Piero Bigongiari, “l’amore del mondo”

Piero Bigongiari

 Il tuo occhio guarda nel fuoco
 la visione brucia
 un gelo nutre il seme della luce
 nel ghiaccio, la banchisa
 celeste si sfa.
 Io non so quel che è stato
 la terra si cretta, escono scorpioni
 il ragno sale al centro della tela
 il mare opina
 che il sole esiste per tingersi di terra
 sulle acque pensieroso.
 Non oso, amore, non oso
 chiamarti.
 Appoggiata a una domanda non è una risposta
 ma tutto l’amore del mondo
 è una parola.

 Piero Bigongiari, una poesia da Antimateria, Mondadori, 1972

 ***

 Ti perdo per trovarti, costellato
 di passi morti ti cammino accanto
 rabbrividendo se il tuo fianco vacuo
 nella notte ti finge un po’ di rosa.

 Quali muri mutevoli, tu sposa
 notturna, quale spazio abbandonato
 arretri al niveo piede, al collo armato
 del silenzio dei cerei paradisi

 che in festoni di rose s’allontanano?
 Eco in un’eco, mi ricordo il verde
 tenero d’uno sguardo che dicevi
 doloroso, posato non sai dove

 di te, scoccato dentro il misterioso
 pianto ch’era il tuo riso. Oh, non io oso
 fermarti! non i muri che dissipano
 di bocci fatui un’ora inghirlandata.

 Odi il tempo precipita: stellata,
 non so, ma pure sola Arianna muove
 dalla sua fedeltà mortale verso
 dove il passo ritrova l’altra danza.

 Piero Bigongiari, una poesia da La figlia di Babilonia, Parenti, Firenze, 1992

Piero Bigongiari, nato in provincia di Pisa nel 1914, è morto a Firenze nel 1997. Critico, scrittore, docente, poeta ed intellettuale eclettico, la sua copiosa produzione poetica e saggistica (e, in un certo senso, gran parte della sua esperienza individuale) è nata e si è sviluppata nell’alveo dell’ermetismo fiorentino, insieme a Luzi, Parronchi, Macrì, Gatto e altri, diventandone forse la voce più densa, tesa e complessa. Sempre in questo contesto prende forma la sua collaborazione con alcune delle grandi riviste letterarie del ventesimo secolo («Il Frontespizio», «Letteratura», «Campo di Marte»). Profondo conoscitore – tra le altre cose – di Leopardi, del barocco e del novecento poetico francese, è stato anche prolifico traduttore (Conrad, Rilke, Ponge, Thomas, René Char).


La scelta dei testi qui selezionati è di Giovanni Ibello

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