Il libro postumo di Biancamaria Frabotta

Bianca Maria Frabotta
ph©campanini-baracchi

«Nessuno veda nessuno»

di Sacha Piersanti

«Partiste sotto la luna e non ci fu tempo / di cancellare i segni della vostra presenza»: così inizia uno dei momenti più intensi di Nessuno veda nessuno (Mondadori, 130 pp., 15 €), l’ultimo libro di Biancamaria Frabotta, che se non fosse la poetessa (“la poeta”, avrebbe detto lei, senza assecondare l’idiozia degli schwa e degl’asterischi) che è stata e che è, diremmo è partita anche lei, e anche lei non ha avuto il tempo di cancellare i segni della propria presenza.

Ma quando si ha a che fare con un’opera come quella di Frabotta, quando si ha a che fare con Biancamaria Frabotta, è meglio e giusto e necessario non giocar con le parole, non farsi sedurre dagli eufemismi, vezzo imperdonabile degli umani nella Storia, degli umani che nella Storia non san starci lucidi e umani per davvero – Biancamaria Frabotta non è partita, dunque: Biancamaria Frabotta è morta il 1° maggio scorso e Nessuno veda nessuno è il suo ultimo libro. Il suo primo libro postumo.

Strutturato in tre sezioni, disomogenee e però in dialogo tra loro, tre sezioni che interagiscono pur mantenendo una propria relativa autonomia di portata e di tenuta, per temi e toni e per figure, Nessuno veda nessuno si fa leggere come raccolta e romanzo, taccuino e diario, mescolando aneddotica e autobiografia, riflessione teorico-letteraria e storico-politica, intenso lirismo e quasi profetica narrativa: «La sua ultima passeggiata cominciò / in un giorno come un altro» (p. 121), «Ma intatte sono rimaste le folte / radici abbeverate da mani gentili. / Basta un inciampo e si cade / nel costante agguato secolare» (p.74).

S’inciampa e si rovina, si cade a terra e spesso più non ci si rialza, specie quando la fragilità del corpo non è usura del tempo ma proprio condizione di natura e di più: precondizione d’esistenza.

E di fragilità e di cadute, di consistenze precarie, e come già frante di per sé, parla proprio il cuore di questo libro, se la nascita sembra un «piombare» «da un altro pianeta» (p. 36), se i morti che appaiono in sogno faticano a «stare al passo coi vivi» (p. 52) e noi, i vivi, «scaraventati / dentro al mondo» (p. 105), «non siamo mai in noi» (p. 61), ma «siamo uno sciame di molecole / una materica memoria senza ricordi» (p. 9) e «scriviamo nell’aria la nostra resistenza» (p. 10), a caccia di una qualche luce, di una «lampada a fasi alterne» (p. 92) almeno.

Continua a leggere

Eloisa. Per Biancamaria Frabotta

 

Biancamaria Frabotta / Credits ph. Dino Ignani

di
Maria Borio

 

 

 

e pensare che quello che ti
chiedo è ben poco,
e per te facilissimo!

(Eloisa a Abelardo, Lettera 2ª)

Qui dimora l’intero e tu disperso
ci ragioni. Che io canti, più buia
sordidamente, ombra più pesante
del marmo che mi riposa non conta.
Una sola rondine non mi ti rende
la stagione perduta.
e io troppo tempo ho abitato in te
come la ragnatela in un tronco morto

al limite di una terra promessa
non cogliendomi (fu soltanto evocazione
addestramento allo stupro
il fantastico frutto dell’occidente)
mi hai nominata più bianca della luce
nido di un’idea intricata, torpida fantasia,
pupilla cieca del tuo occhio.

Si sfilava il sibilo della teoria lunga
delle stanze: davanti alla porta chiusa
sarò la sorella di quei meli che fuori
si spogliano lisciando a sangue i sensi
e solo la sera ne spegne il tocco.
Un triangolo è divino quando ogni punta è Dio
e ogni lato un’esca. Non c’è veglia più amara
per me che sono lontano dalla festa.

Le parole non ti costavano molto, ricordi?
scivolavano via per filo e per segno
come canoe fluiscono sul filo della corrente.
Non c’era rapida che ne scuotesse il corso
scorresse anche fino al mare il discorso
del tuo sogno soltanto noi ne scontavamo il costo.

Ma subito potessi smemorarmi
annottassero ovunque le pupille degli uomini desti
in un mondo di dormienti
un bestiario delicatamente miniato dallo stilo di chi può
almeno fin quando arriverò
placida onda di lago a lambirti
i piedi di umide e molli zolle di prato
almeno fin là dove arriva l’essere
e il chierico si fa pierrot
la canaglia un’ariosa città
ogni passante un amico, un evento
allora
l’acqua coprirà il prato e ogni traccia di nome.1

In un momento in cui la scrittura delle donne era presentata prevalentemente come narrazione emotiva di aspetti che riguardavano il corpo e le condizioni materiali a cui le donne erano soggette (sessualità, matrimonio, emarginazione sociale e lavorativa), la Frabotta dà uno sviluppo intellettuale alla riflessone esistenziale e politica della condizione femminile. Il percorso si sviluppa progressivamente dalle poesie apparse su «Nuovi Argomenti» e su «Tam Tam» alla plaquette Affeminata (1977), che verrà rielaborata e inserita come sezione centrale nella raccolta Il rumore bianco(1982).

Gli stereotipi di fragilità e sensibilità lunare della donna vengono ribaltati. In Affeminata l’impegno e la militanza femminista rielaborano la condizione della donna usando la poesia come colto pamphlet di denuncia. L’io-donna è presentato in modo icastico come quello della «femmina culturale»2. La denuncia femminista e il fervore ideologico della militanza vengono completati con una riflessione filosofica e dialettica sulla dualità uomo-donna: il poemetto Eloisa, in particolare, posto come sezione di chiusura del libro, sancisce la sintesi di questo percorso.

Eloisa può essere descritta come un palinsesto allegorico che rielabora la vicenda storica di Abelardo ed Eloisa in un topos universale di dualità uomo-donna3. Ma con la storia di Eloisa l’autrice non vuole un’identificazione romantica, che potrebbe condurre a una stereotipata sovrapposizione. Cerca, piuttosto, un confronto che faccia trasparire la ricerca intellettuale e la complessità della mente femminile in un’opposizione speculare a quella maschile. L’esilio di Eloisa indica la condizione storica minoritaria della donna, la cui voce è audace e al tempo stesso vincolata a una posizione di separatezza. Ne sono simbolo il buio e l’ombra del monastero, dove è preclusa una reale partecipazione alla vita. Come è difficile per Eloisa recuperare l’esperienza affettiva e la pienezza carnale («Una sola rondine non mi ti rende / la stagione perduta»), viene rappresentata la lotta per l’affermazione sociale della donna per cui si batte l’autrice militante. Continua a leggere

Qualcuno. Per Biancamaria Frabotta

Biancamaria Frabotta / Credits ph. Andrea Annessi Mecci


Carmelo Princiotta

 

Biancamaria Frabotta è morta a Roma il 2 maggio 2022. Diceva che i poeti fanno le pulci alle parole, e non temeva di usare il verbo morire. Si è spenta, è scomparsa, se n’è andata, ci ha lasciato… sono espressioni improprie, che, per aggirare un tabù, tradiscono i fatti.

Nessuno di questi verbi corrisponde al suo morire, almeno nella mia esperienza.

Biancamaria Frabotta era nata a Roma l’11 giugno 1946, nello stesso anno della Repubblica, sotto la costellazione dei Gemelli. Roma è la città madre, come ha scritto in tante sue prose, di cui alcune raccolte nel memoir Quartetto per masse e voce sola (2009). Civitavecchia era la città della madre, «Eugenia / nata De Falchi», celebrata nel poemetto La viandanza. Il nome autoriale è Biancamaria, anche se quello anagrafico era Bianca Maria.

Considerava la scrittura una «seconda nascita», come scrisse nel suo primo libro di poesia, Il rumore bianco (1982). Credeva che la cultura potesse e possa rimetterci al mondo.

Nella sua opera si è declinata sia come poetessa che come poeta. Specie all’inizio, rivendicava per sé la parola poetessa. Poi usò anche la parola poeta, sia al maschile che al femminile. Non era per i generi convenzionalmente intesi: lo dimostra fin dal titolo la plaquette con cui esordì, Affeminata (1976).

Per rimettersi al mondo, era andata alla ricerca delle madri e delle sorelle culturali, con l’antologia Donne in poesia (1976), pubblicata pochi mesi prima della plaquette d’esordio. Il sottotitolo, Antologia della poesia femminile in Italia dal dopoguerra ad oggi, non la convinceva del tutto: più che di poesia femminile avrebbe voluto parlare di poesia di donne.

«Il nostro uso della definizione “poesia femminile” o meglio “poesia di donne” vorrebbe […] contrapporsi all’uso che convenzionalmente se ne fa», scriveva nell’Introduzione, perché all’epoca si poteva ancora affermare in un dizionario della letteratura contemporanea che Anna Maria Ortese era «sostenuta da un’intelligenza virile e da una sensibilità femminilmente emotiva».

Secondo Dacia Maraini, che accompagnò con una nota critica quell’antologia, la scrittura delle donne si distingueva per un diverso «punto di vista». Secondo Biancamaria Frabotta, questa differenza aveva a che fare anche con l’uso del linguaggio: «Divenni femmina, nel linguaggio, prima che nel corpo» è una delle frasi di Autoritratto al buio, comparso moltissimi anni dopo su questo blog. E bisognerebbe leggere attentamente Letteratura al femminile (1980) per comprendere appieno il senso di un titolo che non pone affatto un’equivalenza fra letteratura femminile e letteratura al femminile. Continua a leggere

Una poesia di Biancamaria Frabotta

Gli eterni lavori

Dalla valletta degli ulivi una neve marina
veste di bianco le bacche della piracanta.
Potessi poggiando la testa sul cuscino
udire il mormorìo dell’anima che dorme
quando sibila la sofferenza delle piante.
Potessi, ospite impensierita, dal pietrisco salvare la salvia
che perde al vento, talvolta, una fogliolina accartocciata
accorrere dove il ramerino implora una sponda
l’ibiscus un tepore che non è qui e un’arancia
s’affaccia fra il plumbago e le spine di Cristo.
Solo al tatto la riconosco quella pace truccata
che al mattino scuote la coperta dei sogni.

Da Mani mortali, Mondadori 2012. Continua a leggere

Biancamaria Frabotta, “un punto di riferimento assoluto”

Biancamaria Frabotta © Dino Ignani – tutti i diritti riservati – vietata la copia e la riproduzione

Biancamaria Frabotta e Dacia Maraini ad Urbino

Il ricordo di Umberto Piersanti

Tanti anni fa invitai Biancamaria Frabotta e Dacia Maraini a presentare i loro libri all’Università di Urbino dove insegnavo nella facoltà di Sociologia.

Erano anni di rivolgimenti talora luminosi e talora drammatici: anni in cui si sognava la rivoluzione anche attraverso una deriva armata e si lottava per dare il giusto posto ai giovani e, ancora di più, alle donne nella nostra società.

Due anni dopo sarebbe uscita l’antologia di Pier Vincenzo Mengaldo presso la Mondadori, Poeti italiani del ‘900 con una sola presenza femminile, quella di Amelia Rosselli.

Oggi questo tempo ci sembra lontanissimo e nella poesia dei nostri anni le donne si sono imposte senza alcun bisogno di quote rosa. L’antologia della Frabotta ha avuto una funzione in tutto questo.

Continua a leggere

Frabotta, protagonista della Letteratura italiana

Bianca Maria Frabotta ph©campanini-baracchi

 di Matteo Fantuzzi

Io sono poetessa e intera non appartengo a nessuno”. Se dovessi partire da un passaggio per raccontare l’importanza di Biancamaria Frabotta nella nostra cultura e nella nostra società inizierei da questo, tratto da Quartetto per masse e voce sola ed edito da Donzelli, e certamente partirei da Donne in poesia, antologia della poesia femminile in Italia dal dopoguerra a oggi edito da Savelli nel 1976, nell’anno dell’esordio, per la mitica casa editrice Geiger di Torino, con Affemminata (e la nota critica di Antonio Porta).

Affemminata perché una donna non è appunto una femmina, come vorrebbe la rappresentazione misogina al tempo imperante ed oggi probabilmente mai sopita. Donne in poesia dunque non è solo l’occasione, per autrici che diventeranno fondamentali nei successivi decenni come Patrizia Cavalli o Vivian Lamarque di ritrovarsi pubblicate assieme alle già note Amelia Rosselli, Maria Luisa Spaziani o Margherita Guidacci, ma la possibilità piuttosto di creare un fronte comune di emancipazione e caratterizzazione della figura femminile in poesia.

E’ questa volontà di unire la vita alle lotte sociali e utilizzare la scrittura come strumento attraverso cui formare opinioni nelle classi, che a loro volta avranno la responsabilità della crescita di migliaia di studenti (penso ai tanti futuri insegnanti forgiati dai banchi dell’Università), a rendere Biancamaria Frabotta simbolo di questo passaggio verso l’attuale società.

Una società nella quale si rende necessario continuare con doverosa attenzione e dovuta forza a pretendere uno spazio per chi, nella fragilità, è costretto a vivere vittima di una sorta di malattia che colpisce a livello pandemico, senza ansia per le contingenze ma con la precisa volontà da parte dell’autrice di restare contemporanea attraversando le stesse anse percorse da chi negli anni ha potuto leggerne l’opera.

Da La materia prima

[[ Per placare nelle ossa il bruciore / il crepitio dei neuroni inceneriti / l’avanzare della falange virale / e il sonno irrefrenabile / che serra le pupille / aprite la finestra nel fumoso / sole d’inverno alle brezze /della giovanile insonnia. / Testimone di un’irrilevante / ebrezza nella tua ombra / epoca muta e ciarliera / m’accomodai – servizievole. / Ci dettasti il prologo / noi mancammo l’epilogo. / Fortunata generazione senza assedio / mi arriva dall’orto una voce riciclata / e la serbo come fossimo in guerra / ed avessimo estirpato col granone / sul prato il loglio e il nutrimento. ]]

Ed è davvero una generazione ad essere uscita accresciuta umanamente e culturalmente dalle lezioni di Biancamaria Frabotta, e a raccoglierli tutti, come ha fatto nel 2016 l’ottimo Alessandro Giammei per l’editore Bulzoni. Continua a leggere

Biancamaria Frabotta, “non ci saranno mani come le tue”

Biancamaria Frabotta

RICORDO DI BIANCAMARIA FRABOTTA
di Stefano Bottero

Io dirò che non ci saranno mani come le tue. Che l’orfanità di queste prime ore del mattino è una categoria che riguarda ogni cosa a seguire. Dirò che le tue parole mancheranno come è mancato il sonno questa notte – che non dormirò mai più.

Tra qualche ora incontrerò diversi altri che ti hanno amata in questi anni. Sarà abbastanza a ricordarmi che quanto ho scritto fino a qui non corrisponde al vero.

Che resti, sempre, corpo e voce, come restano i poeti.

*

Durante la sua lectio magistralis, nel 2016, Biancamaria Frabotta rispose a una domanda dicendo «Sì, sono stata allieva di Binni. E vorrei continuare a esserlo».

Ho un ricordo lucido di quel momento. Pensai che per me, per lei, sarebbe stato lo stesso. Lo penso ancora, oggi, a poche ore dalla sua scomparsa.

Ho frequentato l’ultimo dei suoi corsi universitari. Fin dai primi anni della sua carriera accademica, Frabotta aveva sistematicamente chiesto che le venisse assegnata la classe del primo anno.

C’era qualcosa di geometrico, di necessario, nella postura della sua voce rivolta a gruppi di studenti troppo giovani per avere cognizione della letteratura del Novecento – cognizione che, come mandato, lei sceglieva anno dopo anno di trasmettere.

Altri parleranno con parole più precise delle mie della sua femminilità, della sua classe, della sua presenza. Io, ventenne, per la prima volta, ero abbagliato dal vedere il Poeta (la Poeta, anzi, per riprendere una questione tanto centrale nelle nostre conversazioni). Quel vederla sarebbe bastato anche da solo, allora, a rendere fondamenta i giorni delle sue lezioni.

La testimonianza è stata il filo sul quale ha fatto camminare i suoi rapporti – insicuri come tutti, perennemente sospesi sul baratro di significato che ha avuto nei suoi occhi chiari il solo correlativo. Allo stesso modo, sulla testimonianza ha edificato la sua poesia. Ne La materia prima, sua ultima raccolta – penultima tra qualche giorno – sulla quale cui mi sarei poi laureato nel 2019, l’atto testimoniale non è solo nexus creativo, etico ed estetico, ma ratio critica, capace di orientare lo sguardo fino alla liberazione da ogni residuo di necessità inautentica. Continua a leggere

Frabotta, convitata di pietra a Parrano

Bianca Maria Frabotta
ph©campanini-baracchi

Ricordo di Biancamaria Frabotta
di Paolo Fabrizio Iacuzzi

 

Cara Luigia,
Ti pensavo appunto per dire che proprio nella magica Parrano [ndr dove si sono radunati alcuni poeti italiani che hanno partecipato alla manifestazione “Lingue mute| Poeti contro la guerra” a cura di Luigia Sorrentino con la collaborazione di Alessandro Anil e Fabrizio Fantoni] abbiamo parlato di Biancamaria Frabotta come di una convitata di pietra.

Io la conoscevo se non attraverso la sua poesia. Di persona la vidi a colazione in un bed and breakfast invitati da Poesia Festival nelle terre modenesi. Alta e ossuta quasi prosciugata di ogni orpello. Scambiai con lei rare parole. Io un poco intimidito.

Questa la poesia che scelgo è tratta da “Mani mortali”, Mondadori 2012

Entrando nel campo cercai
le roselline selvatiche nella rete
gli iris infestanti, i papaveri
i gelsomini bianchi e dopo,
i cavoli, i carciofi fra i narcisi,
sull’arancio ferito i grappoli
profumati della zagara.
in terra giaceva l’edera vizza
screziata di morte lumache
eppure, scriveva Bernardin
non tutto era stato ucciso
dalla terribile severità di quell’inverno.
Ancora, in stile fiorito, il suo giardino
godeva di tardive, ma robuste violette
promesse di fragole e primule, risalenti
filari e tracce di linfa nei peri.
In verità le viti cominciavano
appena ad aprire i germogli.

Ti confesso che forse per me il suo libro migliore è forse il tardo “Mani mortali” per quella natura spietatamente vista nel disincanto della vecchiaia. E anche il verso si fa nudo referto di una malattia. Feroce cartografia dei guasti del tempo sulla natura. Cronaca spietata di un inesorabile corrompersi dell’idillio nel riverbero che la natura produce nell’uomo. Una natura quasi già postuma a se stessa tutta frugata nei suoi interstizi e nelle sue pieghe. Eppure indomita si rigenera da se stessa invincibile. Continua a leggere

Paolo Febbraro, “Il tempo non ci separa”

Biancamaria Frabotta / Credits ph. Dino Ignani

Blanche
di Paolo Febbraro

Sarò ingiusto, ma onesto. Devo scrivere di Biancamaria Frabotta, a poche ore dalla sua scomparsa, e compirò un’ingiustizia a ogni riga. Scrivere di una persona che ha appena toccato la totalità, la propria totalità, non può che generare grave incompletezza.

Sono un piccolo angolo visuale. Sono un ragazzo di neppure diciannove anni che vede la professoressa Biancamaria Frabotta in cattedra (Aula C, forse, e ottobre o novembre del 1983) e la ascolta, comincia a smarrire appunti su un bloc-notes. Cinque anni e mezzo più tardi, la professoressa è presente, in un’altra aula, fra coloro che mi laureano in Lettere con un bel voto. Intanto, mi ha insegnato Saba, Caproni e Palazzeschi, sui quali – non è un caso – scriverò pagine e pagine di ipotesi e certezze.

Non ricordo quando abbiamo cominciato a darci del “tu”, quando siamo diventati due poeti, di generazione diversa, anche molto diversa, magari chiamati a leggere nello stesso reading.

Oggi, i diciannove anni che ci separano mi sembrano pochissimi. Stranamente, il tempo non separa, ma ci accosta.

Ho la mania di cambiare i nomi delle persone che frequento, con la parziale scusa di non frequentarne poi tante. Tutti gli esseri umani sono degli ibridi, ma gli Italiani lo sono in maniera particolarissima.

La figura alta, la chiarezza degli occhi, la saldezza culturale, con una fragilità, quasi uno spavento, che però giocavano immediatamente sotto i muscoli del viso, l’incertezza su sé stessa che la accomunava a tutti coloro che sono tentati dalla poesia: cominciai a chiamarla amichevolmente Blanche. Chissà, nella mia mente giocosa non era un cambio di nome, ma una sua etimologia. Continua a leggere

Addio a Biancamaria Frabotta

Biancamaria Frabotta

Lutto nel mondo della poesia. Si è spenta a Roma dov’era nata, all’età di 76 anni, Biancamaria Frabotta poetessa fra le più rilevanti e centrali della Cultura in Italia.

Da giovane era stata leader dei Movimento Femminista. Dedicò il suo primo libro “Affeminata” – nota critica di Antonio Porta – alle donne accompagnandole nella lotta di emancipazione per i diritti femminili. Successivamente le sue energie le spese nell’insegnamento all’Università “La Sapienza” di Roma.

A partire dal 2001 era diventata professore ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea divenendo un punto di riferimento importante nella divulgazione della poesia più recente.

da Mani mortali (Mondadori, 2012)

 

Quando arrivo
se ne è appena andata
come una persona
imperfettamente amata
che posa a terra a fatica
la valigia discesa, un piede
ancora sul gradino del treno
esitante e nel cuore la luce
del mare feriale
le gallerie di colpo senza
golfi, seni azzurranti, rive
mancate come ragazze viziate.
Quando arrivo
scompare sottoripa, di frodo
fra razze di spalla palpitanti
come fosse imminente il riscatto
e le figure non finite sul selciato
odoroso di calcina e carname
la città che i poeti hanno veduta
pettinata contropelo sul monte
la funicolare che porta
dove comincia la morte
e al porto, fra i pescicani
affioranti la fame dalle vasche
– ma dov’è l’Italsider, il peso
immenso dell’operaia decenza
dove la città eroina avvolta al risveglio
nella carta velina? Oh Giorgio, mio caro Giorgio
quale nuovo disastro è ora nell’alba
fra nuvole dissolte e rifatte poco in là
eguali, come Allah vuole, che il cosmo
ricrea ogni attimo che muore.
Quando arrivo
è passato molto vento fra i moli
fra gli orienti improvvisi
i turisti clandestinamente
importati d’inverno con tenere vesti
d’estate, attillate, solcate negritudini
sui passi sillabati dai tacchi taglienti
quando arrivo, trafitta
capitale delle rovine d’Italia
pupilla che grigiamente sbianca
pur di non somigliare a sé stessa
risanata Genova che mi fai male
e piegata mi colpisci al petto.

 

Pubblichiamo l’AUTORITRATTO scritto da Biancamaria Frabotta e pubblicato su questo blog il 6 marzo 2016.

Autoritratto al buio
di Biancamaria Frabotta

L’11 giugno del 2004 è nato mio nipote Luca, cui auguro di non assomigliarmi troppo, dato che lo stesso giorno del 1946 sono nata anch’io. Non so se possa vantare coincidenze più illustri di questa. Il mio compleanno ora è il suo, in cui mi annido, come una quieta seguace della sua infanzia non finita. Alla “vera vecchiaia”, diceva Caproni, ci si arriva solo dopo la “vecchiaia” pura e semplice. Nella prima forse me ne starò rintanata, attonita, magari mi capiterà di scrivere poesie atonali, senza troppe storie e rigurgiti dell’amore e dell’ira che non distinguono vita da poesia, ritmi da carattere, sonni da risvegli.

Continua a leggere

A Milano, alla Casa della Cultura i poeti della collana Stampa2009

C O M U N I C A T O   S T A M P A

I POETI DE LA COLLANA

Presentazione dei libri di Stampa2009 di

Maria Borio, Alessandro Canzian, Sebastiano Mondadori, Giancarlo Pontiggia

Introduce Maurizio Cucchi

Martedì 26 ottobre, alle ore 21.00, presso la Casa della Cultura di Milano (via Borgogna 3) Maurizio Cucchi presenta quattro libri dell’Editore Stampa2009. Editore che negli anni si è fatto conoscere ed apprezzare per la scelta e la qualità delle edizioni, tutte a cura di Maurizio Cucchi, dal 1999 ad oggi ha pubblicato autori come Giancarlo MajorinoMario BenedettiMario SantagostiniBiancamaria FrabottaMary Barbara TolussoRoberto MussapiMaurizio BrusaSilvio RamatLuigia SorrentinoAlberto BertoniFabrizio Bernini.

Il 26 ottobre dialogheranno con il curatore e leggeranno brani tratti dalla loro opere i poeti Maria BorioAlessandro CanzianSebastiano MondadoriGiancarlo Pontiggia. Autori rispettivamente de “Dal deserto rosso”, “Il Condominio S.I.M.”, “I decaloghi spezzati”, “Voci, fiamme, salti nel buio”.

Dice Maurizio Cucchi dell’evento: “Il 26 ottobre, alla Casa della Cultura di Milano, è in programma la presentazione, alla presenza di quattro autori e del curatore delle edizioni, dei libri di poesia di Stampa2009. Si tratta dei volumi della “Collana”, inaugurata nel 1999 da Giancarlo Majorino, e delle plaquettes “Quaderni della Collana”. Promotore dell’iniziativa, con l’attuale editore Marco Borroni, era stato il poeta Mauro Maconi, scomparso prematuramente vent’anni fa. A lui è stato dedicato un premio letterario e Stampa2009 ha pubblicato quest’anno un libro fuori commercio per ricordarlo, con testi di vincitori del premio e testimonianze di poeti che ebbero modo di incontrarlo e apprezzarlo”. Continua a leggere

Giulia Napoleone, “Il segno e la poesia”

Giulia Napoleone. Galleria IL PONTE, anteprima mostra “nero di china”, Firenze, 18 gennaio 2020. Credits photo, Fabrizio Fantoni

COMUNICATO STAMPA
Biblioteca cantonale di Lugano
Giovedì 27 maggio 2021
Ore 18.00
Inaugurazione della mostra:
Il segno e la poesia.
25 libri d’artista di Giulia Napoleone
___________

Da tempo un legame di amicizia lega la Biblioteca cantonale di Lugano a Giulia Napoleone. L’artista è già stata infatti ospitata in passato in questi spazi con alcune opere. Del resto, col suo lavoro di meditazione sulla pagina scritta e sulla parola, si pone in linea perfetta con le scelte espositive dell’istituto che, negli ultimi anni, mirano a indagare questo particolare aspetto della creatività.

Da queste considerazioni è nato il desiderio di collaborare in vista della realizzazione di una mostra.

Giulia Napoleone ha così appositamente creato per la Biblioteca
cantonale di Lugano 25 libri d’artista.

Giulia ha scelto una serie di poeti, inserendo in queste nuove meditazioni molti dei suoi consueti compagni di viaggio e numerosi altri amici, tra cui diversi ticinesi: Adonis, Annelisa Alleva, Antonella Anedda, Marco Caporali, Maria Clelia Cardona, Massimo Daviddi, Roberto Deidier, Milo De Angelis, Biancamaria Frabotta, Gilberto Isella, Maria Gabriela Llansol, Fabio Merlini, Pietro Montorfani, Alberto Nessi, Elio Pecora, Yves Peyré, Giancarlo Pontiggia, Fabio Pusterla, Roberto Rossi Precerutti, Rocco Scotellaro, Luigia Sorrentino, Brunello Tirozzi, Maria Rosaria Valentini, Marco Vitale, Simone Zafferani.

Sono nati così gli splendidi libri d’artista esposti a Lugano per la prima volta, una collezione di opere che si distinguono per varietà di formato e soggetti, la cui unicità risiede principalmente nel fatto che Giulia Napoleone non ha soltanto realizzato le immagini, ma ha anche composto le pagine, individuato e trascritto i versi, scelto con cura gli elementi fisici – carta, matite, inchiostri… – che dovevano accompagnarla in questo lavoro. Continua a leggere

Una poesia inedita di Biancamaria Frabotta

Biancamaria Frabotta credits ph Dino Ignani

L’ASSENZA 

di Biancamaria Frabotta

In una buia alba di vento
ho rimesso al mondo i morti
sognando a occhi chiusi
come è giusto che sia.
L’assenza unisce e disunisce
avvicina e divide ai vivi i risorti.
Di questa sacrosanta finzione
Ridevamo di gusto, mirabile irreale.
Capirete. Dall’alto qualcuno attende
una parola. Altro miracolo non conosco.
Capirete. Non posso svegliarmi ora.
È un addio senza domani.
Ancora qualche minuto
La realtà può attendere.
Capirete. E non mi crederete. Continua a leggere

Carmelo Princiotta, “Dalla poesia mi aspetto una nuova musica relazionale”

Carmelo Princiotta, credits ph Dino Ignani

BISOGNA DI NUOVO IMPARARE A SCRIVERE?
DI CARMELO PRINCIOTTA

Non so come sarà la poesia dopo il Covid. Non so nemmeno come sarà la nostra vita. Che cosa davvero significherà questo dopo, se ci sarà un dopo inteso come discontinuità oppure no. So che la poesia è costellata di molti dopo, sia storici che letterari: dopo la guerra, dopo Auschwitz, dopo Montale, dopo i Novissimi, dopo il ’68. E che ogni poeta ha declinato il suo dopo nei modi più vari, vivendolo volta per volta come nostalgia, ebbrezza o esaurimento. La percezione di un dopo ha spesso autorizzato il ricorso a categorie come quelle di postumità e postremità, che in futuro verranno forse trattate così come noi oggi trattiamo per lo più le decadenze e i decadentismi, perché sappiamo quante cose terribili e straordinarie sarebbero venute dopo. Più di recente, all’insistenza sul dopo, spesso avvertito come cappa, ipoteca, impossibilità, si è sostituita, negli studi letterari, l’attenzione all’oltre, non necessariamente secondo la logica del superamento, ma certo in quella dell’oltrepassamento, o, se vogliamo, di un ricominciamento che abbia coscienza non della fine, ma di una fine, forse intermittente.

«Bisogna di nuovo imparare a vivere» recita un verso di Anna Achmatova che Biancamaria Frabotta ha inserito ne La materia prima, il libro inedito con cui si chiudeva nel 2018 il suo Tutte le poesie 1971-2017: La materia prima un’interrogazione acuminata e trepidante della senescenza, biologica, storica, cosmica, e insieme una ricognizione del fondamento ultimo del nostro stare al mondo, che oggi possiamo leggere come un libro profetico, per la sua insistenza sulle «cure primarie» (questo il titolo della prima sezione). La risorgenza e la penultimità si intrecciano in un continuo contrappunto, come Espero e Lucifero, il «pietoso pianeta» che segna sia la fine che l’inizio delle nostre giornate, con l’ambiguità che è tipica di Venere. Il contrappunto è la vitalità di una poesia cosciente della nostra ineluttabile (più che della propria eventuale) mortalità. Perché a Frabotta gli esseri umani interessano più delle poesie. E le poesie interessano per la loro relazione con l’umano. Questo è il punto del dopo-Covid. Continua a leggere

Mario Benedetti (1957 – 2020)

A due mesi dalla scomparsa di Mario Benedetti, poeta italiano, pubblichiamo alcune poesie di Benedetti tradotte in inglese da  Roberto Binetti. 

____

Da Moriremo guardati (1994)

Quanto s’incatina il cielo
che non è più fermo.
Mi perde la tranquilla tersità
già dell’estate.

Più non si sfugge
dalle vie calde di portici.
Al refrigerio murato
del fingersi sovrani
più non riporta
l’incarto rotto del pensiero.

***

When the sky’s bulging
to the point that is no longer still.
The calm terseness gets me lost
of the late summer.

No longer one could slip away
from the hot lanes of the colonnades.
No longer the cracked wrapping
of thought recalls
the walled relief
from faking regality.

Da Umana gloria (2004)

È stato un grande sogno vivere
e vero sempre, doloroso e di gioia.
Sono venuti per il nostro riso,
per il pianto contro il tavolo e contro il lavoro nel campo.
Sono venuti per guardarci, ecco la meraviglia:
quello è un uomo, quelli sono tutti degli uomini.
Era l’ago per le sporte di paglia l’occhio limpido,
il ginocchio che premeva sull’erba
nella stampa con il bambino disegnato chiaro in un bel giorno,
il babbo morto, liscio e chiaro
come una piastrella pulita, come la mela nella guantiera.
Era arrivato un povero dalle sponde dei boschi e dietro del cielo
con le storie dei poveri che venivano sulle panche,
e io lo guardavo come potrebbero essere questi palazzi
con addosso i muri strappati delle case che non ci sono.

****

To live was a great dream
and real, always, painful and full of joy.
They came for our laughter,
for our tears burst against the table and the work in the fields.
They came to stare at us, here’s the miracle:
that is a man, those are all men.
He was the needle for the straw bags, the clear eye,
the knee pressing on the grass
in the etching with the clearly-drawn child in a clear day,
the dead father, smooth and clear
like a clean tile, an apple in a glove-box.
A poor man arrived from the woods’ banks and beneath the sky
with stories from other poor men that used to amass over the benches
and I was staring at him as I would stare at these buildings
with the ripped walls of the houses that do not stand anymore. Continua a leggere

Incontri poetici a Bologna

Sesta Edizione
Incontri poetici 
a cura di Guido Monti
Organizzazione Fondazione Palazzo Magnani
dal 21 giugno al 12 luglio
ore 21.30, Palazzo da Mosto

PROGRAMMA

MAURIZIO CUCCHI

VENERDI 21 GIUGNO

Maurizio Cucchi (Milano, 1945), poeta tra i più rappresentativi (premio Montale, premio Bagutta), traduttore, in dialogo con Alberto Bertoni, docente di Letteratura nell’Università di Bologna, presenta il suo ultimo libro Sindrome del distacco e tregua (Lo Specchio, Mondadori)

Giancarlo Pontiggia (Seregno, 1952), voce poetica tra le più seguite (premio Montale), fine saggista, traduttore, in dialogo con Gino Ruozzi, docente di Letteratura nell’Università di Bologna e collaboratore al domenicale de Il sole 24 ore, presenta la sua ultima raccolta Il moto delle cose (Lo Specchio, Mondadori)

PAUL MULDOON

GIOVEDÌ 27 GIUGNO

Paul Muldoon (Portadown, Irlanda del nord, 1951), uno dei maggiori poeti in lingua inglese, già editor per la poesia al «The New Yorker», in dialogo con Luca Guerneri (Ferrara, 1967), traduttore di saggistica, narrativa e poesia, presenta il suo libro Poesie (Mondadori). Continua a leggere

Come si può leggere una poesia

Biancamaria Frabotta, Credits photo Dino Ignani

di Carmelo Princiotta

Notte della memoria

Messi a tacere i testimoni scomodi
spente le gesta e le genti scampate
agli argini smossi, disseminati
monti d’abiti smessi, denti d’oro, pennini
e sciarpe e scarpe e più di cento spille
come quando s’empie il cielo di stelle…

Notte della memoria è una breve poesia apparsa ne La pianta del pane (Mondadori, 2003) e poi compresa in Tutte le poesie 1971-2017 (Mondadori, 2018) di Biancamaria Frabotta. Non tutte le poesie del libro sono titolate, quindi il titolo, se presente, ha un valore semantico importante e non una semplice funzione identificativa. Notte della memoria è il contrario di Giorno della Memoria. Perché questo titolo? Forse perché, mentre celebriamo il Giorno della memoria, in realtà viviamo la Notte della memoria. Notte della memoria è una poesia di preoccupazione testimoniale: nasce dal silenzio forzato dei testimoni (un silenzio dovuto a cause biologiche – i testimoni dei campi di annientamento non vivranno per sempre – o a responsabilità politiche e civili, come il negazionismo o la crisi di coscienza storica in cui versa l’Occidente). Questo non è detto. Vediamo come si comporta la poesia. Notte della memoria riprende uno dei pochi punti d’intensità di Auschwitz di Salvatore Quasimodo («e ombre infinite di piccole scarpe / e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie») e lo trasforma in una sigla autoriale (la paronomasia è un po’ la “firma” di Frabotta): la paronomasia scarpe/sciarpe è preceduta dalla paronomasia smossi/smessi e seguita dalla paronomasia spille/stelle, per di più esposta in chiusa come una para-rima (con un rilievo certo maggiore rispetto alla rima imperfetta scampate : disseminati). Non è un vezzo manieristico, come il gesto del pittore che si ritrae nei propri quadri, prestando il volto a un personaggio magari secondario, la creazione di un campo di tensione semantica. La metafora del titolo veicola un contenuto etico. Continua a leggere

Giulia Napoleone e la poesia

Giulia Napoleone, Rifrazioni 1, 1980

Comunicato stampa

Giulia Napoleone e la poesia
Letture dai libri d’artista

Interventi
Giuseppe Appella, Curatore della mostra
Paolo Mauri, Critico letterario
Franco Vitelli, Ordinario di letteratura italiana, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

Sarà presente l’artista

Venerdì 23 novembre 2018, ore 18.00
Sala delle Colonne
Ingresso libero

Venerdì 23 novembre 2018, alle ore 18.00, nella Sala delle Colonne, in occasione dell’antologica curata da Giuseppe Appella che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea dedica a Giulia Napoleone, i poeti che l’hanno accompagnata nel corso degli anni e, tra il 1974 e il 2017, hanno firmato con lei i libri d’artista prodotti da noti editori italiani e stranieri, si alterneranno nella lettura delle loro poesie, completando, in questo modo, quanto la mostra accoglie e rende visibile.

Annelisa Alleva, Antonella Anedda, Primerio Bellomo, Marco Caporali, Maria Clelia Cardona, Francesco Dalessandro, Roberto Deidier, Paolo Febbraro, Biancamaria Frabotta, Rita Iacomino, Valerio Magrelli, Gabriella Pace, Elio Pecora, Rosa Pierno, Fabio Pusterla, Silvana Sinisi, Luigia Sorrentino, Brunello Tirozzi, Alberto Toni, Marco Vitale, Domenico Vuoto, Simone Zafferani hanno scelto “i versi che più mettono in evidenza la capacità di Giulia a raggiungere, senza mai farsi illustrazione, una nuova visione proprio attraverso la poesia che, a sua volta, non accompagna solo l’opera grafica ma ne potenzia le possibilità espressive e di comprensione, quindi il dialogo. L’una e l’altra sottolineano sempre l’importanza dell’immaginazione che, attraverso le forme, la luce, i colori fatti parola e viceversa, ferma l’incanto del silenzio, gli spazi nascosti tra un verso e un segno, un campo bianco e un brulichio di punti neri”. (Giuseppe Appella) Continua a leggere

Alberto Bertoni, ZANDRI (Ceneri)

Alberto Bertoni a Poesia Festival / photo© Serena Campanini

Per la prima volta Alberto Bertoni in quest’opera (Book Editore, 2018) sperimenta in poesia interamente la lingua dialettale modenese. Un’opera raffinata, uscita nella collana  diretta da Nina Nasilli. Il poeta si concede per la prima volta e  in modo naturale alla lingua madre della sua terra d’origine. La postilla è di Fabio Marri.

Continua a leggere

Biancamaria Frabotta, l’equilibrio del linguaggio


Oggi, 20 marzo 2018, esce nelle librerie italiane la raccolta “Tutte le poesie”, 1971-2017 di Biancamaria Frabotta (Mondadori, 2018). Le poesie accompagnate dal commento nel risvolto di Maurizio Cucchi, raccolgono in unico volume il percorso poetico di una delle poetesse più durature e rilevanti della poesia contemporanea. “Una vicenda poetica, quella di Biancamaria Frabotta, che – come scrive Cucchi – si muove, sempre in pieno equilibrio di linguaggio e toni, alla ricerca, anche, della meraviglia semplice, nella felice perlustrazione, sempre più fitta, dell’apparentemente minimo o marginale.”

da La testa leggera

Mio marito ha un cuore generoso
come quel Dio che dona il primo verso.
La notte a sé non tira le coperte
sul petto non mi pungono i suoi peli
e al risveglio vorrebbe unirsi al coro
anonimo che sole e fame assillano.
Mio marito diffida delle ore scure
e al suo cospetto io mi vergogno.
E anche di vergognarmi mi vergogno.
Mio marito diffida delle cose oscure.
Così, per amor suo, io cambierò stile
e per lui terrò in serbo cose chiare.

Continua a leggere

Biancamaria Frabotta

Biancamaria Frabotta Credits ph. Dino Ignani


Fronte retro

La tua anima – insisteva
come se io ne avessi
una, una sola, blindata
in un sicuro abitacolo.
E il corpo è così mutevole!
Dammi – tempestava – spazio
come se l’Io splendidamente
ne disponesse, dimmi se annusi
del tempo l’odore. Sensazioni
obsolete, imperanti.
Distonìa del vivente
un corpo corruttibile
aporìa del credente
la resurrezione dei corpi.

** Continua a leggere

Il libro degli allievi di Biancamaria Frabotta

Biancamaria Frabotta

Il libro degli allievi di Biancamaria Frabotta, funziona come un piccolo archivio storico meteoclimatico; un atlante di eventi e temperature registrati, nel corso di decenni, lì dove continuano a incontrarsi le stesse coordinate. Le flessioni e i climi qui rubricati si sono verificati su un’identica, tenace, geografia: tutti, sulla stessa mappa, abbiamo raccontato la medesima stagione: quasi quarant’anni di innamoramenti lirici, passioni civili, piani di studio, versi, lettere, chiacchiere e tesi di laurea.
Continua a leggere

Brunello Tirozzi, “Versi in corsa”

Brunello Tirozzi (Foto di Dino Ignani)

Brunello Tirozzi (Foto di Dino Ignani)

 

Venerdì 27 gennaio 2017 alle ore 18:00  Fabrizio Fantoni e Giorgio Ghiotti presentano Brunello TirozziVersi in corsa (Empiria 2016)disegni di Giulia Napoleone. Dialogo finale con Maria Grazia Calandrone.

Edizioni Empiria – Libreria  – via Baccina 79 – 00184  Roma

Continua a leggere

Emily Dickinson & Sacha Piersanti

sacha_piersantiNota di Sacha Piersanti

I testi di Emily Dickinson e da me tradotti sono tratti dal libro Emily Dickinson, Poesie, Milano, Garzanti, 2002, a cura di Sonia Giorgi, con un’Introduzione di Paola Zaccaria e una nota di Marisa Bulgheroni.

Ogni espressione umana che voglia dirsi artistica deve necessariamente fondarsi sulla consapevolezza che “forma” e “contenuto” sono due facce, sì, di una stessa medaglia, ma còlta al volo nel momento di massima rotazione: l’una è nell’altro, l’altro è nell’una – scissione vera non è data. E, se questo è vero per ogni scrittore, per ogni poeta, per la poesia di Emily Dickinson lo è ancora di più. Il traduttore dovrà allora tenerne conto, e fare di tutto perché la “forma” e il “contenuto” del testo di partenza restino compatti, avvinghiati, anche nel testo d’arrivo: rime, assonanze, allitterazioni, virate d’accento e accelerazioni sillabiche, sono la sostanza di cui si nutrono le pacate, ma potentissime, liriche di Dickinson, sostanza che non può, non deve perdersi nella traduzione.

Continua a leggere

Giornata di studi su Elio Pecora

elio_pecora_biblioteca

The Anthology of Contemporary Italian Poetry

buffoni_antologia

Nota di Luigia Sorrentino

In Anteprima segnalo l’uscita di “Italian Contemporary Poets“, a cura di Franco Buffoni (FUIS, 2016) la prima antologia di poeti  italiani contemporanei ideata e realizzata in Italia per i lettori la cui lingua madre, o seconda lingua, è l’inglese.  Essa è destinata alla circolazione internazionale come facile strumento per la diffusione del pensiero poetico italiano. Da qui la scelta del curatore di selezionare solo quaranta poeti e di pubblicare le poesie e le biografie interamente in lingua inglese e senza testo a fronte. Quaranta poeti viventi pienamente attivi sulla scena italiana degli ultimi anni. Continua a leggere

Per Valentino Zeichen

13603583_10153554880541510_6979764106509717033_o

foto di ELISABETTA CATALANO

di Biancamaria Frabotta

Man mano che i giorni passano dalla sua morte annunciata eppure da tutti percepita come improvvisa gli amici di Valentino Zeichen ne sentono la mancanza. Continua a leggere

Allestita la camera ardente per Valentino Zeichen

zeichen_jpgrtkfei8butChiunque voglia rendere omaggio e il proprio saluto al poeta Valentino Zeichen, può raggiungere l’Ospedale Santa Lucia in Via Ardeatina 306, a Roma, dove è stata allestita la camera ardente.

Le visite sono consentite dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00 di oggi, 6 luglio e domani, 7 luglio, dalle 8:00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00.

I funerali di Valentino Zeichen si terranno venerdì 8 luglio alle 11.00 alla Chiesa di Santa Maria del Popolo, a Piazza del Popolo.

ADDIO, VALENTINO
di Giulio Ferroni

C’è stato sempre qualcosa di aereo, di inafferrabile nella poesia e nella vita di Valentino: una frequentazione della marginalità senza il mito, la retorica, la rivendicazione della marginalità; una passione dell’eleganza, senza il riflesso borghese e il sussiego economico dell’eleganza. La sua poesia e la sua vita si sono dispiegate sempre in un’attenzione a tutto l’essere del mondo, alle occorrenze del quotidiano, alle forme della cultura, delle scienze e delle arti, all’universo della comunicazione, a tutto ciò che attraversa la scena del presente, ai suoi orizzonti storici e geopolitici: di tutto questo egli ha inseguito i molteplici volti, proiettandoli in infiniti punti di fuga, sentendone tutto il rilievo e l’urgenza e nel contempo la sostanza aerea, sfuggente, l’indefinita evanescenza. In fondo ha sempre guardato a questa scena del mondo, come da un suo inafferrabile altrove: presente e altrove è la sua Roma il cui cuore continuava a percorrere, in una sottile auscultazione del respiro delle sue pietre e dei suoi giardini, del suo dispiegato apparire, della sua trasandata bellezza. Continua a leggere

I cinque Finalisti del Premio Poesia Città di Fiumicino 2016

PORTO_CLAUDIO (1)

La Giuria Tecnica del “Premio Poesia Città di Fiumicino” – composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino, Emanuele Trevi, Valentino Zeichen – ha selezionato i libri finalisti e i vincitori delle sezioni “Premio alla carriera”, “Premio opera prima”, “Premio poesia inedita”, “Premio studenti”.

Continua a leggere

“Nuovi argomenti” su Amelia Rosselli

foto di DINO IGNANI

Lunedì dalle ore 17:00 alla  Casa delle Letterature di Roma (Piazza dell’Orologio, 3) presentazione dell’ultimo numero di “Nuovi Argomenti” su Amelia Rosselli con Dacia Maraini, Biancamaria Frabotta, Roberto Deidier e Maria Borio. Continua a leggere

Biancamaria Frabotta compie 70 anni

biancamaria_frabotta_dinoignaniBIANCAMARIA FRABOTTA NELLA FOTO DI DINO IGNANI

In occasione del settantesimo compleanno di Biancamaria Frabotta, sabato 11 giugno 2016, a partire dalle 18:00, a Roma, presso Empiria, Paolo Di Paolo presenta “RISATELLE” (ed. Empiria, 2016) di BIANCAMARIA FRABOTTA & BRUNELLO TIROZZI. Il libro è stato realizzato con i Collages originali di Bruno Conte.
Alla chitarra Simone Nebbia. Continua a leggere

Omaggio poetico ad Amelia Rosselli a vent’anni dalla scomparsa

amelia_rosselli_ignaniAmelia Rosselli, nella foto di Dino Ignani

“Io sono come voi quel che non sapeste”

Lunedì 6 giugno 2016, alle 17.00, presso il foyer del Teatro Valle a Roma (Via del Teatro Valle, 21) la Federazione Unitaria Italiana Scrittori terrà un incontro-reading in ricordo di Amelia Rosselli, la più importante poetessa italiana del secondo Novecento. Continua a leggere

Biancamaria Frabotta

 

Foto di Pasquale Comegna

Foto di Pasquale Comegna

AUTORITRATTO
Da un’idea di Luigia Sorrentino
A cura di Fabrizio Fantoni
___

Autoritratto al buio

di Biancamaria Frabotta

L’11 giugno del 2004 è nato mio nipote Luca, cui auguro di non assomigliarmi troppo, dato che lo stesso giorno del 1946 sono nata anch’io. Non so se possa vantare coincidenze più illustri di questa. Il mio compleanno ora è il suo, in cui mi annido, come una quieta seguace della sua infanzia non finita. Alla “vera vecchiaia”, diceva Caproni, ci si arriva solo dopo la “vecchiaia” pura e semplice. Nella prima forse me ne starò rintanata, attonita, magari mi capiterà di scrivere poesie atonali, senza troppe storie e rigurgiti dell’amore e dell’ira che non distinguono vita da poesia, ritmi da carattere, sonni da risvegli. L’altra vecchiaia, quella appena sopraggiunta, riconoscibile nei capelli come sono, nella pelle com’è, nelle ossa ringiovanite dalle protesi, la nostalgia è di casa. E’ arrivata e se ne andrà prima che io possa abituarmici . Continua a leggere

Brunello Tirozzi, il fisico poeta

Brunello Tirozzi  (Foto di Dino Ignani)

Brunello Tirozzi (Foto di Dino Ignani)

Fisico son non della California/non prendo mai una sbornia/ sulla scienza ho un orecchio/ me ne occupo parecchio/son nato a Roma durante l’occupazione/quando sono andato in pensione/mi hanno fatto un’ovazione/ adesso penso alla fusione/ho fatto cento e più pubblicazioni/ ho visitato molte nazioni/ studio i sistemi di neuroni/agli tsunami mi son dedicato/ e uno l’ho simulato/Biancamaria Frabotta ho sposato. Continua a leggere