Elena Pulcini, “L’epoca della grande cecità”

Elena Pulcini

IL RISVEGLIO DELLE EMOZIONI PER UN CAMBIAMENTO DI ROTTA
DI ELENA PULCINI 

“Devi cambiare la tua vita…”: questo imperativo che durante una visita al Louvre, Rainer Maria Rilke sentì risuonare dentro di sé di fronte alla statua di Apollo, viene ora adottato da Peter Sloterdijk, che in esso cerca una risposta alla sua diagnosi della crisi ecologica e alla radicalità dei suoi effetti. Una crisi a lungo rimossa dalle nostre coscienze, dalla politica e dal dibattito mediatico, che ci è caduta improvvisamente addosso con la violenza e la pervasività del Covid19. Perché, è bene ribadirlo subito: questo virus, prodotto dallo spill over, da quel salto di specie che ci ha reso vittime di un pipistrello, è l’effetto della grave alterazione dell’equilibrio naturale (in questo caso deforestazioni e inquinamento) che sta distruggendo il pianeta. Non potrebbe esserci immagine più adatta di questa pandemia a rappresentare simbolicamente la nostra epoca, o meglio la nostra “era”, quella che chiamiamo Antropocene, in cui l’agire umano ha raggiunto l’assoluta priorità, l’apice della potenza, che si rovescia però, allo stesso tempo, in potenziale autodistruzione.

Impossibile elencarne le cause: ci sono cause più storiche, come un capitalismo sempre più predatorio, e l’inversione immunitaria di Stati e individui di fronte all’insicurezza prodotta dalla globalizzazione; e ci sono cause ontologiche, come il nostro millenario antropocentrismo e la nostra hybris che ci spinge sempre più al dominio senza limiti della natura. Possiamo anche risalire alla sua origine moderna che alcuni, da Hannah Arendt a Latour, vedono nel distacco dalla Terra, ridotta ad un oggetto inerte da sfruttare a piacimento per i nostri bisogni, e sempre più deprivata della capacità omeostatica di rigenerarsi. Insomma siamo diventati vittime del nostro stesso potere, mettendo a repentaglio il nostro futuro e quello dell’intero mondo vivente.

Purtroppo, però, nonostante i segni sempre più visibili di una possibile catastrofe (riscaldamento climatico, erosione delle risorse, perdita della biodiversità, inquinamento) sembriamo inclini a denegare la realtà, a rifugiarci nell’indifferenza, e quel che è peggio a difendere ad ogni costo uno stile di vita che ci priva dell’aria che respiriamo, ci sommerge di rifiuti, ci inonda di cose inutili e superflue, ci fa ammalare… Nonostante tutto il nostro sapere e la nostra scienza, nonostante il profluvio delle informazioni e la rete comunicativa globale che abbiamo costruito, siamo ciechi di fronte a fenomeni sempre più devastanti e incontrollabili, tanto che è inevitabile chiederci, come fa Amitav Gosh ne La grande cecità: non è paradossale che “questa nostra epoca, così fiera della propria consapevolezza, verrà definita l’epoca della grande cecità”? E’ paradossale, ma non inspiegabile: perché la nostra psiche non è capace, evidentemente, di immaginare la catastrofe e si protegge attraverso quel meccanismo di difesa che Freud ha definito diniego, impedendo che la realtà tocchi le nostre zone più profonde, la nostra emotività. Continua a leggere