
Diego Bentivegna
Diego Bentivegna
Jorge Luis Borges
El desierto
Antes de entrar en el desierto
los soldados bebieron largamente el agua de la cisterna.
Hierocles derramó en la tierra
el agua de su cántaro y dijo:
Si hemos de entrar en el desierto,
ya estoy en el desierto.
Si la sed va a abrasarme,
que ya me abrase.
Ésta es una parábola.
Antes de hundirme en el infierno
los lictores del dios me permitieron que mirara una rosa.
Esa rosa es ahora mi tormento
en el oscuro reino.
A un hombre lo dejó una mujer.
Resolvieron mentir un último encuentro.
El hombre dijo:
Si debo entrar en la soledad
ya estoy solo.
Si la sed va a abrasarme,
que ya me abrase.
Ésta es otra parábola.
Nadie en la tierra
tiene el valor de ser aquel hombre. Continua a leggere
Alejandra Pizarnik
A cura di Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, è uscito per Giometti&Antonello L’altra voce, (2019) una raccolta di lettere di Alejandra Pizarnik. La corrispondenza è durata dal 1955 al 1972. Pubblichiamo una delle lettere, inviata da Alejandra a Jean Strarobinski.
di Antonio Nazzaro
Negli anni 70 il Sud America ha vissuto la tragedia delle dittature. Dittature che hanno portato il tema dell’esilio come uno degli elementi più forti, dittature che hanno inevitabilmente fatto nascere una nuova corrente di pensiero: la letteratura dell’esilio.
La generazione dei letterati nata a cavallo di quegli anni oscuri ha al centro dei suoi testi il conflitto tra il non aver voluto vedere o l’essere stati complici del regime, il confronto tra i padri e i figli e la speranza di un paese nuovo.
La poesia di Juan Arabia mette al centro dei suoi scritti un nuovo *destierro senza esilio. Come si fa evidente nel suo ultimo libro, già pubblicato in diversi paesi dell’America Latina, Il nemico dei Thirties e si spera di pronta pubblicazione in Italia. Continua a leggere
Nota di Marcella Graziosi
“Pubblicare il primo libro è per me una partenza che racchiude tanti precedenti passaggi attraverso il gioco della vita, compiuti con gioia, a volte con sofferenza ma sempre con l’impegno instancabile di quando da piccola giocavo al gioco della campana, o rayuela, per le strade di Buenos Aires.
Una memoria dei molti viaggi che mi hanno condotto ad essere ciò che sono; perché nulla vada perduto del bagaglio da portarmi dietro quando la vita chiamerà ancora e il mio cuore sarà pronto a seguirla verso nuovi spazi.”
Dall’introduzione al libro scritta dall’autrice
Il gioco della campana, la Rayela in argentino, ha rappresentato per me uno dei divertimenti preferiti quando a Buenos Aires, mia città natale, trascorrevo molte ore per strada a saltare sulle caselle disegnate dai bambini.
Lanciare il sasso e seguirlo nel quadrato dove andava a finire, raccoglierlo e poi tornare al punto di partenza senza cadere, saltando su un piede solo era, ogni volta, una sfida che metteva alla prova la nostra abilità.
Da allora molte volte ho lanciato il sasso nella rayuela della vita e raggiungerlo ha rappresentato una partenza, un viaggio, a volte felice, a volte fatale, a volte voluto, fuori e dentro di me.
“E il cuore quando d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra / per condurmi, Madre, sino al Signore, / come una volta mi darai la mano […]” scrive Giuseppe Ungaretti nella sua indimenticabile poesia alla Madre. Ed è all’Ungaretti del Taccuino del vecchio che Tamara Kamenszain chiede aiuto per cantare lo sconfinato dolore derivato dal taglio delle radici, della definitiva separazione che la lascia orfana dell’alterità che l’ha generata e la contiene.
L’eco di mia madre sembra nascere dalla confluenza di una polifonia di echi, che ne fanno canto corale, come spesso avviene nella poesia della Kamenszain. Il fiume in piena della voce della poetessa scorre verso la foce del silenzio, accogliendo in sé le voci d’altri poeti – amici e sodali, sconosciuti e distanti – condividendo il viaggio oscuro del tentativo di contenere in parole ciò che ne esonda, per pronunciare la sottrazione, la presente assenza esperita dalla figlia desmadrada dalla malattia, che l’ha privata della madre prima ancora che quest’ultima morisse.
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Letture
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Jorge Bergoglio “Dacci la grazia della tenerezza”, a cura di Marco Andreolli e Valerio Rossi, traduzione di Marina Vaggi, Interlinea, 2013, pp. 72, euro 8, Collana “Nativitas”.
La tenerezza, la carezza di Dio: sono le espressioni che ritornano più volte in questi discorsi e scritti che, in occasione del Natale, il cardinale Bergoglio rivolge al suo popolo di Buenos Aires. Un invito a ridestare nel cuore lo stupore davanti alla promessa che quel bambino, il figlio, sarà compagno nel cammino, sarà sempre accanto a ogni uomo per lenire il dolore delle sue piaghe. L’annuncio di un Dio vicino, che «si innamora della nostra piccolezza, che si fa tenerezza per accarezzarci meglio». Continua a leggere
Appuntamento
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“E’ passato oltre un secolo dalla nascita del Varietà come genere e, nella più assoluta imprevedibilità, quasi all’insaputa sua e nostra, è diventato nel volgere degli anni, passando anche accanto alle grandi Avanguardie del Novecento europeo (Futurismo compreso), un fenomeno culturale autonomo per originalità di idee, stimolanti confronti e provocazioni, commistioni di linguaggi (segnatamente di prosa e musica) che hanno talvolta cambiato la fisionomia del teatro in Europa – si legge nelle note di regia di Maurizio Scaparro – Se potessimo accanto a ricordi, nostalgie, rimpianti inevitabili nei confronti del “varietà”, cogliere anche quei fermenti, quelle sorprese, quelle vitalità di una storia ancora incompiuta, il risultato del nostro lavoro di palcoscenico, delle nostre “prove”, potrebbe essere certo utile, forse anche felice, perché consentirebbe alcune riflessioni parallele al “divertimento”. Continua a leggere
Oggi, mercoledì 10 agosto, all’Istituto Italiano di cultura a Buenos Aires, in Argentina, si terrà un ciclo di letture dedicate ad alcuni scrittori italiani dal Rinascimento all’Italia del benessere.
In rassegna passeranno Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Ippolito Nievo, Giovanni Verga, Gabriele D’Annunzio, Alberto Moravia e Vitaliano Brancati. Continua a leggere
Lutto nel mondo della letteratura per la scomparsa dello scrittore argentino Ernesto Sabato, morto nella sua casa di Santos Lugares, nella provincia di Buenos Aires. Avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 24 giugno. “Quindici giorni fa si era ammalato di bronchite e alla sua età è una cosa terribile”, ha spiegato la vedova Elvira Gonzalez Fraga.
Nato a Roma nel 1911 da genitori di origini calabresi immigrati in Argentina. Dopo aver conseguito il dottorato in fisica e seguito i corsi di filosofia all’Università de La Plata, Sabato ha lavorato sulle radiazioni atomiche presso il Laboratorio Curie. Ma nel 1945 ha scelto la letteratura e ha dedicato tutta la sua vita all’arte della scrittura Continua a leggere