Una poesia di Fabio Pusterla

Fabio Pusterla

(Inedito, 2020)

Parola navicella parola libertà
la velavento solca il linguamare
forzando norme ordine bufere
solo tragitto desiderio del vero
la falceluna allumina le tenebre
nel viaggio arrischiato di arsura
quando nessuna rotta stella dà
fiducia ai naviganti in cupocielo
onda che rinvia onda dura nera
davanti insulsi lidi mete incerte
verità che s’accende tremalume
in notti lunghe e incubi d’attesa
breve chiarore in levità dell’aria
annuncia giorno sole lucepiuma
l’altissima forse speranza che va.

Fabio Pusterla

 

Nota dell’autore

Questa poesia ha rischiato più volte di finire nel cestino, ed è stata (forse) definitivamente riabilitata quasi per caso, mentre cercavo un testo adatto per rivolgere un augurio a pochi amici. L’origine di questo testo ha a che vedere con un tema sui cui sto lavorando da alcuni anni, il tema delle gabbie. Attorno a questa immagine sono nate parecchie poesie, dentro le quali le gabbie svolgono principalmente una funzione tematica o simbolica. Ma ad un certo punto avevo pensato di tentare anche un’altra via, e di costruire una gabbia formale, dandomi delle regole strette da rispettare; credo di rammentare un vago progetto di gabbie multiple, con forme diverse, come si possono vedere in quelle vaste prigioni che sono i giardini zoologici. Immaginavo di costruire voliere, terrari, recinti di parole, quadrati, rotondi, rettangolari o romboidali. Poi, quel progetto troppo teorico e troppo ambizioso è più o meno scomparso nel nulla; ma dalle sue ceneri deve essere nata questa poesia, originata, come capita a volte, da un grumo di parole formatosi più o meno da solo nella mente: parola navicella parola libertà. Il resto si può immaginare; ma se ora guardo il filo interno di questo mesostico, la traccia traballante che lo attraversa in diagonale, non vedo tanto l’imperfezione geometrica; piuttosto penso al tracciato sinuoso di una nave rompighiaccio, o a una cicatrice che non sa scomparire del tutto. È una navicella incerta questa, ma non del tutto abbandonata ai venti e alle correnti; non un bateau ivre, piuttosto un guscio di noce che insiste.

Lugano, dicembre 2020

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Fabio Pusterla, lo sguardo del bambino

Fabio Pusterla

da PIETRA SANGUE (Marcos y Marcos, 1999)

A Nina che ha paura

Gli scricchiolii notturni e quel silenzio
irreale: foglie, voci lontane, uno sciacquío
forse di grossi pesci nel lago. Anche la luna
che passa ha la sua voce
lunare, di capra gialla. Ed è il tuo turno,
stavolta, di vegliare
su me, sul mio respiro
che ogni poco svanisce nel buio.
Ma non pensarci, se puoi,
non preoccupartene;
so troppo bene cos’è svegliarsi di notte,
tendere invano l’orecchio, maledire
il nulla che ti attornia,
un muro inerte. Continua a leggere