Mircea Cărtărescu

Mircea Cărtărescu

Nota di Giovanni Ibello

Mircea Cărtărescu, nato a Bucarest nel 1956, è considerato uno dei più raffinati autori dell’Est Europa, nonché il precursore di una generazione di poeti vissuti negli anni ’80 sotto il regime di Ceausescu.
Nella poesia di Cărtărescu, mi stupisce la straordinaria capacità dell’autore di “desaturare” lo scibile.
Infatti, a mio sommesso avviso, una delle prerogative del vero poeta è saper individuare quello spazio obliquo e malfermo, dove il reale si fa elettrico e desueto, con l’intero cosmo che riverbera senza disciplina.
Cărtărescu, dunque, ci offre una sorta di anteprima postatomica: una visione abbacinata dell’esistenza, frutto di un dinamismo che tiene conto del moto di rivoluzione della terra, del delirio chimico della clorofilla, dei combustibili fossili, del silenzioso fervore dei microcosmi. Eppure, al di là di questo buio caos, il dettato lirico del poeta appare straordinariamente compatto, limpido (come se questo fosse l’unico scenario possibile), pregno di una commovente malinconia che si rivela poco a poco e lo fa per paradossi. L’autore, ad esempio, ci racconta l’amore carnale, ma distratto… l’abisso, ma anche il “merito” della solitudine. E allora nella poesia di Cărtărescu ci accorgiamo che il lavandino si innamora delle stelle stampate sulla tenda, o che nel ristagno di benzina la luce ricama tutti colori dell’iride. Esiste, in definitiva, un processo di sussunzione dell’accadimento, che muta la prospettiva, che muta i cardini della percezione convenuta.

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Herta Müller, “Essere o non essere Ion”

Sarà in libreria il 25 maggio 2012 Essere o non essere Ion Transeuropa edizioni (€ 10,97) la prima opera che il premio Nobel Herta Müller ha scritto in romeno. Un testo che mescola prosa, poesia e arte visiva, in un caleidoscopio di parole e immagini che unisce una raffinata ricerca stilistica e un’immediatezza giocosa e surreale che parla al bambino che è in tutti i lettori.

Un’opera letteraria e visiva che, utilizzando ritagli di riviste e giornali, fa affiorare in superficie la lingua romena che è sempre stata presente nella scrittura della Müller, seppur tenuta nascosta dentro la sua lingua madre, il tedesco. Herta Müller gioca con le parole, con quella lingua amata e odiata – la lingua della dittatura di Ceauşescu – che l’ha costretta all’esilio. E mentre prende il controllo artistico della lingua usata per interrogarla, mentre la interroga a sua volta, trova un modo nuovo per continuare il suo percorso letterario, per scandagliare i traumi, biografici o storici che siano, attraverso la scrittura, attraverso la scomposizione e ricomposizione delle parole. Per ritrovare forse, nel gioco, un senso. Continua a leggere