Tintoretto, l’artista più terribile e moderno

Arte e Poesia
a cura di Luigia Sorrentino

E’ maestosa la mostra sul Tintoretto in corso a Roma alle Scuderie del Quirinale.  ‘Il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura’. Così Giorgio Vasari ritrasse Jacopo Robusti (o Canal) detto il Tintoretto (1519- 1594). Artista rivoluzionario, è tra i principali interpreti della pittura italiana del Cinquecento a non aver avuto in Italia una mostra monografica significativa. Se si esclude quella tematica dedicata ai Ritratti  tenutasi a Venezia nel 1994, l’ultima mostra sul maestro veneto risale al 1937, anche per l’obiettiva impossibilità di spostare i grandi teleri veneziani.

Tintoretto ha sempre suscitato in poeti, letterati e filosofi, una forte partecipazione emotiva. Goethe e Reynolds, Turner e Dalacroix, Stendhal e Ruskin, Prouste James, Gobetti e Sartre hanno scritto pagine penetranti sull’artista visto come un ispirato precursore della pittura moderna. Il Miracolo dello Schiavo  accoglie il visitatore. Tutta la luce cade sull’uomo nudo al quale stanno per essere cavati gli occhi e spezzati i denti. Un momento di straordinaria emozione. Interviene il santo, Marco scende su di lui per porre fine alla tortura. Un’opera che ispirerà Caravaggio ripetendola a modo suo nel Martirio di San Matteo.
La mostra delle Scuderie del Quirinale si prefigge quindi, di illustrare compiutamente l’opera del Tintoretto  presentando i tre principali generi della pittura del grande maestro veneto: il tema religioso, il tema mitologico e il ritratto. Una sezione specialmente curata da Vittorio Sgarbi, arricchisce la mostra con le opere degli artisti che intorno a Tintoretto si muovevano: da Tiziano a Bonifacio Veronese, a Giovanni Demio, a Lambert Sustris, al Parmigianino, a El Greco, allo Schiavone e Paolo Veronese.

Un’esposizione sorprendente, dunque, che si apre e si conclude presentando i due più famosi autoritratti: quello giovanile, lieve e spavaldo, del Victoria & Albert Museum di Londra e quello senile, grave e magnetico, del Louvre di Parigi. Nel mezzo, tutta una vita, e un’arte, tumultuosa e appassionata.
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In mostra gli straordinari teleri, dallo spettacolare Miracolo dello schiavo, di cui dicevamo sopra, dipinto nel 1548 per la Scuola Grande di San Marco al Trafugamento del corpo di San Marco, oggi entrambi conservati alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che lo imposero prepotentemente nello scenario artistico veneziano per quasi mezzo secolo, fino alla dolente Deposizione nel sepolcro (1594) del Monastero di San Giorgio Maggiore, forse l’ultima opera in cui è possibile riconoscere la mano del maestro. E ancora molte opere celebrate e famose: da quella che viene considerata una delle sue prime riconosciute, Gesù tra i dottori (1542), concessa dal Museo diocesano del Duomo di Milano, a celebri capolavori come la Madonna dei Tesorieri e la Creazione degli animali, ambedue dalle Gallerie dell’Accademia, la Santa Maria Egiziaca e la Santa Maria Maddalena della Scuola Grande di San Rocco, oltre un inedito e strepitoso confronto tra l’Ultima Cena della veneziana chiesa di San Trovaso con quella, di cinque anni più tarda, della chiesa di San Polo restaurata proprio in occasione della mostra delle Scuderie. Accanto ai grandi teleri di impatto drammatico e dalla stesura fulminea e densa di tensione, si presentano al visitatore le opere di soggetto storico o mitologico, come, ad esempio, due dei 14 ottagoni, raffiguranti Apollo e Dafne e Deucalione e Pirra, ora nella Galleria Estense di Modena, realizzati nel 1541 per il soffitto di Casa Pisani o la splendida Susanna fra i vecchioni dal Kunsthistorisches di Vienna.

Ad accompagnare i visitatori, passo dopo passo e sala dopo sala, ci sono infine le parole di Melania G. Mazzucco, la scrittrice che ha dedicato a Tintoretto e allo studio del suo ambiente numerosi romanzi e pagine indimenticabili. Infine il catalogo, edito da Skira, raccoglie gli interventi inediti dei maggiori studiosi internazionali sul percorso e sull’ambiente artistico di Jacopo Tintoretto. Quel ‘praticon di man’ come ebbe a definirlo una volta per sempre il critico d’arte suo conterraneo Boschin ‘ma senza per nulla intendere diminuirlo’, come sottolineava a sua volta il grande Longhi che lo descriveva come ‘di natura geniale, grande inventore di favole drammatiche da svolgersi entro coreografie di luci ed ombre vibranti… Uno spettacolo continuo.’

Dal 25 febbraio al 10 giugno 2012
a cura di Vittorio Sgarbi*
Commissario Generale: Giovanni Morello
Coordinamento scientifico: Giovanni C.F. Villa
Testi in mostra di Melania G. Mazzucco

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