Memorie d’inciampo & programma

Appuntamenti
a cura di Luigia Sorrentino

Chi di voi non ha notato passeggiando per il centro storico di Roma le cosiddette ‘memorie d’inciampo’ (Stolpersteine)pietre a forma di sanpietrini in ottone lucente collocate spesso sulla soglia di una porta?  Quelle pietre d’ottone sono una iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, in memoria di cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti, aperta in diversi paesi europei. Su quelle pietre d’ottone sono incisi i nomi di persone che furono deportate a causa delle leggi razziali fasciste. L’iniziativa è partita nel 1995, a Colonia. A inizio 2010 erano installate più di 22 mila “pietre” in Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi. Continua a leggere

Video-Intervista a Adam Zagajewski

Adam Zagajewski / credits ph. Silvio Lacasella


Adam Zagajewski
a cura di Luigia Sorrentino

Adam Zagajevski, saggista, scrittore e poeta, è nato a Leopoli (che ha fatto parte dell’ex Unione Sovietica e ora si trova in Ucraina) nel 1945. E’ considerato con Wislawa Szymborska il maggiore poeta polacco vivente. (Foto di Silvio Lacasella).

Zagajewski è noto anche per il poema “Try To Praise The Mutilated World”  – “Tentativo di lode al mondo mutilato” -uscito a puntate sul periodico statunitense “The New Yorker” e diventato celebre dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Candidato al Nobel per la Letteratura,  Zagajewski ha una voce che parla dallo sfondo di immense devastazioni contaminate dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla Shoah. Aveva solo quattro mesi quando la sua famiglia fu deportata in Polonia, paese di cui era originaria. Nel 1981 a causa della legge marziale polacca (quando il governo della Repubblica Popolare limitò drasticamente la vita quotidiana con l’introduzione della legge marziale, nel tentativo di schiacciare l’opposizione politica guidata dal movimento di Solidarnosc) Zagajewski fu costretto all’esilio e si rifugiò in Francia, a Parigi. Dal 2002  è tornato a vivere in Polonia. Attualmente risiede tra Cracovia e gli Stati Uniti e insegna all’Università di Chicago.

La sua autobiografia “Tradimento” è stata pubblicata dalla casa editrice Adelphi nel 2007, (traduzione di Valentina Parisi). La stessa casa editrice ha in corso di pubblicazione (per il 2012) una scelta significativa dell’intera opera poetica di Zagajewski.

Intervista Adam Zagajewski
di Luigia Sorrentino

Accademia americana di Roma
17 marzo 2011

In “Tradimento”, lei scrive: “La vita è tradimento. Chiunque possegga un’anima immortale, e abbia ricevuto la vita, è un traditore.” Sembra proprio che in questo libro per lei sia impossibile venire al mondo fuori della condizione del ‘tradire’ e ‘dell’essere traditi’.
Perché la vita è tradimento?

“Credo che abbiamo un innato desiderio di perfezione dentro di noi, ma la vita non è mai perfetta come l’idea che abbiamo di essa. Per me questi due livelli sono interessanti. Da una parte la nostra vita interiore, che forse non è perfetta, ma è ‘ideale’, e poi l’altro livello, quello quotidiano in cui siamo corrotti e non possiamo seguire i nostri ideali. Quelli che scrivono letteratura, e più in generale quelli che si occupano di arte, sono consapevoli di questa discrepanza tra la vita interiore e la vita economica o familiare. E’ un tradimento, non il peggiore, ma comunque un tradimento.”

Lei scrive: “Il mondo interiore, il regno assoluto della poesia, ha la caratteristica di essere inesprimibile.” E allora, che cosa succede se quel mondo interiore e inesprimibile, aspira soprattutto ad esprimersi? Lei dice: “Usa uno stratagemma. Finge di interessarsi e di interessarsi molto alla realtà esterna.” Con tale affermazione fa crollare l’idea che si ha dei poeti: spesso fotografati come esseri fragili, insicuri, poco realistici, sognatori…
Quale stratagemma utilizza il poeta per esprimersi?

“Questo frammento ha un tono ironico, non credo totalmente a quello che ho detto. Mi sembra che a volte i poeti o i romanzieri credano che quello che hanno da dire è difficile da esprimere e quindi quando succede qualcosa nel mondo reale nel libro si trasforma in una catastrofe o in un elogio. Non sempre lo scrittore è coinvolto in prima persona in quello che scrive e allora si usano questi stratagemmi, ovvero utilizzare degli eventi che siano intellegibili, empirici, fisici, concreti, degli eventi che siano totalmente tuoi.”

Adam Zagajewski / credit ph di Stefano Strezzabosco

Ci parla dell’ineffabile ‘cinismo’ della poesia e della paura che ha la poesia di svelare il proprio “segreto”… Poi dice che la poesia ha un cuore freddo… ci dice che la realtà capirà improvvisamente di essere stata soltanto un pozzo inesauribile di metafore e scomparirà. E la poesia resterà sola al mondo, muta, vuota, triste e incomunicabile…
Che significa? Davvero la poesia ha un cuore freddo? Davvero la poesia teme che qualcuno possa scoprire il suo segreto?

“Credo che nella poesia ci siano due aspetti. Il primo è il cuore di pietra. Quando, ad esempio, si scrive un elogio funebre, quando qualcuno che ami muore, il cuore non rimane insensibile e si sente concretamente l’affetto e la tristezza, ma, allo stesso tempo, se si vuole scrivere una buona poesia, bisogna pensare anche alle caratteristiche tecniche e trovare delle buone metafore. Non basta dire: ‘come sono triste!’ Quella è una cattiva poesia. Bisogna trovare un modo per trasmettere il messaggio e questo approccio formale è freddo. Quindi c’è l’aspetto emotivo, dato da un sentimento o da una sensazione, e poi c’è questo ‘interesse tecnico’ molto freddo. Come posso esprimermi, come posso dire una tale cosa in modo che anche gli altri la capiscano?” Continua a leggere