Mappa del nuovo mondo

Derek Walcott

DEREK WALCOTT, L’ODISSEA IN UN MONDO NUOVO

commento di Bianca Sorrentino

 

Di fronte al vento che spazza le coste caraibiche, due mani nodose tengono ferma la mappa del nuovo mondo e ispirandosi ai simboli delle Indie occidentali plasmano il modello classico secondo un immaginario rinnovato e fertile. Derek Walcott è sapiente custode dell’eredità europea, ma non per questo tradisce il legame con la sua terra, anzi si serve della poesia per esprimere le contraddizioni che segnano un’identità di confine: dalla solitudine di un’isola, egli canta la comunità degli arcipelaghi; dalle atmosfere assolate e indolenti del Mar dei Caraibi, egli raccoglie la tradizione vibrante dell’Egeo e, tra un mare e l’altro, si fa interprete dell’attesa del poeta, che filtra la nebbia dei secoli e ben oltre le lacrime della pioggia accorda la sua arpa.

Arcipelaghi

Alla fine di questa frase, comincerà la pioggia.
All’orlo della pioggia, una vela.

Lenta la vela perderà di vista le isole;
in una foschia se ne andrà la fede nei porti
di un’intera razza.

La guerra dei dieci anni è finita.
La chioma di Elena, una nuvola grigia.
Troia, un bianco accumulo di cenere
vicino al gocciolar del mare.

Il gocciolio si tende come le corde di un’arpa.
Un uomo con occhi annuvolati raccoglie la pioggia
e pizzica il primo verso dell’Odissea.

Archipelagoes

At the end of this sentence, rain will begin.
At the rain’s edge, a sail.

Slowly the sail will lose sight of islands;
into a mist will go the belief in harbours
of an entire race.

The ten-years war is finished.
Helen’s hair, a grey cloud.
Troy, a white ashpit
by the drizzling sea

The drizzle tighten like the strings of a harp.
A man with clouded eyes picks up the rain
and plucks the first line of the Odyssey.

Derek Walcott nella traduzione di Barbara Bianchi, da Mappa del nuovo mondo (Adelphi, 1992)

Derek Walcott. Walcott, Derek. – Poeta caribico di lingua inglese (Castries, Saint Lucia, 1930 – Cap Estate, Saint Lucia, 2017); dal 1981 ha insegnato scrittura creativa alla Brown University di Providence, negli USA. Sia in poesia sia in teatro ha espresso con singolare vigore, attingendo alla tradizione letteraria inglese ma con apporti indigeni e spagnoli, il senso di privazione di una propria storia, peculiare dei caribici di ascendenza africana: così nell’immagine del naufrago abbandonato, in The castaway and other poems (1965), poi in The gulf and other poems (1969), fino al lungo poema Omeros (1990), dove il rinvio a Omero propizia la visione di un paesaggio storico e geografico che unifica presente e passato. Tra la sua produzione poetica più recente, sono da ricordare: The bounty (1997); Tiepolo’s hound (2000); The prodigal (2004); Selected poems (2007); White egrets (2010); O starry starry night (2014). Tra le opere teatrali si segnalano: Dream on Monkey mountain (1970) e Ti-Jean and his brothers (1972; trad. it., insieme col precedente, 1993); The joker of Seville e O Babylon! (in unico vol., 1978); Odyssey: a stage version (1993). Premio Nobel per la letteratura nel 1992, nel 2012 è stato insignito del premio Montale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *