Tamara Kamenszain, L'eco di mia madre

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“E il cuore quando d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra / per condurmi, Madre, sino al Signore, / come una volta mi darai la mano […]” scrive Giuseppe Ungaretti nella sua indimenticabile poesia alla Madre. Ed è all’Ungaretti del Taccuino del vecchio che Tamara Kamenszain chiede aiuto per cantare lo sconfinato dolore derivato dal taglio delle radici, della definitiva separazione che la lascia orfana dell’alterità che l’ha generata e la contiene.
L’eco di mia madre sembra nascere dalla confluenza di una polifonia di echi, che ne fanno canto corale, come spesso avviene nella poesia della Kamenszain. Il fiume in piena della voce della poetessa scorre verso la foce del silenzio, accogliendo in sé le voci d’altri poeti – amici e sodali, sconosciuti e distanti – condividendo il viaggio oscuro del tentativo di contenere in parole ciò che ne esonda, per pronunciare la sottrazione, la presente assenza esperita dalla figlia desmadrada dalla malattia, che l’ha privata della madre prima ancora che quest’ultima morisse.
Le parole di César Vallejo, Lucía Laragione, Coral Bracho, Sylvia Molloy, Diamela Eltitt, José Asunción Silva, Alejandra Pizarnik, che segnano un’esperienza di vita condivisa, sono richiamate dalla poetessa come il la che le restituisce la voce spezzata dal dolore che ha “tagliato il libro” nell’infanzia, inducendo la bambina al canto. La poesia è dunque ciò che sopravvive al silenzio. Le parole sono pietre, scavate a una a una dal greto del fiume, dalle brulicanti profondità dell’inconscio, dove l’identità adulta si amalgama e fonde con l’essenza dell’infanzia, nell’argilla da cui rinascere e prendere nuova forma, orfana della matrice, matrioska, originaria.
dalla prefazione di Chiara De Luca
*
Con mi hermana hablamos de ella.
Viste lo que dijo escuchá lo que no dice
te acordás lo que decía.
Con mi hermana le damos
una vida de muñeca la investimos
con lo que nos queda de sus grandezas pasadas
la vamos decorando
con lo que permanece de su dignidad presente
no sabemos qué más hacer es nuestra protagonista
la letra de ella sale por nuestras bocas
y decimos cosas que nadie
que no provenga de una estirpe pánica
podría llegar a comprender.
Son monólogos de dos perdidas en familia
mandamos señales guiños a otros tiempos
cuando el padre escuchaba y respondía
cuando la madre sostenía el eco de su voz
hola hola decía en el teléfono
hola le respondíamos nosotras al unísono
¿alguna novedad?
nada nada nada repite ahora
en este limbo que día a día la repite
la que lee avisos fúnebres del lado del revés
dio vuelta La Nación a la mañana
y la deja dada vuelta hasta quedarse dormida
porque de nada se enteró.
Antes no era así decimos con mi hermana
eso nos consuela seguimos esa huella
y nosotras mismas nos componemos
como muñecas también de la otra
metidas en la panza de la mamushka
nosotras tanteamos esa oscuridad
que mi madre descifra sin anteojos
la acompañamos hasta donde vaya
los avisos fúnebres no la encuentran todavía
y ella, analfabeta reciente, se protege bien
poniéndonos a nosotras a cubrir su revés.
*
Con mia sorella parliamo di lei.
Hai visto quel che ha detto hai sentito quel che non dice
ti ricordi quel che diceva.
Con mia sorella le diamo
una vita da bambola la investiamo
di ciò che ci resta delle sue grandezze passate
continuiamo a decorarla
di ciò che permane della sua dignità presente
non sappiamo che altro fare è la nostra protagonista
la sua lettera ci esce dalla bocca
e diciamo cose che nessuno
che non provenga da una stirpe panica
potrebbe arrivare a comprendere.
Sono monologhi di due perdite in famiglia
mandiamo segnali ammiccamenti ad altri tempi
quando il padre ascoltava e rispondeva
quando la madre sosteneva l’eco della sua voce
ciao ciao diceva al telefono
ciao le rispondevamo all’unisono
Novità?
niente niente niente ripete ora
in questo limbo che giorno dopo giorno la ripete
quella che legge annunci funebri al contrario
dio rovescia La Nación al mattino
e la lascia stremata finchè non si addormenta
perché non si è accorta di niente.
Prima non era così diciamo con mia sorella
questo ci consola seguiamo questa traccia
e anche noi stesse ci componiamo
come bambole dell’altra
poste nella pancia della matrioska
soppesiamo quell’oscurità
che mia madre decifra senza occhiali
la accompagniamo ovunque vada
gli annunci funebri non la trovano ancora
e lei, da poco analfabeta, si difende bene
mettendo noi a coprirle le spalle.
*
A ver a ver a ver repetía antes de morirse
como si algo le tapara la visión del otro camino
ése que ella ya tenía delante de las narices
pero que la dirección de su cuerpo aún se negaba a tomar.
A ver a ver a ver siguió insistiendo hasta el cansancio
mientras los que rodeábamos su cama queríamos ver también
si es que realmente algo visible,
un ángel o cualquier otra aparición,
metida de lleno en la asepsia de ese cuarto
podía darnos la clave médica de que algo estaba por pasar.
Después de que murió me sentí culpable
de haberla confrontado con sus fantasmas
a ver qué mamá a ver qué a ver qué.
Y aunque nada había para ver, eso es seguro,
ella encontró, parece, el objeto que buscaba
porque de un minuto para otro se quedó muda
mientras yo con la pregunta en la boca
me fui rumiando las razones de todos los asuntos del mundo
que en la cadencia insoportable de su repetición
no tienen, no tienen y no tienen
ninguna respuesta.
*
Vediamo vediamo vediamo ripeteva prima di morire
come se qualcosa le impedisse la visione dell’altra strada
quella che già aveva davanti al naso
che però la direzione del suo corpo ancora s’impediva di prendere
Vediamo vediamo vediamo continuò a insistere fino allo sfinimento
mentre noi che circondavamo il suo letto volevamo vedere anche
se davvero qualcosa di visibile,
un angelo o qualche altra apparizione,
immersa nell’asepsi di quella stanza
potesse fornirci la chiave medica di ciò che stava per accadere.
Dopo la sua morte mi sentii colpevole
di averla posta di fronte ai suoi fantasmi
vediamo che mamma vediamo che vediamo che.
E sebbene non ci fosse nulla da vedere, questo è certo,
lei trovò, sembra, l’oggetto che cercava
perché da un minuto all’altro si zittì
mentre io con la domanda in bocca
rimasi a ruminare sulle ragioni di tutti gli argomenti del mondo
che nella cadenza insopportabile della sua ripetizione
non hanno, non hanno e non hanno
nessuna risposta.
(Traduzione di Chiara De Luca)

Da: “L’eco di mia madre”, di Tamara Kamenszain, Edizioni Kolibris, 2014 (euro 12)
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tamara_photoNata a Buenos Aires nel 1947, Tamara Kamenszain ha effettuato i suoi studi superiori e universitari a Buenos Aires, laureandosi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, per poi intraprendere una intensa carriera in ambito letterario, collaborando con numerosi giornali e riviste letterarie, tra cui «Revista 2001», «La Opinión», «Plural», «UnoMásUno» e case editrici, tra cui Granica e il gruppo Aguilar-Altea-Taurus-Alfaguara. Ha inoltre preso parte come insegnante o coordinatrice a numerosi laboratori di saggistica, poesia e scrittura teorica alla Universidad Nacional Autónoma di Città del Messico. Dal 1979 al 1991 ha insegnato al centro culturale San Martín e al Colegio Argentino di Filosofia in Argentina e tenuto corsi presso le università di Argentina, Messico e Stati Uniti. È stata visiting professor alla Johns Hopkins University e fellow per la poesia presso la John Simon Guggenheim Memorial Foundation. Attivissima nel campo della promozione e diffusione della letteratura, ha preso parte a un gran numero di conferenze, conversazioni e seminari. È stata coordinatrice delle attività extracurricolari della UBA. Attualmente insegna presso la sede argentina della New York University
Tra le sue opere poetiche ricordiamo De este lado del Mediterráneo (1973), Los no (1977), La casa grande (1986), Tango bar (1998) El ghetto (2003), Solos y solas (2005), El eco de mi madre (2010), La novela de la poesía (2012). Tutte le opere poetiche della Kamenszain, insieme ad alcuni inediti, sono state poi raccolte dall’autrice stessa nel volume La novela de la poesia. Poesía reunida (Adriana Hidalgo Editora 2012), che la Fundación El Libro, ente organizzatore della Fiera del Libro di Buenos Aires, ha eletto “miglior libro di creazione letteraria pubblicato nel 2012”.
Tra gli scritti critici della Kamenszain ricordiamo Historias de amor y otros ensayos sobre poesía (2000), che raccoglie le precedenti opere di saggistica della Kamenszain, e La boca del testimonio (2007).
Sue poesie scelte e raccolte poetiche sono state tradotte in inglese, francese, portoghese e tedesco. Una scelta di poesie dalla raccolta poetica El ghetto è stata pubblicata con la traduzione italiana di Chiara De Luca nel sito Poetry in Translation .
Tra i riconoscimenti che le sono stati attribuiti ricordiamo: il primo premio municipale e il terzo premio nazionale per la saggistica, la borsa di studio della Fondazione John Simon Guggenheim, il premio Konex de Poesía, la medaglia al merito Pablo Neruda del Governo del Cile e il primo premio di poesia latinoamericana Festival de la lira.

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