Arthur Rimbaud (1853 -1891)

Arthur Rimbaud

AUBE

J’ai embrassé l’aube d’été.

Rien ne bougeait encore au front des palais. L’eau était morte. Les camps d’ombres ne quittaient pas la route du bois. J’ai marché, réveillant les haleines vives et tièdes, et les pierreries regardèrent, et les ailes se levèrent sans bruit.

La première entreprise fut, dans le sentier déjà empli de frais et blêmes éclats, une fleur qui me dit son nom.

Je ris au wasserfall blond qui s’échevela à travers les sapins: à la cime argentée je reconnus la déesse.

Alors, je levai un à un les voiles. Dans l’allée, en agitant les bras. Par la plaine, où je l’ai dénoncée au coq. A la grand’ville elle fuyait parmi les clochers et les dômes, et courant comme un mendiant sur les quais de marbre, je la chassais.

En haut de la route, près d’un bois de lauriers, je l’ai entourée avec ses voiles amassés, et j’ai senti un peu son immense corps. L’aube et l’enfant tombèrent au bas du bois.

Au réveil il était midi. Continua a leggere

Rilke, le poesie francesi

Rainer Maria Rilke

Verges o la poesia della “tenerezza”
di Marco Marangoni

Note in margine a Verzieri, Le poesie francesi. Introduzione e traduzione di Pierangela Rossi, Biblioteca dei Leoni, Castelfranco veneto (TV), 2018.

Tenendo conto soprattutto, tra le altre, della traduzione delle Poesie francesi di Rilke, firmata da Roberto Carifi (Crocetti Editore, Milano, 1989), oltre che del lavoro critico dei maggiori studiosi italiani del “settore”, P. Rossi ci offre una nuova versione di Vergers, il “primo grande manoscritto compiuto” di poesie francesi. L’opera venne composta tra il gennaio 1924 e il maggio 1925 e poi pubblicata nella Nouvelle Revue française nel 1926. La traduttrice in questa versione ci indirizza anzitutto a soffermarci sul sentimento della “tenerezza”, variante più intima della gioia lirica: “Ogni cosa è sospesa – commenta la Rossi- tra peso e leggerezza. […] Rilke, per esempio, non si stanca mai di pronunciare “tenero” (Biografia, introduzione a Verzieri, op. cit., p.16).

Dove, nella traduzione di Carifi, era il pensiero poetante -sulle orme di Blanchot e di Heidegger- a guidare le parole rilkiane da una “patria di morte” a una Heimat di canto, in quella della Rossi si nota il tentativo di una sintonia con una certa grazia di dettato, oltre che di chiarezza comunicativa, fino a una specie di conquistato respiro, cui la poetessa-traduttrice tende già nel suo lavoro autonomo in versi. E quale specimen di quanto detto, può giovare un confronto tra la due “versioni”, e proprio a partire emblematicamente dal verso iniziale della lirica intitolata Verzierie (Verger): Continua a leggere