“Tutto è bene quel che finisce bene”

Nella commedia “Tutto è bene quel che finisce bene” di William Shakespeare (1564-1616) è stato rintracciato “il Dna stilistico” di Thomas Middleton (1580-1627), drammaturgo inglese tra i più celebri dell’età elisabettiana. A scoprire il co-autore del testo shakespeariano ispirato alla novella di Giovanni Boccaccio “Giletta di Narbona”, presente nel “Decameron”, è stata una ricerca condotta da un gruppo di studiosi dell’Università di Oxford, guidato dalla professoressa Laurie Maguire.

Secondo un’analisi scientifica del vocabolario, dello stile e della grammatica è emersa nella commedia “la presenza rilevante” del “mondo letterario di Middleton”, ha spiegato la professoressa Emma Smith della Facoltà di Letteratura inglese della Oxford University. “Il quadro che è emerso dalla ricerca mostra che tra Shakespeare e Middleton ci fu molto di più di una semplice collaborazione”, ha dichiarato Maguire.

“Le differenze di stili e le incongruenze presenti nel testo mostrano che la commedia fu opera di due autori”, ha aggiunto Maguire.

Il nome di Middleton come possibile collaboratore e riadattatore di commedie e tragedie di Shakespeare è stato fatto più volte come supposizione, come ad esempio per la stesura di “Timone d’Atene”, oppure per “Macbeth” e “Misura per misura” di cui avrebbe ampliato e modificato alcune parti. Ma nel caso di “Tutto è bene quel che finisce bene” l’aiuto di Middleton sarebbe andato ben oltre, tanto da far parlare il team di ricercatori di Oxford di una vera e propria collaborazione tra due autori, come rivelerebbe la presenza di parole presenti solo nel vocabolario delle commedie del drammaturgo più giovane del Bardo.

La professoressa Maguire ha sottolineato, in un’intervista alla Bbc, come la maggior parte delle commedie dell’epoca ebbero più di un autore, in “una sorta di gioco di aggiunte e rielaborazioni che spesso avvenivano proprio durante gli allestimenti in teatro”.

“Ma lo status di icona di cui gode Shakeaspeare ha comportato una certa riluttanza a considerare la sua
opera come frutto di collaborazioni”, ha osservato la studiosa. “Ma oggi le ricerche da noi condotte ci dicono che è stata individuata una seconda mano nella commedia ‘Tutto è bene quel che finisce bene’ e che è quella proprio di Middledton”.

Gli scrittori hanno le loro peculiari “impronte digitali”, una sorta di Dna stilistico, e la sofisticata analisi del linguaggio della commedia scritta tra il 1602 e il 1603 mostra che “i marcatori
genetici dello stile letterario sono fortemente legati a Middleton”.

Le rime e ritmi delle varie sezioni della commedia, il fraseggio, l’ortografia e perfino le singole parole “suggeriscono il coinvolgimento di Thomas Middleton”.

Certo, affermano Maguire e Smith, non ci può essere una conclusione definitiva in questo tipo di lavoro da detective letterario: perciò gli accademici di Oxford accanto al nome di Middleton come principale indiziato per la collaborazione shakespeariana non escludono in via teorica altri candidati possibili, come ad esempio John Fletcher.

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