Nuno Júdice, verità della poesia e poesia della verità

Nuno Júdice, per gentile concessione

Sulla poesia di Nuno Júdice
di Marco Bruno

C’è, nella poesia di Nuno Júdice, qualcosa che non c’è: c’è il non esserci di una caratteristica, una dote, una maledizione: l’ironia. L’ironia è quasi totalmente assente dalla poesia di questo grandissimo poeta portoghese, e anche quando c’è, è dolce, non è mai maligna, come se il poeta trascendesse, in questi momenti di altissimo lirismo e pensiero, la scherzosità – racchiudendola in sé, in modo giocoso e velato – e la meschinità comune del quotidiano. Júdice è poeta vero e sincero, che non finge una moralità, ma, per dirla montalianamente, fa del proprio meglio. E il risultato è sublime.

Ma ciò è dire ancora poco; con rispetto, ammirazione, venerazione ci accostiamo a questi versi, la cui complessità è spesso vertiginosa. Abbiamo scelto, traducendole, cinque poesie da uno dei libri più belli di Júdice, Guia de conceitos básicos (2010), ancora inedito in Italia. Il lirismo, leopardianamente, non vive alcun conflitto col pensiero, anzi scaturisce da esso.

È la ricerca della verità della poesia, che va a braccetto con la poesia della verità. L’universalità. Il paradosso, che sembra negare la possibilità della convivenza, in realtà, e proprio per contraddizione, la afferma. Essendo un paradosso, è ciò che non è, e in questo non c’è alcuna contraddizione, perché la poesia è un linguaggio trasfigurato, dove, e anche o soprattutto in Júdice fra gli altri, la parola deve, con semplicità (altro paradosso, apparentemente), dire, pronunciare, incarnare la bellezza della vita, bellezza gioiosa e dolorosa, sempre e ancora aquém (al di qua) della joie proustiana, bellezza pessoana, dove ciò che è bello e positivo lo è sempre in controluce, nella nostalgia, perché “non si percepisce mai la vita / così forte come nella sua perdita” (Mario Luzi, Quanta vita, vv. 24-25).

La bellezza della scrittura, allora, riscatto della pochezza umana quotidiana, non è bellezza formale, wildiana, mortale, ma è estetica vera, non proustianamente gioiosa, bensì malinconica, ma pura e, direi, persino disinteressata, arte dell’immortalamento delle briciole di vita, quelle briciole grandiose che dànno senso a un’esistenza intera. La vita, quella poesia che tutti possiamo vivere quotidianamente, si ferma e si esprime nelle poesie di Júdice, poesie voce di un rammarico per qualcosa che estasia, folgora e non si ferma.

Júdice trae linfa dalla propria capacità di pensare: ma è un pensiero non arido, non puramente intellettuale o logico, bensì vivente degli attimi della poesia. Lo sviluppo è sviluppo solo perché c’è la poesia, quell’essenza accaparrata da Croce (che rifà Leopardi negandolo), negata dalla scuola materialista, ma inalienabile. La poesia è la capacità di Júdice, o meglio del soggetto, del personaggio di Júdice, di pensare, di vivere, di non vivere. La condizione è la stessa del Montale delle Conclusioni provvisorie; ma il paesaggio è già quello di Satura. Pessoa, sì, ma in una dimensione più costruttiva, anzi, forse sarebbe il caso di dire, strutturale o strutturalista. E Blanchot, la riflessione geniale, sublime, sull’ontologia della poesia e della letteratura, la lezione benjaminiana, la libertà spregiudicata dell’approccio alla parola e alla storia, la poesia come saggio, il saggio come poesia. “Lo sguardo di Orfeo”: Blanchot, appunto, la densità vertiginosa del pensiero, che, come in Júdice, dolcissimamente non lascia scampo. Attenzione anche al gioco di Júdice col linguaggio, con la ripetizione, con l’architettura razionale e combinatoria, ma mai arida, sempre lirica. Ed è nell’ultima di queste liriche selezionate che si vede, si porge il gioco catartico: Júdice affronta il proprio dèmone o demonio.

“Episodio di caffè”. La morte è la letteratura, ma solo la letteratura salva dalla morte. Non c’è la gioia, ma c’è comunque Proust, e l’apparentemente negativo Pessoa.

Il poeta è inseguito da Euridice come dalla morte stessa, e solo se inverte il movimento della macchina da presa, fuggendo in avanti anziché all’indietro, e scegliendo lo stratagemma, l’astuzia del congelamento del tempo – la parola, qui sotto forma di “mi fermai” – per farsi precedere dalla negazione di sé (il desiderio di rivedere la donna, di rivedere se stesso, di morire, di diventare immortale, perché dà un nome), solo guardandola in faccia, e stabilendo se la morte è una metafora o meno, se lui è un poeta o meno, scegliendo fra la vita e la poesia, ma soltanto nell’affrontare la morte salvando entrambe; soltanto ingannando la propria paura della morte – interrogando il fantasma proprio tacendo, dandogli la parola, per poi sopravvivere in una domanda pilatiana che salva tutta la verità (e la vita) proprio perché non la nomina – può rovesciare la dannazione di guardare Euridice – la morte di Euridice – sempre dalla contraddizione di chi sta avanti senza voler camminare, procedere, vivere, scrivere. Solo uccidendo Euridice – salvandola per sempre, lasciandosi precedere da lei senza sapere chi ella sia – il poeta che forse non è più moderno ma contemporaneo (e cosa significa?) cioè classico, solo così questo poeta può, nell’enigma, salvare la verità, quella della poesia, cioè della vita.

Cracovia, 19 ottobre 2021

da Guia de conceitos básicos [Guida di concetti basici], Publicações Dom Quixote, Lisboa 2010

UMA REFLEXÃO SOBRE A BELEZA ETERNA, INTERROMPIDA PELA VISÃO DO EFÉMERO

A harmonia que, para os clássicos, exprimia a relação
das partes com o todo, atravessou os milénios sem alterar
o equilíbrio do homem no centro da sua esfera. Esse
homem, com a sua representação simétrica, define-se
a partir de um universo que tem um limite
na compreensão divina da matéria
e do espírito. E poderia continuar assim, se
não ouvisse um copo a partir-se no fundo
da casa – alguém que se distraiu, e que rompeu,
de súbito, o meu raciocínio. Ao mesmo tempo,
porém, descobri que nada do que eu pensava
era original; e só ao apanhar do chão os vidros
partidos, um brilho breve no seu contacto com
a luz me fez pensar que, afinal, a harmonia
também nasce da destruição, e o centro da esfera
desloca-se para o fragmento que seguro com
os dedos, antes de o deitar para o lixo.

UNA RIFLESSIONE SUL BELLO ETERNO,INTERROTTA DALLA VISIONE DELL’EFFIMERO

L’armonia che, per i classici, esprimeva il rapporto
delle parti con il tutto, ha attraversato i millenni senza alterare
l’equilibrio dell’uomo nel centro della sua sfera. Codesto
uomo, con la sua rappresentazione simmetrica, si definisce
a partire da un universo che ha un limite
nella comprensione divina della materia
e dello spirito. E potrei continuare così, se
non udissi rompersi un bicchiere in fondo
alla casa – qualcuno che si è distratto, e che ha rotto,
di colpo, il mio ragionamento. Al tempo stesso,
però, ho scoperto che nulla di ciò che io pensavo
era originale; e soltanto prendendo dal pavimento i vetri
rotti, un luccichio breve nel loro contatto con
la luce mi ha fatto pensare che, in fin dei conti, anche
l’armonia nasce dalla distruzione, e il centro della sfera
si sposta nel frammento che mantengo con
le dita, prima di gettarlo nella spazzatura. Continua a leggere

Hopkins, “Il naufragio del Deutschland”

Gerald Manley Hopkins a 19 anni

«Ritmo, energia, intensità d’una lingua magnificamente ostacolata, e una sofferenza a cui non dovevano esser estranei una struggente religiosità, le tacitate propensioni sessuali e lo scontro fra l’umiltà che si pretende dal sacerdote e il necessario orgoglio del poeta.»[…]

Con queste parole Nanni Cagnone, curatore e traduttore de Il naufragio del Deutschland (Giacometti e Antonello, Macerata, 2021) frutto di una rielaborazione durata decenni, descrive le caratteristiche salienti dell’universo poetico di Hopkins.

Part the First. Stanza One

Thou mastering me
God! giver of breath and bread;
World’s strand, sway of the sea;
Lord of living and dead;
Thou hast bound bones & veins in me, fastened me flesh,
And after it almost unmade, what with dread,
Thy doing: and dost thou touch me afresh?
Over again I feel thy finger and find thee.

Prima parte. Prima stanza

Tu che me domini
Dio! donatore del soffio, del pane;
Fibra-lido del mondo, impulso del mare;
Dei vivi e dei morti Signore; ossa e vene
In me hai legato, m’hai affibbiato la carne,
Poi l’opera tua con tale spavento, l’hai
Quasi disfatta: e mi colpisci di nuovo?
Altra volta sento il tuo dito, te trovo.

Stanza Two

I did say yes
O at lightning and lashed rod;
Thou heardst me truer than tongue confess
Thy terror, O Christ, O God;
Thou knowest the walls, altar and hour and night:
The swoon of a heart that the sweep and the hurl of thee trod
Hard down with a horror of height:
And the midriff astrain with leaning of, laced with fire of stress.

Seconda stanza

Sì, io consentii
Oh a vibrata balenante frusta;
Tu mi udisti, più veritiero della lingua,
Ammettere timore di te, o Khristos, o Dio;
Tu sai i muri e l’altare, l’ora e la notte:
Il deliquio d’un cuore che’l tuo scagliarti e squassare
Vertiginato fecero, tutto calpesto: e il prèmito
Del diaframma, contratto, costrizione rovente.

Stanza Three

The frown of his face
Before me, the hurtle of hell
Behind, where, where was a, where was a place?
I whirled out wings that spell
And fled with a fling of the heart to the heart of the Host.
My heart, but you were dovewinged, I can tell,
Carrier-witted, I am bold to boast,
To flash from the flame to the flame then, tower from the grace to the grace.

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Una poesia di Emily Dickinson

AMHERST, MA - SEPTEMBER 4: A daguerrotype of Emily Dickinson at age 16, is displayed at the Emily Dickinson Museum in Amherst, Wednesday, Sept. 4, 2013. (Photo by Wendy Maeda/The Boston Globe via Getty Images)

(Photo by Wendy Maeda/The Boston Globe via Getty Images)

Nota di Luigia Sorrentino

Rileggendo a distanza di molti anni “Il giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani, mi sono trovata di fronte a una poesia di Emily Dickinson “Morii per la Bellezza” ( “I died for Beauty”) inserita nel romanzo.

Il personaggio di Micòl traduce la poesia in italiano e poi la consegna al suo amico d’infanzia anticipando, attraverso i versi della poetessa statunitense, il destino tragico che attende la sua famiglia dopo la promulgazione delle leggi razziali fasciste del 1938. A parlarsi sono due persone già morte. Entrambe sono state tradite dalla morte della Bellezza e della Verità.

 

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Alexandra Petrova

Alexandra Petrova: “Scrivo perché non posso non scrivere.
Perché lo DEVO fare.
Perché sono felice quando lo faccio e infelice quando non lo faccio.
Perché riesco a capire meglio (tutto).
Dal caos di ogni giorno poter costruire qualcosa che ha anche senso, una direzione. Una gerarchia. Un altro tipo di caos, ma che io capisco meglio. Così do di nuovo i nomi a tutti gli oggetti e dopo questo inizio a vederli. Altrimenti sto al semi buio.
Scrivo per superare il mio mutismo”.

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La traduzione di poesia, Marcella Corsi

Marcella Corsi ci propone tre poesie di Katherine Mansfield incluse nel volume a sua cura intitolato Il vento, il riso, il volo che verrà presentato a Roma il 9 marzo alle 17,45 presso la libreria Odradek in via dei Banchi vecchi 57.
“Voglio scrivere poesia. Tremo sempre sull’orlo della poesia. I mandorli, gli uccelli, il boschetto dove tu sei, i fiori che non puoi vedere, la finestra aperta alla quale m’affaccio e sogno che tu sia appoggiato alla mia spalla” (dal Diario, 22 gennaio 1916. Katherine Mansfield si rivolge al fratello, morto tre mesi prima sul fronte belga).
“I want to write poetry. I feel always trembling on the brink of poetry. The almonds, the birds, the little wood where you are, the flowers you do not see, the open window out of witch I lean and dream that you are against my shoulder” (Journal of Katherine Mansfield, definitive Edition by J. M. Murry, Constable, London 1954, p. 94).

di Marcella Corsi

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Davide Rondoni, ‘Avere addosso Baudelaire’

“Ancora lui, come uno che si mette in mezzo alla strada con le braccia spalancate. O che per quanto resti di lato, appoggiato al muro, ha uno sguardo metallico e di fuoco, che ti inchioda passando.
Ancora Baudelaire da leggere e rileggere, cioè tradurre. E soprattutto da avere addosso come un lupo, come ali di farfalla grandiosa e tremenda che si chiudono o che si aprono sul petto.
Da avere addosso come la peste o come un ‘bacio’ sogg. di ‘cosa vuole’. Un nemico che bacia e morde forsennato. E svela il tuo volto, lettore ‘fratello’, in questa lotta. Il tuo, più che il suo volto che resta velato nel prodigio di malinconia e di furia dei versi di questo libro dall’architettura profonda e incompiuta.
Molti versi portano via, rapimenti improvvisi ancora dopo centocinquantanni. E sono come il mare che ci viene a riprendere. E anche se non ci ricordavamo di lui, del mare, ecco che ci parla urlando e sussurrando in un uomo che girava con gesti un poco rigidi e che parevano misurati, ma erano cauti perchè vestiva abiti troppo logori, che potevano sdrucirsi.”

Con queste parole Davide Rondoni introduce un’opera letteraria di rara bellezza, che ha rivoluzionato la letteratura poetica mondiale: I fiori del male (euro 18,00) di Charles Baudelaire da lui interamente tradotta per la Salerno Editrice. Questa edizione (con  testo originale a fronte) presenta un libro minuscolo, quello che in gergo si definisce ‘un tascabile’, da portare sempre con sè, come una piccola Bibbia o un Corano. Difficile misurarsi con un grande come Baudelaire, ma la nuova traduzione che ne fa Rondoni (che aveva già tradotto Baudelaire nel 1995 per la casa editrice Guaraldi) è al tempo stesso, inedita ed esemplare. Un coraggiosissimo gesto d’amore

“Persino Giorgio Caproni” scrive Rondoni nella nota al libro “ch’ebbe la pazienza di leggermi tra i primi e la ventura di incoraggiarmi a scrivere poesie, di fronte al verso di Baudelaire indietreggiò. Lui che sapeva bene cosa sia la traduzione e quali rischi comporti, si riparò in parte dietro una versione in prosa, esponendosi ad una traduzione in versi solo per alcune parti, come mostra la bella recente di quel suo lavoro travagliato (Venezia, Marsilio, 2008). ”

L’opera. Un viaggio immaginario, tragico e commovente, nell’animo umano, tra slanci amorosi e cadute nella noia e nell’angoscia. Baudelaire trova infine nell’arte – in questi versi intensi e appassionati – la bellezza che, sola, salva dal degrado del mondo.
 

Davide Rondoni ha fondato e dirige il «Centro di poesia contemporanea» dell’Università di Bologna, è poeta e traduttore, direttore della rivista di poesia «clanDestino», editorialista dell’«Avvenire» e «Il Tempo». Tra le recenti pubblicazioni: Ballo lentamente con le tue ombre (Pescara 2009); Vorticosa dipinta (Torino 2006). Ha inoltre curato, insieme a Franco Loi, l’antologia di poesia italiana Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000 (Milano 2001).

 

 

www.salernoeditrice.it

Traduzione letteraria e multiculturalità

Il Centro Europeo di studi rossettiani di Vasto (Chieti), in collaborazione con l’Università “G.D’Annunzio” di Chieti-Pescara, promuove l’edizione 2010 del Corso di Alta Formazione in “Traduzione Letteraria e Multiculturalità”.
Nel segno dei Rossetti e della ‘doppia’ matrice culturale – italiana e inglese – in cui loro crebbero e si imposero, il Centro propone un Corso intensivo incentrato sulla metodologia e sulla tecnica della traduzione letteraria.
Il Corso, sotto la direzione di Anthony Molino, pluripremiato traduttore di Letteratura Italiana negli U.S.A., nasce dall’esperienza di gente del mestiere – poeti, scrittori, filosofi e docenti universitari – che attraverso la mediazione interlinguistica ridonano la vita alle parole, dall’espressione più naturale a quella più complessa, che avvicina e permette di esplorare mondi paralleli altrimenti sconosciuti e impenetrabili.
Lezioni a carattere seminariale e laboratori didattici di traduttori di chiara fama consentiranno ai partecipanti l’approccio propedeutico alla ‘lettura’ di un autore, offrendo gli strumenti necessari per la comprensione e riproposizione di un testo nella propria lingua madre. […]

Inserito nel progetto dell’Amministrazione Comunale di Vasto di qualificazione della città come centro culturale della Traduzione e dell’Interpretariato, il Centro rinnova un’esperienza del passato, prefiggendosi per questo come per gli anni a venire di essere punto di riferimento negli studi in materia.

Giovedì 11 Novembre
ore 17:30
Introduzione e Presentazione del Corso
Prof. Gianni Oliva
Università “G. D’Annunzio” – Chieti
Relazione introduttiva
Multiculturalità e Poesia
Lucio Mariani
Poeta e traduttore
Tavola rotonda
Prof. Franco Nasi
Dott. Anthony Molino
Prof.ssa Brunella Antomarini

Venerdì 12 Novembre
ore 9:30
Two Bees or not Two Bees:
tradurre la parodia
Prof. Franco Nasi
Università di Modena e Reggio Emilia
La distanza di Dante:
fortune delle traduzioni dantesche
Prof. Anthony Oldcorn
Brown University – U.S.A.

ore 15:00
Laboratori didattici
Tradurre l’umorismo verbale
nella letteratura per l’infanzia
(laboratorio lingua inglese)
Prof. Riccardo Duranti
Università “La Sapienza” Roma
Affabulazioni:
giochi della traduzione
(laboratorio lingua francese)
Prof.ssa Laura Franco
Università di Roma Tre

ore 19:00
Reading di poesia bilingue
Farfalla e segno
Lucio Mariani – Anthony Molino

Sabato 13 Novembre
ore 9:30
“Tradurre i Rossetti”
Christina Rossetti e i “frutti”
della traduzione
Prof. Francesco Marroni
Università “G.D’Annunzio” – Pescara
Maria Francesca Rossetti
traduttrice e tradotta
Prof. Paolo De Ventura
Università di Birmingham, U.K.
Parlare con Dante Gabriel.
Dal tradurre tenerezza
alla tenerezza del tradurre
Dott. Marco Alessandrini
Psichiatra, psicoterapeuta
Università “G. D’Annunzio” – Chieti

ore 15:00
Laboratori rossettiani
Tradurre “The Germ”:
Dante Gabriel, Christina,
William Michael
Prof.ssa Elisa Bizzotto
Università IUAV – Venezia
Dante Gabriel interprete e traduttore
della lirica italiana antica
Dott.ssa Silvia Ceccarelli
Università “La Sapienza” Roma

ore 18:00
Concerto di Chiusura
Trio di Chitarre “KV”
Vincenzo Tano, Davide Giancristofaro,
Antonello Carusi


Corso Alta Formazione 2010
Traduzione Letteraria e Multiculturalità
Palazzo D’Avalos – Vasto
11-13 Novembre 2010

PoEtiche, la traduzione di poesia

Quarta giornata della quattordicesima edizione del festival romapoesia poEtiche, dedicata alla poesia delle donne. Oggi, giovedì 14 ottobre l’appuntamento è al Liceo Majorana di via Carlo Avolio 111. Dalle 10 alle 12 Cristina Annino, Maria Grazia Calandrone, Maria Clelia Cardona, Francesca Matteoni incontrano gli studenti. Dalle 11 alle 13 alla Libreria Empiria di via Baccina 79, si terrà il laboratorio di lettura di poesia ad alta voce / 1. ‘La vocazione poetica’ con Rosaria Lo Russo. Dalle 15 alle 17 laboratorio di scrittura poetica / 1. Buongiorno Poesia con Anna Lamberti Bocconi.
Nel pomeriggio, dalle 17 alle 20 alla Biblioteca Europea di via Savoia 13/15, dalle 17 alle 20, tavola rotonda. ‘Passaggi: la traduzione di poesia’ con Elena Clementelli, Tiziana Colusso, Vilma Costantini, Rosaria Lo Russo, Loredana Magazzeni, Jacqueline Risset, Annamaria Robustelli, Maria Luisa Spaziani. In serata, alle 21 al Circolo delle Quinte di Viale 30 aprile 4, lettura con Milli Graffi, Jolanda Insana, Anna Lamberti Bocconi, Giulia Niccolai, Bianca Tarozzi, Carla Vasio.

(Nella foto Jolanda Insana)

http://romapoesia.blogspot.com