20.02.2020, il potere dei numeri
di Alberto BERTONI
Ero lì,
adesso a pensarci
può sembrare incredibile,
ma io ero proprio lì,
io che a Milano vado ormai di rado,
e che l’Inter la guardo
solo in TV come le corse
nel brutto surrogato
di S. Siro trotto abbandonato,
campo straziato di rottami, erbe matte, sterpaglie
da distruggere ogni tanto dando fuoco,
non ombra di cavallo appena qualche
serpente innocuo
e l’impero del topo
Invece ero lì,
il 20 febbraio, giovedì
per fare il commissario di concorso
a professore associato
coi colleghi Antonio e Paolo
assieme ai quali a un bel momento pranzo
nella mensa promiscua dello IULM
con sandwich al salmone e minerale
sulla fòrmica ripassata di straccio
in mezzo a un massacro di studenti
ridendo e chiacchierando
senza pensieri, in un concerto
di bocche spalancate
Verso le 20 ho riavviato la mia auto
dal gelido parcheggio sotterraneo
ma non ho chiamato Mario
come pure avevo programmato
e mi sono avviato verso Modena
ascoltando l’Inter alla radio
nell’assurdo di uno stadio bulgaro
Alle 21 in punto mi sono fermato
nell’area Somaglia dell’A1
a far rifornimento di metano
fra le uscite di Lodi e Basso Lodigiano
quando poi oggi dalla Rete imparo
che non c’è dubbio alcuno
il punto originario del contagio
è all’unanimità riconosciuto
il 20 febbraio, giovedì, alle 21 in punto
Adesso, inoltre, mi ricordo
che il benzinaio,
un ragazzo basso e magro
coi baffetti sottili
e un velo bianco di sudore
inadeguato al freddo,
mi ha pulito il parabrezza
dopo almeno dieci anni che nessuno
più l’aveva fatto
e che mi ha chiesto
attraverso lo sportello semiaperto
avvicinando complice le labbra
al mio volto concentrato sul calcio
dove stavo andando e confidato
che lui era quasi a fine turno
e non vedeva l’ora di tornare
in centro a Codogno dalla moglie
Oggi imparo che proprio all’ospedale
di Codogno e proprio in quel preciso minuto
veniva ricoverato il Paziente Uno
e che il mondo è cambiato
per sempre come giorno dopo giorno
online profetizza il New York Times
perché ineluttabili verranno
un prima e un dopo
Ma io di tutt’altro mi angoscio,
dopo un mese di mondo capovolto,
di privacy violata e libertà
personali limitate,
anche se mangio bene e bevo molto
e pure il mio lavoro lo svolgo
uguale, da remoto
(oppure m’illudo solo)
Di questo, ripeto, io mi angoscio:
primo, se il benzinaio gentile, la moglie,
i figli eventuali e tutti i familiari
sono felicemente salvi
Secondo (ma questo non lo sa
neanche il New York Times),
come si attraversa un Durante
caso mai piova giù un bisogno
di tregua, di respirare ossigeno
o di essere per sempre l’animale
che muore alla fine del sogno
Alberto Bertoni
Una bella, umana, circostanziata testimonianza di ciò che siamo (stati).