Ryszard Krynicki, & video

Nello scaffale, Ryszard Krynicki
a cura di Luigia Sorrentino

Ryszard Krynicki è uno dei massimi poeti polacchi contemporanei. La sua famiglia fu deportata in un campo di concentramento negli anni Quaranta. Krynicki è infatti nato nel 1943 nel lager Windberg, in località Sankt Valentin, in Austria, dal quale fu portato via solo con la Liberazione, avvenuta nel 1945. Krynicki vive a Cracovia ed è oggi un importante editore e traduttore. I suoi esordi sono legati al movimento Nowa Fala (Nuova Ondata) di cui fecero parte autori accumunati da uno sguardo critico e lucido sul regime. Negli anni 1976-1981 la pubblicazione della sua opera fu vietata dalla censura. Nel 1988 Krynicki ha fondato la casa editrice a5 che pubblica poesia contemporanea. Ha tradotto in polacco tra gli altri, Benn, Brecht, Nelly Sachs e Paul Celan.

Il video dell’intervista a Ryszard Krynicki di Luigia Sorrentino

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=7uFAOVMPCWo[/youtube]

La poesia di Ryszard Krynicki è stata definita da Adam Michnikn una misteriosa commistione di metafisica e di eroismo etico. Krynicki è il destinatario della bellissima Lettera a Ryszard Krynicki in cui il poeta Zbigniew Herbert inviava al più giovane collega i suoi “enigmi della civetta”, gli interrogativi sul potere salvifico della bellezza e sul rapporto tra etica e estetica.

La poesia per Ryszard Krynicki – come ha detto prima di lui Czesław Miłosz – non salva i popoli, ma è voce della coscienza.

Krynicki ha una voce poetica che riceve segnali di civiltà scomparse. La sua immaginazione gira intorno al punto mistico dell’Esplosione primordiale. Ma così come Krynicki si accosta allo spazio di altri mondi che per lui sono la sede del divino, egli vede anche i diseredati che vagabondano per la città e a sera dispongono i loro cartoni per prepararsi alla notte e si inchina dinnanzi ai loro.

“Abitiamo attraverso la pelle” di Ryszard Krynicki, a cura di Francesca Fornari, è uscito a novembre 2012 con Interlinea Editore (12,00 euro).

INTERVISTA A RYSZARD KRYNICKI
di Luigia Sorrentino
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Ryszard Krynicki, la sua storia , fin dalla sua nascita, è segnata da un dolore inestirpabile, quello della Shoah. Lei nasce nel 1943 in un lager, a Sankt Valentin, in Austria. Lì inizia la sua storia, e quella della sua famiglia, perseguitata dalle leggi razziali naziste e fasciste.
Ci racconta com’è andata?

“Inizierei forse dal fatto che ci sono molti grandi poeti in Polonia. La Polonia è un paese di poeti. Io in effetti sono nato durante la guerra, per caso… non ho scelto il luogo della mia nascita. Nessuno lo sceglie. Ancora oggi non so per quale motivo mia madre si trovò nel campo di concentramento, così come non so esattamente quale campo fosse, perché, come si sa, c’erano diversi tipi di campi in quell’area. Quello che so è che il campo in cui sono nato si chiamava Lager Windberg, in località Sankt Valentin. Quindi si chiamava Lager Windberg, non so che tipo di legame avesse con il campo Mauthausen che si trovava lì vicino… non so nemmeno se il lager in cui sono nato era una filiale dell’altro campo, oppure se si trattava di un campo a sé. So che nella località di Sankt Valentin che soltanto dopo la guerra fu trasformata formalmente in città, nel corso della guerra divenne la terza delle più grandi fabbriche del Reich di carri armati. Quindi, penso che sia possibile che i due campi fossero in qualche modo collegati con la fabbrica, ma non lo so con certezza. In uno dei due campi sono nato io. Per quale motivo mia madre si trovasse lì, non lo so. I miei genitori erano condannati ai lavori forzati. Sono stati deportati proprio in Austria, nel 1942, un anno e mezzo prima della mia nascita. Naturalmente io non ricordo niente.”

Qual è la storia della sua famiglia? Perché si trovava lì?
“Conosco poco la storia dei miei genitori. Penso che loro si siano trovati per caso in quella parte dell’Austria che fu occupata dall’Armata Rossa… Volevano tornare a casa, nella loro città d’origine, dalla quale proveniva tutta la mia famiglia prima della guerra… nella Galizia orientale – la Polonia orientale – che, durante la seconda guerra, dopo il 17 settembre, fu occupata dai sovietici. So che stavano cercando di ritornare in Galizia, ma il viaggio di ritorno fu molto lungo. Vennero fermati alla frontiera e rinchiusi in una specie di campo temporaneo. Mio padre fu obbligato a rendere servizio all’Armata Rossa, mentre mia madre continuò il viaggio con me. Un viaggio di ritorno molto lungo, i treni passavano di rado. So che mia madre ha dovuto fare una scelta: o rimanere dove eravamo, oppure ritornare con un trasporto in Polonia con il cosiddetto “rimpatrio”. Le diedero poche ore per decidere se rimanere oppure andare, verso l’ignoto. Ma dal momento che i genitori di mio padre decisero che loro sarebbero tornati in Polonia, lei si unì a loro e decise di iniziare quel viaggio verso l’ignoto. E così ci trovammo, mia madre ed io, su quelle che furono definite “terre recuperate”, cioè sui vecchi territori tedeschi, nei pressi della città che prima della guerra si chiamava Lansberg an der Warte e che poi è diventata Gorzow Wielkopolski. Sono stati i due più grandi viaggi della mia vita. I più grandi e i più lunghi. Perché quando ho compiuto trent’anni e per la prima volta sono andato all’estero sono tornato proprio lì, in quei luoghi dove sono nato, dove ho trascorso il mio primo anno di vita. Sono andato in Austria a rivedere dove sono nato e anche se non ricordo niente… ma penso che quei luoghi stiano lì, da qualche parte nel mio subconscio.”

La liberazione arrivò nel 1945. Lei aveva soltanto due anni. Cosa le hanno raccontato ?
“Mio padre è tornato a riprenderci dopo due anni, perché questa era la durata del servizio per l’Armata Rossa. Prima di tutto mio padre doveva trovarci, sapere dove eravamo, e non era facile, ma riuscì a trovarci. I sovietici trattavano i polacchi nati nella Polonia orientale – e mio padre era nato lì in quella parte della regione che fu occupata dai sovietici – come cittadini dell’Unione Sovietica. Ed è per questo lo arruolarono nell’ armata Rossa.”


La poesia entrò subito nella sua vita. Era soltanto un bambino quando rimase colpito da frammenti di testi sacri di cui non capiva il senso ma che si imponevano per la loro forza mistica. Ci racconta di quel giorno e del rapporto tra la poesia e il sacro?

“È per la lingua, solo per la lingua, perché il linguaggio sacro è in gran parte incomprensibile e misterioso. Quel mistero mi toccò profondamente, fin da bambino. Io penso di essere stato, in qualche modo, particolarmente sensibile a questa forma di linguaggio… Quando ero bambino mi hanno molto influenzato, (per un poeta polacco fare questa ammissione è quasi vergognoso) le “Ballate e romanze” di Mickiewicz. Quindi il romanticismo puro: “Ballate e romanze”. Le leggevo quando avevo 14 anni e non sapevo affrontare quella forza enorme che emanavano quei versi di Mickiewicz. All’epoca, quando le leggevo, non pensavo che un giorno avrei potuto provare a scrivere anch’io delle poesie. Non mi passava neanche per la testa. Stavo leggendo qualcosa che mi toccava profondamente, che era pieno di mistero, di una misteriosa bellezza che io non riuscivo ad affrontare”.

Adesso ha compreso qual è il rapporto tra la poesia e il sacro?

“Io penso che la poesia e la sfera del sacro, siano semplicemente molto vicine. Forse provengono dalla stessa origine, o da un’ origine molto simile. Può darsi che la poesia alcune volte sostituisca l’umano bisogno del sacro. Ma indipendentemente da questo, sono comunque due campi molto distinti della spiritualità umana, perché la poesia qualche volta deve fare delle domande che contrastano con la sfera del sacro … la poesia a volte sta al confine con l’eresia. O almeno così mi sembra.”

I suoi esordi letterari arrivarono nel 1968, con il movimento NOWA FALA (Nuova Ondata). Accanto a lei poeti come Adam Zagajevski, ma anche molti altri. Avevate tutti un atteggiamento rigido nei confronti del regime. La nascita del movimento “Nuova ondata” coincise con le contestazioni che rivendicavano sociali, sessuali e civili che iniziarono in Europa nel 1968, che diedero origine anche alla Repressione e al Terrorismo. Che cosa può dirci di quegli anni?

” ‘Nowa Fala’ è un fenomeno complicato perché in quella corrente si trovarono poeti provenienti … da diversi temperamenti, da diverse tradizioni letterarie. E penso che non ci sarebbe stato quel fenomeno se non fossero accaduti alcuni fatti nella vita sociale. Penso che non ci sarebbe potuta essere la ‘Nuova Ondata’ se non ci fosse stato anche il “marzo del 1968”, se non ci fossero state le proteste degli studenti, represse dal governo in maniera brutale. Se non ci fossero stati i fatti che hanno portato all’intensificazione – in qualche maniera – delle repressioni in Polonia, con la campagna contro gli intellettuali e contro gli ebrei. Questo è uno dei motivi… In quegli anni il sistema ha scoperto il suo vero volto, brutale. E poi c’è stato l’ “agosto del 1968″ quando l’esercito dei paesi del Patto di Varsavia entrò in Cecoslovacchia e vi furono anche – purtroppo – soldati polacchi in quelle truppe. Poi un lungo periodo quando si svolgevano i processi dei partecipanti delle proteste studentesche, perché esse avevano luogo principalmente nel 1969 e ovviamente una forte propaganda che si faceva sempre più invasiva. E poi alla fine il dicembre 1970. Le proteste degli operai nelle città costiere, operai dei cantieri navali represse in maniera sanguinosa dalle autorità. Per le persone sensibili era molto difficile non protestare contro tutto questo. Quindi volevamo esprimere la nostra protesta, e qui parlo ormai al plurale, perché noi poeti diversi ci siamo in qualche modo ritrovati. Nel 1968 io non ero più uno studente. Partecipavo alle proteste degli studenti, ma non ero già più uno studente, quindi, ho solo perso il lavoro. Io lavoravo nella redazione di una rivista culturale. Noi di ‘Nowa Fala’ vivevamo in diverse città. A Poznan c’era Stanisław Barańczak ed io, a Cracovia c’era Adam Zagajewski e Julian Kornhauser, a Lodz, Jacek Bierezin, che è morto.
Stanisław Baranczak, un ottimo poeta e traduttore che vive dal 1981 in America. Le sue poesie sono molto difficili da tradurre perché molto complicate dal punto di vista linguistico.”

La sua lingua poetica smaschera la natura coercitiva del regime, della propaganda che operava in Polonia una costante falsificazione della realtà. Come ha combattuto la sua personale battaglia privata come editore, poeta e traduttore per il riconoscimento dei diritti civili e delle minoranze?

“Prima di tutto era fondamentale lavorare sulla ricerca di una lingua, una nuova lingua poetica, che avrebbe permesso, da una parte, di esprimere il problema, di esprimere una protesta, dall’altra era necessario trovare una lingua che riuscisse ad affrontare la realtà. Il linguaggio tradizionale poetico non era in sincronia con la realtà, ovvero la nostra poesia diventava sempre più concreta e parlava in modo molto diretto degli avvenimenti e di quello che stava avvenendo. Questo fatto ci ha causato problemi con la censura… Non potevamo né scrivere per la stampa, né pubblicare libri. Io ne avevo risentito in maniera particolare. Molto presto ho cominciato ad avere problemi con la censura e con la pubblicazione dei miei libri. Eravamo in una situazione ben diversa, per esempio, dai beatnick’s americani, che potevano tranquillamente contestare. Noi non potevamo farlo. Dal momento che non potevo pubblicare i miei versi, ho adottato il sistema degli scrittori russi indipendenti, già allora sapevo cosa fosse ‘samizdat’, e ho iniziato a pubblicare clandestinamente.”

La sua lingua poetica ha via via uno stile sempre più conciso. E’ come se parlasse con un sassolino nella bocca. Questo rimanda a un altro grande poeta Paul Celan, che ha rappresentato proprio attraverso la lingua la tragicità di tutta l’esperienza della Shoah… Un sassolino in bocca per imparare a tacere… Proprio come fa lei, sono diventati celebri i suoi due versi: “Niente, Dio”. Cosa porta in sé questa sua poesia?

“Mi è molto difficile parlare della mia poesia. Ma se penso ai miei inizi, mi è sempre stata vicino proprio la poesia, che sta a un passo dal silenzio, proprio perché tocca le domande fondamentali, domande sull’esistenza umana. La mia poesia, quindi, porge la stessa domanda che si potrebbe rivolgere a Dio, indipendentemente dal fatto se siamo o meno credenti. ”

Il silenzio è inteso da lei come Unica Patria, una Patria che nasconde dentro di sé una ferita insanabile, la ferita della Shoah, c’è ancora bisogno di affermare e riconoscere questa verità, una verità che comunque molti hanno volutamente tenuto nascosta… Si può perdonare solo con il silenzio?

“Nella mia poesia c’è un tipo di silenzio che parla. Non posso spiegarlo in altro modo… non significa che io voglia tacere, sto solo cercando la parola, o le parole giuste che cercano di farsi strada attraverso il frastuono del mondo. Perché non si può tacere essendo un poeta, bisogna parlare, bisogna vedere come si parla. Se si parla attraverso un coro, in questo frastuono di cultura di massa, pubblicità, propaganda di diverso tipo, oppure se stiamo cercando un vero linguaggio in cui possiamo esprimere la nostra realtà. Perché la parola, purtroppo, può ingannare, anzi molto spesso serve proprio a questo. Forse le parole più spesso servono per mentire non per dire la verità. Per questo motivo è così importante la ricerca di un linguaggio autentico.”

La sua è una poesia – civile, che si fa coscienza. Lei apre “all’inferno della fiducia”, ma anche al suo opposto “l’inferno della sfiducia”, del sospetto. La parola può essere menzogna o diventare un bavaglio che soffoca… Qual è il ruolo che dovrebbe avere la poesia in questa nostra epoca?

“Penso che i poeti stessi siano abbastanza scettici sul proprio ruolo. Per esempio Wislawa Szymborska fino alla fine non si sia resa conto quale enorme importanza aveva nella vita di ognuno di noi, la sua poesia, di quanto fosse necessaria alla persone, in diversi paesi del mondo e in diverse lingue. Penso che la poesia non raggiunga le società, raggiunge ognuno di noi, separatamente. La sua forza, quella della vera poesia, risiede proprio in questo, di saper arrivare a ognuno individualmente. Posso raccontare un aneddoto che riguarda proprio Wislawa Szymborska. Io sono stato anche il suo editore. In occasione della pubblicazione di ogni suo volume, organizzavamo un incontro con lei a Cracovia. A questi incontri venivano tantissime persone. Si svolgevano al Museo d’Arte e Tecnica Giapponese Manngha. Una volta Michal Rusinek, il suo segretario, la stava accompagnando a uno di questi incontri… hanno visto una grande folla che andava verso il museo e la signora Szymborska chiese a Rusinek: “ma oggi c’è forse qualche partita?” Invece tutta quella gente andava lì per lei.”

Traduzione di Francesca Fornari
con la collaborazione di Luigia Sorrentino

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Ryzsard Krynicki, Premio alla Carriera del Festival Internazionale di Poesia Civile di Vercelli
Milano, 7 novembre 2012

3 pensieri su “Ryszard Krynicki, & video

  1. Un meraviglioso documento: “…un battito di cuore mortale/più forte della paura di morte e miseria,una voce della coscienza…” Non posso dimenticare l’itinerario poetico con il quale lo confronto all’amato Paul Celan.Oltre alle tematiche a lui proprie determinate dalla tragedia dello sterminio degli ebrei,in cui vennero travolti i genitori,figurano temi e testimonianze della grandezza di una vocazione poetica tra le più alte. Una poesia raffinata che non dimentica la realtà.Uno sguardo lucido e critico.

  2. Ottimimo video ed ottima intervista.
    Questo è quello che ci vuole per dire che “le cose belle ci sono, è solo necessario saperle trovare”. Veramente lucida e commovente la storia della sua vita con cui inizia la parte iniziale dell’intervista. Nella seconda parte, invece, è il poeta che parla e si fa avanti in maniera integrale. Il discorso sulla falsità della “parola” e sulla ricerca di un linguaggio autentico è uno dei più lucidi che abbia mai sentito. Approfondirò la conoscenza di Ryszard Krynicki.
    Grazie per il bellissimo video.

    Mohamed

  3. …sì, è un meraviglioso video-documento… E lo confermo con una poesia…

    Negl’occhi di Anna Frank

    AUSCHWITZ
    27 Gennaio 1945,
    scarni cancelli s’Aprirono
    all’Indicibile …
    ad un Mondo
    Incredulo
    per ciò che ha fatto
    Solo a se stesso!

    Incredulo
    rivedeva la Croce col Suo Cristo…
    piantata nelle viscere d’un Golgota
    d’Ossa e Occhi
    che vitrei!
    fissavano
    Increduli!
    il “Silenzio-Assenso”…
    anche del loro “Dio”

    AUSCHWITZ
    Finalmente
    anche gli occhi
    Stanchi
    della Memoria …
    han visto
    – senza più Timore –
    i luoghi del Martirio…
    Han visto
    la Shoah e l’Olocausto
    lo Sterminio e il Rogo
    il Delirio e il Potere …
    Inginocchiarsi!
    e sotto il Suo cielo
    chiedere Perdono

    (negl’Occhi di Anna Frank)
    Occhi!
    d’Infanti e Adulti
    d’Ebrei e Slavi
    di Storpi e Pazzi …
    brillare!
    e più delle Stelle!

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