Festa

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“Festa” è un libro di piccole dimensioni dedicato all’artista Tano Festa e curato da Alessandro Cucchi pubblicato da NERO nel 2013 a venticinque anni dalla sua scomparsa. Tano Festa è stato un grande e indiscusso protagonista dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta.
Dal libro “Festa”
I.
L’ultimo giorno di Festa.
Da una lunga conversazione registrata a Fregene fra Tano Festa e Aldo Ricci.
Il testo dell’articolo, fatta eccezione della voce di Aldo Ricci, è stato riportato integralmente, anche là dove non è stato possibile verificare l’aderenza ai fatti realmente accaduti.
Vorrei proprio che tu facessi una presentazione molto calma, molto bonaria, insomma ‘na cosa che se spegne come un focherello. Mi chiamo Tano Festa e faccio il pittore e so’ convinto: che a sessant’anni starò ‘na bomba, in una buona posizione di mercato e che passerò ‘na vecchiaia magari serena, cheppoi me invitano ar Bolaffi [il premio del noto concorso Bolaffi, ndr.], eppoi manco er Bolaffi me danno, hai capito? Cioè: “nun te premiamo e te tenemo in caldo in attesa di situazioni più grosse”, ma ando stanno ‘ste situazioni, eh? Così me ne vado alla biblioteca comunale a Piazza dell’Orologio col mio libretto, la penna e gli occhiali e disegno. Intanto so dove mette er culo dalle nove all’una di mattina. Il pomeriggio non te lo dico dove vado, poi c’è quello che te dice: “… e io te lo do il passaporto”. Ma amme che me ne frega der passaporto americano. So’ italiano, ciò il mestiere, un diploma, vent’anni di professione alle spalle, una Biennale…
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Transavanguardisti e musi inquietanti
A un certo punto in Italia è andato tutto a carte e quarantotto. E’ vero o no? Insomma se tu credi a questo vecchio perbenismo piemontese del Biancosarti. Non voglio entrare in temi che non so’ miei, io sono un pittore però, insomma, beviamoce sto Carpano. Come diceva Alberto Sordi in quel film: “ma annoi che ce frega della Svezia?” Quelli della transavanguardia non li conosco. Nel ’65 in una mostra che si chiamava Una Generazione, alla galleria Odissea di una greca, titolare anche di una galleria newyorkese esposi due quadri: L’amante dell’ingegnere [Carlo Carrà ndr.] e Les promenades d’Euclide [René Magritte ndr.]. Beh, questi due quadri ad olio potrebbero essere dei testi classici, non solo annunciatori di quello che Achilles Bonitos Olivas – ti prego di scrivere così come ti sto dettando – ha chiamato Transavanguardia. In quest’Italia, in questa Roma in cui cammini occhieggiando queste facce da culo che stanno in televisione. De Chirico diceva: “vado avanti dritto, sparato per la mia strada, perché non ho più nulla da perdere”. Ma non è una disperazione, è una determinazione lenta, profonda, tagliente.
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Tano Festa, è un pittore italiano (Roma 1938 – 1988). Diplomatosi a nella capitale in fotografia artistica, si formò sull’esempio di Cy Twombly e della pittura gestuale. Protagonista della scuola pop romana, accolse con rigore formale le soluzioni new dada, proponendo isolati oggetti monocromi (Persiana, 1963, coll. F. Mauri) o rivisitazioni dell’arte classica (Da Michelangelo, n. 1, 1966, coll. priv.). Nelle opere successive il disegno diviene più rapido e sommario.

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