Jonathan Galassi, “La musa”

 

galassi
Jonathan Galassi
è editore, poeta e traduttore di fama internazionale. Ha studiato ad Harvard con poeti come Elizabeth Bishop e Robert Lowell e ha pubblicato per la casa editrice della quale è Presidente, la Farrar, Straus and Giroux, molti romanzi e raccolte di poesie di autori noti, come Jonathan Franzen, Jeffrey Eugenides, Marilynne Robinson, tanto per fare alcuni esempi, scoprendo dei veri talenti.

Con “La Musa” (Titolo originale “Muse”, Knopf, 2015) uscito in Italia con Ugo Guanda Editore, tradotto da Silvia Pareschi, Galassi debutta come narratore. Una scelta importante, che lo colloca dalla parte dell’Autore, di colui che scrive “la sua storia”.

 

Intervista a Jonathan Galassi
di Luigia Sorrentino
Roma, 18 dicembre 2015

 


Galassi, che effetto le fa stare dall’alta parte, quella dello scrittore
?

Ho sempre scritto poesia e traduzioni con la mia mano sinistra, per così dire. Ma alla mia età ho pensato: ora o mai più. E mi sono voluto lanciare in questa sfida, per vedere se ero in grado di fare qualcosa da solo, anche se qualcosa di modesto, in un genere su cui avevo già lavorato molto con numerosi scrittori che amo.

 

Il suo primo romanzo, “La Musa”, come lei stesso anticipa nel Prologo, racconta una storia d’amore, cominciata in un tempo – gli anni Cinquanta – in cui gli uomini erano uomini, le donne erano donne e i libri erano libri. Ma annuncia anche un “paradosso” perché dice all’opposto, che il romanzo non è una storia d’amore, perché essere innamorati produce una sofferenza terribile, addirittura essere innamorati per lei è la condizione meno “produttiva” in assoluto.

Secondo lei l’amore è un paradosso?

Assolutamente, sì! Il libro inizia negli anni Cinquanta, risale ai veri “bei vecchi tempi”. Tutti noi amiamo l’Epoca d’Oro che ci siamo lasciati alle spalle. Il paradosso è il nostro amore che ci impedisce spesso di vedere le cose con chiarezza e di agire in modo efficace. E il paradosso è tenero, triste e divertente al tempo stesso. La miseria umana è molto buffa, sempre che non sia la nostra.

 

Il protagonista di “La Musa” è Paul Dukach, direttore di Purcell & Stern, una casa editrice indipendente che non ha una buona reputazione… Dall’altra parte vi è un’altra casa editrice, Impetus, molto famosa per aver scoperto scrittori di grande talento , tra i quali la più famosa poetessa del secolo, Ida Perkins. Come vedremo, il successo editoriale, alla fine, lo raggiunge Paul Dukach, scoprendo il segreto di Ida Perkins.

Qual è il legame tra questi due personaggi nella realtà e nella finzione?

Purcell & Stern ha un’ottima reputazione – “piccola e povera” – di alta qualità ma priva  di fondi. Ma in realtà è più concreta della più raffinata Impetus. Queste due case editrici somigliano molto alle case editrici americane odierne. Rappresentano il giovane accolito desideroso di imparare e la grande diva poetica, due venerande tipologie  letterarie.

GalassiGuandaUn altro aspetto, non meno rilevante riguarda l’orientamento sessuale dei due personaggi, Paul e Ida. Il primo è gay, l’altra è lesbica. E come se attraverso il romanzo, dal tono ironico, satirico e anche autobiografico, lei affermasse qualcosa di molto preciso sul riconoscimento della propria identità : da essa dipende tutta la nostra vita, anche il successo… e questo glielo rivela la poesia… E’ così?

C’è dell’ironia nell’identità sessuale dei personaggi. Le persone che loro amano veramente non godono del consenso del resto del mondo. Sono “persone che condividono qualcosa in segreto”, come se cercassero una vita e dei sentimenti alternative. Ida non è solo lesbica. Ha avuto molti amanti, molti mariti. È polimorfa. Ciò che vale per entrambi è che nessuno dei due rientra in categorie sociali prestabilite. Vanno al di là delle definizioni limitate, proprio come la letteratura.


Ida Perkins è quasi una controfigura di Paul, è lei che svela a Paul il sapere e questo spiega anche il titolo: “La Musa”: la madre di tutte le muse è Mnemosine, una memoria femminile e saffica… è Ida Perkins a rivelare a Paul il segreto di biografia e successo?

 

Paul è sempre stato ossessionato da Ida e dall’immagine che ha di lei, forse un po’ semplicistica, e che poi si rivela diversa dalla realtà. È più complicata, meno ideale e più dimensionale. Paul cresce man mano che si rende conto di chi sia veramente Ida. Per lui è un’esperienza liberatoria.

 

Colpiscono il lettore le prime parole del romanzo, dal tono provocatorio, sarcastico: “Maledetti contadini!”, traduce Silvia Pareschi. Ma in inglese, la parola “maledetti” è molto, molto più forte… (omissis).
Chi sono i contadini? Quali sono le loro colpe?

 

Il famoso brindisi di Homer Stern è tipico del personaggio – osceno, carico di umorismo, un po’ crudele e forse sprezzante di chiunque non faccia parte della sua squadra. I “contadini” sono tutti coloro che non sono dalla sua parte.

 

Un altro aspetto interessante del libro, lo troviamo quando Paul fa comprendere al lettore quali sono i requisiti caratteriali degli scrittori: insopportabili narcisisti, pedanti, dispotici, competitivi… ma poi Paul riconosce in essi, delle figure “divine”, e questo nessuno può saperlo meglio di un editore. Lei come autore, corrisponde a questi requisiti?

 

Non saprei dirlo. Dovrebbe chiedere al mio editore. Ma lei spesso mi dice “che autore che sei” – e so che non è un complimento! gli autori sono esseri umani molto impegnati su se stessi, forse. Abbassano la guardia per immergersi nella psiche ed indagarla. Hanno bisogno di farlo e noi abbiamo bisogno di loro. Ma si tratta di un’operazione narcisistica per definizione.

 

 

Lei nel romanzo attraverso il personaggio di Paul è talvolta molto sarcastico nei confronti della grande editoria statunitense. Crede che abbiano maggiore valore le case editrici indipendenti?

Nel mondo dell’editoria, ciò che conta veramente secondo me, è quanto l’editore riesce a comprendere l’opera dell’autore. Credo che si tratti di uno scambio di persona che non ha nulla a che fare con la sovrastruttura di una casa editrice.

 

museCon “La Musa” pone anche una questione etica: chi entra nel mondo dell’editoria e deve decidere se pubblicare o no un determinato poeta, un certo romanziere, deve avere l’entusiasmo, ma anche la consapevolezza che una scelta editoriale può indirizzare i gusti del pubblico … talvolta anche sfavorevolmente? E allora, come dovrebbe essere un buon editore?

 

Un editore deve avere gusto. Pochi editori sono infallibili, ma è necessario avere un punto di vista, difendere qualcosa, credere in qualcosa. Sarà il tempo a dire quanto abbiamo compreso le opere contemporanee.

Di quale struttura psicologica deve dotarsi un autore, soprattutto quando il suo lavoro non è compreso, è sottostimato da una casa editrice che, per esempio, decide di non pubblicare la sua opera?

 

Questa è una delle cose più difficili. Uno scrittore deve munirsi di una bella corazza. Deve trovare un equilibrio tra la fiducia assoluta nel proprio progetto e una  comprensione razionale dei suoi meriti e dei suoi difetti. È molto difficile da raggiungere. Gli scrittori sono giustamente e profondamente vulnerabili all’indifferenza del mondo. A proteggerli c’è solo la loro ardente  necessità di scrivere.


Pubblicare con un piccolo editore o con un grande editore. Quali sono le differenze? Cioè la notorietà arriva soltanto da una grande casa editrice, o pensa che questo sia irrilevante e che il valore dell’opera letteraria dipenda da altri fattori?

 

L’editoria commerciale ha un sistema commerciale elaborato ed articolato – che permette l’accesso a potenziali lettori, ma non garantisce né un successo di critica e né un successo commerciale. Io credo che alla fine, una grande opera riesce a trovare la sua strada per raggiungere i lettori, ma potrebbe volerci molto tempo, se lo scrittore non ha il giusto aiuto e una certa dose di fortuna.

 

jonathan-galassiCrede che gli scrittori che contano oggi, abbiano ancora uno scarso successo commerciale? Chi sono questi scrittori?

 

Dipende. Gli scrittori in voga oggi, potrebbero cadere nell’oblio domani. Ma non possiamo preoccuparci di questo. Come diceva un grande critico: sono i poeti di domani a decidere dei poeti di oggi.

 

Quali sono oggi gli scrittori e i poeti che bisogna leggere necessariamente? E esistono indicazioni anche su quelli di domani?

 

La risposta è diversa per ognuno di noi. Non c’è una lista valida per tutti. La letteratura è in continua evoluzione: è un arbusto, non un albero. Devi esplorare, trovare scrittori con cui parlare, scavare in profondità nella loro opera e nelle loro aspirazioni.

 

 

A me sembra, in conclusione, che questo suo romanzo sia importante per due ragioni fondamentali. La prima: è rivolto al mondo dell’editoria, ma anche a quello della poesia. Lei in realtà ci dice da subito, già dal titolo, che Ida Perkins incarna lo spirito della Letteratura. La poesia, che però ha un limite commerciale, pur essendo come lei ha altrove affermato “Letteratura nella sua massima concentrazione”.  Crede che la grande editoria dovrebbe investire di più sulla poesia?

 

Credo sia impossibile separare la finzione dalla poesia; sono due facce della stessa medaglia. Una casa editrice che non lo capisce non riesce ad entrare in sintonia con lo spirito dei tempi. Questa è proprio la sfida e il compito dell’editore che deve arrivare a questa identificazione e portarla avanti. E’ semplice e anche oggi i grandi editori ne sono coscienti.

(Traduzione di Letizia Tesorini)

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