Damiano Sinfonico, “Storie”

Damiano_Sinfonico

Prefazione di Massimo Gezzi

Sì, sono tutte così le Storie che state per leggere: tutte composte con lo stesso metro della prima, bella poesia sulla terribile telefonata che arriva mentre si pensa a tutt’altro (a Costanza d’Altavilla, in questo caso, e alle miniature medievali che ne illustrano la vicenda). Sono tutti versi-frase, o quasi, quelli che Damiano Sinfonico ha pazientemente cesellato per arrivare all’importante risultato costituito da questo suo libro d’esordio.

Il verso-frase non ha una storia fortunata, nella tradizione italiana: vi ricorre molto Fortini (ereditandolo anche da Brecht), a cui è impossibile non pensare; lo usano Giudici e qualche altro. Soprattutto, non lo usano frequentemente i coetanei di Sinfonico (classe 1987), di solito più orientati o a un flusso poetico sintatticamente elaborato, oppure a forme ibride, spurie, in cui poesia e prosa si confondono e si sovrappongono.

Diciamo allora questo, innanzi tutto: Sinfonico ha scritto un libro di poesia senza vergogna e senza ammiccamenti (almeno formali) alla prosa, e tuttavia questo normalissimo libro di poesia mi sembra originale e convincente quanto pochissimi altri libri d’esordio apparsi negli ultimi anni. Pronuncio questo giudizio guardando a varie caratteristiche della raccolta, prima fra tutte la struttura accuratamente studiata: le Storie di Sinfonico sono disposte in quattro sezioni che per titolo hanno un aggettivo posto tra parentesi: (prime), (aperte), (innocenti), (ultime). Se è evidente che (prime) e (ultime) si rispondono tra loro, per riconoscere una seconda simmetria strutturale bisogna leggere i testi: e si scoprirà che la sezione delle (prime) e quella delle (innocenti) iniziano entrambe con un testo in cui chi dice io riceve una telefonata, mentre (aperte) e (ultime) sono inaugurate da un sogno e un risveglio.

Una telefonata, un risveglio: gesti immediati, momentanei, persino banali, che però a volte si fanno portatori di un senso, incidendo una differenza nel ripetersi dei giorni e delle abitudini. Le poesie di Sinfonico, in fondo, giocano tutte su questa tensione o opposizione sotterranea che interessa tutte le dimensioni del testo: la regola autoimposta del verso-frase, per esempio, potrebbe far pensare a poesie granitiche, sentenziose, persino rigide, e invece queste Storie risultano davvero tali: narrazioni, racconti la cui fluidità sa valicare il punto fermo di fine verso e transitare nei versi successivi, tanto che il lettore non avverte troppe differenze di ritmo e prosodia tra la sezione delle (aperte), prive di punti e di maiuscole, e le altre storie. Ma c’è tensione anche in ciò che Sinfonico ci racconta: momenti, lampi di condivisione spezzati poi da un’interruzione, un’assenza (vedi L’ultima colazione, in place des Vosges…, o Il ponte, oggi è riservato al traffico automobilistico…); oppure desideri proiettati in un futuro che non sa ancora incarnarsi in un presente o in un luogo reali (Una volta ho regalato a un’amica una busta…; Ho sognato un ponte tibetano…); o ancora scene di vita quotidiana in cui gli opposti e le differenze vengono revocati in dubbio, come nella aperta in cui ci si ritrova, dopo una notte passata in bianco, fianco a fianco ma «lontani come due bordi di un cucchiaio», in fondo non troppo diversi dai manichini inanimati allineati dietro una vetrina e raccontati da un altro testo; o come nella lapidaria poesia in cui qualcuno, in ospedale, muore circondato dalle risa, inavvertitamente atroci, di chi fa visita a un altro degente.
Così il libro di Sinfonico, come tutti i libri di poesia più interessanti, lascia in chi lo legge l’impressione di una complessità irriducibile, di un’inquietudine feconda che anima tanto la forma quanto il contenuto, e che i luminosi «anni futuri» antivisti dall’ultimo testo – ci si può scomettere – sapranno ancora mettere a frutto: non resta che leggere queste pagine, dunque, e «aspettare insieme il domani».
_____
ESTRATTI
DA “Storie” di Damiano Sinfonico, L’arcolaio, (Forlì 2015) EURO, 10,00
(innocenti)

Mi telefona nei momenti sbagliati.
Sempre, chiunque.
Appare il numero sul display, e mi secca.
Lascio correre gli squilli, me ne infischio.
Richiamerà più tardi, nel pomeriggio, o alla sera.
Chiamerà quando ci sarà qualcuno in casa.
La casa diventa una conchiglia.
Squilla, squilla, come fosse disabitata.
Io mi avvolgo nelle sue pareti bianche, e resto in ascolto.
Mi fascia il drin drin continuo, mi circonda come un’aureola.
A volte ho la tentazione di staccare la corrente.

***

Ci tocca questa trafila di vetrine, di manichini spogliati.
Hanno strisce di plastica al posto degli occhi.
Allungano la mano, con borse e foulard sgargianti.
Il loro busto non conosce grasso e vecchiaia.
Dal magazzino scendono e salgono come fiocchi di neve.
Sorridono, scintillano, oscillano, bevendo la luce del mattino.

***

Si è scherzato un’ora intera.
Le risa si propagavano nel corridoio.
Una corrente magnetica.
Altre risa rispondevano dalle stanze intorno.
Si moltiplicavano lungo il reparto.
Poi è entrato l’infermiere, arcigno.
Ci ha rimproverati.
Come potevamo disturbare una tale quiete?
L’orario di visita stava scadendo.
Eravamo agli ultimi minuti.
Abbiamo riso ancora.
Qualcuno stava morendo.

***

Si presentano due poeti in libreria.
Hanno l’aria tranquilla.
Parlano di dolore, impudicamente.
Il cielo è grigio, si sta bene fuori.
Lascerò questa grotta sanguinante.
Il brillio di una postuma adolescenza.

***
                                                        alla P.
Che stupida!
Sì sì proprio stupida!
Così mi dicevo.
Ma poi la tua insipienza si trasformava.
E usciva la farfalla della perspicacia.

STORIEDamiano Sinfonico (Genova, 1987) ha conseguito un dottorato in letteratura italiana e attualmente insegna italiano presso l’Università di Granada. Collabora con “Poesia” e con il blog “La Balena Bianca”, e è redattore di “Nuova Corrente”. Storie (prefazione di Massimo Gezzi, L’arcolaio, Forlì 2015) è il suo primo libro di poesie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *