Andy Warhol

Marilyn[1]Nota di Silvana Lazzarino
Le nuove tecnologie e il progresso nei diversi settori caratterizzano soprattutto la società americana degli anni Sessanta. La macchina consumistica dell’industria produce oggetti a ritmo continuo e ripetitivo che irrompono nella vita di tutti i giorni condizionandone comportamenti, abitudini e scelte. Una chiave di lettura interessante per entrare nell’immaginario di questa continua crescita produttiva dove l’oggetto, il prodotto di largo consumo, ma anche le celebrità del mondo dello spettacolo, e i protagonisti della politica diventano elemento centrale fruibile e alla portata di tutti, è presentata dalla mostra dedicata a Warhol, padre della Pop Art, in corso presso il Museo della Fondazione Roma, Palazzo Cipolla fino al prossimo 28 settembre 2014.
Promossa dalla Fondazione Roma, Comune di Milano e Palazzo Reale, Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico-Artistico e per il Polo Museale della città di Roma, l’esposizione Warhol, vuole essere un omaggio all’artista – nato a Pittsburgh nel 1928 e morto a New York nel 1987- vate della società dei consumi americana degli anni Sessanta che, attraverso la sua opera basata soprattutto sulla tecnica serigrafica, riflette proprio i volti della società della massificazione e della produzione in serie.
LizL’esposizione, dopo il successo di Milano nella sede di Palazzo Reale, presenta a Roma le opere dell’artista americano appartenenti alla collezione di Peter Brant, intimo amico dell’artista con cui ha condiviso il periodo artisticamente e culturalmente più vivace della New York degli anni ’60 e ’70. Peter Brant nel 1967, appena ventenne acquistò la sua prima opera di Warhol: un disegno della famosa Campbell’s Soup, dando inizio a quella che sarebbe diventata una delle più importanti collezioni di arte contemporanea del mondo.
Il visitatore è invitato a entrare in un mondo pop, dove ogni oggetto comune, le celebrità del mondo dello spettacolo, della musica e del cinema, i personaggi politici improvvisamente diventano accessibili, visibili a tutti nella sorprendente normalità. Le oltre 150 opere tra tele, serigrafie, fotografie, sculture, realizzate dagli anni 50 agli anni ‘80 disposte in ordine cronologico nelle sale del Museo, fanno riferimento alla pubblicità, alla cronaca con i volti del cinema e della musica e poi al mondo della moda con gli accessori di abbigliamento come le scarpe di diverse fogge; tutte immagini che Warhol decontestualizza e ricrea con colori vivaci e abbaglianti dando ad esse nuovo significato.
Opere che procedono dai primi disegni e illustrazioni a penna ed inchiostro degli anni ’50 quali: Uomo in piedi, Cono gelato, San (gatto), Hermione Ginger e Donna nuda seduta alle immagini degli anni ’60 in cui accanato alle vernici e ai pastelli: Piccolo re, Dick Tracy, Campbell’s Soup Can (chicken With Rise), e al Senza titolo con rappresentate 192 banconote da 1$, sono le bottiglie di Coca Cola, le serie (ad inchiostro e pittura su tela e lino) di Red Elvis, Dodici sedie elettriche, Trenta sono meglio di una (Monna Lisa) e Fiori. brillo[1]E ancora la suggestiva Blue Shot Marilyn del 1964 in cui l’attrice americana presenta un segno bianco in mezzo agli occhi: il segno restaurato di uno dei colpi di pistola fatto esplodere da un’amica dell’artista. Alla figura di Mao, Warhol dedica diversi ritratti negli anni ‘70: Mao (sfondo) e Mao (10,13, 29), mentre in occasione delle elezioni del presidente americano con Vote Mc Govern (serigrafia su acetato, pittura polimerica) – ritratto di Nixon utilizza la comunicazione per dare un messaggio politico provocatorio. E ancora degli anni Settanta sono: Signore e signori, Teschi e Ombra rossa.
Le immagini proposte da Warhol, lungo il filo conduttore del consumismo, mirano a colpire il cuore dell’immaginario collettivo fissando nella pura normalità non solo quegli oggetti comuni come il citato barattolo della Campbell’s Soup, ma anche i volti noti divenuti “miti” come il viso di Liz Taylor: Liz n°5 del 1963 (inchiostro serigrafico e pittura su tela) incarnazione del sogno e dell’ideale femminile del grande pubblico, imposto dai media al pari di ogni altro prodotto commerciale. Sulla scia dell’industria la tecnica serigrafica con la sua meccanica serialità da prodotto di massa è la negazione dell’atto creativo dell’artista che quindi si limita a riprodurre immagini del déja-vu dei prodotti commerciali di largo consumo e di volti divinizzati dai media, in modo meccanico e senza alcuna apparente partecipazione personale. Tuttavia l’immagine rappresentata da Warhol, ripetuta in serie, acquista una propria entità autonoma e separata grazie all’uso di diverse gamme cromatiche che trasformano e deformano visi e oggetti caricandoli di differenti valenze emotive.
Red ElvisFra le opere dell’ultimo periodo vanno ricordate: il simbolo del dollaro (1981), Jean Michel Basquiat (1982) Autoritratto e Roschach del 1984 e L’Ultima Cena (1986) ispirato all’opera di Leonardo.
Una sala è dedicata alle rare polaroid con le immagini delle celebrità del mondo del cinema, della musica, dell’arte, che formano una sorta di gotha della New York anni Sessanta- Settanta.
Ammirando e apprezzando le opere della Brnat Foundation lo spettatore/visitatore, ripercorre non solo la vicenda artistica di Warhol tra i protagonisti più geniali della scena artistica mondiale capace di rendere l’ordinario straordinario, ma anche una storia di amicizia e scambio culturale tra lui e il giovane collezionista Peter Brant. Un incontro che ha dato vita ad un sodalizio unico che trova voce nella rivoluzionaria rivista “Interview” fondata da Warhol nel 1969 e che Brant ha acquistato con la sua casa editrice subito dopo la morte dell’artista nel 1987.

WARHOL
Museo Fondazione Roma- Palazzo Cipolla
Roma- Via del Corso, 320
Orario: lunedì dalle 14.00 alle 20.00;
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica dalle 10.00 alle 20.00
sabato dalle 10.00 alle 22.00.
Fino al 28 settembre 2014

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *