Alle radici dell’ identità

C  O  M  U  N  I  C  A  T  O    S  T  A  M  P  A

Torna anche quest’anno il Festival – organizzato dal Consorzio per il Festival della Memoria di Mirandola, con la collaborazione della casa editrice Einaudi – l’edizione intermedia del Memoria Festival, e dà appuntamento a Mirandola da venerdì 31 maggio a domenica 2 giugno 2019 per incontri, spettacoli e approfondimenti dedicati al tema dell’Identità. A riprova dello stretto legame con il territorio e della predilezione per allestimenti suggestivi che conferiscano nuova vita e significato a luoghi della città già ricchi di storia, tutti gli appuntamenti del Festival si svolgono presso il Parco Piazza Matteotti, già sede della Cassa di Risparmio di Mirandola di piazza Matteotti.

L’identità di ciascuno di noi, come quella di popoli, nazioni e appartenenze, è senza dubbio figlia della memoria: i ricordi individuali, il passato collettivo, le tradizioni di pensiero e dei costumi, i miti fondatori, sono tutti tasselli indispensabili per completarne il mosaico. La formula più concentrata del pro-memoria offre quindi un filo conduttore che filosofi e scienziati, storici e scrittori, giornalisti e critici letterari possono seguire spaziando nel tempo e negli argomenti. Così, dopo l’inaugurazione di venerdì 31 maggio (alle 16.30), si entra nel vivo con un ricordo di Leonardo Sciascia a trent’anni dalla scomparsa, attraverso la testimonianza del suo amico e biografo Matteo Collura in dialogo con Mario Patanè (alle 17) e con lo storico Alberto Melloni e l’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi che riflettono sull’identità religiosa (alle 19), per chiudere in serata con la proiezione, in prima visione assoluta, del film Le monde de Sorrentino (idea di Jean Antoine Gili, regia di Sandra Marti e Emmanuel Barnault; alle 21.30), accompagnata dal dialogo tra lo storico e critico cinematografico Gian Piero Brunetta e il collega francese Jean Antoine Gili. Sabato 1 giugno, il filologo Maurizio Bettini, in dialogo con Ernesto Franco (alle 11), segue le tracce del concetto di “umanità” nella cultura antica, sulla base di ciò che oggi definiamo “diritti umani”, lo psicobiologo Alberto Oliverio e Patrizia Campolongo, docente di Farmacologia all’Università La Sapienza di Roma, sono impegnati ad analizzare il rapporto fra l’io e i ricordi (alle 15), Gian Piero Brunetta dialoga con la regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi raccontando al pubblico Il cinema che ho incontrato, amato e vissuto (alle 16.30) e la scrittrice e critica letteraria Nadia Fusini ripercorre, insieme all’antropologo Marino Niola, la storia dell’identità in amore, da Giulietta a Don Giovanni (alle 17.30). La sera, invece, il critico musicale Sandro Cappelletto dialoga con i cantanti, compositori e polistrumentisti siciliani Enzo e Lorenzo Mancuso (alle 19) i quali, a seguire (alle 21.30), invitano il pubblico nella loro isola natale attraverso il concerto Sfrimma (Apri la serratura dell’anima, dille qualcosa), un viaggio musicale fatto di molteplici modulazioni di accenti, cadenze e melismi che risuonano di antiche memorie. Continua a leggere

Fabio Ciriachi

 

fabio_ciriachi(Fabio Ciriachi, fotografato da Dino Ignani)

Da un’idea di Luigia Sorrentino
A cura di Fabrizio Fantoni
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Autoritratto, di Fabio Ciriachi

Sono una persona stanca. La maschera comincia a cedere, le fessure si allargano, l’identità sta per mostrarsi, e questo non è un bene. (“Persona”, dall’etrusco phersu, maschera. “Maschera”, dal preindeuropeo masca, strega. “Strega”, variante popolare del greco strix, uccello notturno… non c’è scampo nell’etimologia). Al buio, il mio sbattere d’ali stenta, perde il volo. Non esistono più sonno e veglia, sogno e realtà, finzione e finzioni. C’è un lento ripassare le immagini predilette, un sereno carezzarle con gli occhi di dentro. Continua a leggere

Daniele Piccini, “Inizio fine”

Letture

Recensione di Paolo Lagazzi

Inizio fine, la nuova raccolta di versi di Daniele Piccini, è un libro misterioso e difficile, lampeggiante di pathos e ombra. Dire che si tratta di un’opera concepita per testimoniare come “nei tempi di povertà si ricoprono / di cenere le sostanze”, mentre il mondo “smotta” e la mente “barcolla”, non è ancora nulla. Se da una parte si srotola per mostrarci forme dell’amarezza e del dubbio, pieghe del tormento o della solitudine – quella solitudine che incide la carne degli uomini e degli animali come la sostanza fiammante delle stelle -, dall’altra il testo di Piccini si arrotola, si avviluppa o s’increspa per tentare contrappunti, per intarsiare linee altre di senso, per scavare cunicoli segreti, per inspirare il vento aspro delle domande estreme in attesa di soffiarlo su noi con la forza utopica dell’angoscia. Cosa comincia, cosa finisce in ogni attimo di quella realtà divina o di quella ferita enorme che è la vita? Qual è il nostro vero compito, saper capire quando è “il Continua a leggere

A “Notti d’autore” Matteo Basilè

Ospite di “Notti d’autore” in onda la notte tra mercoledì e giovedì del 28 febbraio 2013 alle 0:30 su Rai Radio1 è Matteo Basilè, uno dei più affermati artisti della sua generazione. Nato a Roma nel 1974, Matteo Basilè è figlio di una lunga dinastia di artisti, pittori, scultori incisori, i Cascella. Figlio di Tommaso e nipote di Pietro, famosi come tutti gli altri Cascella, Matteo Basilè, che prende il nome dal caposipite Basilio nato nell’Ottocento, si definisce semplicemente un fotografo. La sua opera, così densa di immagini, di storie e di situazioni, appartiene al corpo digitale del mondo. Con l’obiettivo della sua macchina fotografica Basilè entra nell’intimo di geografie umane, complesse ed eterogenee, utilizzando un linguaggio, che potremmo anche definire una tecnica, che è un misto, tra elettronica e manualità, sempre alla ricerca di nuove integrazioni culturali. La frase che ripete spesso? “Per me la cosa fondamentale è vivere d’arte senza toccare la materia.”

L’AUDIO CON L’INTERVISTA A MATTEO BASILÈ di Luigia Sorrentino

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Ugo Piscopo, Idilli napoletani

Nello scaffale, Ugo Piscopo
a cura di Luigia Sorrentino

Nel titolo di questo libro di Ugo Piscopo “Idilli napoletani”  (sottotitolo: Il possibile che diventa impossibile) vibra e scorre il palpito di un sorriso ironico. Nel testo la chiave di lettura è infatti l’ironia, il grottesco è la nota fondamentale – verso tutto e tutti, compreso il se stesso – coinvolto dalla città in un gioco di scambi, di straniamenti, di perdite di identità.

Che Napoli abbia perduto la propria identità è infatti oggi, forse il tratto fondamentale della città e certo non è una novità.  Il fenomeno riguarda il ritmo travolgente di cambiamenti del mondo moderno. E’ necessario dunque, “tenersi sotto osservazione” e capire se ciascuno, nel proprio piccolo, possa fare qualcosa di “più umano”. Consapevoli che la vita è un appuntamento con  l’istante, sul filo di una perdita. Questo l’invito, soffuso e malinconico del libro. Continua a leggere

Eduardo Savarese, “Non passare per il sangue”

E’ in uscita NON PASSARE PER IL SANGUE di EDUARDO SAVARESE – Edizioni e/o il romanzo finalista nella XXIII Edizione, segnalato dalla Giuria del Premio Italo Calvino.

Il romanzo
È la prima volta che Luca torna in Afghanistan dopo la morte di Marcello. È un giovane ufficiale dell’esercito italiano che più di ogni cosa vuole compiere il proprio dovere, anche se quella terra secca gli ricorda Marcello a ogni respiro, il vuoto che gli ha lasciato dentro da quando non c’è più. A lui toccherà l’ingrato compito di consegnare alla famiglia i suoi effetti personali ed è la nonna di origini cretesi, Agar, a presentarsi all’appuntamento.

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Sloterdijk, “La mano che prende la mano che dà”

Nello scaffale: Peter Sloterdijk
“La mano che prende la mano che dà”
Raffaello Cortina Editore 2012 (euro11,00)
a cura di Luigia Sorrentino

Peter Sloterdijk, il filosofo antitasse
di Laura Cervellione

Perché la filosofia non può parlare di tasse? Soprattutto quando il fisco diventa una selva oscura, il filosofo avrebbe buon diritto di accendervi un po’ di lumi. Così rivendica Peter Sloterdijk in alcuni interventi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, andati a comporre un volumetto polemico, La mano che prende e la mano che dà. Una mano che tormenta il teutonico di Karlsruhe, tanto da convincersi che non è l’Essere, né il Tempo, ma sono le Tasse l’assillo più orizzontale del pianeta. Giacciono lì, nella loro datità, senza che nessuno le abbia mai decentemente giustificate. Continua a leggere

Antonella Anedda, “Salva con nome”

Nello scaffale “Salva con nome”, di Antonella Anedda
a cura (e di) Luigia Sorrentino
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Le poesie contenute nella nuova raccolta di versi di Antonella Anedda “Salva con nome” Mondadori 2012, (euro 16,00) provocano un’abrasione, una scottatura che brucia sulla pelle viva. Una materia umana – troppo umana – è contenuta nello spazio di questo libro, uno dei più intensi e maturi della sua produzione poetica.
Se qualcuno chiedesse a chi scrive di dare una definizione lapidaria a “Salva con nome” direi “questo è un libro sulla morte”, ma sarebbe una definizione sommaria, sbrigativa, detta per spaventare e togliermi di torno l’interlocutore e per rimanere sola con il segreto di questo libro. Perché quando la poesia raggiunge un livello di consapevolezza così alto, diventa materia pericolosa da gestire per i non addetti ai lavori. E allora provocherei volontariamente l’allontanamento del lettore comune dalla poesia di Antonella Anedda. Continua a leggere

Natan Zach, la parola che cade

Nello scaffale, Natan Zach
a cura di Luigia Sorrentino


Pubblico la lettura di due poesie  di Natan Zach Canto per i giorni terribili e Quel paese di Davide Zizza.
In realtà mancava su questo blog, il nome di Natan Zach, un uomo che – come scrive Davide Zizza – ‘vive ancora in ebraico’.  

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La parola che cade
di Davide Zizza

La letteratura ebraica si porta dentro il seme dell’erranza, il senso di ricerca di un luogo o di ritorno in un luogo che si possa definire patria, “terra-casa” (ing. homeland, ebr. מולדת “moledet”). Questa caratteristica, connessa alla retrospettiva storica dell’esilio, riesce a rivelare il suo risvolto simbolico attraverso e nella lingua. Continua a leggere

Mario Benedetti, ‘Umana gloria’

Riletture
a cura di Luigia Sorrentino

‘Umana gloria’ di Mario Benedetti (Mondadori, 2004)
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Chi ha detto che i libri invecchiano dopo tre mesi?
Un buon libro – un vero libro – non ha problemi di tempo. Provate a rileggere ‘Umana gloria’ di Mario Benedetti, un poeta unico nel panorama della poesia italiana. Il libro è uscito nel 2004 nella collana Lo Specchio Mondadori (I poeti del nostro tempo).

Entrate nella prima sezione, che ha per titolo: “In fondo al tempo”, e… buona lettura.
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Sergio Garufi, “Il nome giusto”

Nello scaffale: Sergio Garufi ‘Il nome giusto’
a cura di Luigia Sorrentino

E’ in libreria il primo romanzo di Sergio Garufi, Il nome giusto, Ponte alle Grazie (€ 16.00) .
L’autore, predestinato alla letteratura, deve molto a un grandissimo scrittore, Jorge Louis Borges, con il quale ebbe diversi incontri, il più importante nel 1984, due anni prima della scomparsa di Borges, un incontro che avrà un ruolo fondamentale anche nel romanzo Il nome giusto.  


Sergio Garufi, ‘Il mio ricordo di Borges’
“La prima volta che ne sentii parlare fu l’ottobre del 1982. Mi ricordo precisamente il periodo perché era pochi giorni prima dell’assegnazione del Nobel per la letteratura, e io lessi sulla terza pagina del Corriere della Sera – che mio padre portava a casa ogni sera dopo aver finito di lavorare – delle brevi dichiarazioni di scrittori famosi italiani che rispondevano alla domanda: ‘chi lo meriterebbe quest’anno?’. Continua a leggere

Opere Inedite, Mario Benedetti

Oggi a Opere Inedite leggiamo la poesia di Mario Benedetti. Un poeta già affermato nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento di cui ho scritto in questo blog qualche tempo fa quando è uscito il suo libro Materiali di un’identità (potrete rileggere cliccando qui).

Mario Benedetti mi scrive una nota sulla poesia che riporto fedelmente, integralmente e volutamente, senza alcun commento: “Riesco a scrivere soltanto una breve nota perché la condizione del poeta e della poesia merita una riflessione lunga, complessa di cui possiedo unicamente barlumi offuscati. Premetto che non posso ritenermi uno scrittore già bellamente avviato ad una carriera, a qualunque livello essa sia considerata. Potrei riconoscermi un poco nelle biografie del poeta russo Sergei Esenin o dell’artista figurativo Alfred Kubin: diciamo grandi ‘talenti’, e poi grandi risultati, loro di certo, irregolari. Io, nella mia misura, ho avuto una inclinazione diciamo “nascosta’, troppo precaria e ‘sofferta’ per cui sento che potrei smettere davvero di scrivere. Oggi dubito di tutto. Continua a leggere