Anteprima Editoriale, Lo Specchio – I poeti del nostro tempo

IL RESTYLING giugno 2017

Il rilancio editoriale dello “Specchio” segna il ritorno della collana alla sua vocazione originaria. Lo dichiara il testo programmatico con cui si aprono i nuovi volumi:

Negli anni 40, sullaletta de Lo Specchio, lEditore scriveva: «Di qui si irradia il canto della nostra lirica, qui giungono le voci nuove della giovane poesia e si affiancano ai grandi nomi già noti in tutto il mondo continuando la gloriosa tradizione italiana attraverso i secoli e i tempi».

A settantacinque anni dallesordio della più prestigiosa collana italiana dedicata alla poesia – che, a partire da Cardarelli, tra i tanti ha ospitato Ungaretti, Montale, Quasimodo, Saba, Sereni, Zanzotto, Raboni, Giudici, Porta, Gatto –, lEditore riprende e conferma la sua originaria vocazione.

In questo nuovo formato, Lo Specchioaffiancherà alla poesia più recente le voci già celebri in Italia e nel mondo e chiederà ai poeti italiani di offrire al nostro pubblico la poesia universale, ravvivando quella consuetudine che in anni lontani ci ha regalato traduzioni memorabili. Infine, con le antologie, Lo Specchiotornerà a fare il punto sul percorso creativo ed estetico delle nuove voci che mirabilmente stanno continuando «la gloriosa tradizione italiana».

Il rilancio intende richiamare le caratteristiche di varietà ed eclettismo che hanno contraddistinto “Lo Specchio” nel corso della sua ricca e gloriosa storia.

A partire dal 2017 saranno pubblicati sei titoli all’anno, suddivisi secondo alcuni grandi filoni che verranno costantemente alimentati:

  • novità di poeti italiani
  • novità di poeti internazionali
  • raccolte o antologie per fare il punto sul percorso dei principali poeti del nostro panorama
  • rivisitazioni di grande voci della poesia classica e novecentesca per il tramite di poeti contemporanei.

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Carlangelo Mauro, “Il giardino e i passi”

Nello scaffale, Carlangelo Mauro
a cura di Luigia Sorrentino

dalla quarta di copertina

In questa sua ultima raccolta Carlangelo Mauro si muove alla ricerca della propria origine: un mondo di umili, lontano, rimosso, che riaffiora per segni e ritrovamenti di sepolti in una lenta, spesso impossibile discesa, segnata com’è dagli «occultamenti » del presente. Di fronte agli avvenimenti irrevocabili e catastrofici della storia, l’economia di gesti domestici e di «voci in disarmo» costituisce una sapienza perduta per la stessa poesia che rivela la sua insufficienza. Le parole di quel mondo «che valgono una vita / senza essere mai scritte» sono infatti irripetibili, i piccoli rimangono «foglie disperse / senza racconto o rima». Nei suoi luoghi abitualmente vissuti, l’autore incontra morti e reperti umani «sigillati» dal materiale piroclastico del Vesuvio, che sembrano comunque voler esprimere, a fronte dei «roghi perfidi » dell’oggi, il valore della marginalità, individuale e storica.

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Le parole che salvano

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

Silvano Trevisani  “L’altra vita delle parole” Edizioni Nemapress
Dalla prefazione sl libro di Plinio Perilli
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(A Silvano Trevisani, con cui finalmente si ribalta, e forse si smentisce, la poesia melanconica, statica e romantica dell’immobile Sud…)
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La poesia del Sud, langue: langue e s’impausa, s’innarcisa in verità la poesia tutta, tra noia e malessere, ansie d’un moderno ineffabile, d’un futuro inattendibile – e nostalgie invece d’un passato che forse nessuno bene più ricorda, quanto fosse atroce, bolso di mille drammi… Langue perciò la poesia tutta, com’è ovvio . Ma quella del Sud, e che ci è stata cara, e molto lo è ancora – per le amicizie nuove e i debiti sensuosi ed effusi coi versi di Gatto, il miglior Quasimodo, l’estro di Sinisgalli, il sogno egualitario di Scotellaro, la follia lucida di Calogero, la follia nobile di Lucio Piccolo… – la poesia del Sud tranne rari casi, non esce mai dagli schemi, amministra lo stereotipo, con fiera o tenue compunzione sensibile… Chiede insomma a se stessa di esistere solo o quasi come ombra o parvenza, lacerto del possibile, sinuosa o effusa retorica.

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L’integrazione Culturale Attraverso La Letteratura

Dopo il successo della prima edizione del Premio Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa, “L’integrazione Culturale Attraverso La Letteratura” , organizzato dal Centro Ecuatoriano de Arte y Cultura a Milano ed dal Consolato Generale dell’Ecuador a Milano, il 26 maggio nella Sala Montanelli-Lanfranchi del Circolo della Stampa di Milano, si conclusa con la premiazione dei vincitori l’edizione 2012 del premio.

La serata è stata dedicata a tutti gli scrittori e poeti che hanno partecipato a questa seconda edizione del premio fortemente voluto dal Ceac e in particolare da Guaman Allende, presidente del premio e addetto culturale del Concolato dell’Ecuador. Molti i premiati nelle diverse categorie sia per lavori inediti sia inediti. Continua a leggere

All’asta i versi di Pablo Neruda che ispirarono “Il postino”

Va all’asta il libro del poeta cileno Pablo Neruda, “Los versos del Capitan”, che ispirò “Il Postino”, il romanzo di Antonio Skarmeta pubblicato nel 1986 e divenuto celebre per la trasposizione cinematografica realizzata da Massimo Troisi nel 1994. E’ un libro di mitica rarità di cui non si registrano copie vendute in asta nei decenni scorsi.

Sarà messo in vendita dalla casa Bloomsbury a Roma (Palazzo Odelscalchi) martedì 27 marzo con una stima che oscilla tra 15 mila e 20 mila euro. Continua a leggere

Francesco Agresti, Al di là del mare

Francesco Agresti, già noto per la sua attività di promotore culturale e di poeta, ci presenta il suo primo romanzo, “Al di là del mare” Lepisma Edizioni, (18 euro).

“I suoi versi descrivono quasi sempre paesaggi mitici o amori superbi e sono scritti con lirismo denso di umori. Lo stesso lirismo utilizzato in questo romanzo che, scritto in prima persona, dà, all’inizio l’idea di un diario ma che poi diventa narrazione fluida e accattivante di un amore e di un’idea dell’amore.
La trama è esile e senza complicazioni di intrecci e parte da una gita ad Eboli richiesta da un professore che ha conosciuto Quasimodo e che desidera visitare i luoghi della cittadina nominata nel titolo del suo libro da Carlo Levi.
Il protagonista e il professore camminano per Eboli carichi di memorie, il primo rivivendo sensazioni ed emozioni della sua infanzia, essendo nato proprio ad Eboli, il secondo ricorrendo a ricordi letterari. Una bella esperienza che assume una dimensione particolare quando entra in Assunta, la bellissima ragazza sensibile e aerea, quasi un mito incarnatosi nelle sue fattezze.”
(… continua in libreria)

dalla prefazione, di Dante Maffia

Addio a Luigi Di Ruscio, il poeta della condizione operaia

E’ morto stanotte a Oslo il poeta Luigi Di Ruscio, aveva 81 anni. Molto amato da Franco Fortini, Paolo Volponi e Salvatore Quasimodo, che lo definì “uomo d’avanguardia nel senso positivo, cioè della fede nell’attualità e per la violenza del discorso”. Era nato a Fermo nel 1930 ma era emigrato in Norvegia nel 1957. Il suo ultimo libro uscito in Italia La neve nera di Oslo, è stato pubblicato nel 2010 da Ediesse. Di Ruscio, che per quarant’anni ha lavorato a Oslo in una fabbrica metallurgica, ha pubblicato la sua prima raccolta di versi, Non possiamo abituarci a morire, con prefazione di Franco Fortini, nei primi anni Cinquanta. E sarà Salvatore Quasimodo a presentare, nel 1966, la sua seconda raccolta, Le streghe s’arrotano le dentiere. In quegli anni le sue poesie entrano anche nelle più importanti antologie tra cui proprio Poesia italiana del dopoguerra di Quasimodo. Tra i suoi libri di poesia anche: Istruzioni per l’uso della repressione con presentazione di Giancarlo Majorino, uscita nel 1980 per Savelli, ‘Firmum’ (peQuod 1999), L’ultima raccolta, con prefazione di Francesco Leonetti (Manni 2002) e le Poesie Operaie, con prefazione di Massimo Raffaeli, pubblicate nel 2007 da Ediesse 2007. E’ autore anche di testi di narrativa, fra cui: Palmiro (Baldini&Castoldi, 1996), L’Allucinazione (Cattedrale, 2008) e Cristi polverizzati con la prefazione di Andrea Cortellessa (Le Lettere 2009).

Raffaelli parla di Di Ruscio come di “una splendida eccezione, una assoluta singolarità, nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento. Non un poeta-operaio come pure e sbrigativamente si è detto tante volte, quasi si trattasse di sommare il sostantivo all’aggettivo, o viceversa, ma un poeta capace di introiettare/metabolizzare/rielaborare la condizione operaia alla stregua della condizione umana tout court”.

la speranza andava mostrata subito
inutile tenerla nascosta per paura che venisse derubata
sostenerla con versi blasfemi o sferici
e alla fine delle composizioni
come sbattendo il coperchio
di una cassa da morto
per chiudere tutto

 

http://www.nazioneindiana.com/2010/06/09/intervista-a-di-ruscio/