Andrea Camilleri, “Lo scatto del ricordo”

Lo scrittore Andrea Camilleri durante la presentazione dello spettacolo ‘Festa di Famiglia’ al teatro India di Roma, 28 settembre 2009.
ANSA / GUIDO MONTANI

PER ANDREA CAMILLERI
(6 settembre 1925, Porto Empedocle – 17 luglio 2019, Roma)

di Luigia Sorrentino

Conobbi a Roma Andrea Camilleri nel periodo in cui era titolare della cattedra di regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica nel 1991. Mi fu presentato da un’amica, Lucia Panaro, che avevo conosciuto a Milano alle prove di ammissione di “regia” al Piccolo Teatro di Giorgio Strehler. Lucia nel frattempo era entrata in Accademia e aveva studiato con Camilleri del quale era diventata amica. Me ne parlava spesso, mi diceva che voleva farmelo conoscere perché avevamo una passione in comune, la poesia. Ricordo perfettamente la mattina in cui incontrai per la prima volta Camilleri a Roma, proprio davanti l’Accademia. Entrammo in un bar per prendere un caffè, quando, all’improvviso, dopo le presentazioni, ebbe inizio fra me e lui una tenzone sui versi di Eugenio Montale: “ E dai” mi disse, “facciamo una gara e vediamo chi vince!” Continua a leggere

Montale, “Voce giunta con le folaghe”

montaleEugenio Montale scrive “Voce giunta con le folaghe” nel 1947. La poesia fa parte della raccolta “La bufera e altro” pubblicata nel 1956 con l’editore Neri Pozza e con Mondadori, l’anno successivo.
I luoghi di “Voce giunta con le folaghe” sono le Cinque Terre. Il poeta si reca sulla tomba del padre, nel cimitero di Monterosso.
Voi:  “Eccoti fuor dal buio che ti teneva, padre”, “erto ai barbagli, senza scialle e berretto“.

Il particolare assordante di questi versi, letti da Luigia Sorrentino, è determinato proprio dal perenne moto circolare che compiono le due ombre, l’una nell’altra. L’ombra del poeta sulla tomba, non ha più peso dell’altra ombra. L’ombra è fidata, è il muto che risorge, che scorpora l’interno fuoco. E’ poesia religiosa, sembra uscita da una scrittura solenne e sacra: “L’una forse / ritroverà la forma in cui bruciava amor di Chi la mosse e non di sé /”, amor di Chi la mosse è l’amore divino, del Dio che ha generato l’ombra. Quale delle due ombre torna a bruciare nell’amore di Dio? Non è dato saperlo. Sappiamo che l’ombra è viva, mentre l’altra è riluttante, ma le due ombre sono insieme, l’una nell’altra. Si può pensare che entrambe tornino nella luce di Chi le ha generate dopo aver abitato il vuoto, fino al tempo del colmarsi, del ritrovarsi.