La lingua instancabile

Nota di Alessandro Canzian

Da tempo ormai in Italia ci stiamo interrogando sullo stato di salute della nostra poesia. Ne sono prova le varie antologie, i censimenti. Anche i giornali, quelli che mantengono la rubrica di settore, talvolta provano una mappatura che quasi sempre appare incontestabilmente corretta pur mancante di pezzi fondamentali (con dichiarazioni contrastanti tra chi vuole la poesia morta e chi invece vede un suo nuovo risorgimento). Allo stesso modo con ciclica ritualità appaiono operazioni editoriali che hanno come obiettivo la proposizione di voci nuove (ad esempio I nuovi poeti italiani di Einaudi e I quaderni di poesia italiana coordinati da Franco Buffoni), premi letterari che negli anni hanno consolidato importanza e prestigio (fra tutti il Viareggio, il Camaiore, il Pagliarani, il Fogazzaro), riviste che cercano con lodevolissima costanza di fotografare lo stato della poesia (Poesia, Nuovi Argomenti, Atelier) e non ultime le riviste cartacee e online che promuovono lo scambio interculturale puntando alle traduzioni (ad esempio il Centro Cultural Tina Modotti, Italian Poetry Review, Laboratori Poesia, Iris News di Chiara De Luca). Continua a leggere

Avrò mille ritorni e mille viaggi

Antonio Nazzaro

Prefazione di Bianca Sorrentino alla silloge inedita di Antonio Nazzaro Amore e dintorni

La solitudine degli altopiani, l’oceano spazzato dal vento e il corpo che si fa istinto: è questa la vita che si coglie nei versi di Antonio Nazzaro, al suo esordio come poeta. Amore e dintorni è una silloge che si contraddistingue per la voce dirompente e matura, cui fa da controcanto un pudore reverenziale – e, oserei dire, quasi fanciullesco – nei confronti dell’arte poetica. Di mille ritorni e mille viaggi si compone dunque l’esplorazione che l’autore ci propone nel territorio vasto e talvolta impervio dell’amore, con la sua verità e il suo sentire appassionato.

Il poeta celebra qui l’amore vorace e quello quotidiano, entrambi con lo stupore di chi guarda per la prima volta e già vede oltre, cogliendo la pregnanza dei gesti e accordando il proprio tempo al tempo dei respiri e dei baci. Immediati ed efficaci sono i fotogrammi che vengono evocati nella mente di chi legge: l’intimità del restare «seduti sul bordo / di questo marciapiede dell’altipiano / a guardare come le nuvole sono / auto celestiali a rubare il cielo»; la concretezza di una «città che non ha fine eppure si può toccare / ogni muro ogni asfalto sanno raccontare storie»; l’immaginazione di chi sostituisce «le biglie colorate / con parole che rotolano più lente».

La vista non è l’unica sfera sensoriale cui l’io poetante fa appello; ricorrente è il ricorso all’olfatto – richiamo evidente a Odore a, il libro di racconti e prose poetiche in cui Antonio Nazzaro rende omaggio alle sue due città, Torino e Caracas: gli odori si associano ai ricordi, ne amplificano i contorni e danno vita a un viluppo inestricabile grazie al quale l’esperienza vissuta acquista un significato ancor più profondo. Qui il profumo della pelle segna i confini dell’amore, si insinua laddove il profilo del sentimento diventa indefinito, garantisce la sospensione di un bacio «a pochi centimetri / dalla terra degli uomini» o di un’acrobazia che lancia gli amanti verso Orione, Saturno, Marte, oltre le galassie «per poi ricadere in un solo istante / qui / fra le lenzuola». Continua a leggere