Irène Némirovsky, “Re di un’ora” & altri testi inediti

Irène Némirovsky

«Re di un’ora & altri testi inediti», a cura di Cinzia Bigliosi (Edizioni Ares, 2021) è un volume che raccoglie testi mai pubblicati prima in Italia di Irène Némirovsky.

Il libro propone anche due capitoli «ritrovati» (forse altre versioni) di Suite francese – il titolo più famoso dell’autrice, pubblicato postumo e divenuto caso editoriale e besteller nel 2004, tradotto in 36 lingue. Si tratta di una riscrittura in cui Némirovsky cambia il destino di padre Philippe Péricand, uno dei protagonisti della prima sezione del romanzo, Temporale di giugno.

Mentre revisionava il testo del romanzo che sarebbe poi diventato Suite francese, nel 1940, Irène Némirovsky fu raggiunta dalla notizia della tragica morte – per mano dei tedeschi – di padre Bréchard, suo confessore che l’aveva accompagnata nella conversione al cattolicesimo e per il quale nutriva «un affetto e una stima sconfinati». Egli era stato il modello di padre Péricand, protagonista di una delle sequenze più drammatiche dell’opera.

Nella versione del 2004 il giovane parroco, un giovane borghese dalla vocazione fredda, è vittima di ragazzi che gli erano stati affidati in odore di riformatorio, e muore in «una trappola del demonio» violentissima e immotivata.

Ben diversa la sorte che gli tocca in queste nuove e più accalorate pagine: prima della pallottola che gli sarà fatale, padre Péricand «chiede a Dio di essere sacrificato al posto dei suoi uomini, delle loro anime che vuole salvare tutte, implora il perdono divino per chi tra loro abbandonerà, come altri uomini abbandonarono un tempo il Cristo lungo il calvario del suo destino».

Più controversa e dibattuta, invece, la sorte di Re di un’ora.

«Il testo, che uscì per la prima volta a puntate sulle pagine del Magazine d’aujourd’hui nel maggio 1934, presenta aspetti insidiosi e facilmente manipolabili da parte di una critica maliziosa che, come segnalato all’atto dell’uscita in Francia dallo stesso biografo della Némirovsky, Olivier Philipponnat, tenderebbe a leggere un atteggiamento ambiguo nei confronti del mondo ebraico».

(Dalla Nota ai testi di Cinzia Bigliosi)

Pensato e scritto per una rivista di destra, l’articolo analizza il «macher», tipica figura del faccendiere che viene qui studiato con sguardo critico verso quella tradizione yiddish alla quale afferisce.

Completano l’opera – oltre all’introduzione di Cinzia Bigliosi sull’«officina teorica di Némirovsky» – altri materiali inediti, come critiche teatrali e cinematografiche, articoli, appunti, prefazioni, bozze. Continua a leggere

Franco Rella, “L’assenza della storia”

Franco Rella

INCIPIT

Un uomo si trova solo in una stanza e cerca di costruire una storia che possa intramare ciò che vive il dentro di lui e ciò che sta accadendo fuori, la sua vicenda e vicende collettive. La storia non riesce. L’uomo non riesce a costruire un racconto che tenga insieme le sue contraddizioni e le contraddizioni che solcano il mondo. E’ dunque sospeso in una sorta di lacerante esitazione, braccato da una serie di domande che si ripetono e si insinuano in lui inquietanti. Alla fine, da questo suo esilio, decide di mandare comunque al mondo, a qualcuno, a nessuno le poche parole che ha.

SCRIVERE

DI FRANCO RELLA

Si dice che nulla sarà più come prima. Ogni evento in gualche modo fa deviare il corso del mondo, persino la piccola increspatura sollevata dal volo di una libellula sul pelo dell’acqua di uno stagno. Il mondo è stato piagato da Auschwitz, dalla bomba atomica, dalle guerre postcoloniali, dalle grandi migrazioni di massa, dal sessantotto, dall’11 settembre, e poi dall’irrompere delle minoranze sulla scena delle metropoli contemporanee, neri, femminismo, gay, transgender. Ora è la pandemia, è il massacro dei vecchi nelle case di riposo, è la balbettante incompetenza della politica, che fa dire che nulla sarà come prima. Che porta un intellettuale, che non solo non ha previsto il virus, ma che si è sentito impreparato ad affrontarlo, a dichiararsi disarmato. Ma Auschwitz è stato, malgrado tutto, ben più dell’attuale pandemia virale. Auschwitz è stato mettere l’insieme del sapere, a partire dall’illuminismo fino al dispiegamento della scienza e della tecnica, al servizio dell’attuazione di fabbriche di morte. Auschwitz ha corroso le coscienze, ha intaccato le anime, ha bacato le menti. Adorno ha detto una frase, che è stata ampiamente equivocata, e che rimane pur tuttavia ancora comunque discutibile. Ha detto che dopo Auschwitz non è più possibile poesia. Ma dopo Auschwitz c’è stata l’immensa poesia di Paul Celan, il tardo Montale, Wystan Hugh Auden, La montagna magica di Thomas Mann, Beckett, Philip Roth e Don DeLillo, e Yoram Kaniuk, e Yehoshua Kenaz. C’è stato Francis Bacon, Lucio Fontana, Mark Rothko. Dopo Auschwitz c’è stata anche La dialettica negativa di Adorno.

Ma dove ti collochi tu con la tua scrittura? Qui dove sei ora, nella stanza con la finestra, non hai i tuoi libri, nemmeno quel centinaio di libri che – lo hai detto da qualche parte – costituiscono il tuo bagaglio essenziale. È vero che come ha scritto Joyce non si sa mai di chi si masticano i pensieri. Hai preso per caso in mano un libro di Marguerite Duras, che certamente non fa parte del tuo bagaglio essenziale, e hai letto alcune parole che ancora prima di averle completamente lette ti eri già ripetuto più volte in questo periodo, e che caratterizzano, almeno così credi, tutto quello che stai cumulando, riga dopo riga, in queste pagine. Hai parlato della necessità di una storia, e della tua esitazione a definirla. Leggi che Duras afferma che “scrivere non è raccontare storie”. Scrivere è raccontare “una storia e l’assenza di questa storia”. È quello che hai fatto finora. Questa storia e la storia assente di Wallas, di Dora. Anche la tua storia assente, dal momento che non sei riuscito a farti trasportare dai tuoi personaggi. Sai che andrai avanti fino ad un certo punto, quando deciderai che l’assenza della storia si sia finalmente compiuta, realizzandosi come assenza oppure costruendo la sua lacuna compiuta nel corpo del testo.

È per questo che vinci la tentazione di ripercorrere ciò che hai scritto, di mettere a posto le parti dissonanti, gli elementi che ciò che è venuto dopo ha reso incongrui o contraddittori. Qualsiasi correzione cercherebbe inevitabilmente di smussare gli spigoli e gli angoli del disegno che traccia via via il profilo di quella lacuna che è lo spazio della storia che non c’è, della storia assente, che è cresciuta fino a sovrapporsi e prendere il posto di qualsiasi storia possibile. Continua a leggere

Itzhak Katzenelson, “Canto del popolo yiddish messo a morte”

La descrizione degli ebrei d’Europa si fonda sul terrorismo di un esercito contro inermi di ogni età e sesso. L’invasione della Polonia, settembre 1939, è accompagnata da annunci radio dei tedeschi in polacco che invitano la popolazione a nulla temere da loro. “Ma l’ebreo”, grida di colpo la radio, “l’ebreo deve tremare.”

Erri De Luca

IL LIBRO

Rinchiuso nel campo di internamento, il poeta ebreo polacco Itzhak Katzenelson nell’autunno del 1943 inizia a scrivere il Canto. Lo seppellirà dentro tre bottiglie tra le radici di una quercia, dietro il filo spinato del campo di Vittel, in Francia. Il manoscritto verrà ritrovato grazie alle indicazioni fornite dalla sopravvissuta Miriam Novitch e pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1945. Questa edizione è a cura di Erri De Luca che del libro dice: “Ho imparato lo yiddish per arrivare al Canto. […] Traduco il Canto perché è il canto dei canti, il vertice in poesia dell’esperienza della distruzione. […] Nel Canto c’è la vita feroce che vuole resistere con parole proprie e sceglie per resistenza la poesia”. Continua a leggere

Edith Bruck & Joëlle Gardes

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Edith Bruck fotografata nella sua casa di Roma vicino Piazza di Spagna durante l’incontro con la traduttrice e scrittrice francese Joelle Gardes, a dicembre del 2016. La sua poesia, scritta in lingua italiana, richiama molto lo stile di Primo Levi, ha la forza della testimonianza del dolore dei sopravvissuti alla Shoah.

 

Infanzia

Il tuo latte era già avvelenato
da un presagio minaccioso
le tue braccia stanche
non mi offrivano protezione
i tuoi occhi erano consumati dal pianto
il tuo cuore batteva per paura
la tua bocca s’apriva solo per pregare
o maledire me l’ultima nata che chiedeva rifugio
dalle sagome umane che colpivano nel buio
dai cani aizzati contro dai padroni taciturni e grevi
dallo sputo di bambini nutriti d’ignoranza
dagli idioti lasciati liberi
dalle vergogne e dalle catene familiari
per sfogarsi con gli ebrei
all’uscita della sinagoga. Continua a leggere

Wlodek Goldkorn, “Il bambino nella neve”

il_bambino_neveCos’è la memoria? Cos’è il passato? Cosa resta delle vite e delle morti di chi abbiamo amato, di chi ci ha preceduto? Riflessioni universali, che diventano lancinanti quando si applicano al passato di un ebreo, polacco e comunista, cresciuto nel dopoguerra in una patria che l’ha poi rinnegato. Continua a leggere

Cortona Mix Festival 2016

cortonafilmfestivalDal 30 luglio al 7 agosto si intrecciano sonorità classiche, rock e folk, tanti appuntamenti con le mille forme della narrativa, spettacoli, performance, proiezioni e numerose occasioni di relax nella città etrusca. Continua a leggere

Primo Levi, “Se questo è un uomo”

Primo Levi

Luigia Sorrentino legge la poesia da “Se questo è un uomo” di Primo Levi

Nota di Luigia Sorrentino

Tra il 1945 e il 1947, Primo Levi scrive il romanzo autobiografico “Se questo è un uomo“, dopo essere tornato in Italia dal campo di lavoro di Monowitz, uno dei tre campi che formavano il complesso di Auschwitz, in Polonia.

Fondato nel 1942, il campo divenne la sede della più grande fabbrica d’Europa per la produzione di gomma sintetica Buna-Werke – che però non entrò mai in produzione – presso la quale l’autore riuscì a trovare impiego come chimico riuscendo così a salvarsi la vita.

Nel campo di lavoro, liberato dall’Armata Rossa il 27 gennaio 1945, transitarono circa trentacinquemila deportati, tra di essi Primo Levi ed Elie Wiesel.

In epigrafe al romanzo “Se questo è un uomo”, Primo Levi inserisce una sua poesia, un appello rivolto al lettore a non voltare lo sguardo da un’altra parte come se quello che accadrà nelle pagine del libro non gli appartenesse.

Nel breve componimento, definito da Franco Fortini “alto e testamentario”, il lettore è apostrofato con parole durissime alle quali nemmeno l’autore che scrive si sottrae, allo scopo di essere egli stesso partecipe e di rendere compartecipe il lettore della gravità dei fatti che stanno per essere narrati. “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case” è l’incipit. Continua a leggere

Pierluigi Cappello, “Il dio del mare”

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In libreria dal 19 marzo 2015

La poesia, prima e oltre la parola
di
Antonio Prete

Un libro di prose, una meditazione intorno ad accadimenti, a gesti, a letture, che trova ogni volta la forma essenziale e il tono giusto per farsi racconto e insieme analisi, sguardo sul mondo e interrogazione, confdenza e giudizio. Il dio del mare afferma la necessità e la bellezza della prosa, di questa forma oggi desueta e persino peregrina, e che invece appartiene al proprio della tradizione novecentesca, e più in generale della nostra storia letteraria. Se il trionfo di un romanzesco destinato al facile consumo ha reso marginale e persino azzardato l’esercizio della prosa, il poeta Pierluigi Cappello mostra come nella forma breve che chiamiamo prosa, nel ventaglio delle sue possibilità, possano confuire allo stesso tempo tensione narrativa e grazia del dire, energia rifessiva e leggerezza dell’immaginare. E mostra come la variazione di temi e di ricordi, di scene e di tonalità discorsive possa corrispondere ai diversi punti d’osservazione dai quali guardiamo ogni giorno l’accadere, le forme e i modi dell’accadere. Per un poeta la prosa è un modo d’essere della poesia. Poesia e prosa sono vissute da un poeta come le due sponde di uno stesso fume. Su quel fume c’è lo stesso cielo, ci sono le stesse nuvole, c’è lo stesso vento, che è il vento della vita. «L’uso – dice Leopardi – ha introdotto che il poeta scriva in verso. Ciò non è della sostanza né della poesia né del suo linguaggio, e modo di esprimer le cose» (Zibaldone, 14 settembre 1821). Continua a leggere

Il Giorno della Memoria

 
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Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime dell’Olocausto. La ricorrenza è stata designata il 1º novembre 2005 dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite durante la 42esima riunione plenaria.
La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto. Continua a leggere

In memoria di te, Yitzhak Katzenelson

yitzhakIn occasione della Giornata Mondiale della Memoria che ricorre il 27 gennaio, questo blog vi propone una lettura: Il canto del popolo ebraico massacrato, scritto da Yitzhak Katzenelson.
Yitzhak Katzenelson nacque nel 1886 in Bielorussia, ma presto si trasferì con la famiglia a Lodz, in Polonia, dove aprì una scuola e si dedicò alla Letteratura, scrivendo sia in yiddish, sia in ebraico. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si rifugiò a Varsavia, dove assisté all’agonia del ghetto. Continua a leggere

Helga Weiss, l'Anna Frank praghese

weiss-140_referenceEscono i quaderni di una dei sopravissuti a Terezin, Auschwitz e Mathausen.
Helga Weiss, Il diario di Helga (Einaudi, pp 201, euro 19).
La storia
Una bambina obbligata a portare come spilla una stella gialla, che nel 1938 a Praga non dorme per i bombardamenti e sente continuamente parlare di “trasporti” di famiglie, amici, compagni di scuola. Finché tocca a lei, Helga Weiss, e ai suoi genitori lasciare la casa in cui è cresciuta per Terezin, poi Auschwitz-Birkenau, Freiberg e Mathausen. Continua a leggere

25 aprile, Siena festeggia la Liberazione

Appuntamento

Per festeggiare la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista, in ogni comune della provincia di Siena si terranno celebrazioni e iniziative promosse dalle amministrazioni comunali, dall’Anpi e dal mondo delle associazioni.

La città di Siena ospiterà le celebrazioni ufficiali del 68esimo anniversario della Liberazione con due giorni di eventi in programma già dalla giornata di oggi, mercoledì 24 aprile 2013. A promuoverli, il Coordinamento provinciale senese del Comitato fra le forze democratiche, sotto il simbolo “Resistenza, cuore della democrazia”. Continua a leggere

A Ostia Antica, Arte in Memoria 7

Appuntamento

In occasione del Giorno della Memoria 2013, domenica 20 gennaio (e fino al 13 aprile 2013) torna nella Sinagoga di Ostia Antica l’appuntamento biennale con Arte in memoria, la rassegna di arte contemporanea di respiro internazionale, a cura di Adachiara Zevi, organizzata dall’Associazione Culturale arteinmemoria. Continua a leggere

Tornano a Roma le foto dei bambini scomparsi ad Auschwitz

“Oggi riportiamo a Roma dopo tanti anni lettere e fotografie che i familiari degli scomparsi scrissero dopo la guerra per capire e sapere che fine avevano fatto i loro bambini, e questa fine noi la conosciamo, furono tutti uccisi quando scesero dal treno che li portava ad Auschwitz” .

Queste le parole del presidente della Provincia Nicola Zingaretti intervenuto alla presentazione del libro ‘16.10.1943. Li hanno portati via’. Il volume, a cura del Progetto Storia e memoria della Provincia di Roma, edito da Fandango Libri, testimonia la storia di oltre 350 bambini romani deportati dai nazisti durante l’occupazione della Capitale. Continua a leggere

Nasce a Torino il Memoriale dei poeti della Shoah

Il 21 marzo 2012, nella Giornata Mondiale della Poesia, sarà realizzato in Italia, a Torino, il Memoriale dedicato ai poeti assassinati nei campi di sterminio nazisti, durante la Shoah. L’Associazione Onlus “Nessun uomo è un Isola” e il Gruppo EveryOne annunciano in occasione del 21 marzo, Giornata Mondiale della Poesia (istituita nel 1999 dall’UNESCO), l’imminente realizzazione del progetto, che onorerà la memoria di poeti come Benjamin Fondane, Itzhak Katzenelson, Gertrud Kolmar, Max Jacob, i cui versi – scritti poco prima della deportazione o in alcuni casi addirittura nei ghetti e nei lager – hanno consegnato all’umanità, attraverso l’arte e il martirio, la memoria di milioni di vittime dell’odio razziale.

Il Memoriale sarà installato, a imperitura memoria, nel “cortile dell’ora d’aria” del Museo del Carcere Le Nuove di Torino. “E’ un grande mosaico a parete,” spiegano i promotori del progetto, “cui stanno lavorando gli artisti Dario Picciau, Roberto Malini e Liana Sopelsa in collaborazione con l’ingegner Thomas Gazit, sopravvissuto all’Olocausto in Ungheria. [Nella foto, Benjamin Fondane (Jasi, 14 novembre 1898 – Auschwitz, 2 ottobre 1944)] Continua a leggere

Biancamaria Frabotta, “Concerto per voce sola”

Da mani mortali, di Biancamaria Frabotta
A cura di Luigia Sorrentino

Il 28 febbraio 2012 alla Libreria Koob di Roma Biancamaria Frabotta in occasione dell’uscita della sua ultima raccolta di versi Da mani mortali  (Mondadori, Milano 2012) ha tenuto un Concerto di poesie per voce sola. Ognuno dei quattro tempi del concerto era preceduto dalle introduzioni critiche di Carmelo Princiotta che vi ripropongo in questo blog.

Da mani mortali è un itinerario nella vita attiva. Biancamaria Frabotta apre infatti il suo nuovo libro di poesia con Gli eterni lavori. Il racconto della coltivazione di un campo (con dietro il grande modello delle Georgiche) si unisce a una meditazione laica sul Secretum di Petrarca, a un’interrogazione sui rimedi. La viandanza trascolora nel pendolarismo fra città e campagna, fra il luogo della storia e della norma, delle nostre normalità anche alienanti, e il luogo di una natura lavorata con fatica, dunque tutt’altro che evasiva. Viene corretto, tra l’altro, l'”ottimismo” virgiliano, in base al quale l’ostinato lavoro vince tutto. Quando in campagna si porta con sé la città e viceversa, nella tratta fra Roma e la Maremma, il passo può risentirne: «So da quale piede zoppichi» sono le parole pronunciate da Agostino contro Francesco nel Secretum e riportate in epigrafe agli Eterni lavori, anche se per essere rovesciate al loro interno. Nel Secretum si tratta di una zoppia morale, causata dal dissidio fra la gloria e la virtù, negli Eterni lavori è piuttosto un’infiammazione sentimentale, dovuta al conflitto fra stoicismo e nostalgia. Continua a leggere

Memorie d’inciampo & programma

Appuntamenti
a cura di Luigia Sorrentino

Chi di voi non ha notato passeggiando per il centro storico di Roma le cosiddette ‘memorie d’inciampo’ (Stolpersteine)pietre a forma di sanpietrini in ottone lucente collocate spesso sulla soglia di una porta?  Quelle pietre d’ottone sono una iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, in memoria di cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti, aperta in diversi paesi europei. Su quelle pietre d’ottone sono incisi i nomi di persone che furono deportate a causa delle leggi razziali fasciste. L’iniziativa è partita nel 1995, a Colonia. A inizio 2010 erano installate più di 22 mila “pietre” in Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi. Continua a leggere

Addio a Hans Keilson, raccontò gli ebrei incantati da Hitler

Lo scrittore tedesco-olandese Hans Keilson, che ha raccontato con lucidità e vigore narrativo la
duplice, contraddittoria, ambigua reazione degli ebrei all’avvento del nazismo, è morto ieri nell’ospedale di Hilversum, nell’Olanda settentrionale, all’eta’ di 101 anni.
L’annuncio della scomparsa è stato dato oggi dal suo editore tedesco, S. Fischer Verlag di Francoforte sul Meno. Autore di fama mondiale, Hans Keilson è approdato per la prima volta in Italia grazie a Mondadori a fine dello scorso aprile con la traduzione di “La morte dell’avversario“. La pubblicazione di questo libro ha segnato la scoperta di uno scrittore ebreo fino ad allora inedito in Italia, ma altrove considerato uno dei più grandi del Novecento. Continua a leggere