Nicola Vitale, “Chilometri da casa”

Dal risvolto di copertina

Nicola Vitale è poeta e pittore e in questo nuovo libro – un vero e proprio poema – convoca, tra le innumerevoli immagini che ci offre, anche l’irrinunciabile presenza degli artefici di una dimensione estetica, nel suo coesistere di verità e bellezza, in un tempo che ci trascina altrove, verso illusorie soluzioni. Compaiono le figure di Hopper e Leopardi, ma soprattutto ci avvince la ricerca, nel pensiero attivo del poeta, di un’esistenza che sia più umanamente o naturalmente affabile, dove ogni gesto o sentimento possa in sé contenere «una cosa qualunque che rimane» e che dunque conforti la nostra spesso vanificata attesa di senso. Vitale si apre a un flusso del dire che è flusso della sua meditazione sull’esserci, dentro una realtà che, esaurita la spinta verso il nuovo, ristagna nella banalità dei suoi meccanismi sociali, di affermazioni e potere. E compone un’opera che è anche di sorprendente originalità per la sua forma. Continua a leggere

Nicola Vitale

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Martedì 28 giugno 2016 ore 21.00

Elio Franzini, Adriana Polveroni e Elena Pontiggia presentano il libro di Nicola Vitale
all’Associazione Casa della Cultura di Milano (Via Borgognona, 3)

LA “SOLARITÀ” NELLA PITTURA da Hopper alle nuove generazioni

Ed. Mimesis – 2016, Collana Forme del possibile – Prefazione di Elio Franzini

L’arte visiva, dal secondo novecento ad oggi, assume un carattere conflittuale, tra astrattismo e realismo, tra concettuale e postmoderno, tra nostalgia classicista e violenza della provocazione fine a se stessa. In questo saggio si ipotizza l’esistenza di un percorso diverso dove l’arte ritrova la sua pienezza e universalità, nell’opera dei pittori proposti. Sono artisti isolati di diverse generazioni, che a partire da Hopper e Balthus – individuati come precursori – Continua a leggere

Nicola Vitale, La «Solarità» nella pittura

nicola_vitale_mimesis                                       Dalla Prefazione di Elio Franzini

Non è certo possibile compiere una “storia” della pittura in Occidente. Tantomeno comprendere un modo pittorico assoluto di guardare il mondo e le cose.(…) Ebbene, di fronte a tale varietà, ciascuna delle quali mira comunque a dire una “verità”, sia pure parziale, sulla realtà dell’opera in quanto evento, in quanto differenza – enti diversi all’interno di una generica ontologia regionale – è forse lecita la domanda: questi enti hanno qualcosa in comune? (…) Per cercare di rispondere a questa domanda, ci viene in aiuto l’intelligente e provocatorio volume di Nicola Vitale. Vitale infatti ben sa che, nelle sue giravolte, l’arte visiva si trova oggi di fronte a un vuoto, avendo esaurito, come scrive, in una temporalità estenuata, il proprio percorso analitico. Non è più il tempo, anche per l’estetica e la filosofia, di limitarsi a pur dotte considerazioni sull’immagine cercando di risolvere le differenze in un quadro definitorio soddisfacente e ben orientato. Continua a leggere

Addio a Mark Strand

Lutto nel mondo della poesia. Se n’è andato il 29 novembre 2014 Mark Strand, una delle voci più rilevanti della poesia contemporanea internazionale.

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Mark Strand


Perennemente in crisi, la poesia rimanda a luoghi e tempi lontani dalla realtà sociale. E’ pura interiorità e quindi sempre attuale“.
(Mark Strand)

 

Ricordiamo il poeta di origine canadese, Mark Strand  con le sue stesse parole… “La poesia rimanda a luoghi e tempi lontani della realtà sociale. E’ pura interiorità e quindi sempre attuale”.
Poco sotto la video intervista con Mark Strand realizzata il 18 maggio del 2011 a Roma, all’American Academy.

Ciao Mark…


INTERVISTA A MARK STRAND
di Luigia Sorrentino
American Academy 2011

Siamo qui per parlare dell’ opera del poeta Mark Strand, l’opera di un poeta definito ‘della montagna e del mare’, con tratti peculiari che lo differenziano da altri poeti suoi contemporanei statunitensi. Innanzitutto ci dica una cosa… Lei come altri scrittori, si era avviato alla pittura, scoprendo poi, di volersi dedicare totalmente alla scrittura… E’ successo a Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura del 2006, ed è accaduto a lei che nel 1957, a 24 anni, ha deciso di vivere da poeta. Ci racconta com’è andata?
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“Ho sempre letto poesie, sebbene fossi un pittore, ero uno studente d’arte, non ero un pittore vero e proprio, bensì uno studente-pittore, ma, in un certo modo, l’essere uno studente d’arte mi aveva preparato per la scrittura, perché avevo il senso della formalità dell’impresa: prima davo forma alle immagini e in un secondo momento davo forma alla poesia. Deve esserci molta armonia tra la prima linea, quella centrale e quella alla fine, proprio come in un quadro, tutti gli elementi si uniscono. Ho rinunciato alla pittura perché ho capito che non ero un buon pittore, dopo mi sono dedicato alla poesia, ma non ero un bravo poeta. Ma ho sentito che avevo la possibilità di migliorare come poeta. Ci sono stati anche altri motivi. Nella mia famiglia i libri erano molto importanti, mi sono spesso sentito inadempiente come lettore e inadeguato come scrittore. E improvvisamente ho sentito il bisogno di compensare questa inadempienze e questa inedeguatezza scrivendo. E’ iniziato come un modo per rispondere ai desideri e alle speranze dei miei genitori.”
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Mario Santagostini, "Felicità senza soggetto"

 
felicita-senza-soggetto_originalE’ in libreria l’ultimo libro di poesie di Mario Santagostini, “Felicità senza soggetto“, pubblicato da Mondadori nel 2014 nella collana dello Specchio, I Poeti del nostro Tempo. 
Dal risvolto di copertina
Vivendo il presente come coinvolto in una sorta di sinistra mutazione antropologica, il poeta fa i conti con il passato: con quello vissuto in prima persona e con l’ampio territorio d’un Novecento quanto mai remoto, dal quale affiorano le residuali tracce mnestiche di una realtà perduta, immersa nell’ideologia, nell’utopia di certezze ormai irreversibilmente dissolte. Mario Santagostini ripercorre, liberamente e per frammenti, il tempo della sua formazione, rispetto alla quale continua insistente ad agire la misteriosa forza della materia che lo attrae, il suo amore inquieto per la vita e per gli stessi forse squallidi dettagli di una periferia urbana, milanese, rappresentata come in un sogno di Sironi. Una periferia rivissuta, metaforicamente, sempre «oltre il capolinea», tra odori d’acqua oleosa di benzina, o girovagando tra fossi, cortili, sottopassi. Continua a leggere

Presentazione a Roma di “Figura solare” & Mostra

Appuntamento (annuncio n.2)

Oggi, 3 ottobre 2012 presentazione a Roma del libro di Nicola Vitale FIGURA SOLARE Un rinnovamento radicale dell’arte | Inizio di un’epoca dell’essere UN LIBRO | UNA MOSTRA.
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Mercoledì 3 ottobre 2012 ore 17,30 alla CASA DELLE LETTERATURE (Piazza dell’Orologio 3 ) presentazione del libro FIGURA SOLARE di Nicola Vitale. Intervengono con l’autore: Paolo Aita e i poeti Nicola Bultrini, Claudio Damiani, Vincenzo Mascolo, Gabriella Sica, Luigia Sorrentino.

ore 19,00
MANIERO ASSOCIAZIONE CULTURALE (Via dell’Arancio 79), inaugurazione della mostra degli artisti presentati nel libro: Peter Angermann, Lorenzo Bonechi, Helgi Friðjónsson, Jan Knap, Milan Kunc, Luigi Ontani, Nella foto), Salvo, Nicola Vitale.
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“Figura solare”, un libro, una mostra

Due appuntamenti

Mercoledì 3 ottobre 2012 ore 17:30 alla Casa delle Letterature di Roma presentazione del libro di Nicola Vitale: “Figura Solare”, Un rinnovamento radicale dell’arte, Inizio di un’epoca dell’essere, (Piazza dell’Orologio, 3).

Intervengono con l’autore: Paolo Aita e i poeti Nicola Bultrini, Claudio Damiani, Vincenzo Mascolo, Gabriella Sica, Luigia Sorrentino. Dopo la presentazione, alle 19:00, Vernissage alla Maniero Associazione Culturale (Via dell’Arancio, 79) con l’autore, e gli altri artisti presentati nel libro.

Ore19:00
Inaugurazione della mostra “Figura solare” (dal 3 ottobre al 3 novembre 2012) alla MANIERO ASSOCIAZIONE CULTURALE (Via dell’Arancio, 79) 

Nicola Vitale e Peter Angermann, Lorenzo Bonechi, Helgi Friðjónsson, Jan Knap, Milan Kunc, Luigi Ontani, Salvo, Nicola Vitale fino al 3 novembre 2012 martedì-sabato ore 16-20 Continua a leggere

Mark Strand e Edward Hopper

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

Un grande poeta e scrittore americano, Mark Strand, (cliccando qui potete vederlo in una video-intervista di Luigia Sorrentino) premio Pulitzer per la poesia, legge trenta famosi quadri di Edward Hopper, il pittore americano per antonomasia, nella traduzione di Damiano Abeni. Vengono così ripercorsi nel libro, gli scenari più intensi della mitologia statunitense moderna: distributori di benzina, strade, spazi urbani, ferrovie, locali notturni, camere d’albergo…
La dimestichezza che si ha con la materia figurativa trattata da Hopper ha fatto sì che questo artista venisse costretto, superficialmente, dentro etichette limitative. Così è accaduto sia sotto il profilo storico, come quando si è voluto rinchiudere Hopper entro la definizione di «realista americano», sia sotto il profilo tematico, come quando se ne è voluto fare, incontrovertibilmente, l’«artista della solitudine e dell’alienazione». Continua a leggere

Video-Intervista a Mark Strand

Mark Strand

Mark Strand, in assoluto una delle voci più rilevanti della poesia contemporanea, ha appena pubblicato in Italia per gli Oscar Mondadori una raccolta di tutte le poesie: L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Oscar Mondadori, 2011 (euro 15,00).

In questa video-intervista realizzata da Luigia Sorrentino il poeta di origine canadese, Mark Strand, premio Pulitzer per la poesia nel 1999, rivela un’inedita lettura di tutta la sua opera poetica.

 

Intervista di Luigia Sorrentino
Accademia Americana di Roma
18 marzo 2011

Siamo qui per parlare della sua opera di poeta, l’opera di un poeta definito della ‘montagna e del mare’, con tratti peculiari che lo differenziano da altri poeti suoi contemporanei statunitensi.

Innanzitutto ci dica una cosa…

Lei come altri scrittori, si era avviato alla pittura, scoprendo poi, a un certo punto, di dedicarsi totalmente alla scrittura… è successo a Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura del 2006, ed è accaduto a lei che nel 1957, a 24 anni, ha deciso di vivere da poeta. Ci racconta com’è andata? Che ricordi ha dei suoi esordi letterari?

 

“Ho sempre letto poesie, sebbene fossi un pittore, ero uno studente d’arte, non ero un pittore vero e proprio ma bensì uno studente pittore, ma in un certo modo l’essere uno studente d’arte mi aveva preparato per la scrittura, perché avevo il senso della formalità dell’impresa, prima davo forma alle immagini e in un secondo momento davo forma alla poesia. Deve esserci molta armonia tra la prima linea, quella centrale e quella alla fine, proprio come in un quadro, tutti gli elementi si uniscono. Ho rinunciato alla pittura perché ho capito che non ero un buon pittore, dopo mi sono dedicato alla poesia, ma non ero un bravo poeta. Ma ho sentito che avevo la possibilità di migliorare come poeta.  Ci sono stati anche altri motivi. Nella mia famiglia i libri erano molto importanti, mi sono spesso sentito inadempiente come lettore e inadeguato come scrittore. E improvvisamente ho sentito il bisogno di compensare questa inadempienze e questa inedeguatezza scrivendo. E’ iniziato come un  modo per rispondere ai desideri e alle speranze dei miei genitori.”

 

La sua prima poesia, quella scritta negli anni Sessanta, sembra dominata dalla pittura di Edward Hopper su cui lei ha anche scritto una monografia negli anni Novanta. Ci spiega come entra l’opera di un grande artista visivo, quale fu Hopper, nella sua opera?

 

“In realtà non era propriamente la pittura ad avermi influenzato così tanto all’inizio, ma piuttosto scrittori come Kafka, Borges, Calvino, questi erano gli scrittori che ritenevo interessanti, nessuno di loro era un poeta, eccetto Borges, ma comunque avevano scritto una prosa molto intensa, densa, ed erano in contatto con ciò che noi tutti oggi definiamo “misterioso”, lo strano, l’inaspettato. Ero affascinato da tutto questo nei loro lavori, ma al contempo ero anche affascinato dal lavoro dei surrealisti, perché si erano specializzati nell’inaspettato e nell’irrazionale. Sicuramente non si può scrivere qualcosa di sensato ed essere irrazionale, devi essere capace di trasformare l’irrazionalità in qualcosa che abbia una forma. In altre parole devi permettere al lettore di sperimentare l’irrazionale, non in un modo programmato, ma in maniera formale. Perché in generale non viviamo le nostre vite in modo razionale, le nostre vite sono dominate dagli incidenti, e molto spesso siamo motivati da forze irrazionali che non comprendiamo. Siamo spinti a questo, spinti a fare quello, a volte contro il nostro interesse migliore. E queste contraddizioni interne erano qualcosa che io volevo esplorare nel mio lavoro, e che analizzavo nel lavoro degli altri.”

 

Via via, negli anni, la sua identità poetica sembra che si sia dedicata a un esercizio di purificazione interiore…  “L’uomo che cammina un passo avanti al buio” è il titolo della raccolta in cui, per la prima volta, viene proposta un’ampia scelta in Italia della sua produzione poetica tra 1964 e il 2006.

Chi è “L’uomo che cammina a un passo davanti al buio”?

 

“Rappresenta ognuno di noi. Non è una persona in particolare, non sono nemmeno io, sebbene pensi di camminare un passo avanti al buio, specialmente ora che sto invecchiando, il buio diventa sempre più vicino,  ma è il destino di ognuno di noi quello di essere un passo avanti al buio. Lo si può pensare in questo modo, ogni giorno che si vive, che si sopravvive, si sfugge al buio… è questo il senso che volevo trasmettere con il titolo del mio libro in italiano. Ninet’altro. Ha un senso? … ok”

 

Tutta la sua opera – è stato detto – sembra dominata dal tema dell’attesa, c’è qualcosa che non avviene, una poesia che rievoca, in qualche modo, che celebra qualcosa che non accade ma che prima o poi accadrà…

Come definirebbe la sua poesia?

“Non posso definire la mia poesia. Non credo spetti a me. Di certo ci sono certi temi che si ripetono nella mia poesia, aspettative, attesa, delusione, il buio che avanza, tuttavia quando scrivo non ho in mente niente di tutto questo. Non considero il mio lavoro nella sua totalità, mai, ma considero le singole poesie mentre ci sto lavorando. Poi una volta che ho scritto la poesia, non ci penso più. Me ne sbarazzo. E inizio un’altra poesia. Se avessi pensato di avere dei temi sui quali dovevo ritornare ancora e ancora, mi sarei sentito paralizzato. Sarei stato prigioniero di una nozione astratta di ciò che stavo facendo. Sarebbe stata la mia morte.”

Lei potrebbe essere definito anche “il poeta della disillusione”. Forse questa è una delle principali caratteristiche della sua opera. Lei dice che immaginazione collettiva si è affievolita… L’uomo contemporaneo ha perso l’immaginazione, la creatività. Perché è accaduto questo?

“Io mi considero un comico. Credo che le mie poesie siano divertenti. Credo che “L’uomo e il cammello” sia una poesia piuttosto divertente, in cui l’uomo e il cammello della poesia si rivoltano contro il poeta, poiché ha interpretato il loro significato. Ed è questo il motivo per cui alla fine ritornano e dicono: “l’hai rovinata, rovinata per sempre” riferendosi alla poesia. E la poesia stessa che si vendica con il poeta. Ma, voglio dire, un uomo e un cammello che cantano, è ridicolo… un uomo e un cammello che appaiono all’improvviso. A dire la verità ho avuto l’immagine di un uomo e di un cammello e mi sono detto… come posso metterli insieme in una poesia? Cosa posso fare con un uomo e un cammello in una poesia? E così ho inventato questa piccola storia, che ho pensato fosse divertente. Ma il termine disillusione è troppo forte, non mi sento disilluso. A volte provo disillusione, ma chi no lo fa?! Credo che se si leggono le mie poesie con più attenzione diventano sempre più divertenti.”

 

Possiamo dunque dire che “L’uomo che cammina un passo avanti al buio” è l’uomo contemporaneo che cammina in uno spazio oscuro, che precede il buio in cui si concluderà la sua esistenza?

“L’uomo che cammina un passo avanti al buio non sta camminando attraverso il buio, cammina nella luce. Il fatto che il buio sia dietro di lui e forse lo sta raggiungendo, Ma se fosse stato nel buio e questo lo stesse perseguendo,  non sarebbe stato possibile fare la distinzione che ho fatto.  Noi viviamo in una condizione benedetta di illuminazione. L’illuminazione, la luce non significherebbero niente se non avessimo un senso del buio.  E’ semplice, proprio così come appare. Tutto è nel buio. Chiaramente. Guardate oggi, è una bella giornata, sarebbe ridicolo se dicessi viviamo nel buio. Ideologicamente forse, noi viviamo tempi bui, ma poi l’oscurità diventa materia di discussione.”

E’ stato detto, di lei, il “il poeta dell’assenza”…il suo è un io che si sottrae  al paesaggio, la sua è una poesia semplice, ma anche misteriosa…il suo dire “io” non è un’autoaffermazione, ma una negazione, è un cancellare il sé…

Perché ci sono “tanti vuoti”, tante “sospensioni” all’interno della sua poesia?

 

“Non lo so. Semplicemente non lo so. Ho la sensazione che quando una persona si siede in una stanza, da sola, e scrive, perde la sua connessione con il mondo e diventa il segretario dei pensieri di qualcun altro. In un certo senso si esce dal corpo, si perde il senso del tempo, lo spazio è alterato e si diventa la creatura della propria immaginazione. Quello che voglio dire è che l’assenza dal mondo reale è palpabile quando si è soli in una stanza. Il mistero è qualcosa di inspiegabile, altrimenti non sarebbe misterioso. E’…  da dove vengono queste idee e cosa ti dice la poesia su dove desidera andare. Tutto questo è mistero, in un certo senso non sono io a dire alla poesia dove andare, è la poesia che mi spinge verso una direzione, la poesia ha una propria voce, e io divento il segretario della mia voce. E la mia voce è il prodotto dell’immaginazione. Oltre a questo non saprei cos’altro dire a parte il fatto che preferisco vivere nel mistero, e l’assenza è proprio questo.”

E’ stato detto di lei… anche “poeta pastorale” del genere pastorale, idilliaco… ma non nel senso proprio del termine… nel senso che la sua poesia si colloca in uno spazio idealizzato e artificiale … che rende, per questa ragione, più intensa però la sofferenza, tanto che la critica parla di “idillio negativo di Strand”…

Lei è d’accordo con questa interpretazione? Quali sono, dunque i suoi paesaggi?

“Vorrei concordare con questa caratterizzazione della mia poesia, tuttavia non ne ho mai sentito parlare, perchè non leggo le critiche dei miei lavori, non leggo recensioni. La gente mi dice “è buona, va bene,  non lo è “… io non dico bene, ma chi se ne importa. Ma credo che sia possibile che abbia creato questa negatività idealizzata. Il paesaggio, l’ambiente delle mie poesie, è in realtà  puro arredamento, le montagne appaiono sullo sfondo, il mare che appare è sullo sfondo, così come lo è la luna, quello che mi interessa è l’azione che avviene all’interno della poesia. Per me l’immagine di una poesia è l’azione all’interno della poesia. E’ l’evoluzione della consapevolezza, all’interno dei limiti formali della poesia. Se questo suggerisca dolore o piacere, non lo so. Posso soltanto dire che nello scrivere queste poesie io provo piacere. Poi se trasmetto dolore, e sono sicuro che può succedere… è una domanda difficile. Guardate alle migliaia di crocefissioni che sono state dipinte… la crocefissione è l’esempio del dolore estremo, secondo me. Noi guadiamo questi quadri che possono essere di Velazques, Tintoretto o persino di Salvador Dalì, noi proviamo piacere, il dolore non viene trasmesso. Dobbiamo rimmaginare il dolore, attraverso il piacere che viene trasmesso. In realtà ho scritto una poesia che parla di questo processo. La maggior parte delle poesie parlano di perdita e sono tristi. Ma questa tristezza e questa perdita si identificano nella bellezza, ed è la bellezza che ci commuove.”

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Mark Strand, L’uomo che cammina un passo avanti al buio

Appuntamento da non perdere.

Chi non ha avuto l’opportunità di conoscere Mark Strand, Premio Pulitzer per la poesia nel 1999, non dovrà perdere l’ occasione d’incontro alla libreria Arion del Palazzo delle Esposizioni di Roma, martedì 15 Marzo 2011, alle 18:30, per l’uscita del libro L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Poesie 1964-2006, pubblicato nella collana Oscar Poesia di Mondadori.
Interviene Damiano Abeni, coordina l’evento Vincenzo Mascolo.

Grande maestro della disillusione, Mark Strand, uno dei più grandi autori della scena contemporanea, mette in atto nei suoi versi l’interrogarsi desolato e ironico  dell’uomo del Novecento che vive il tramonto di un’epoca. Strand si impone per la complessità e la trasparenza della sua visione, per l’intelligenza acutissima e la spiritualità profondamente laica della sua poesia, che incanta, per l’ampio respiro e l’impeccabile eleganza dello stile.

 

Mark Strand (1934) è nato a Summerside, nella Prince Edward Island (Canada). Vive a New York e insegna alla Columbia University. L’uomo che cammina un passo avanti al buio Poesie 1964-2006  è la raccolta di tutte le sue poesie. Ha pubblicato anche un libro di racconti Mr and Mrs Baby, tre volumi di traduzioni, diverse antologie.
Ha ricevuto numerosi premi tra cui il Pulitzer per la raccolta di poesie Blizzard of One.
In Italia, oltre a tre plaquette per le Edizioni L’Obliquo sono disponibili due antologie delle sue poesie L’inizio di una sedia, (Donzelli, 1999); Il futuro non è più quello di una volta, (Minimum fax 2006), un volume di scritti d’arte Edward Hopper – Un poeta legge un pittore, (Donzelli 2003), la favola Il pianeta delle cose perdute (Beisler 2002), Uomo e cammello, (Mondadori 2007) e un video di Alessandra Maiarelli e Luca Sossella Ehi, Mark! Scusa il ritardo, scusa il ritardo… (Una passeggiata da mezzogiorno a mezzanotte) di Mark Strand con Damiano Abeni, (Luca Sossella Editore 2011).