
LUISA DELLE VEDOVE
I
un silenzio terso
muove dalle pietre
memorie e solitudini,
qui nel greto il vento ha suoni erosi
solo gli animali docili alle tane
si tengono stretti
al senso della pioggia
II
non posso dire delle foglie
dei giri ampi prima del cadere
di quel secco lieve sull’asfalto,
ho visto un ramo tremare
giovane nelle foglie
la luce metterlo in disparte,
come dire “è l’autunno”
ai gridi alti degli uccelli
anche se il morire
è in qualcosa di grande?
III
una nebbia come un’insonnia
si ripete ossessiva,
dico – taci, non chiamare altre voci! –
ma la terra
– l’ora che cresce –
ha i passi sotterranei di tanti;
tra i rami
senza carne
si addensa un alito
– dov’è lo sconosciuto? –
cosa vuole dirmi
con quell’alito
che si asciuga così in fretta?
IV
brulica ancora il giorno
tra le lontane case,
la sera nel dopo si posa
e il silenzio alla sua ultima riva
ne divide piccolo
e grande il mare,
dove picchi di roccia
aspettano nudi i venti
V
in questa notte disabitata
– in questo luogo –
guardo le luci accese:
non dureranno molto,
il buio qui è più denso
e sulla riva più stretta del giorno
non so quanto di sabbia rimane
VI
ora che l’invernale attanaglia
i fusti nudi dei pioppi,
nel petto la terra
con un gemito si dissoda
nelle braccia profondamente il fiume,
qui potrei morire
e non sarebbe violenza,
ma un dissolversi lento in polvere
e suono
VII
l’aria è ampia
piena di stelle,
le ultime mani tremule
sulle betulle
e il vento il vento…
– siamo qualche movimento verso il dopo
e già si muore
qualche movimento
e appena appena un poco –
oh, immensa notte
c’è come un pulsare d’eterno
in questo tacere delle cose
un’attitudine
e il tuo pulsare
ha salde tenebre
e dirti non basta
immensa e notte
immesa e notte!