Vittorino Curci, Poesie (2020-1997)

Vittorino Curci

DALLA PREFAZIONE DI MILO DE ANGELIS

L’infanzia percorre tutte queste pagine, con le sue scene antiche e il suo eterno «primo ottobre nel cortile della scuola», il suo giocare «a morra con le ore della notte». Ma non è l’infanzia crepuscolare del rimpianto. È una stagione vivissima che non possiamo situare nel passato, che ci raggiunge e ci supera, a volte ci aspetta. È un inizio incessante in cui siamo immersi, quello che ha ispirato un momento esemplare di quest’opera («Se penso al mattino del creato/ quando le cose furono toccate da uno sguardo per la prima volta/ io sono contento di tornare sui miei/ passi…») e sollecita nel profondo la sua ispirazione, ponendosi come continuo esordio o come rinascita dopo la caduta e accendendo una corrente impetuosa che scorre tra le righe nei momenti dello sconforto, della sconfitta, dell’essere vulnerabili alle potenze del cosmo: quando «il tuo mandala sarà disfatto/ al primo sogno di vento», ecco che un altro vento misterioso scuote il disfacimento e lo consegna alla metamorfosi. Così il fascino di questa poesia è un soffio polifonico che raccoglie in sé diverse tonalità – dall’elegia alla riflessione sapiente, dall’invettiva alla supplica – per ricrearsi continuamente dalle sue ceneri, che sono le ceneri personali ma anche quelle della Storia: è una prospettiva vasta e generale, un’inquadratura in campo lungo, uno sguardo nitido e insieme visionario.

viaggio nel mezzogiorno

sono reperti del futuro – spugne e cavi d’acciaio
piante infestanti in decomposizione, marmi
policromi, scampoli di pelle conciata.
sono, per certi versi, pensieri sbriciolati
dopo quattro inverni passati al buio – aria
che qualcuno potrà respirare
giungendo qui da lontano.
la scatola di vetro è un display di materiali poveri
e merci di valore
al primo sparo gli uccelli scappano dal cielo
il loro sbattere di ali è così umano, così vero

l’anno è il millenovecentocinquanta
il presidente de gasperi è in visita a matera.
in una trance che dura mesi, come se il verbo
scrollare sanguinasse fino all’alba, sorvoli
la tua prigione cavalcando una corda
di tramontana.
«io non so cosa accadde prima»

sei all’ultima stesura. solo negli oggetti hai fede.
nelle scarpe spalmate di grasso.
nella luce dei neon sotto il ponte.
nella kodak a soffietto di tuo padre.
per non morire come un lombrico,
da un grumo di sillabe, da un parcheggio interrato
gattoni fino a casa

quando esce da una di quelle abitazioni malsane
il presidente è sul punto di svenire.
il verdetto, quindi, collide con la falsa riga
con le stimmate di chi soffre in silenzio
con gli affanni di una vita.
nella cripta dei tuoi segreti
chi legge dal futuro ha la sua porzione di luce

***

salvatore sciarrino: “canzona di ringraziamento” per flauto (1985)

potremmo tracciare le linee del collo
e sarebbe lo stesso imbarazzo che provo
con chi altro da me si aspetta.
nella traversata la barba e i capelli
crescono due centimetri al giorno.
gli oggetti fuori posto e la cascaggine
mi impediscono il ritorno.
pure questa luce caravaggesca…

non riconosco i luoghi, è tutto così diverso.
guardate l’aratura irregolare dei fogli
le stazioni e i fiori di gelsomino
che collidono col mondo.
non vince mai nessuno, e sei costretto
a ricominciare daccapo guardando, come
sempre hai fatto, a chi non ha nient’altro
che il suo respiro

ma rovesciamo il ragionamento
e dotiamoci di coraggio.
la realtà non corrisponde a niente

***

brancola ogni forma di obbedienza
in questa sera bituminosa di febbraio.
tutto sarà fatto con calma,
dalla veglia in poi, dalle istruzioni
al ventottesimo giorno.
il nostro sabotaggio del reale
procede senza intralci.
abbiamo lune tatuate sul petto
e la capacità di intuire
il significato di parole sconosciute.
stiamo facendo il possibile
per adattarci ma non è facile.
ieri, domenica, mentre
traslocavamo per la terza volta,
abbiamo ricostruito a memoria
la nostra casa

***

albe mute ci mangiano
i sogni che facciamo.
la parola cade sul foglio
per scaricare il peso di mille storie

sembra una preghiera stare qui.
le labbra cercano in silenzio
la strada del ritorno

la notte resta impigliata nei vestiti.
fuori, non ci siamo che noi
sotto mentite spoglie

***

un bambino dietro una porta a vetri
guarda la strada coperta di neve.
lì dove torniamo
il senso raggruma nel bianco

volevamo che fosse così
il mondo, un luogo immaginato e vivo
come l’arte che pulsava alle tempie.
ma a furia di togliere ci è rimasta
la fortuna… e promesse come brividi…
scene mute che ci consumano…
cani che abbaiano in lontananza
arruolati nel sogno

***

prossimità del bene

ciò che si presta alla discussione è niente
i morti sono stati dimenticati
e i vivi si accontentano di essere vivi.
oh quanto questo oscuro brusio
intorno a noi che fummo
ci restituisce il bene
di chi credette in noi, le donne e gli uomini
che ci tenevano in braccio
sul treno in corsa dell’avvenire

c’è, ci deve essere, un modo per piangere
e non lasciarsi andare alle cose
inventate, qui dove non c’è anima viva

Vittorino Curci è nato nel 1952 a Noci (Bari).

Poeta e sassofonista di musica improvvisata, Vittorino Curci vive a Noci, in provincia di Bari, dove è nato nel 1952. Collabora alla rivista «Nuovi Argomenti» e cura per «Repubblica Bari» la “Bottega della poesia”. Nel ’99 ha vinto il Premio Montale per la sezione “Inediti”. È presente in varie antologie di poesia contemporanea pubblicate in Italia e all’estero. Suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo, greco, rumeno e arabo.

Nell’anno accademico 2019-2020 il suo percorso poetico è stato oggetto di una tesi di laurea presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bari: Il poliedrico ingegno di Vittorino Curci (laureanda: Angela Paradiso; relatore: prof. Daniele Maria Pegorari).

Ha partecipato a importanti manifestazioni tra cui: il Festival Rumori Mediterranei di Roccella Jonica; il Baobab Festival di poesia sonora di Reggio Emilia; Bergamo Jazz; Iseo Jazz; Celebration of Jazz di Salonicco (Grecia); il Festival del teatro di Erice; Poesia in Chiostro e Festival Mediterraneo di Conversano; Notti di Stelle, Fonomanie e Swingin’ and Swimmin’ di Bari; Jazz in Parco di Nocera Inferiore; San Giazz di San Giacomo degli Schiavoni (CB); Alterfesta e Pietre che cantano di Cisternino; il Meeting internazionale degli scrittori di Belgrado; il Talos Festival di Ruvo; il Gezziamoci di Matera; il Festival Ibleo del Jazz di Ragusa; il Festival biennale di poesia di Pescara; gli Incontri internazionali di Amman in Giordania; il Festival della Filosofia, Controindicazioni, Live for Life e Una striscia di terra feconda di Roma; la Rassegna del Jazz d’Autore di Orsara di Puglia.
La sua formazione artistica si sviluppa negli anni Settanta all’Accademia di Belle Arti di Roma, città in cui espone i suoi primi lavori di arte concettuale alla Galleria Jartrokor diretta da Sergio Lombardo. Nel ’79 viene inserito nell’8ª Antologia Ipersperimentale Geiger, a cura di Adriano Spatola, e successivamente inizia a collaborare con la rivista «Tam Tam» e partecipa a diverse iniziative promosse dallo stesso Spatola in Italia e all’estero.

A cominciare dalla seconda metà degli anni Ottanta dà corso a una lunga serie di collaborazioni con musicisti jazz d’avanguardia. In questo periodo realizza numerose performance di forte impatto teatrale in cui utilizza oggetti scenici, attori, musiche originali e scenografie d’avanspettacolo (con forti reminiscenze delle serate futuriste). Nel ’94 è tra i fondatori a Reggio Emilia del Gruppo di poesia sonora Baobab.

Attualmente, pur dedicandosi molto a una scrittura di ricerca con forti ascendenze surrealiste, a livello performativo ama esibirsi in più discreti reading poetici – nei quali esegue anche partiture sonore – insieme con piccole formazioni musicali oppure, in completa solitudine, accompagnandosi con un sassofono.
In campo musicale ha collaborato con musicisti italiani e stranieri, tra cui Carlo Actis Dato, Ab Baars, Silvia Bolognesi, Conny Bauer, Roberto Bellatalla, Matthias Boss, Domenico Caliri, Daniele Cavallanti, Eugenio Colombo, Marco Colonna, Gianni Coscia, Ferruccio Corsi, Paolo Damiani, Tonino Dambrosio, Peppe D’Argenzio, Maria Pia De Vito, Antonio Di Lorenzo, Faraualla, Vyacheslav Gayvoronsky, Lucilla Galeazzi, Xristos Germenoglou, Michel Godard, Ig Henneman, Pasquale Innarella, Martin Joseph, Peter Kowald, Sergej Kuryokhin, Steve Lacy, Joelle Leandre, Gianni Lenoci, Sergej Letow, Marcello Magliocchi, Stefano Maltese, Agamemnon Mardas, Elio Martusciello, Maurizio Martusciello, Vincenzo Mastropirro, Sabir Mateen, Felice Mezzina, Gianni Mimmo, Pino Minafra, Louis Moholo, Filippo Monico, Patrizia Nasini, Maggie Nicols, Giorgio Occhipinti, Keisuke Ohta, Maresuke Okamoto, Roberto Ottaviano, Sakis Papadimitriou, Evan Parker, William Parker, Emanuele Parrini, Umberto Petrin, Ernst Petrowsky, Nicola Pisani, Ernst Reijseger, Yves Robert, Antonello Salis, Giancarlo Schiaffini, Mario Schiano, Gunter Sommer, Fabrizio Spera, Achille Succi, Georgia Sylleou, Yasuiko Tachibana, Julie Tippett, Keith Tippett, Tiziano Tononi, Gianluigi Trovesi, Jean-Michel Van Schouwburg, Luca Venitucci…

A suo nome ha pubblicato ventisette dischi e ha fornito la sua collaborazione a numerosi altri, pubblicati anche da etichette straniere come la ENJA di Monaco, la Modern Times di Lugano, la Leo Records di Londra, la SoLyd Records di Mosca, la Victo di Victoriaville.

Ha collaborato a lungo con il contrabbassista e compositore romano Bruno Tommaso. Con lui ha realizzato Nux Erat (per orchestra e solisti), Il diritto e il rovescio, un omaggio a tutti i caduti della Mafia, Alla conquista del Monte dei cocci (per il ventennale della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, eseguito il 22 e il 23 ottobre ’96 al Teatro Olimpico di Roma e parzialmente pubblicato in Musica per la Libertà, un CD edito dal quotidiano «Il Manifesto») e Lettere da Orsara, con Maria Pia De Vito e l’Orchestra di Jazz del Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli.

Ha composto la musica del cortometraggio “ALR” (2020) di Ignazio Fabio Mazzola e ha collaborato con il fotografo Roberto Masotti, la Banda di Ruvo, l’Orchestra della Provincia di Bari, l’attore-regista Vito Signorile, i Solisti Dauni e i cantautori Vinicio Capossela, Bobo Rondelli e Luca Bassanese.
Nella veste di organizzatore culturale ha ideato e diretto l’Europa Jazz Festival di Noci e la rassegna Noci-Cinema. Nel 2002, con Pino Minafra, Roberto Ottaviano e Nicola Pisani, ha fondato la Meridiana Multijazz Orchestra e Canto General.

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