Il ritmo feroce di “Piazzale senza nome”

Luigia Sorrentino credits ph. Angelo Nitti

L’esperienza del dolore in Piazzale senza nome 
di Fabrizio Fantoni

Con Piazzale senza nome (Collana Gialla Oro Pordenonelegge-Samuele Editore, 2021) Luigia Sorrentino ci consegna una potente ricognizione dell’esperienza del dolore, vissuta attraverso il parallelismo tra la morte del vecchio e quella del giovane espresso dall’esergo tratto dai Fragmenta di Plutarco: “La morte dei vecchi è come un approdare al porto, ma la morte dei giovani è una perdita, un naufragio.”

In questa citazione ritroviamo il nucleo tematico attorno al quale ruota l’opera poetica dell’autrice che si articola nella correlazione tra due antitesi – approdo-naufragio – in una continua alternanza di avvicinamenti e allontanamenti, sotto la spinta di una lingua che non lascia tregua al lettore, che si colora di scarti improvvisi e repentine accelerazioni, per poi attenuarsi in un andamento orizzontale, ampio, quasi a simulare il respiro universale di una grande fine.

Il morire della persona amata impone il voltarsi indietro, tornare alla terra del padre per evocare la vita segnata dalla sofferenza dei giovani conosciuti nell’adolescenza: la morte del vecchio decreta la fine di un tempo – “la beata, sfiorata giovinezza”– e comanda di dare voce al sangue versato, comprenderne la ragione, dare un nome al dolore.

 

Con Piazzale senza nome Luigia Sorrentino compie un viaggio di ritorno all’origine che si concretizza attraverso il ricordo di una generazione ferita dalla dipendenza e dal convincimento di avere la forza di potersene liberare: Posso smettere quando voglio. In tale certezza risiede l’inganno della giovinezza che porta al naufragio. Continua a leggere

Maria Grazia Lenisa, "La rosa indigesta"

la_rosa_indigestaParliamo di… Maria Grazia Lenisa, La Rosa Indigesta, Contrasti, Bastogi Editrice 2006, pagg. 96, E 10,00.
Nota di Lettura di Rosaria di Donato
Maria Grazia Lenisa: Metamorfosi della Rosa
La Rosa Indigesta di Maria Grazia Lenisa, ha come sottotilo: Contrasti. Non è casuale il riferimento a questo genere letterario tipico della letteratura popolare, ma che in Italia è stato amato anche da autori come Cielo d’Alcamo, Jacopone da Todi e, nel ‘900, da Gabriele D’Annunzio. In realtà, come suggerisce la stessa Lenisa, si tratta, a proposito della Rosa Indigesta, di “una forma mentis ironica e drammatica che travalica il genere”[1] dando vita a brevi quadri sequenziali in cui il dialogo subentra alla narrazione. Continua a leggere