Alberto Toni, “Democrazia”

Poesia e Impegno civile: Alberto Toni “Democrazia”
a cura di Luigia Sorrentino


“Democrazia” è il nuovo libro di Alberto Toni pubblicato nel 2011 per le edizioni La Vita Felice, (euro 8,00) nella collana Sguardi, con la nota critica di Gabriela Fantato e la postfazione di Elio Pecora.
Il  poemetto, (suddiviso in cinque sezioni, “Mettiamo che qualcuno sorprenda”, “Democrazia è pazienza, abbonda”, “Lucinando, così, con quello che abbiamo”, “Hai documenti, soldi, un cellulare?”, “Gli alberi vivi. Frassini, acacie, pioppi”) ha, in epigrafe, un brano tratto da “Primavera di bellezza” di Beppe Fenoglio: «Hai un’idea dei morti? Il bollettino dell’una dovrebbe già parlarne.»/ «Vuoi che in un’ora li contino tutti?» / «Non lo rivedranno mai, credi a me, mai.» / «Uno almeno di questi bestioni lo avranno abbattuto?» La scena si apre su quel che resta alla fine dell’offensiva. Lo scontro è finito con ‘una vittoria’, nelle strade non c’è più odore di stantìo,  la protesta si è chiusa a braccia aperte.  […] “A turno, la parola, da nord a sud/ in assemblea, anche le madri, ciò/ che resta in un giorno qualsiasi/ in una primavera appena cominciata/ e bella.” […]  scrive Alberto Toni. Alle porte bussa la Carta (ndr. costituzionale), che riconoscerà nella forma i diritti fondamentali del cittadino, con una Repubblica democratica fondata sul lavoro e la sovranità affidata al popolo. L’autore parte dalla  generazione che ha avuto il progetto di ricostruire l’Italia, dall’energia del fare, per arrivare fino ai giorni nostri, che si inscrivono in parole quali esodo, ma anche resistenza dei nativi alla migrazione. Il vecchio e il nuovo popolo si scalda all’ideale della  giustizia, alla regola scritta, all’uguaglianza, alla città più vicina e ospitale. […] “Abbi pazienza,/ per la democrazia abbi pazienza.” […] scrive il poeta.
Lo scorrere del tempo annullerà il dolore, ma non cancellerà mai il nome dei caduti, le vittime sacrificali della Storia. […] “Dovunque si alza un cuore, là / si conservano intatti gli accordi./ Il viaggio è ancora lungo e troppi/ sono i pericoli. Abbiamo pazienza/ e la pazienza è il ramo sempreverde.” […]La Nuova Storia, quella dei giorni nostri,  potrà costare ancora vittime, sangue e sofferenza, opposizione, ma, scrive Alberto Toni, è necessario credere nel domani, perché la morte non sia definitiva. Democrazia, quindi, come costruzione epica della società e arcaica della città (la polis di Atene) che contiene in sé l’utopia della città nuova, figlia della  globalizzazione: […] “Ma non avevamo tutto? Pasta, pane, carne,/ acqua potabile, case, strada, folla, inni, / stadi, piscine per la domenica, schermi, / ritratti artefatti degli antenati, dolci, /loro obesi.”[…]
Con “Democrazia” non è certo la prima volta che Alberto Toni si accosta a tematiche civili ed etiche. Frequentemente la sua poesia si pone come intervento e meditazione, tra realtà e desiderio. Tracce evidenti le troviamo sparse nei suoi precedenti libri, da “Dogali” (1997), alla poesia “Quarto Stato” in “Alla lontana, alla prima luce del mondo” (2009).  “Per questo autore – come scrive la Fantato nella nota critica di introduzione al libro – la poesia nasce e fortemente vive proprio laddove tutto sembrerebbe perduto, dove occorrono ancora di più l la speranza e la pazienza che sempre alimentano la vita e nutrono anche la convivenza comune.” […] Ed è proprio così: la poesia di Alberto Toni nasce da un sentimento collettivo di perdita, di disorientamento, di spaesamento. Ma, da poeta vero, Alberto Toni sa attendere, Democrazia è pazienza, è speranza.  Abbonda la pazienza sulle nostre teste, ed è proprio la pazienza che nutre l’esperienza. 
Nel libro appaiono i nomi che appartengono alla formazione dell’autore: De Amicis e Pasolini, (il primo Pasolini, quello delle “Ceneri di Gramsci”), che in modo diverso hanno mirato alla educazione del popolo inteso come primavera, (nuova era), e come motore della Storia.  Elio Pecora nella post-fazione al libro scrive:  […] “Se l’epigrafe di Fenoglio ci conduce al tempo della Seconda guerra mondiale, con un’estensione di accadimenti e di riflessioni che riguardano le guerre di ogni tempo, le citazioni da Pasolini e da De Amicis esaltano e riducono la società umana a una condizione persistente di rivolta contro l’oppressione.”[…]  Come? Proprio ridando il potere al popolo, attuando e sillabando la parola D-E-M-O-C-R-A-Z-I-A:  δeμος (démos) popolo e κράτος (cràtos)  potere. E in questo senso il poemetto di Alberto Toni davvero traccia l’orientamento per una società democratica:[…] “La legge scritta, ma prima ancora/ quell’idea di proteggersi, alla luce,/ prima ancora di sorreggersi e poi per/ gli altri rimasti indietro nella truppa,/ radi// ” […]

(di Luigia Sorrentino)

[…]
Nel fango, esterrefatti, andiamo
a raccoglierli, vuoi vedere la mia
giacca a brandelli e ciò che resta
come in un museo di solitudine
e di guerra?

A turno, la parola, da nord a sud
in assemblea, anche le madri, ciò
che resta in un giorno qualsiasi
in una primavera appena cominciata
e bella.

Pulire la strada, rassettare, prendere
la parola, perderla, dividere, tacere,
il tonfo, la gamba che fa male, ora
mi fermo e ascolto, ora che tutto è
deciso.

Quando scende la notte sui tetti e
tutto è fermo, lì non basta, non
serve, non altro spirito che fermare
la diaspora e scendere a patti in
ombra.

 

[…]
Democrazia è pazienza, abbonda
la pazienza sulle nostre teste, nei
cuori, la scia lunga degli automezzi
al confine. Un ragazzo sventola la
bandiera.

Audace per scelta forzata di libertà –
lieti saranno i giorni, in festa anche
nei campi liberati, e il confronto
serrato con la popolazione, serve
tutto.

Dovunque si alza un cuore, là
si conservano intatti gli accordi.
Il viaggio è ancora lungo e troppi
sono i pericoli. Abbiamo pazienza
e la pazienza è il ramo sempreverde.

[…]

Abbi pazienza.
Per la democrazia abbi pazienza.
Una rinuncia
o forse la miccia, Nino, come l’altro,
Tito,
seduti adesso a forza dopo una perlustrazione,
le scosse dell’automezzo. E le dita provate,
il cappello, stai buono se no ci scoprono.

C’è di mezzo la politica. Ma il cielo,
il cielo viola di cenere e lapilli, dopo
lascerai il bel canto di lei per unirti
a noi? Lei, la bella musicista a cui
aspiri.

Ti teneva con il bel concerto mentre
fuori imbruniva e gli altri discutevano.
La poesia che incendia e non lo sai
nemmeno è più graffiante di una lettera
da casa.

[…]

Alberto Toni (da: Democrazia, La vita Felice, 2011)

4 pensieri su “Alberto Toni, “Democrazia”

  1. Il poemetto di Alberto Toni rappresenta, a mio avviso, uno degli esiti più belli – se non il più bello e importante – degli ultimi tempi. Senza nulla togiere alle sue precedenti scritture in versi, ritengo che questa di “Democrazia” (titolo splendido e impervio al tempo stesso) segni una tappa fondamentale nel percorso poetico di Toni. Il ritmo martellante, i tanti cortocircuiti e le tante accensioni che si alternano a momenti di tregua e riflessione, lo svariare dei punti di vista (con una terza persona che repentinamente svolta in un intimo e vincolante “tu”), la declianazione forte intensa, a tratti aspra dei sentimenti – di morte e desolazione, di dolore e umana compassione e poi di speranza e attesa per un libro della legge, delle norme – tutto questo si compone in una fitta trama verbale dove i destini collettivi si intrecciano sapientemente a quelli individuali in una reciprocità che nulla concede alla facile speranza, ma obbliga alla fatica della responsabilità e della condivisione. Alta poesia civile, come ben sottolinea la testimonianza critica di Luigia Sorrentino, e insieme sguardo partecipe sulle cose e sui sentimenti.
    Trovo, poi, consustanziale allo spirito del poemetto la citazione di “Primavera di Bellezza” di Fenoglio (cui aggiungerei il suo straordinario racconto che è una “Questione privata”). Fenoglio è uno degli scrittori che più amo: uno dei grandi del novecento italiano, se non il più grande. La citazione instituisce una fertile parentela con il libro in versi di Alberto Toni. Anche per questo, al poeta i più sinceri complimenti.
    domenico vuoto

  2. Caro Alberto, la più grande dote di un poeta civile è la sobrietà, il non cadere nella retorica. Ecco perché ho trovato “Democrazia” un bel libro: inizia tessendo come una lunga ridda di voci che si mischiano, concitate e vibranti, e che faranno a volte da coro alle riflessioni del poeta. E questa folla di vite che si incontrano – nella guerra, nel dolore, nella ricostruzione, nella speranza, nella pazienza – dà vita a questo poemetto. Tante sono le cifre stilistiche in questi versi: e sanno coniugare l’ansia civile con le semplici verità conquistate nel dolore, le immagini simboliche e la dianoia interiore.”Frasi spezzate, elegie, nenie, storie minime”: così piena di tutto, così confusa e vitale e tragica è l’esistenza che attraversa queste pagine, fatta di storia dei singoli e di storia di tutti, così corale, collettiva, mai solitaria. Una storia che tutto contiene: generazione, morte, tragedia, risurrezione.
    Il dolore certo, enorme, incancellabile, il sangue, le lacrime, l’amore straziato delle madri, ma anche la speranza, la primavera (“di un popolo e di ogni singolo individuo” come vuoi sottolineare tu opportunamente), gli “alberi vivi”. E in questo, il ruolo di rinascita che dopo il lutto sarà chiamata a svolgere (ma che è sempre chiamata a svolgere), la poesia: “Il paesaggio dovrà tessere rime, quelli/più bravi rimarranno nel tempo”.
    Dopo la distruzione la ricostruzione, le leggi, il prendersi cura, il contributo dei volenterosi, di “chi ha qualche utile consiglio da dare”, come nell’epigrafe di Pasolini scelta per la quarta parte del poemetto. O, come scrivi, dopo il “sorreggersi” lo “scaldarsi” il”mettersi in marcia”e “quello che non volevamo”, ecco “il sole ritrovato”: “Allora parlare sarà un mattino/ di sole ritrovato:la figura dell’eroe/indelebile”.
    Ma il lavoro da fare, e tu ne sei consapevole, è grande e difficile: negli anni Duemila come nel Novecento, gli uomini rischiano “ la tentazione dei poveri/ tutto così in fretta”, la perdita della memoria, la riduzione del senso, la compressione di anni di storia in una sintetica voce di quell’ enciclopedia scritta da chiunque che è Wikipedia
    Ecco perché la poesia, pur conscia dei suoi limiti, delle sue “parole minime”, dovrà mettere “di nuovo pietre dopo il diluvio” e ancora una volta il lavoro del poeta sarà quello di ritrovare il filo (della memoria, del senso, del passato, del presente): “Perché la morte non sia definitiva, ma/trama sottilissima, con un nodo”. E quindi “dipanare, attendere, rifare il filo sciolto/ ai legami”. Ma, anche e soprattutto, “riagguantare il lavoro perduto”.

  3. Caro Alberto,
    ho letto con viva partecipazione il tuo poemetto, che sin dal titolo, bello e deciso, rivela l’impegno civile dell’ispirazione e della narrazione poetica. Tutti i sensi e i valori della democrazia, ma anche i suoi rischi e le sue cadute, vi sono rappresentati al pari della fragilità umana e dell’umana speranza di nuovo, di bene e di giustizia.
    La tua poesia si fa portatrice di questi sensi, avviandosi in modo colloquiale (“Mettiamo che qualcuno sorprenda”) per subito innalzarsi a canto intenso di voci e di colori, di forti immagini visive (le “braccia aperte”), di affetti e gesti e parole.
    Le 5 parti, sapienti nella struttura delle strofe e del verso, negli incipit perentori e memorabili (“Democrazia è pazienza. Gli alberi vivi.”), negli explicit infine, che portano a compimento una storia di fede e di speranza come nei bellissimi versi “LE STRADE SONO PIU’ BELLE AL MATTINO, AMPIE, / RADIOSE NELL’APRILE IN FESTA DEL RAMO D’ORO”.
    Molti cordiali saluti

    Gabriella Palli Baroni

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