di Monica Acito
Ci sono esistenze che sono perle, luminose e selvagge al tempo stesso. Perle che la vita si passa tra le mani, accarezzandole e sgranandole come rosari, fino a lanciarle al di là del confine stabilito da tutte le leggi del mondo.
L’esistenza di Antonia Pozzi è stata come una perla dalla bellezza ingenua e brutale, quasi infantile. La sua storia è sempre stata con me, fin da quando ero piccola: la figura di questa ragazza, per sempre giovane e intrappolata nel suo dolcissimo ricordo, è qualcosa che da sempre mi affascina e terrorizza.
La sua vita è durata solo ventisei anni: nei ricordi di tutti, Pozzi sarà sempre ragazza, anche se con le sue parole è riuscita ad attraversare tutte le stagioni della vita. Bambina, adulta, fanciulla, vecchia: la voce di Antonia Pozzi ha molto da insegnare anche a chi non scrive soltanto poesia.
La sua è una voce spaventosamente limpida, isolata e solitaria nel panorama letterario del Novecento.
Una fiammella conturbante che continua a brillare negli anni, perché l’esperienza di Antonia Pozzi è qualcosa che non può prescindere dalla sua stessa vita, che è essa stessa un pezzo di poesia. Non possiamo pensare al suo profilo senza partire dalla fine, che contiene e ingloba tutte le movenze di questa giovinezza che non trova scampo.
Quel giorno del 3 dicembre 1938 c’era la neve: il freddo pungeva sulla pelle e deve anche aver pizzicato le guance di Antonia, che aveva deciso di prendere la bicicletta e costeggiare i campi intorno all’abbazia di Chiaravalle, alle porte di Milano.
La neve quel giorno era eterea e silenziosa, più del solito: la neve di dicembre era il manto perfetto per ricoprire le guance, il corpo e la vita di una ragazza di ventisei anni. Antonia Pozzi, il 3 dicembre 1938, salutava la vita terrena nel bianco della neve, mentre un piccolo rigagnolo le scorreva vicino, raccogliendo nell’acqua l’ultimo respiro di un’anima viscerale e disperata.
Milano, 3 marzo 1931
[…]
Sfocia così il tumulto
d’ogni mio male
nel riposo di un’estasi
senza confine
e l’anima ritrova la sua pace,
come un folle balzo di acque
che si plachi, incontrando
la suprema quiete del mare.
(Nel duomo, Antonia Pozzi, Tutte le opere, Garzanti) Continua a leggere