Ivanoe Privitera, “L’istante violento”

Nello scaffale, Ivanoe Privitera
a cura di Luigia Sorrentino

Sono sorpresa e stupita da queste nuove poesie che leggo di Ivanoe Privitera, “L’istante violento” opera vincitrice della VI edizione del Premio Giovane Holden, Collana Versi di segale. Sorpresa e stupita perché Ivanoe canta il pianto e la morte. E a me sorprende che i giovani imparino a morire… cosa vuol dire questo?  Ivanoe Privitera si cala nella condizione umana, e piange “un pianto/ che sa di muta trasparenza/ e dell’assente si nutre/ e con la pioggia si confonde/ nella finta quiete del tramonto/fino ad affogare”.
Nessun verso consolatorio, quindi, ma grande consapevolezza. L’urto del presente si fa sentire e genera un vuoto incolmabile, rende nullo anche il tempo. Ma qualcosa si muove, nell’abbraccio del fratello, c’è di sicuro, il desiderio del ritorno.  
(di Luigia Sorrentino)

Il pianto
.

Ecco che dopo tanto tempo
come un relitto
dal fondo del mare
torna silenzioso il pianto.
Il pianto che scandisce
le ore dell’esule,
che riga i muri di una segreta.
Il pianto che suscita
il riso della folla
e ancora chiama,
ancora chiede.
Si posa sulla ghiaia
di una strada non battuta
quando neppure il vento
la agita, là dove
non è il sereno
che nel cielo si squarcia
sopra le nuvole,
e non guarisce.
Un pianto che sa
di muta trasparenza
e dell’assente si nutre
e con la pioggia si confonde
nella finta quiete del tramonto
fino ad affogare.

***

Il naufrago
.
Nell’attesa
di una stagione sconosciuta
– la sola destinata a non tornare? –
sta il naufrago,
come chi impara a morire,
solo
con i suoi segnali di fumo.

***

Scura di fuliggine e vento
.
Scura di fuliggine e vento
la notte della sentinella,
che solo un cenno
attende tra i fuochi
d’artificio nel fumo
della ciminiera
– e l’alba è lontana.
Leva un canto misurato,
un conforto che sembra
approdare in cielo
come un aquilone.
E quel guardare
innanzi nel buio
non è che la vita,
smarrita lungo
il profilo infinito
dell’orizzonte,
che solo un cenno
attende
e un passo sicuro
per farsi libera.

***

Suona come un lamento
.
Suona come un lamento
questa affannosa ricerca
del nulla,
come una maschera
che ha smarrito
il suo volto,
l’assalto a una fortezza
in rovina.
E la vita raccoglie
uno ad uno
ogni slancio umiliato
con la forza di un assillo
per la sentenza già emessa.
Solo il tedio
con l’alba si risveglia
e nelle viscere ristagna.
.
Non nasce il giorno
nei cieli senza rondini.

***

Intarsi di disincanto
.
Intarsi di disincanto
fregiano gli anni
di un capo canuto
e fan veglia all’andare
di un passo pesante.
Ma ancora forte
è la tua stretta,
più tenace della trappola
del tempo
che ci ha divisi
e stremati,
come stremato
e diviso dal frangente
è l’andare ramingo
del vascello tra i marosi,
e senza forza di remi
e contorta
la rotta
e senza stelle,
eppure così solerte,
ancora così affamata
di ritorno.

 

***

L’istante violento
.
Arriverà anche qui
l’istante violento
e sarà sale
sopra le pietre
di una città distrutta.
Sarà la vampa finale
di un sole graffiato
dalla caligine.
Chissà se lo vedremo
e quale abbraccio
opporremo ad artigli
di smarrimento.
Non sarà questo un riscatto,
nessun cuore perplesso
vedrà l’arcano risolto.
Non stringeremo
che il vento della mareggiata
e ci perderemo
spossati e soli
come steli spogliati
d’ogni linfa.
In un risveglio violento.
A notte fonda.
***

Dissi l’amore
.
Dissi l’amore
e fui nudo
di fronte a uno specchio
di riflessi frastagliati.
.
Dissi l’amore
che non si compie
e fui bambino
percosso dalla notte,
nocchiero alla deriva
di una rotta fallace.
.
Altro credevo
e aspettavo assetato
la vita
d’un mattino d’estate.
.
Dissi l’amore taciuto,
e fu silenzio e paura
di abbracciare l’eterno.
***
Il Titano
.
Giorni.
Pareti lisce
che il vento scuote
come tanti steli
senza corolla.
Giorni di smania feroce,
anni trascolorati
di prigionia
di cui gode beffarda
la vita,
fiera traditrice
d’ogni più vaga speranza.
.
Giace battuto
il Titano,
che il destino ha dannato
perdente
e che più non va cercando
la sua colpa.
Eppure resta un respiro
di sgomento,
l’ultimo fiato dopo l’ultima
lotta.
.

La lotta che null’altro
gli valse
che la morte.

***

Vivo di un niente
.
Vivo di un niente
che disconosce
gli intendimenti del tempo,
in un altrove
di quiete strozzata
che logora ogni passo
come selce appuntita
uno scampolo di raso.
***

Penso la morte
.
Penso la morte
ed è un terreno irrigato
di zolle dorate,
un fiume che non s’infrange
contro la pietraia.
.
Penso la morte
ed è l’armonico dondolio
di rami come braccia conserte,
un fruscio così dolce
fino al silenzio.
.
È questa la pace
cui vogliono arrendersi
le membra?
Questo l’approdo
della mente in fuga?
.
Rincorrono la luce
le tenebre
nell’avvicendarsi consueto.
Senza resa il vociare
di strade e piazze
al rinnovarsi della vita.
Ed io non so che pensare
la morte.

Ivanoe Privitera è nato il 4 febbraio del 1982 a Milazzo (ME). Tra il 1988 e il 2000 ha vissuto a Forlì, dove si è diplomato al Liceo Classico ‘G. B. Morgagni’. Dal 2000 al 2007 ha frequentato la Scuola Normale Superiore di Pisa, conseguendo dapprima la Laurea in Lettere Classiche (giugno 2004), poi il Dottorato di ricerca in Discipline Filologiche, Linguistiche e Storiche Classiche (aprile 2008). Da aprile a giugno del 2008 è stato titolare di una borsa di studio presso l’Università di Oxford. Tra il 2008 e il 2009 ha continuato la ricerca accademica, cantato nel coro della Scuola Normale Superiore di Pisa e frequentato un corso di doppiaggio cinematografico, vivendo tra Forlì, Pisa e Roma. Da settembre 2009 ad agosto 2011 è stato titolare di una Marie Curie Fellowship biennale in Papirologia all’Università di Oxford. Dal 2005 studia privatamente canto e tecnica vocale. Nel 2000 ha pubblicato il suo primo romanzo (Il cuore di Purcell, Il Ponte Vecchio, Cesena); nel 2008 la sua prima raccolta di poesie (Il filo del funambolo, Il Filo, Roma), premiata a vari concorsi letterari. L’istante violento (Giovane Holden Edizioni, Viareggio, 2013) è la sua seconda raccolta di poesie.

6 pensieri su “Ivanoe Privitera, “L’istante violento”

  1. Caro Ivanoe,
    come sei bravo! Le parole sono belle, ci affascinano. Parliamo con noi stessi, con tutti… a volte pensiamo con nessuno, ma non e’ vero perche’ anche il silenzio ascolta. Perche’ niente ci appaga? Cosa cerchiamo? Come mi piacerebbe saper rispondere…la vita quand’e’ dura diventa preziosa… Pensi che col canto troverai la pace come questi uccelli nordamericani che hanno ricominciato a cantare non curanti del gelo che li cirdonda? La loro voce entra al mattino nella mia casa e mi mostra l’esempio del vivere.

  2. Questa tua raccolta “l’istante violento”riesce attraverso una lettura riflessiva del verso,ad imporsi come continue immagini immediate,scatti fotografici che si calano nella condizione esistenziale.Metafora della vita come viaggio,nell’arte avviene spesso che bisogna far morire la vita per poi conquistarla.E’ una vera guerra dei sentimenti e lotta continua contro la solitudine. Una guerra esistenziale che hanno combattuto molti poeti:”arriverà anche qui l’istante violento e sarà sale sopra le pietre di una città distrutta”.Ma trovo molto bella la terzina “Non stringeremo che il vento della mareggiata e ci perderemo spossati e soli come steli spogliati di ogni linfa” rendi veramente bene il significato della nostra fragilità. Complimenti Ivanoe e auguri per i tuoi prossimi lavori.

  3. Mi ero già imbattuto nei versi di Privitera; forse una volta l’ho anche incontrato, non ricordo bene. Ricordo però l’impressione che ne ebbi: esattamente la stessa che provo ora, leggendo questa scelta di versi nell’articolo di Luigia Sorrentino. Versi che esprimono una desolazione senza scampo, una desolazione che a malapena cerca il riscatto della forma. Una poesia che imperla parole anodine, scialbe, senza fascino, e da cui poi all’improvviso scaturisce un’espressione, un’immagine che riaccende con violenza la fiamma del verso. Una poesia che trova la sua suggestione nell’essere un vento di terra, che non s’innalza e non sprofonda, ma corre ad altezza del suolo, con disperata leggerezza, e che, con la stessa disperata leggerezza, si sfa; ma che ogni tanto, nel suo passaggio, brucia qualche rovo. Complimenti Privitera, evolviti, migliorati ma non cambiare.

  4. Sei contento? E’ molto bello il commento di Giorgio Galli, molto bello… una poesia… “un vento di terra” si puo’ esperimentare raramente, e’ un vento che a volte sfiora i campi di grano o i verdi pascoli alpini, un vento che incanta i bambini e quando “si sfa” piegano l’aquilone per un altro giorno e pensano ad un altro gioco. Sei contento? Io vorrei tanto che i poeti non fossero tutti maledetti. Inventiamo una nuova disciplina IMPARARE A VIVERE e studiamola accanto alla filosofia ed al calcolo differenziale…

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