La poesia che “distrurba” il lettore

SPROVVISTO DI TITOLO

di Davide Cortese

 

[Senza titolo] è l’ultimo volume della collana «Poesia di ricerca», a cura di Alberto Pellegatta, per i tipi di Edb. Il libro, davvero sprovvisto di una titolazione, introdotto da Stelvio Di Spigno, prosegue la scelta editoriale di affiancare un poeta straniero a uno italiano: Manuel de Freitas, portoghese, autore di numerose raccolte poetiche e svariate pubblicazioni di saggi, antologie, pamphlet, e Federica Gullotta, alla seconda prova in volume dopo La bestia viziata (LietoColle, 2016). Gli autori sono accompagnati da tre opere inedite di Davide Mansueto Raggio (1926-2002), esponente dell’art brut: tre cartoni sagomati da scatole da imballaggio riportano figure umane o animali, a pennarello o con il «sasso matto» (argilla rossa). Di particolare interesse è il “cavallino”, posto a mo’ di spartiacque fra i due poeti, quasi a registrare che, alle volte, la follia riesce a esprimersi in modalità più “serene” di quanto non riesca una mente arrovellata in questioni estetiche o personali.

Manuel de Freitas

Fra i molteplici temi e motivi che informano i testi di de Freitas è possibile sceglierne uno che possa fare da guida e rivelare alcune caratteristiche proprie alla sua poesia: per esempio, il motivo felino, presente diverse volte tra versi e prose. Ora ritratto come un giudice severo e allo stesso tempo testimone di un mondo negativo e irriducibile che assedia il poeta anche nel dolore più bieco, oppure riportato a una dimensione affettiva, la versione senile di un rapido cacciatore, il gatto non è solo l’animale poetico per eccellenza, ma è quanto di più significante per un portoghese: può essere assunto a simbolo di una delle più tipiche tradizioni della letteratura lusitana dall’apertura della ferrovia in poi, ovvero il rapporto intrattenuto con quella francese. Non è un caso, dunque, che de Freitas ne sia un traduttore. Bataille, Cioran, Lautréamont oltreché delineare un certo sostrato di pensiero a cui le sue poesie fanno riferimento, strutturano il modo in cui la voce del poeta si offre: è riscontrabile una sorta di “maledettismo”.

Tuttavia, spesso, funzionano da contraltari alcune manciate di versi che, come staffilate, mettono in crisi l’intero discorso condotto svelandone il vero asse portante: uno scarto ironico fortissimo: «Non ti hanno mai letto – o male. E il grido/ rimane incolume nello spavento del mattino,/sulle pareti più buie che troverai.//La cosa più strana non è la letteratura,/il solenne ghigno della poesia./Più strano, sempre, è sopravvivere/a questo, fingere di non, sorridere».

Federica Gullotta

Ai versi in cui de Freitas dice che la poesia è «specializzazione in horror» Gullotta risponde con la suite intitolata Gli angeli bianchi escono dai frigoriferi. Come l’autrice dichiara in un’intervista, il culmine della sua poesia è «disturbare il lettore», in questo caso agendo sul dispositivo delle immagini e sullo stilema che sorregge quasi tutti i testi: lo stile Avanguardia. Rispetto alla sua prima raccolta, il cui perno era centrato sul rapporto con un’esteriorità (la natura amata eppure vista come una potenza negativa) espresso per mezzo di una lingua aspra e lontana dalle tirate diaristiche di tanti poeti della sua stessa leva, le poesie che informano il presente volume sembrano registrare un irrigidimento o una chiusura in un interno – più mentale che effettivo. Sul piano formale, Gullotta fa corrispondere alle variazioni sul tema dell’immobilità, talvolta declinate in un’estetica pulp, l’uso di un ipermetro ridimensionato dall’apparire di nuove forme di letterarietà («Non c’è niente di invisibile – la forma della notte è piatta») e dall’emergere di echi e criptocitazioni di altri poeti cari all’autrice: «Per miracolo posso negare, non muovermi/ mi viene concessa una libertà altissima, mi posso appiattire, ne approfitto».

 

POMPE INUTILI

 

para a Silvina Rodrigues Lopes

 

Ninguém nasce; seria descabido
chamar alguém aos resíduos
de placenta que envolvem
um conjunto de órgãos
a tudo ou quase tudo predispostos.

Só os mortos, verdadeiramente,
existem. Escreveram ou não
escreveram livros, cartas de amor,
diários. Não importa: cruzaram-se
connosco, sentaram-se por vezes
à mesma mesa, acreditaram até
no terno suplício do amor.
E tinham mãos reais, ao tocarem
o rosto imberbe de que se despediam.
Um beijo, sobre rugas apenas,
conseguia tornar menos frias as manhãs.

 

Despedem-se muito mal, os mortos.
Embora, por uma vez, sejam
exactos e sinceros – no momento
em que descem à terra e nos impedem
de partilhar com eles um cigarro,
o último copo, uma espécie de destino.

 

São terrivelmente reais, os mortos.
A vida inteira não chega
para que possamos matá-los a todos,
um a um, como decerto aconselharia
a mais elementar higiene metafísica.
Dão-nos, contudo, a força necessária
para morrer cada vez mais, tolerando
dias de aluguer, casas ligeiramente
inabitáveis. Porque os outros, na
verdade, não passam de mortos imperfeitos.
Estão, como nós, um pouco demasiado vivos.

 

Talvez um dia, porém, venham a
assinar um poema assim (e pode até não ser
um poema, muito menos assim), em que se note,
além das influências óbvias, uma certa
digamos – especialização no horror.
Pois é disso apenas que se trata.

 

Os mortos sabem-no.
A sabedoria é inútil.
A poesia também.

 

 

POMPE INUTILI

 

a Silvina Rodrigues Lopes

 

Nessuno nasce; sarebbe inappropriato
chiamare persona i residui
della placenta che coinvolgono
un insieme di organi
a tutto, o quasi tutto, predisposti.

 

Solo i morti, davvero,
esistono. Abbiamo scritto o non
scritto libri, lettere d’amore,
diari. Non importa: si sono incrociati
con noi, si sono seduti a volte
allo stesso tavolo, hanno creduto perfino
nel tormento dell’amore.
E hanno avuto mani reali, per toccare
la faccia imberbe dalla quale si congedavano.
Un bacio, proprio sulle rughe,
riusciva a rendere meno fredde le mattine.

 

Si congedano molto male, i morti.
Sebbene, per una volta, siano
precisi e sinceri – nel momento
in cui discendono a terra ci impediscono
di condividere con loro una sigaretta,
l’ultimo bicchiere, una specie di destino.

 

Sono terribilmente reali, i morti.
L’intera vita non basta
perché noi si possa ucciderli tutti,
uno per uno, come di certo consiglierebbe
la più elementare igiene metafisica.
Ci danno, tuttavia, la forza necessaria
per morire ogni volta di più, tollerando
giorni di affitto, case leggermente
inabitabili. Perché gli altri, in
verità, non sono altro che morti imperfetti.
Sono, come noi, un po’ troppo vivi.
Forse un giorno, però, che vengano a
firmare una poesia così (e può anche non essere
una poesia, molto meno di così), in cui si nota,
al di là delle ovvie influenze, una certa
diciamo – specializzazione in horror.
Perché è di questo solo che si tratta.

 

I morti lo sanno.
La saggezza è inutile.
La poesia anche.

 

SUB ROSA

 

para o Herberto Helder

 

Não somos os últimos, pois se
há coisa que o mundo sempre fez bem foi acabar.
De novo e sempre: acabar.

 

Mas já não trabalhamos com o ouro
e temos um certo pudor tardio
em falar de deus, do amor ou até do corpo.

 

As metáforas arrefecem, talvez contrariadas.
São casas devolutas, mães risonhas
ou sombrias cujo grito deixámos de escutar.

 

Do lixo, porém, temos um vasto
e inútil conhecimento. Possa
ele servir de rosa triste aos
que não cantam sequer, por delicadeza.

 

SUB ROSA

 

a Herberto Helder

 

Non siamo gli ultimi, poiché se
c’è qualcosa che il mondo ha sempre fatto bene
è stato finire. Di nuovo e sempre: finire.

 

Ma già ora non lavoriamo più con l’oro
e abbiamo un certo pudore tardivo
nel parlare di Dio, dell’amore o persino del corpo.

 

Le metafore raffreddano, forse contraddette.
Sono case abbandonate, madri ridenti
o fosche il cui grido abbiamo smesso di ascoltare.

 

Della spazzatura, tuttavia, abbiamo una vasta
e inutile conoscenza. Possa
essa servire da rosa triste a coloro
che non cantano affatto, per delicatezza.

 

SOMBRA DE UM GATO

 

à memória de Eugénio de Andrade

 

Como se nota a velhice de um gato? No caso do Barnabé, a resposta é simples: deixou pratica-mente de me atacar (era o seu desporto preferi-do, entre as seis da tarde e as duas da manhã), o pêlo foi perdendo espessura e está bastante mais magro. Os gestos, como em qualquer velhice, tor-naram-se lentos e espaçados. Embaciaram ainda, numa tristeza muda, os olhos que há quinze anos me acompanham.

 

 

Espero, amigo gato, que não seja este o último Verão que passamos juntos. Também eu sou agora um torvelinho de cãs e de rugas breves, espalhadas sobre um rosto débil. Talvez já me pertença, de pleno direito, a hora desta terrível pergunta: «Por quanto tempo poderemos amá-los, a esses jovens, sem os ofender?». Gostava de te falar de outro as-sunto, de encontrar um tema diferente para a po-esia de que já não sou capaz. A minha mão pousa sobre o teu dorso cansado, enquanto a noite nos cerca. Que se foda e refoda a literatura.

 

 

OMBRA DI UN GATTO

in memoria di Eugénio de Andrade

 

Come si nota la vecchiaia di un gatto? Nel caso di Barnabé, la risposta è semplice: ha praticamente smesso di attaccarmi (era il suo sport preferito, tra le sei di sera e le due della mattina), il pelo sta perdendo spessore ed è molto più magro. I gesti, come in qualsiasi vecchiaia, sono diventati lenti e distanziati. Sono anche appannati, in una tristezza muta, gli occhi che da quindici anni mi accompagnano.

 

Spero, amico gatto, che questa non sia l’ultima estate che passiamo insieme. Anch’io sono ora un turbinio di capelli canuti e di rughe brevi, sparsi su un volto fiacco. Forse mi appartiene, di pie-no diritto, l’ora di questa terribile domanda: «Per quanto tempo potremo amarli, i suddetti giovani, senza offenderli?». Mi piaceva parlarti di un’altra questione, di trovare un tema diverso per la poesia di cui non sono più capace. La mia mano poggia sulla tua schiena esausta, mentre la notte ci cir-conda. Che si fotta e rifotta la letteratura.

 

 

l’avvio è sempre più spettacolare
molto più comodo
di colpo saprai
sul tuo divano
molto più di quanto può sapere
il meraviglioso paesaggio
nella sua urna imperturbabile
che non sei nato,
nessuno prima dopo di te è stato al tuo posto
che non occupi niente
che sei solo un’idea

 

che sei l’idea malata di un drogato
che non sei presente in nessun dialogo
hai trovato il taglio estremo:
questo è il materiale
nessuno lo può portare

 

*

 

Quando arriva una serenità che mi sgomenta, molto dura
valutando la sua misura infinita e senza scampo

 

ponendo a priori unità di misura accettabili per tutti

 

un superiore comune diciamo
un dio chiamato finalmente a fare il suo lavoro (non bello come dovrebbe essere e
[come si è fatto ritrarre
fino ad ora)

 

la natura che amo mi prende per il culo; è gelata;
se ne va in un posto molto isolato
e forse le capita il peggio

 

il giardino è nero e alto
la luna è forte
facile, non voglio andare la vista è mortale
e quello che c’è sotto

 

*

 

Come fai a mettere un angelo dentro un frigorifero?
Apri il frigorifero metti l’angelo e lo chiudi
Se devi mettere un secondo angelo nel frigorifero?
Lo apri, togli il primo angelo e metti il secondo
Se ti distrai ti dimentichi di togliere il primo
il secondo pigia il primo, il primo non respira più soffoca e schiatta,
il secondo angelo fatica a respirare perché il primo angelo
può conservarsi di più essendo nel frigo
ma solo per poco
meno male, il secondo angelo è grasso e lo sportello
non si è chiuso bene, è un ciccione
ma per quanto possa evitare il puzzo il primo angelo
si decompone alla grande
non si può più sopportare, il secondo vorrebbe aprire
la maniglia e uscire o perlomeno buttare fuori il primo
ma l’angelo non può usare la maniglia
il frigo si apre da fuori,
l’angelo è dentro
tutto chiaro

 

*

 

Uno di loro si chiamava
Rhyder Delle Rose, era più un fantasma
ne riconosciamo tanti come dèi sulle statue
sui templi
aveva un ottimo lavoro
andava in trasparenza
ogni giorno di più in trasparenza
(gli antichi erano molto furbi e originali)
accompagnava gli angeli e li dissolveva
quando c’era lui non c’erano loro
dolciastro dolciastro dolciastro
se camminava non muoveva le gambe
la gamba si aggirava dentro di lui
è inaccettabile Rhyder è inaccettabile

Le traduzioni delle poesie qui presentate sono di Roberto Maggiani

Testi tratti da: M. de Freitas – F. Gullotta, [Senza titolo], Edb Edizioni Milano 2019, euro 10

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