Paolo Fabrizio Iacuzzi, “Consegnati al silenzio”

POESIAFESTIVAL 2018
Paolo Fabrizio Iacuzzi
photo © Serena Campanini

VIBRIO CHOLERAE IACUZZI
(per Francesco Iacuzzi, mio padre, 1922-2015
e per Francesco Iacuzzi, medico della peste, 1854)

Il letto di mio padre. I suoi escrementi.
La sua malattia ridotta a scoprire tutti i suoi
muscoli. I legamenti con un fascio di soli nervi
in un museo di anatomia. Speculazione scabra.

Non ti ho mai ritratto tanto come nel momento
che sei nella mia camera da letto. Dentro un letto
di ospedale a casa. Mentre la lampada gialla
anni Settanta illumina tutto questo letto.

Scavato e presso alla morte. Ma io vivo ancora
e ti vedo imbalsamato nell’asciutta faccia di te
ragazzo. Prosciugato al posto mio. Come se

scarnificato fossi stato tu colpito al posto mio
malato da quasi vent’anni. Vedendo te
pietrificato per tempo dentro di me. O salvo.

 

Dalla sezione: IL PADIGLIONE VERDE
pensaci qui riuniti

III

Ormai non c’è più niente che possiamo fingere.
Consegnati al silenzio e indifferenti al mondo
amiamo i nostri simili come li amate voi. Siamo
dentro al buio per aspettar la luce. Entrare

in fondo piano tra spifferi dei mutui. Ci Illumini
la lingua ci stani tutti i virus. Negli organi
annidati per zecche a cani sciolti. Nascosti
nei reami di ghiandole e di organi. In santuari

esistono e dormono in silenzio. Tutti i nostri
virus per farci stare in bilico. Sull’orlo della vita
quando è sera pensaci. Da soli noi restiamo
preda al desiderio. Dicendo ancora sì e non più.

IV

Contagio più non siamo perché nei nostri virus
dormono nelle cellule. E quando c’è il mattino
ci inonda la fatica. Avere assunto i farmaci
ed essere già stanchi. Ti supplichiamo pensaci

pensaci col groppo in gola. Non possiamo dire
ci manca l’alfabeto. Ci manca quel coraggio
che solo hanno gli eroi. Sono solo loro dentro
al mondo, noi siamo sommersi. Siamo solo

dei curati per farmaci e confetti. Aver sollievo
in gola se l’afta ci divora. Vogliamo dirti pensaci
insieme a tutti gli altri. Senza cura per il male
la morte è ancora vita. Non è la morte ancora.

 


BIZZARRO UNICO AMORE

(per Leone Piccioni, 1925-2018)

 


Quando riporti in vita il cuore lo fai 

con una sintassi secca e rapidissima
altèra e incalzante. Gli opposti in bilico

sopra quella gita antica bicicletta
di ragazzo nella tua Pistoia in corsa
“dietro qualche inventata immagine”.

L’equazione sublime degli opposti.
Tu nella fuga dei bizzarri che brucia
in solitaria ogni traguardo. Toccato

l’apice del discorso ti stringi tutto
tiri il male e unico calzi sempre
perfetto. Lo scatto e arrivi in vetta.

Tocchi improvviso il mondo. E’ tutto.

Da: Consegnati al silenzio, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Bompiani, 2020

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La poesia di Alberto Bertoni

Poesia Festival 2017 Sabato a Vignola l’Alzheimer : la malattia, la cura, ……. photo© Serena Campanini

Per l’altrove quotidiano
di Marco Marangoni

Ormai dopo la pubblicazione di tutte le poesie, in lingua italiana (Poesie, 1980-2014 , Nino Aragno Editore, Torino, 2018 ), nonché di tutte le poesie scritte in dialetto modenese
(Zàndri, Book Editore, Ro Ferrarese, 2018), e tenendo conto sia della terza edizione di Ricordi di Alzheimer ( Book editore, Ro Ferrarese, 2016), sia della plaquette, Ricordi e cromosomi, uscita da Stampa 2009 (Azzate, VA, 2018), la poesia di Bertoni si presenta come un vertice di ricerca espressiva oltre che di consapevolezza teorica. Molto utile per accostare i testi è tra l’altro la diretta riflessione critica con la quale l’Autore ha sempre accompagnato il proprio lavoro lirico, e che si può apprezzare anzitutto a partire dalle annotazioni presenti nei libri citati.
Poeta, dal punto di vista generazionale, degli anni ’80, Bertoni condivide con autori usciti in quel decennio, e registrati in sede critica da Roberto Galaverni (Nuovi poeti contemporanei, Guaraldi, Rimini, 1996) l’interruzione del flusso utopico. Tutta la poetica del progetto-desiderio, dalla neo-avanguardia a La parola innamorata– antologia voluta non casualmente da A. Porta – sembra appannarsi presso i nuovi poeti degli anni ‘80. Il neoliberismo imperante che di lì cominciava e il sentimento di decentramento dalla “storia” hanno prodotto sul piano lirico un soggetto linguistico spaesato, del “dopo” – Così Bertoni: “A ogni costo, stasera/ rendiamo dialogiche le dissonanze/ perché la coscienza infelice diventi felice ma/ manca il minimo senso e cosa stai a fare, cosa/ hai paura di dire, cosa…”, da Le cose dopo (1999-2006), ora in Poesie ( 1980-2014) , op. cit. p. 56. –
E si aggiunga che con il senso di posterità, anche per la revoca del mandato sociale del poeta come in generale dell’intellettuale, la poesia fiorita in quella decade retrocede ad un sentire primonovecentesco, di “crisi”, di età dell’ansia, e dunque a maestri che pongono l’accento sull’assenza, sui vuoti: da Montale, a Caproni, a Sereni. Insomma la “cosa” politica o metafisica, comunque intesa, appare impraticabile: “Res amissa”. E In particolare per Bertoni, che scrive “questo lungo/ scolorare d’Occidente in grigio chiaro” (Poesie 1980-2014, op. cit., p.59), anche Gozzano è un classico di fondamentale riferimento. Continua a leggere

Alperoli/ Bertoni/ Rentocchini, “Come cani alla catena”

dall’introduzione di Marco Santagata

Rieccoli, eccoli di nuovo qui i tre poeti di Recordare. E però, quanto mutati da quelli! Per sei anni – tanti ne sono passati da quella raccolta – ciascuno dei tre ha seguito la sua stella lungo una rotta che non solo lo allontanava dal porto di partenza ma che anche lo divideva sempre più da quella degli altri due. E così, adesso, il loro ritrovarsi in uno stesso porto a tutta prima ha un po’ l’aria di un appuntamento al quale si è voluto mantenere fede, diciamo, un debito pagato all’amicizia, un modo per non perdersi di vista. Tuttavia si sa che le prime impressioni sono quasi sempre ingannevoli. Continua a leggere

Il poeta Umberto Piersanti incontra la poesia di Luigia Sorrentino (con un intervento critico di Sauro Damiani)

poesiafestival 13.Lezione magistrale Umberto Piersanti photo © Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

poesiafestival 13.Lezione magistrale Umberto Piersanti
photo © Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

Il 22 gennaio 2017  si terrà il terzo appuntamento alla Biblioteca “S. Zavatti” di Civitanova Marche alle 16.45:  Umberto Piersanti, uno dei poeti più importanti nel panorama nazionale, incontra Luigia Sorrentino che parlerà delle sue ultime opere di poesia, Olimpia (Interlinea, 2013; Recours au Poéme Editeur, 2015, (traduzione in francese di Angèle Paoli)  Inizio e Fine (Edizioni de La collana Stampa 2009, 2016) collezione di poesia diretta da Maurizio Cucchi e Figure de l’eau/Figura dell’acqua, su inchiostri e acquerelli di Caroline François-Rubino, traduzione in francese di Angèle Paoli. Il libro uscirà in primavera con le edizioni Al-Manar di Alain Gorius (Paris, 2017) e sarà presentato alla 35 esima Marché de la Poésie che si terrà da mercoledì 7 a domenica 11 giugno (place Saint-Sulpice – Paris 6e).

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Luigia Sorrentino e il gatto Ciccio (Photo Credits/Fabrizio Fantoni)

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Valerio Magrelli

POESIAFESTIVAL 2014 photo Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

POESIAFESTIVAL 2014
photo Serena Campanini-Elisabetta Baracchi

AUTORITRATTO

Da un’idea di Luigia Sorrentino
A cura di Fabrizio Fantoni

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La cicala e la formica, di Valerio Magrelli

                      Vivere è conoscere il mondo e voltarlo a benefizio tuo
                                            Francesco Guicciardini

Avevo vent’anni quando pubblicai su “Nuovi Argomenti” il mio primo intervento critico, ossia Marcel Proust e la pesatrice di perle. L’invito proveniva dal direttore della rivista, Enzo Siciliano, mentre l’idea era nata da un corso di Giovanni Macchia, che avevo seguito all’Università di Roma “La Sapienza”. In verità, baravo. Infatti, Siciliano mi aveva aperto quelle prestigiose porte grazie ai miei versi. Poco dopo, però, pensai di approfittarne per indossare un abito diverso: accanto a quello dello scrittore (ufficiale, per quanto fossi appena un esordiente), volli vestire infatti la divisa del francesista (titolo che avrei acquistato veramente solo col dottorato del 1986, dopo una torturante tesi in Storia della Filosofia colpevole, o meritevole, di avermi portato per anni fuori strada). Continua a leggere