Alberto Bertoni su Mario Benedetti

Un ricordo di poesia

di Alberto Bertoni

 

Al di là dei ricordi personali, non molti ma qualitativamente molto alti, di Mario Benedetti conservo un ricordo di poesia al quale sono affezionato in modo particolare. Era forse il 2007 e mi ero assunto da poco l’incarico di curare da solo il “Meridiano” dei romanzi più belli di Alberto Bevilacqua. Passavo dai corridoi dell’open space letterario alla Mondadori di Segrate, quando un amico “che poteva” mi passò quasi sottobanco la stampata del libro inedito di Benedetti che sarebbe uscito di lì a non molti mesi nello “Specchio”, chiedendomi un parere da esprimere nel giro di pochi giorni: un parere per nulla vincolante, il libro sarebbe stato comunque pubblicato a prescindere dal mio giudizio, ma solo un’impressione competente. Ovviamente accettai, poiché Umana gloria, pubblicato nella stessa sede tre anni prima, mi aveva colpito per una compattezza ottenuta tutta a posteriori, cioè riassemblando in mirabile unità i diversi “materiali per una voce” che Benedetti aveva scandito nella temporalità lunga di una storia compositiva cominciata fin dagli anni Ottanta, com’era appropriato e quasi naturale per i nati come lui e come anche me nel 1955.

Io dunque attribuivo a Umana gloria una valenza duplice: quella di condensare lo sviluppo tardonovecentesco del mio asse poetico prediletto, la strada maestra che – con ripetute vedute sull’abisso – congiunge Montale e Sereni, Giudici e Zanzotto; e l’altra che imbocca decisamente – nella sua varietà ricombinata in officina – una via diversa, quella del nuovo secolo/millennio che cominciava prima di tutto a rifiutarsi di risolvere e di chiudere “poeticamente” in unità prosodica, sintattica, tematica le antitesi, le antifrasi, le contraddizioni che sono intrinseche a quel Reale non mimetico ma insieme gnoseologico e metodologico che è il Reale dell’epoca nostra. Non è difficile accertare che le peculiari di queste contrapposizioni per così dire ontologiche sono, nel caso della poesia di Mario (che sull’espressione poetica di questo Reale di secondo grado ha buttato tutte le sue fiches di autore dotatissimo), sono dialetto/non dialetto, Friuli/non Friuli, correlazione oggettiva/sua risoluta negazione, autobiografia/suo capovolgimento oggettuale-impersonale, narrazione/trasalimento lirico, nitore fotografico/dimensione onirica, “una volta”/adesso, lucidità impietosa/fragilità, sguardo crudele/”stupore bambino”, sublime alto/sublime basso, variazioni sulla dialettica di endecasillabo e settenario/intercalare di un verso lungo esametrico o whitmaniano, paesaggio naturale/paesaggio figurativo, culturale, mentale… Continua a leggere