Eugenio Montale, quarant’anni fa Nobel per la Letteratura

eugenio-montaleGiovedì 10 marzo 2016 (ore 17.45)
Galleria del Primaticcio di Palazzo Firenze Sede Centrale della Società Dante Alighieri, Piazza Firenze 27, Roma

“(..) per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni. (..)”

Eugenio Montale (I limoni, da: “Ossi di seppia”)

Il Parco Letterario® Eugenio Montale e delle Cinque Terre alla Società Dante Alighieri

“Gente, vino e rocce delle Cinque Terre”

In occasione dei 40 anni dal Nobel per la Letteratura a Eugenio Montale, il Parco Nazionale delle Cinque Terre e la Società Dante Alighieri hanno istituito con il Comune di Monterosso il Parco Letterario® Eugenio Montale e delle Cinque Terre. Continua a leggere

Montale, “Voce giunta con le folaghe”

montaleEugenio Montale scrive “Voce giunta con le folaghe” nel 1947. La poesia fa parte della raccolta “La bufera e altro” pubblicata nel 1956 con l’editore Neri Pozza e con Mondadori, l’anno successivo.
I luoghi di “Voce giunta con le folaghe” sono le Cinque Terre. Il poeta si reca sulla tomba del padre, nel cimitero di Monterosso.
Voi:  “Eccoti fuor dal buio che ti teneva, padre”, “erto ai barbagli, senza scialle e berretto“.

Il particolare assordante di questi versi, letti da Luigia Sorrentino, è determinato proprio dal perenne moto circolare che compiono le due ombre, l’una nell’altra. L’ombra del poeta sulla tomba, non ha più peso dell’altra ombra. L’ombra è fidata, è il muto che risorge, che scorpora l’interno fuoco. E’ poesia religiosa, sembra uscita da una scrittura solenne e sacra: “L’una forse / ritroverà la forma in cui bruciava amor di Chi la mosse e non di sé /”, amor di Chi la mosse è l’amore divino, del Dio che ha generato l’ombra. Quale delle due ombre torna a bruciare nell’amore di Dio? Non è dato saperlo. Sappiamo che l’ombra è viva, mentre l’altra è riluttante, ma le due ombre sono insieme, l’una nell’altra. Si può pensare che entrambe tornino nella luce di Chi le ha generate dopo aver abitato il vuoto, fino al tempo del colmarsi, del ritrovarsi.