Canzian, Conte e Grassi in finale al premio San Vito al Tagliamento

NOTA DI MATTEO BIANCHI

Sono migliaia i premi letterari nel nostro Paese e annualmente è impossibile tenerne un conto esatto. Purtroppo, però, seguendo i consigli di sedicenti portali a pagamento ben indicizzati emerge un’immagine del nostro panorama poetico alla stregua di un sottobosco, di un agglomerato di salotti e di baronie asfittiche che senza il canto della vanità svanirebbero. Oltre agli ambiti in cui per accaparrarsi una medaglia è necessario comportarsi da cortigiani e blandire il critico di riferimento, si mantengono alcune eccezioni, alcuni contesti nei quali premiare significa trovare e riconoscere, riconoscere una continuità con il passato e negli stessi versi trovare un buon motivo per lasciarlo andare. In sostanza, c’è chi si prende ancora cura delle opere pubblicate e non solo dei loro autori.

La missione del Premio San Vito al Tagliamento, fondato nel 1976 e oggi a cadenza biennale, si può riassumere in cinque versi di Andrea Zanzotto, che fu a lungo nella giuria tecnica: «Natali così lontani / da bloccarci occhi e mani / come dentro fatate inesistenze / dateci ancora di succhiare / degli infantili geli le inobliate essenze», da Dintorni natalizi (1997). Il riconoscimento, che tra gli atri è stato presieduto anche da David Maria Turoldo, Fernando Bandini e Silvio Ramat, in quasi mezzo secolo ha raccolto la partecipazione dei poeti più significativi del contemporaneo, dimostrando un impegno costante nel portare alla luce, o meglio all’udito, il legame indissolubile tra tessuto sociale e fatto poetico. Inoltre non è da tralasciare una certa declinazione dialettale, al di là dell’attenzione alla poesia in dialetto, che indica la stessa sostanza di responsabilità etica e poesia nel Sanvitese; infatti qui non è indifferente l’eredità del Pasolini di Casarsa, distante pochi chilometri da San Vito.

Per l’edizione 2020 la giura tecnica presieduta da Elvio Guagnini e composta da Gian Mario Anselmi, Nico Naldini, Marco Marangoni, Giacomo Vit ha selezionato tre finalisti, tra i quali domenica 21 marzo sarà dichiarato il vincitore dagli ottanta lettori che compongono la giuria popolare. Sono arrivati in finale Alessandro Canzian con Il “Condomio S.I.M.”  (Stampa2009, 2020), Giuseppe Conte con “Non finirò di scrivere sul mare” (Lo Specchio Mondadori, 2019), e Amilcare Mario Grassi con “la Figùa de pórvoa – Figure di polvere” (Manni, 2019).

Per l’occasione il blog “Poesia” della Rai, diretto da Luigia Sorrentino, ha invitato tre voci della poesia italiana contemporanea  a commentare i volumi dei tre finalisti:  Mario Santagostini, Giancarlo Pontiggia e Alberto Rollo.

Ve ne daremo conto nei prossimi giorni proprio su questo blog.

 

I FINALISTI Continua a leggere

Giacomo Vit, “Trin freit”

vit (1)Nota di Alessandro Canzian

La silloge ha come spunto la famosa gelata del 1929 che non colpì solo l’Italia settentrionale, ma gran parte dell’Europa. È abbastanza intuibile, però, che il dato storico è solo il punto di partenza per un discorso che va oltre il fatto contingente”. Con queste parole Giacomo Vit ci introduce al suo ultimo edito, un bellissimo libriccino (a dire il vero molto esile, e forse per questo ancor più prezioso) dal titolo “Trin freit – Spavento freddo” (Barca di babele 2015).

Giacomo è un poeta già noto nel nord est italiano ma non solo per la sua attività che lo vede inserito, assieme a Pierluigi Cappello, Fabio Franzin, Ida Vallerugo e diversi altri, tra i maggiori poeti dialettali contemporanei. Oltre Federico Tavan con la sua poesia istintiva, oltre quel grandissimo incipit dialettale che è stato Gianmario Villalta, Giacomo Vit rappresenta la volontà di continuare un discorso dialettale che ha un significato crescente, maturando, che crea una sua letteratura specifica che non abbandona il percorso (come invece altri) e anzi lo traccia con solchi sempre più definiti contribuendo a costruire una lingua che ancor oggi (si vedano le discussioni sull’insegnamento del dialetto nelle scuole) ha necessità e diritto di essere creata non solo attraverso la lingua in sé ma anche per mezzo dell’uso che di essa se ne fa in letteratura. Continua a leggere

L'Italia a pezzi

L'Italia a pezzi[1]Antologia di poeti in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila
“L’Italia a pezzi” è il primo risultato di una lunga ricerca iniziata nel 2008 dalla rivista Argo e proseguita per cinque anni con un folto gruppo di giovani critici, dalla quale è scaturita una mappatura della produzione poetica neodialettale e postdialettale dell’ultima fase del Novecento e dei primi anni del Duemila. L’antologia rappresenta un nuovo approdo e un punto di partenza per la poesia e per la letteratura contemporanea in Italia. Questo lavoro colma un vuoto creatosi negli ultimi quindici anni, durante i quali, dopo le approfondite esplorazioni compiute da Franco Brevini, si è registrata una quasi totale mancanza di accoglienza per le voci neodialettali da parte della grande editoria, a fronte di una produzione sempre più ricca e qualitativamente notevole. “L’Italia a pezzi” propone al lettore una campionatura di autori per i quali il ricorso alla scrittura dialettale non si configura come ripiegamento sul piccolo mondo antico, ma come un necessario incontro con la realtà/contemporaneità, che in molti poeti antologizzati produce scarti linguistici dalla norma. Continua a leggere

Il soggiorno dei poeti

Appuntamento

Nasce, ad Arta Terme di Udine, terra dove soggiornarono Carducci, Percoto, Pasolini, il Festival di Poesia IL SOGGIORNO DEI POETI.

Il 2, 3, 4 agosto si svolgerà la prima edizione di un festival che ha la natura di un ritiro di poeti aperto al pubblico. Per 3 giorni una ventina di scrittori vivranno ospiti del Comune e in questo leggeranno i propri versi, presenteranno i propri libri, si sfideranno in una gara poetica con in premio una pubblicazione offerta dalla Samuele Editore. E dal titolare della Samuele Editore, Alessandro Canzian, direttore artistico della manifestazione, le parole di ringraziamento al Comune e All’assessorato alla Cultura di Arta: “In un momento di profondissima crisi, nel quale si vedeva sempre il fondo del pozzo da due o tre anni, per poi scoprire che il fondo era sempre più in basso, nasce un interesse, una voglia di poesia. Continua a leggere