Eloisa. Per Biancamaria Frabotta

 

Biancamaria Frabotta / Credits ph. Dino Ignani

di
Maria Borio

 

 

 

e pensare che quello che ti
chiedo è ben poco,
e per te facilissimo!

(Eloisa a Abelardo, Lettera 2ª)

Qui dimora l’intero e tu disperso
ci ragioni. Che io canti, più buia
sordidamente, ombra più pesante
del marmo che mi riposa non conta.
Una sola rondine non mi ti rende
la stagione perduta.
e io troppo tempo ho abitato in te
come la ragnatela in un tronco morto

al limite di una terra promessa
non cogliendomi (fu soltanto evocazione
addestramento allo stupro
il fantastico frutto dell’occidente)
mi hai nominata più bianca della luce
nido di un’idea intricata, torpida fantasia,
pupilla cieca del tuo occhio.

Si sfilava il sibilo della teoria lunga
delle stanze: davanti alla porta chiusa
sarò la sorella di quei meli che fuori
si spogliano lisciando a sangue i sensi
e solo la sera ne spegne il tocco.
Un triangolo è divino quando ogni punta è Dio
e ogni lato un’esca. Non c’è veglia più amara
per me che sono lontano dalla festa.

Le parole non ti costavano molto, ricordi?
scivolavano via per filo e per segno
come canoe fluiscono sul filo della corrente.
Non c’era rapida che ne scuotesse il corso
scorresse anche fino al mare il discorso
del tuo sogno soltanto noi ne scontavamo il costo.

Ma subito potessi smemorarmi
annottassero ovunque le pupille degli uomini desti
in un mondo di dormienti
un bestiario delicatamente miniato dallo stilo di chi può
almeno fin quando arriverò
placida onda di lago a lambirti
i piedi di umide e molli zolle di prato
almeno fin là dove arriva l’essere
e il chierico si fa pierrot
la canaglia un’ariosa città
ogni passante un amico, un evento
allora
l’acqua coprirà il prato e ogni traccia di nome.1

In un momento in cui la scrittura delle donne era presentata prevalentemente come narrazione emotiva di aspetti che riguardavano il corpo e le condizioni materiali a cui le donne erano soggette (sessualità, matrimonio, emarginazione sociale e lavorativa), la Frabotta dà uno sviluppo intellettuale alla riflessone esistenziale e politica della condizione femminile. Il percorso si sviluppa progressivamente dalle poesie apparse su «Nuovi Argomenti» e su «Tam Tam» alla plaquette Affeminata (1977), che verrà rielaborata e inserita come sezione centrale nella raccolta Il rumore bianco(1982).

Gli stereotipi di fragilità e sensibilità lunare della donna vengono ribaltati. In Affeminata l’impegno e la militanza femminista rielaborano la condizione della donna usando la poesia come colto pamphlet di denuncia. L’io-donna è presentato in modo icastico come quello della «femmina culturale»2. La denuncia femminista e il fervore ideologico della militanza vengono completati con una riflessione filosofica e dialettica sulla dualità uomo-donna: il poemetto Eloisa, in particolare, posto come sezione di chiusura del libro, sancisce la sintesi di questo percorso.

Eloisa può essere descritta come un palinsesto allegorico che rielabora la vicenda storica di Abelardo ed Eloisa in un topos universale di dualità uomo-donna3. Ma con la storia di Eloisa l’autrice non vuole un’identificazione romantica, che potrebbe condurre a una stereotipata sovrapposizione. Cerca, piuttosto, un confronto che faccia trasparire la ricerca intellettuale e la complessità della mente femminile in un’opposizione speculare a quella maschile. L’esilio di Eloisa indica la condizione storica minoritaria della donna, la cui voce è audace e al tempo stesso vincolata a una posizione di separatezza. Ne sono simbolo il buio e l’ombra del monastero, dove è preclusa una reale partecipazione alla vita. Come è difficile per Eloisa recuperare l’esperienza affettiva e la pienezza carnale («Una sola rondine non mi ti rende / la stagione perduta»), viene rappresentata la lotta per l’affermazione sociale della donna per cui si batte l’autrice militante.

Le caratteristiche dell’esilio di Eloisa sono rappresentate soprattutto attraverso la simbologia del tema del doppio. Il doppio domina completamente la parte iniziale del Rumore bianco e ricorre con frequenti sintagmi chiave («“l’eterna indecisione dei gemelli”», «il simile e il dissimile», «il numero due», «ciò che sta sopra a ciò che sta sotto», «La mela m’insegni è doppiare la metà di sé», «lo specchio che doppia», «la testa sdoppiata») e con molte combinazioni chiastiche («verde è chiaro»-«è scuro verde»; «Ora è cinico, l’altro ipocrita»-«allora è ipocrita, l’altro cinico»; «vuoto a metà»- «per metà pieno»). Ma il motivo del doppio risalta soprattutto per la sua compenetrazione con quello del bianco. In fisica Yaglom descrive così il fenomeno del rumore bianco: «consideriamo il moto casuale di una piccola particella immersa in un fluido e la fluttuazione del numero di collisioni che le molecole del fluido hanno con la particella: questa fluttuazione la chiamiamo rumore bianco»4. Questa definizione, riportata in esergo al libro, catalizza tutta la ricerca poetica della Frabotta dalla militanza del Sessantotto alla fine degli anni settanta: può essere usata come metafora di un significato sociale e politico, di un significato esistenziale e personale, di un significato di sperimentazione linguistica. Il bianco indica una fluttuazione entropica, irregolare, irrazionale e diventa simbolo di una scrittura che si ribella all’atmosfera culturale precedente al Sessantotto, quella del rigore della tradizione dell’ideologia5. Con la rivoluzione culturale si libera un bisogno d’espressione dettato da un vitalismo irregolare che corrisponde anche a un nuovo bisogno di poesia, irriducibile alla tradizione. Il rumore bianco porta con sé un linguaggio politico e un linguaggio anti-ideologico che invita a pensare la poesia come meditazione e raccoglimento dentro un’energia entropica: moto non intenzionale e vibratile, come il principio del random flight («purissima particola bianca in conflitto / fluttuazione, step, walk, random flight / probabilità identica di avanzare nel pieno / o arretrare, subire, soffrire il vuoto», in Voce casuale…). Questa energia entropica è proprio quella della voce femminile contro la razionalità ideologica e declamatoria maschile.

Attraverso il motivo del bianco la riflessione storica e politica viene combinata con quella filosofica e esistenziale che riguarda l’opposizione tra i sessi. Il linguaggio della Frabotta, infatti, può dirsi «bisessuale»6, per un’idea di soggettività duale. Considerando l’ambivalenza un punto di forza, questa soggettività prova a sbucare fuori dalle «macerie dei grandi sistemi della metafisica occidentale», un po’ forse come l’io nella poesia di Caproni: quella metafisica, come scrive la Frabotta, «di cui il più evidente relitto è proprio la concezione del Soggetto [inteso prevalentemente al maschile] che per secoli ha dominato indiscusso e incontrastato al centro di un pensiero espansivo e pervasivo»7 e per il quale ora sembra necessaria una trasformazione.

Il linguaggio della soggettività duale dà luogo a un stile che discendente, tra la visione e il referto, tra la sublimazione e la testimonianza. Fatto di una rivendicazione nervosa e contraddittoria, lo stile del Rumore bianco si esprime «tra apertura al dialogo e chiusura in un fondo buio inaccessibile», tra il privato e il pubblico8. Nel monologo di Eloisa si ha una corrispondenza duale incessante: tra i verbi all’indicativo, usati nel riferimento al tu maschile («ci ragioni», «mi hai nominata»), e i verbi al congiuntivo, caratteristica espressiva dell’io femminile («Che io canti», «potessi smemorarmi»); tra i tempi ordinati del presente o del passato e il tempo futuro con cui l’io si esprime in moti ascensionali estemporanei («sarò la sorella di quei meli», «almeno fin quando arriverò»); tra una sintassi piana e paratattica, associata alla rievocazione memoriale del tu, e una sintassi ipotattica con giustapposizioni alogiche di frasi e di parole («Una sola rondine non mi ti rende»); tra un lessico improntato prevalentemente a una tensione visionaria ascensionale e imprevisti frammenti di parlato ordinario («per filo e per segno»; oppure, nei versi «Una sola rondine non mi ti rende / la stagione perduta», il rimando implicito al detto popolare «Una rondine non fa primavera» che cozza con la carica visionaria data dalla giustapposizione alogica dei pronomi); tra le similitudini, che svolgono confronti a base razionale, usate più che altro in prossimità del tu (maschile), e le metafore che svolgono associazioni a base irrazionale, caratteristiche dalla sensibilità dell’io (femminile); tra i versi molto lunghi e i versi medi e brevi, fino ai monoverbali, che combinano misure tradizionali e misure irregolari in colate dove il livello di pathos è alto grazie ai molti enjambement. Ma in questo stile la dualità raggiunge forse il grado più alto nelle sinestesie («ombra più pesante / del marmo»), a cui il libro è ispirato a partire dal titolo (rumore-bianco), negli ossimori («pupilla cieca del tuo occhio»), nelle concidentia oppositorum su cui si fonda proprio l’energia entropica del rumore bianco.

Riconosciamo in queste caratteristiche una affinità con la tradizione ermetica. Quello che potremmo chiamare simbolismo nella scrittura della Frabotta forse appare vicino a un’idea di poesia pura, sul modello di Mallarmé, ma non tende mai a un assoluto irreale. Le sue ragioni sono in una ricerca sperimentale, in parte simile a quella di Adriano Spatola e della Rosselli, in opposizione allo sperimentalismo politico del Gruppo 63. La sperimentazione della Frabotta porta con sé, in realtà, il bisogno di poesia post Sessantotto allo stesso modo in cui i poeti della Parola innamorata recuperano nuclei orfici di ispirazione.

Il rumore bianco scava nelle maglie alogiche del linguaggio modulando una soggettività femminile complessa, che non si accontenta del mero riscatto di un ruolo sociale con l’esibizione provocatoria del corpo e della militanza. Prende forma una ricerca intellettuale che si è staccata dalla sovrastruttura del mondo gerarchico e che si nutre di una riflessione privata, così come Eloisa può liberare la sua mente nella confessione e nel ricordo. La scrittura femminista evita sia lo stile confessionale ego-centrato che non ha pretese di mediazione critica, sia la frammentazione postmoderna. Nelle raccolte successive – da Appunti di volo (1985) a La viandanza (1995) fino a Da mani mortali (2012)9 – la ricerca esistenziale e privata si apre in una pronuncia più piana. Non cerca tensione critica svolta in una forma sperimentale, ma una forma che concilia ragione e sentimento.

(Estratto da Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 di Maria Borio, Marsilio 2018)

 

NOTE

1 Eloisa, I. Principali edizioni in volume: 1982: Il rumore bianco, Milano, Feltrinelli; 1996: in Poeti italiani del secondo Novecento, a cura di M. Cucchi e S. Giovanardi, Milano, Mondadori, 1998.

2 A. Porta, Maschio e femmina, postazione a B. Frabotta, Affeminata, Torino, Geiger, 1977, p. 30.

3 Abelardo, Storia delle mie disgrazie. Lettere d’amore di Abelardo ed Eloisa, traduzione

e cura di F. Ronconi, Milano, Garzanti, 1974.

4 A.M. Yaglom, An Introduction to the Theory of Stationary Random Functions, Dover

Pubblications, 1962.

5 B. Frabotta, in «il manifesto», 27 dicembre 1981; Ead., Il rumore bianco, in Poesia oggi, a cura di M. Mancini, M. Marchi, D. Marinari, Milano, Franco Angeli, 1986, pp. 242-251.

6 A. Porta, Prefazione a Il rumore bianco, cit., p. 12.

7 B. Frabotta, Giorgio Caproni: il poeta del disincanto, in Per Giorgio Caproni, a cura di G. Devoto e S. Verdino, Genova, San Marco dei Giustiniani, 1997, p. 88. Si veda Ead., Giorgio Caproni, il poeta del disincanto, Roma, Officina, 1993.

8 M. Papa, Biancamaria nella scrittura e un passo oltre, in «il manifesto», 28 febbraio 1982.

9 B. Frabotta, Appunti di volo e altre poesie, Roma, La Cometa, 1985; Ead., La viandanza, Milano, Mondadori, 1995; Ead., Da mani mortali, Milano, Mondadori, 2012.

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