Giovanni Raboni, "L'emozione della poesia"

 
raboni_emozioneTesti e interventi sulla figura di Giovanni Raboni (Collana Stampa 2009, 2014) a cura di Valeria Poggi, euro 15,00.
Dalla Prefazione di Valeria Poggi
Motivare l’idea di questo libro è semplice: si tratta di un doveroso riconoscimento al poeta, al critico, all’intellettuale, all’amico che è stato Giovanni Raboni. La difficoltà è semmai risultata quella di restringere il campo degli interventi, delle testimonianze. La scelta, allora è caduta inevitabilmente sulla città di Milano, su chi in questa città ha operato a contatto con lui. Perché Milano? Milano perché è la città dove Raboni è nato, ha vissuto, ha voluto “lavorare” e lasciare la sua impronta di poeta e di grande promotore di cultura (nonostante le tentazioni di Roma e di Napoli). Milano è la città che la fa da protagonista nella sua opera poetica, la città che vede la sua firma da «Questo e altro» a «Paragone», da «aut-aut» a  «Il Verri», da Milano Poesia (con Antonio Porta) alla Società di Poesia (per promuovere la pubblicazione insieme a Maurizio Cucchi, Antonio Porta, Giovanni Giudici, Giuseppe Pontiggia ed altri, dei testi di giovani poeti), dal Piccolo Teatro al Premio Bagutta, dalle pagine del «Corriere della Sera» al costante impegno civile.

Ecco allora che gli autori coinvolti in questa testimonianza di gratitudine e di affetto sono prevalentemente autori milanesi (o milanesi adottivi) che con Giovanni Raboni hanno avuto un rapporto di collaborazione e di complicità nel lavoro letterario ed editoriale, di autori che da lui hanno imparato la lezione della poesia e della critica letteraria, di autori che con lui hanno condiviso un rapporto di amicizia quotidiana che andava da una partita di calcio vista insieme allo stadio o alla televisione, a una passeggiata nelle vie dell’amata porta Venezia, da un incontro per promuovere una iniziativa o un libro, a un aperitivo bevuto in compagnia parlando di quel che succedeva nel mondo e di quel che succedeva in letteratura.
[…]
È necessario sottolineare come questo libro voglia essere una testimonianza di come Milano, la vera “cultura” di Milano, non la cultura mediatica, si senta orfana di una presenza come quella di Giovanni Raboni, ma come anche voglia continuare a promuovere, per i giovani soprattutto, quello che lui definiva «l’implicito impegno etico della letteratura».
Gli autori presenti nel libro: Mario Benedetti, Fabrizio Bernini, Giorgio Cesarano, Marco Ceriani, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Luciano Erba, Umberto Fiori, Franco Fortini,  Giovanni Giudici, Vivian Lamarque, Giancarlo Majorino, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Guido Oldani,  Elio Pagliarani, Antonio Porta, Alberto Pellegatta, Giuseppe Pontiggia, Nelo Risi, Tiziano Rossi, Mario Santagostini, Vittorio Sereni, Cesare Viviani.
 
“… per quanto
ignominioso sia il presente io mai
rinuncerei, potendo scegliere,
a starci, magari di sghembo
e rattrappito d’amarezza, dentro.”
 
“Non so, non capisco se avrei più gioia
scomparendo in voi, diventando voi
o tornandovi uguale e allora accanto
con il cuore d’adesso…”

 
                  Giovanni Raboni

ESTRATTO DAL LIBRO

Dicembre 1970
 
Dicembre 1970, via Fiori Chiari. Arrivo timido e circospetto, e busso. Di lui non ho ancora presente nessuna immagine e quando viene ad aprirmi rimango sorpreso. Alto, più bianco che brizzolato e con un bellissimo sorriso aperto. Parliamo un po’ della poesia del tempo, prendo anche nota dei nomi che mi suggerisce. A me, che devo laurearmi su Nelo Risi e Andrea Zanzotto. Parliamo anche di Giorgio Cesarano che si è trasferito in Toscana, mi dà il numero di Giancarlo Majorino.
Ho in mente molto bene questo primo incontro, questo primo contatto con una figura che per me è stata sempre centrale, centralissima. Con un poeta, che da subito, più o meno consapevolmente, avevo ritenuto di poter considerare mio maestro. E tale, in effetti, è stato per me e molto a lungo. Non solo per la poesia, visto che dalla sua, da Le case della Vetra o da Economia della paura avevo, fin dalla prima lettura, molto apprezzato e condiviso – in modo da esserne tranquillamente, positivamente influenzato – una serie di elementi decisivi. E dunque quel sottile e discreto registro variabile tendente al basso e al parlato, la presenza della quotidianità anche più minuta in cui il sensibile dell’esserci si rivela nelle sue vitali sfumature e anche nel profondo. E poi, naturalmente, l’esattezza impeccabilmente equilibrata della pronuncia, la capacità di giostrare sempre a una distanza minima dalla prosa – utilizzando materiali del reale e della lingua anche bassi, e dunque riscattati – senza mai davvero cedere alla prosa; l’articolazione in parti del racconto in versi carico di segnali e di figure senza la noia di un percorso lineare.
[…]
Maurizio Cucchi
 
 

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