, questi erano gli scrittori che ritenevo interessanti, nessuno di loro era un poeta, eccetto Borges, ma comunque avevano scritto una prosa molto intensa, densa, ed erano in contatto con ciò che noi tutti oggi definiamo “misterioso”, lo strano, l’inaspettato. Ero affascinato da tutto questo nei loro lavori, ma al contempo ero anche affascinato dal lavoro dei surrealisti, perché si erano specializzati nell’inaspettato e nell’irrazionale. Sicuramente non si può scrivere qualcosa di sensato ed essere irrazionale, devi essere capace di trasformare l’irrazionalità in qualcosa che abbia una forma. In altre parole devi permettere al lettore di sperimentare l’irrazionale, non in un modo programmato, ma in maniera formale. Perché in generale non viviamo le nostre vite in modo razionale, le nostre vite sono dominate dagli incidenti, e molto spesso siamo motivati da forze irrazionali che non comprendiamo. Siamo spinti a questo, spinti a fare quello, a volte contro il nostro interesse migliore. E queste contraddizioni interne erano qualcosa che io volevo esplorare nel mio lavoro, e che analizzavo nel lavoro degli altri.”

 

Via via, negli anni, la sua identità poetica sembra che si sia dedicata a un esercizio di purificazione interiore…  “L’uomo che cammina un passo avanti al buio” è il titolo della raccolta in cui, per la prima volta, viene proposta un’ampia scelta in Italia della sua produzione poetica tra 1964 e il 2006.

Chi è “L’uomo che cammina a un passo davanti al buio”?

 

“Rappresenta ognuno di noi. Non è una persona in particolare, non sono nemmeno io, sebbene pensi di camminare un passo avanti al buio, specialmente ora che sto invecchiando, il buio diventa sempre più vicino,  ma è il destino di ognuno di noi quello di essere un passo avanti al buio. Lo si può pensare in questo modo, ogni giorno che si vive, che si sopravvive, si sfugge al buio… è questo il senso che volevo trasmettere con il titolo del mio libro in italiano. Ninet’altro. Ha un senso? … ok”

 

Tutta la sua opera – è stato detto – sembra dominata dal tema dell’attesa, c’è qualcosa che non avviene, una poesia che rievoca, in qualche modo, che celebra qualcosa che non accade ma che prima o poi accadrà…

Come definirebbe la sua poesia?

“Non posso definire la mia poesia. Non credo spetti a me. Di certo ci sono certi temi che si ripetono nella mia poesia, aspettative, attesa, delusione, il buio che avanza, tuttavia quando scrivo non ho in mente niente di tutto questo. Non considero il mio lavoro nella sua totalità, mai, ma considero le singole poesie mentre ci sto lavorando. Poi una volta che ho scritto la poesia, non ci penso più. Me ne sbarazzo. E inizio un’altra poesia. Se avessi pensato di avere dei temi sui quali dovevo ritornare ancora e ancora, mi sarei sentito paralizzato. Sarei stato prigioniero di una nozione astratta di ciò che stavo facendo. Sarebbe stata la mia morte.”

Lei potrebbe essere definito anche “il poeta della disillusione”. Forse questa è una delle principali caratteristiche della sua opera. Lei dice che immaginazione collettiva si è affievolita… L’uomo contemporaneo ha perso l’immaginazione, la creatività. Perché è accaduto questo?

“Io mi considero un comico. Credo che le mie poesie siano divertenti. Credo che “L’uomo e il cammello” sia una poesia piuttosto divertente, in cui l’uomo e il cammello della poesia si rivoltano contro il poeta, poiché ha interpretato il loro significato. Ed è questo il motivo per cui alla fine ritornano e dicono: “l’hai rovinata, rovinata per sempre” riferendosi alla poesia. E la poesia stessa che si vendica con il poeta. Ma, voglio dire, un uomo e un cammello che cantano, è ridicolo… un uomo e un cammello che appaiono all’improvviso. A dire la verità ho avuto l’immagine di un uomo e di un cammello e mi sono detto… come posso metterli insieme in una poesia? Cosa posso fare con un uomo e un cammello in una poesia? E così ho inventato questa piccola storia, che ho pensato fosse divertente. Ma il termine disillusione è troppo forte, non mi sento disilluso. A volte provo disillusione, ma chi no lo fa?! Credo che se si leggono le mie poesie con più attenzione diventano sempre più divertenti.”

 

Possiamo dunque dire che “L’uomo che cammina un passo avanti al buio” è l’uomo contemporaneo che cammina in uno spazio oscuro, che precede il buio in cui si concluderà la sua esistenza?

“L’uomo che cammina un passo avanti al buio non sta camminando attraverso il buio, cammina nella luce. Il fatto che il buio sia dietro di lui e forse lo sta raggiungendo, Ma se fosse stato nel buio e questo lo stesse perseguendo,  non sarebbe stato possibile fare la distinzione che ho fatto.  Noi viviamo in una condizione benedetta di illuminazione. L’illuminazione, la luce non significherebbero niente se non avessimo un senso del buio.  E’ semplice, proprio così come appare. Tutto è nel buio. Chiaramente. Guardate oggi, è una bella giornata, sarebbe ridicolo se dicessi viviamo nel buio. Ideologicamente forse, noi viviamo tempi bui, ma poi l’oscurità diventa materia di discussione.”

E’ stato detto, di lei, il “il poeta dell’assenza”…il suo è un io che si sottrae  al paesaggio, la sua è una poesia semplice, ma anche misteriosa…il suo dire “io” non è un’autoaffermazione, ma una negazione, è un cancellare il sé…

Perché ci sono “tanti vuoti”, tante “sospensioni” all’interno della sua poesia?

 

“Non lo so. Semplicemente non lo so. Ho la sensazione che quando una persona si siede in una stanza, da sola, e scrive, perde la sua connessione con il mondo e diventa il segretario dei pensieri di qualcun altro. In un certo senso si esce dal corpo, si perde il senso del tempo, lo spazio è alterato e si diventa la creatura della propria immaginazione. Quello che voglio dire è che l’assenza dal mondo reale è palpabile quando si è soli in una stanza. Il mistero è qualcosa di inspiegabile, altrimenti non sarebbe misterioso. E’…  da dove vengono queste idee e cosa ti dice la poesia su dove desidera andare. Tutto questo è mistero, in un certo senso non sono io a dire alla poesia dove andare, è la poesia che mi spinge verso una direzione, la poesia ha una propria voce, e io divento il segretario della mia voce. E la mia voce è il prodotto dell’immaginazione. Oltre a questo non saprei cos’altro dire a parte il fatto che preferisco vivere nel mistero, e l’assenza è proprio questo.”

E’ stato detto di lei… anche “poeta pastorale” del genere pastorale, idilliaco… ma non nel senso proprio del termine… nel senso che la sua poesia si colloca in uno spazio idealizzato e artificiale … che rende, per questa ragione, più intensa però la sofferenza, tanto che la critica parla di “idillio negativo di Strand”…

Lei è d’accordo con questa interpretazione? Quali sono, dunque i suoi paesaggi?

“Vorrei concordare con questa caratterizzazione della mia poesia, tuttavia non ne ho mai sentito parlare, perchè non leggo le critiche dei miei lavori, non leggo recensioni. La gente mi dice “è buona, va bene,  non lo è “… io non dico bene, ma chi se ne importa. Ma credo che sia possibile che abbia creato questa negatività idealizzata. Il paesaggio, l’ambiente delle mie poesie, è in realtà  puro arredamento, le montagne appaiono sullo sfondo, il mare che appare è sullo sfondo, così come lo è la luna, quello che mi interessa è l’azione che avviene all’interno della poesia. Per me l’immagine di una poesia è l’azione all’interno della poesia. E’ l’evoluzione della consapevolezza, all’interno dei limiti formali della poesia. Se questo suggerisca dolore o piacere, non lo so. Posso soltanto dire che nello scrivere queste poesie io provo piacere. Poi se trasmetto dolore, e sono sicuro che può succedere… è una domanda difficile. Guardate alle migliaia di crocefissioni che sono state dipinte… la crocefissione è l’esempio del dolore estremo, secondo me. Noi guadiamo questi quadri che possono essere di Velazques, Tintoretto o persino di Salvador Dalì, noi proviamo piacere, il dolore non viene trasmesso. Dobbiamo rimmaginare il dolore, attraverso il piacere che viene trasmesso. In realtà ho scritto una poesia che parla di questo processo. La maggior parte delle poesie parlano di perdita e sono tristi. Ma questa tristezza e questa perdita si identificano nella bellezza, ed è la bellezza che ci commuove.”

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Derek Walcott, Video-Intervista

Derek Walcott

Derek Walcott, Premio Nobel per la Letteratura nel 1992, è in Italia poeta residente dell’American Academy (direttore artistico dell’Accademia, Karl Kirchwey), per presentare in prima mondiale la sua nuova opera teatrale intitolata Moon-Child (Ti Jean in Concert).

Il grande poeta di fama internazionale, sarà alla guida della messa in scena, che coinvolgerà anche gli attori Wendell Manwarren, Giovanna Bozzolo, Dean Atta e il compositore Ronald Hinkson.

Moon-Child (Ti Jean in Concert), la nuova pièce che Derek Walcott ha basato sulla sua opera teatrale del 1958 Ti-Jean and His Brothers, rappresentata per la prima volta al Little Carib Theatre di Port of Spain a Trinidad, sarà interpretata dallo stesso Walcott, insieme all’attore di Trinidad Wendell Manwarren, all’attrice italiana Giovanna Bozzolo e all’attore Dean Atta. Le musiche di scena dello spettacolo sono affidate al compositore Ronald Hinkson e la scenografia prevede la proiezione di immagini di opere d’arte di Derek Walcott e di suo figlio Peter Walcott, anch’egli artista.

Scritta in versi rimati, Moon-Child è un apologo lirico, che racconta una storia antica come quella delle favole ed inizia con tre fratelli che lasciano la propria casa in cerca di fortuna. In questo caso tuttavia è la nozione stessa di casa ad essere minacciata, proprio come il paradiso naturale di Santa Lucia, già rovinato una prima volta dal colonialismo e di suoi strascichi, è minacciato da un “secondo sistema schiavistico” fondato sull’appropriazione delle terre coltivabili per farne aree edificabili che alimentano lo sfruttamento turistico dell’isola.

Intervista a Derek Walcott di Luigia Sorrentino
Roma, American Academy
18 marzo 2011

Lei è in Italia ospite dell’American Academy per presentare lunedì 4 aprile 2011 alle 21:00 a Villa Aurelia in prima mondiale la sua nuova opera teatrale intitolata Moon-Child (Ti Jean in Concert).

Dopo Moon-Child a cosa sta lavorando adesso Derek Walcott?

Ho realizzato lo storyboard con una serie di bozzetti, illustrazioni… perché ora sto lavorando a un film. Realizzo dipinti singoli, non sempre illustrazioni per le mie poesie. L’ultimo acquarello che ho realizzato è questo di Santa Lucia. Non è soltanto un’illustrazione per una mia poesia, ma è un paesaggio. Io non dipingo solo in funzione della poesia, ma per il piacere di dipingere. Tuttavia per me pittura e poesia sono due arti distinte, sono due lavori diversi.

 

Lei è considerato il più grande poeta delle Indie Occidentali. Premio Nobel per la Letteratura nel 1992. Nella sua opera esprime il conflitto tra l’eredità della cultura europea e quella delle sue origini, le Indie Occidentali, in particolare Santa Lucia e i Caraibi. Un conflitto che dopo un lungo percorso storico ha portato la popolazione dei Caraibi dalla schiavitù della dominazione europea, all’indipendenza, alla libertà. E’ vero che lei si sente un nomade fra queste due civiltà? Non appartiene a né all’una né all’altra? Oppure si potrebbe dire che queste due civiltà coesistono in lei?

Dopo il Premio Nobel sono stato invitato in tutto il mondo: presto andrò in Sud America. Sono stato invitato a numerosi festival letterari, come ad esempio qui a Roma, ma io sono un uomo dei Caraibi e ci tengo molto a sottolineare la mia provenienza, chi sono. Non sono uno scrittore europeo. L’Europa per me è un luogo strano, non è casa mia e quando sono qui sento di non appartenere a questo luogo, lo osservo attentamente. L’influenza dell’Europa è chiaramente molto forte nei Caraibi e io ne sono consapevole.

Lei è nato nel 1930 a Castries, capitale di Saint Lucia, nelle Antille Minori. Nascere e crescere in una piccola isola vulcanica, ex-colonia britannica come ha influenzato la sua produzione letteraria?

Saint Lucia è un’isola piccolissima. Quando si vive lì sempre, è un posto grande.. perché si devono raggiungere luoghi relativamente distanti e dunque ti adegui alle dimensioni del luogo in cui vivi. Roma è una città enorme che può provocare un certo senso di alienazione. Posso dire comunque di non essere mai stato confuso in relazione alla mia identità. So qual è il mio luogo di appartenenza: è Santa Lucia, una piccola isola tropicale. Al tempo stesso apprezzo e riconosco l’influenza che ha avuto l’Europa nella mia vita e nella mia esperienza. Continua a leggere