La giovane poesia Europea, Jan Wagner

Jan Wagner

Wagner, la poesia si fa «minuscola»
Di Alberto Fraccacreta

La nuova poesia europea sembra avere una sempre maggiore attenzione per i dettagli. Se il mondo è caoticamente frammentario e flash ordinari popolano le nostre giornate, il poeta ha il compito di riportare alla pagina oggetti bizzarri e parole desuete, dare spazio al marginale e all’infimo, saper estrarre da esso un microcosmo di elucubrazioni e transazioni psicologiche, se non metafisiche. Questo, almeno, pare il compito che si è prefisso uno dei più interessanti poeti europei nati negli anni Settanta, Jan Wagner, critico e traduttore, amburghese residente a Berlino, vincitore del massimo premio letterario tedesco – il Büchner – nel 2017. Dentro le sue liriche è possibile imbattersi nella «castalda/ che domina già nel nome», nell’amento del salice, in focene, asini siciliani, koala come «pulciosi budda» con «quel viso/ sereno di un taccagno o di un ciclista», prugnoli, zanzare («come se d’un tratto tutte le lettere/ si fossero staccate dal giornale/ e stessero come sciame nell’aria»), tovagliolini, more di gelso, palline da tennis, carline, recinzioni, tazze, api, barili dell’acqua piovana ovviamente e addirittura Lazzaro, «dapprima cieco come una patata» poi «d’un tratto, in fila per il pane», con «quella piuma di voce ronzante,// come se qualcosa in lui si fosse lacerato». Una poesia dunque, quella di Wagner, legata alle cose, concreta e leggera, con l’ironia tipica di Hans Magnus Enzensberger e la passione argomentativa e iterativa di Philip Larkin, ma foriera di un graffio spirituale che lascia il lettore in uno stato di pensosa acquiescenza.

È stata recentemente pubblicata da Einaudi la sua silloge Variazioni sul barile dell’acqua piovana (traduzione di Federico Italiano, pagine 176, euro 14). Cosa ci può dire in merito al libro?

È la mia sesta raccolta di poesie, pubblicata in Germania da Hanser Berlin nel 2014. Il titolo – nell’originale di quelle parole composte tedesche incredibilmente lunghe, Regentonnenvariationen – suggerisce due cose che mi sono sembrate importanti per la maggior parte delle poesie incluse: una certa musicalità (accennata dal termine “Variationen”) e un interesse per i piccoli oggetti apparentemente banali – che, in verità, sono argomenti preziosi se ti capita di scrivere testi poetici. Un bicchiere d’acqua non è soltanto un bicchiere d’acqua se un autore come Iosif Brodskij lo utilizza in una sua lirica ma conterrà tutto, questioni di morte, perdita, vita dopo la morte, come se sottolineasse l’idea di un passaggio. Prima e dopo aver scritto Regentonnenvariationen, ero quindi interessato a bustine di tè, funghi prataioli ripieni, motoseghe – nonché personaggi storici come Colombo o scienziati dimenticati da tempo: i cosiddetti grandi argomenti contano e tutte le fuggitive cose diurne non si escludono a vicenda nella poesia, mi sembra, ma possono illuminarsi a vicenda. Regentonnenvariationen, come suggerisce il titolo, si interessa anche dei tesori nascosti del mondo naturale, e quindi troverai poesie su erbacce e animaletti, o anche quelle sul Canaletto e sui barbieri morti.

La particolare relazione con oggetti e animali, in questo libro, è evidente. Perché?

I miei testi, direi, non sono quelli che possiamo definire con un’espressione classica come “poesie naturalistiche”, ma la ricchezza di dettagli interessanti e sorprendenti offerti dalla fauna e dalla flora è, ovviamente, enorme. E se scegli di non scrivere sugli oggetti naturali della poesia tradizionale come, ad esempio, l’usignolo o la rosa, se invece scegli l’olmo e il satirione, se poi ti concentri sulle loro peculiarità e su tutte le implicazioni che offrono, sei destinato a fare straordinarie scoperte sugli oggetti stessi, su di te e sul linguaggio che utilizziamo per avere una maggiore comprensione del mondo.

Gli oggetti sono dunque portatori di un’epifania, come in Joyce.

Potremmo definirla così, sì, un’epifania non strettamente in senso religioso ma certamente con aspetti metafisici. E, in effetti, ho sempre trovato l’uso delle epifanie di Joyce (nelle sue grandi opere in prosa e, senz’altro, nei brevi schizzi che lui chiamava esattamente Ephiphanies) molto illuminante e del tutto convincente – piccoli dettagli o osservazioni che all’improvviso ti portano al centro della questione, ti fanno capire tutto istantaneamente. È anche l’arte dell’innuendo, del confidare nel potere rivelatore dei dettagli sensibili catturati con precisione.

Nella poesia “Lontra”, presente nelle Variazioni, c’è forse una connessione anche con un altro grande irlandese, Seamus Heaney…

Heaney è senza dubbio uno degli adorabili maestri della poesia – e uno scrittore che potrebbe apparentemente senza sforzo inglobare il mondo sensibile, il mondo quotidiano nei suoi versi e renderlo così straordinario e memorabile. Ha anche scritto alcune delle più belle poesie sugli animali – basti ricordare il suo Merlo di Glanmore o l’indimenticabile poesia La puzzola, o anche quella che hai menzionato. E se, da parte mia, non c’è stato alcun tentativo di alludere direttamente alla lontra di Heaney quando ho scritto questa poesia, di certo non si può scrivere una poesia sulle lontre dimenticando di avere in qualche angolino della mente le lontre dei grandi poeti – a cui bisognerebbe aggiungere, ovviamente, Ted Hughes e la sua favolosa sequenza in due parti chiamata An Otter.

Quali sono i suoi modelli letterari? E quali sono i temi principali della poesia tedesca contemporanea?

I miei modelli – ovvero i maestri che ti inducono a scoprire te stesso quando inizi a scrivere poesie e che non ti lasceranno mai, per quanto tu possa provare – sono sempre stati autori sia del mondo tedesco che di quello inglese. Tra i poeti tedeschi dovrei menzionare Georg Trakl, Georg Heym, Rilke, Brecht e Benn, tra i poeti in lingua inglese Dylan Thomas, Auden, W.C. Willams, Wallace Stevens, Elizabeth Bishop – e molti altri. Per quanto riguarda i temi della poesia tedesca contemporanea ci sono così tanti approcci diversi che è impossibile riassumerli – ma ciò, appunto, spiega la ricchezza dell’attuale scena poetica; in effetti, negli ultimi vent’anni circa, c’è stata un’età d’oro della poesia in Germania, in particolare della poesia tedesca più giovane, dove si trova più lirica sperimentale incentrata sul linguaggio come materiale stesso, accanto alla letteratura politica, alle riprese giocose della tradizione e, naturalmente, poeti molto individuali e sorprendenti che raccolgono il meglio di tutti i mondi e creano qualcosa di completamente nuovo.

C’è un poeta italiano da cui è maggiormente attratto?

Montale, dovrei dire, benché sia consapevole che questa risposta non è molto originale. Anche Umberto Saba, tra i classici moderni, ma sto provando, per quanto posso, a seguire poeti più contemporanei come Magrelli, Cavalli, Anedda e Pusterla – e poiché recentemente ho avuto il piacere di pubblicare una vasta antologia sulla giovane poesia europea con il poeta e amico Federico Italiano, ho scoperto, attraverso di lui, anche la più recente lirica italiana – o almeno alcune parti di essa.

Un tratto peculiare dei suoi testi sono le lettere minuscole. Cosa vogliono dire?

Uso le lettere minuscole in tutte le poesie per due motivi. Prima di tutto, a ogni parola viene attribuito lo stesso peso, nessuna parola acquista importanza semplicemente perché inizia con una lettera maiuscola, come fanno normalmente i nomi tedeschi; visivamente, un sostantivo, un verbo, un aggettivo sono trattati allo stesso modo. In secondo luogo e, cosa più importante, facendo questo, usando solo lettere minuscole, le opportunità si moltiplicano per creare doppi significati, giochi di parole, piccole esasperazioni: se, ad esempio, si scrive la parola tedesca per «pioggia», «Regen», senza la sua R maiuscola, si ottiene anche il verbo «regen» (che significa mescolare, muovere) o, al plurale, l’aggettivo «rege» che significa «vivace» o «attivo». Soprattutto alla fine di un verso questo può portare a una confusione interessante e, se sei fortunato, illuminante.

da «Avvenire», martedì 7 gennaio 2020, anno LIII, n° 51,50

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