Sergej Esenin, il poeta della malinconia

Sergej Esenin

Io vado errando sulla prima neve,
nel cuore mughetti di forze scoppiate.
La sera ha acceso sopra la mia strada
la candela turchina d’una stella.

Io non so se ci sia luce o buio,
se nella selva canti il gallo o il vento.
Forse, invece dell’inverno sui campi,
cigni si sono posati sul prato.

Tu sei bella, o bianca distesa!
Il lieve gelo mi riscalda il sangue!
Ho desiderio di stringere al corpo
i seni nudi delle betulle.

O folta torbidità boschiva!
O gaiezza dei campi nevosi!…
Ho desiderio di serrare tra le braccia
i fianchi di legno delle vétrici.

*

Noi adesso ce ne andiamo a poco a poco
verso il paese dov’è gioia e quiete.
Forse, ben presto anch’io dovrò raccogliere
le mie spoglie mortali per il viaggio.

Care foreste di betulle!
Tu, terra! E voi, sabbie delle pianure!
Dinanzi a questa folla di partenti
non ho forza di nascondere la mia malinconia.

Ho amato troppo in questo mondo
tutto ciò che veste l’anima di carne.
Pace alle trèmule che, allargando i rami,
si sono specchiate nell’acqua rosea.

Molti pensieri in silenzio ho meditato,
molte canzoni entro di me ho composto.
Felice io sono sulla cupa terra
di ciò che ho respirato e che ho vissuto.

Felice di aver baciato le donne,
pestato i fiori, ruzzolato nell’erba,
di non aver mai battuto sul capo
le bestie, nostri fratelli minori.

So che là non fioriscono boscaglie,
non stormisce la ségala dal collo di cigno.
Perciò dinanzi a una folla di partenti
provo sempre un brivido.

So che in quel paese non saranno
queste campagne biondeggianti nella nebbia.
Anche perciò mi sono cari gli uomini
che vivono con me su questa terra.

Sergej Esenin nella traduzione di Angelo Maria Ripellino, da “Poesia russa del Novecento”, Guanda, 1954

Sergej Esenin (Konstantinovo 1895 – Leningrado 1925) è stato uno dei più grandi poeti russi del 900. Figlio unico di genitori contadini, Esenin è l’esponente più celebre della cosidetta scuola dei “poeti contadini”. Nei suoi versi emerge l’universo rurale della Russia di inizio Novecento: le sue parole esaltano le bellezze della campagna e l’amore verso il regno animale, ma anche gli eccessi del suo quotidiano.

Selezione e cura dei testi di Giovanni Ibello

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