
Tommaso Di Dio
Le parole possibili del viaggio. Una nota (in due tempi) su Verso le stelle glaciali di Tommaso Di Dio.
di Emanuele Franceschetti
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In Verso le stelle glaciali (Interlinea, 2020) Tommaso Di Dio ha raccolto il frutto di sei anni di scrittura poetica. Ne è risultato un testo corposo, articolato, e che fin da subito si rivolge al lettore suggerendogli la non-univocità dei possibili itinerari di lettura. Ne emerge l’idea di un libro senza traiettorie obbligate: un testo in qualche modo aperto, al netto delle mappe e degli itinerari proposti dall’autore. Il tracciato è quadripartito: si può viaggiare nelle storie comuni degli uomini (Hanno freddo/ Le strade, la storia); nella nuda evidenza del dolore e della malattia (L’occhio azzurro/ L’ospedale, la caverna); oppure nella ‘grande’ storia, che è anch’essa vicenda di uomini, viaggi e speranze (1492/ Il mare, la mente, terza sezione). Nella quarta sezione (Verso le stelle glaciali/ Il vento, i pronomi), che mi sembra possa intendersi al contempo come una summa e come un concertato finale, si ha ancora una volta, e con forza, la percezione che il viaggio e lo sguardo siano sovra-individuali, che esista una coralità implicita («Perché noi amiamo/ le nude colline, i tronchi storti»; ma anche «ogni cosa splende/ si perde e dice stai/ fra mondi; confratèrnati»), un destino di tutti, come lo è la storia dell’universo, come lo sono «gli umani sogni». Nella quinta e ultima sezione, Descrizione delle mappe, Di Dio colloca delle prose, quasi delle lunghe ekphrasis ‘a distanza’. Sono le descrizioni delle nove immagini (le mappe) che il lettore ha incontrato nel corso del viaggio. Immagini che vengono in tal modo illuminate di senso, retrospettivamente. Alla fine del viaggio, il lettore può ricominciare il cammino con diversa consapevolezza: “La mappa smette di mostrare una direzione e mostra invece se stessa”. Tutto diventa così circolare e plurale: le prose sono testi poetici, organici alla raccolta, ma sono anche funzionali; indicano se stesse, ma rimandano ad altro. Hanno, forse, valenza allegorica, come le stelle glaciali.